Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Lauretta Barcaroli / Angelisa Bertoloni – Dialoghi di luce e materia
Sottilmente sussurrate, come pensieri lasciati liberamente vagare nell’aria, sono le riflessioni che Lauretta Barcaroli e Angelisa Bertoloni offrono all’attenzione dello spettatore, unendo le rispettive energie creative per un connubio artistico di gradevole intensità emotiva.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sottilmente sussurrate, come pensieri lasciati liberamente vagare nell’aria, sono le riflessioni che
Lauretta Barcaroli e Angelisa Bertoloni offrono all’attenzione dello spettatore, unendo le rispettive
energie creative per un connubio artistico di gradevole intensità emotiva. Tutto è giocato sul filo
dell’incertezza, in un persistente contendere di forza e leggerezza continuamente in bilico e mai
definitivamente risolto.
La donna come paradigma, anzi la femminilità, e ciò rientra ampiamente nella produzione di
Angelisa Bertoloni, già presente a Spazio 121 nel 2018 con una personale dal titolo Sala d’attesa
dove l’intera tematica ruotava proprio intorno ad aspetti di grazia e sensibilità femminile, affatto
celata ed anzi ben evidenziata nei temi e nei modi della sua pittura. Una necessità espressa con i
tradizionali stilemi della figurazione, sebbene arricchiti da suggestioni metafisiche e alternati ad
accenni vagamente concettuali. Una pittura di genere, se con questo termine s’intende parlare di
quelle ambientazioni a carattere quotidiano in cui, tuttavia, qualcosa sfugge alla normale
comprensione, finendo per narrare situazioni estranee alla consuetudine. Impossibile non
riconoscere le forme: corpi di donna, abiti da ballo, eleganti poltrone in delicato velluto rosso,
universi introspettivi che ripercorrono quelle strade tracciate nella Belle Époque da un Degas o un
Renoir, e ancora evidenziate da cantori del bello come Boldini, De Nittis e, poco più tardi, Vittorio
Corcos. Ritratti di eleganti dame dell’alta borghesia, talvolta circondate da sfuggenti auree
luminose, impalpabili e leggere come desideri, ma intense, incapaci di passare senza lasciare
un’impronta decisa e duratura nel tempo.
Leggerezza del sentimento e forza della materia. Carne, ricoperta di pelle, diafana, della quale si
riesce quasi a sentire il profumo, delicata, morbida, ma nella cui profondità scorre il sangue rosso
del desiderio. Ma in questa esperienza artistica condivisa gradualmente la leggerezza si trasforma in
energia, lasciando sgorgare dal profondo l’irrefrenabile impulso umano. La pittura cambia pelle,
passando dalla distensione di immagini rese in punta di pennello a stratificazioni di materia
depositata sulla tela. Un salto repentino che dal linguaggio di Angelisa Bertoloni ci porta a quello di
Lauretta Barcaroli, rinvigorendo un connubio già sperimentato in occasione della partecipazione
alla mostra Incontri e appropriazioni, ideata e curata da Giuseppe Salerno. Si definisce così la
volontà delle due pittrici di esprimere un contenuto insito nel tema della donna capace di far
coesistere in sé gli opposti dell’essere: grazia e irruenza, durezza e fragilità, perdono e castigo. La
madre amorevole o Medea, la Salomè carnefice o la Giuditta giustiziera, Maria madre di Gesù o
Cleopatra l’imperatrice. Santità o empietà, in un costante alternarsi di positivo e negativo, luce e ombra dove non si tratta solamente dell’essere femminile, ma anche dell’opposto maschile il quale
riflette la sua essenza proprio nel rapporto con la donna, talvolta accecato nell’intelletto e preda
degli istinti peggiori, altre totalmente assuefatto e perso in essa.
Dunque le materie di Lauretta Barcaroli spostano l’attenzione verso la parte corporale della nostra
analisi. D’altra parte l’arte agisce attraverso opposti continui, tra la fisicità delle materie in uso e
l’impalpabilità del messaggio espresso. Le forme non vengono più evidenziate, concentrandosi la
pittura di Lauretta sulle dinamiche interne degli impasti cromatici, ma senza allontanarsi troppo da
cromie che al colore della pelle si richiamano. Pittura informale, di quel genere emerso a partire
dagli anni Cinquanta con artisti come Burri o Tàpies (come pure i “sei di Spoleto”), quando l’arte
sentiva la necessità di esprimere un contenuto profondo dell’essere, tornare alla radice della propria
esistenza, fare i conti con l’inevitabile natura umana. Lauretta Barcaroli ci riporta al principio
arcaico, spingendoci alla rinascita e all’incontro con le origini. Si percepisce la forza di
quell’opposto a cui tendiamo e che pesa prepotentemente sulle coscienze, qui, tuttavia, siamo ad
analizzare un dato artistico che nello specifico attiene alla capacità di accostare linguaggi differenti
pur mantenendo un’armonia di fondo. Messe dunque da parte le inevitabili implicazioni narrative,
preme soprattutto considerare come le due pittrici riescano a fondere il tema della figura con quello
della materia, senza prevaricare l’una sull’altra e al contrario centrando l’obiettivo di manifestare un
contenuto che è infine il punto di partenza del nostro percorso: la forza e la leggerezza coesistenti
nella dimensione femminile.
Il risultato è un linguaggio ibrido, un canto a due voci che seguendo lo stesso testo emette suoni
differenti. Tutto si equilibra e distende nella semplicità di raffigurazioni delicate e dure al tempo
stesso, dove la figura si distende nella leggerezza dei suoi riferimenti sentimentali, mentre la
materia ne rafforza il contenuto rendendola salda e solida. Ne derivano opere dal sapore mutevole,
in cui il colore vive momenti di estrema vivacità per poi nascondersi tra le pieghe delle nodosità
materiche o altre volte è l’opposto e magari in tutto questo flusso costante di tensioni interne ed
esterne compare, a sviare la nostra attenzione, una farfalla. È il segno ultimo dell’abbandono a
quella leggerezza che per manifestarsi ha bisogno di maturare nell’oscurità del bozzolo ed
emergere, infine, all’aria lacerando quella materia che la rende prigioniera per vivere, un solo
giorno, la bellezza della luce.
Andrea Baffoni, Perugia, 15.02.2020
Lauretta Barcaroli e Angelisa Bertoloni offrono all’attenzione dello spettatore, unendo le rispettive
energie creative per un connubio artistico di gradevole intensità emotiva. Tutto è giocato sul filo
dell’incertezza, in un persistente contendere di forza e leggerezza continuamente in bilico e mai
definitivamente risolto.
La donna come paradigma, anzi la femminilità, e ciò rientra ampiamente nella produzione di
Angelisa Bertoloni, già presente a Spazio 121 nel 2018 con una personale dal titolo Sala d’attesa
dove l’intera tematica ruotava proprio intorno ad aspetti di grazia e sensibilità femminile, affatto
celata ed anzi ben evidenziata nei temi e nei modi della sua pittura. Una necessità espressa con i
tradizionali stilemi della figurazione, sebbene arricchiti da suggestioni metafisiche e alternati ad
accenni vagamente concettuali. Una pittura di genere, se con questo termine s’intende parlare di
quelle ambientazioni a carattere quotidiano in cui, tuttavia, qualcosa sfugge alla normale
comprensione, finendo per narrare situazioni estranee alla consuetudine. Impossibile non
riconoscere le forme: corpi di donna, abiti da ballo, eleganti poltrone in delicato velluto rosso,
universi introspettivi che ripercorrono quelle strade tracciate nella Belle Époque da un Degas o un
Renoir, e ancora evidenziate da cantori del bello come Boldini, De Nittis e, poco più tardi, Vittorio
Corcos. Ritratti di eleganti dame dell’alta borghesia, talvolta circondate da sfuggenti auree
luminose, impalpabili e leggere come desideri, ma intense, incapaci di passare senza lasciare
un’impronta decisa e duratura nel tempo.
Leggerezza del sentimento e forza della materia. Carne, ricoperta di pelle, diafana, della quale si
riesce quasi a sentire il profumo, delicata, morbida, ma nella cui profondità scorre il sangue rosso
del desiderio. Ma in questa esperienza artistica condivisa gradualmente la leggerezza si trasforma in
energia, lasciando sgorgare dal profondo l’irrefrenabile impulso umano. La pittura cambia pelle,
passando dalla distensione di immagini rese in punta di pennello a stratificazioni di materia
depositata sulla tela. Un salto repentino che dal linguaggio di Angelisa Bertoloni ci porta a quello di
Lauretta Barcaroli, rinvigorendo un connubio già sperimentato in occasione della partecipazione
alla mostra Incontri e appropriazioni, ideata e curata da Giuseppe Salerno. Si definisce così la
volontà delle due pittrici di esprimere un contenuto insito nel tema della donna capace di far
coesistere in sé gli opposti dell’essere: grazia e irruenza, durezza e fragilità, perdono e castigo. La
madre amorevole o Medea, la Salomè carnefice o la Giuditta giustiziera, Maria madre di Gesù o
Cleopatra l’imperatrice. Santità o empietà, in un costante alternarsi di positivo e negativo, luce e ombra dove non si tratta solamente dell’essere femminile, ma anche dell’opposto maschile il quale
riflette la sua essenza proprio nel rapporto con la donna, talvolta accecato nell’intelletto e preda
degli istinti peggiori, altre totalmente assuefatto e perso in essa.
Dunque le materie di Lauretta Barcaroli spostano l’attenzione verso la parte corporale della nostra
analisi. D’altra parte l’arte agisce attraverso opposti continui, tra la fisicità delle materie in uso e
l’impalpabilità del messaggio espresso. Le forme non vengono più evidenziate, concentrandosi la
pittura di Lauretta sulle dinamiche interne degli impasti cromatici, ma senza allontanarsi troppo da
cromie che al colore della pelle si richiamano. Pittura informale, di quel genere emerso a partire
dagli anni Cinquanta con artisti come Burri o Tàpies (come pure i “sei di Spoleto”), quando l’arte
sentiva la necessità di esprimere un contenuto profondo dell’essere, tornare alla radice della propria
esistenza, fare i conti con l’inevitabile natura umana. Lauretta Barcaroli ci riporta al principio
arcaico, spingendoci alla rinascita e all’incontro con le origini. Si percepisce la forza di
quell’opposto a cui tendiamo e che pesa prepotentemente sulle coscienze, qui, tuttavia, siamo ad
analizzare un dato artistico che nello specifico attiene alla capacità di accostare linguaggi differenti
pur mantenendo un’armonia di fondo. Messe dunque da parte le inevitabili implicazioni narrative,
preme soprattutto considerare come le due pittrici riescano a fondere il tema della figura con quello
della materia, senza prevaricare l’una sull’altra e al contrario centrando l’obiettivo di manifestare un
contenuto che è infine il punto di partenza del nostro percorso: la forza e la leggerezza coesistenti
nella dimensione femminile.
Il risultato è un linguaggio ibrido, un canto a due voci che seguendo lo stesso testo emette suoni
differenti. Tutto si equilibra e distende nella semplicità di raffigurazioni delicate e dure al tempo
stesso, dove la figura si distende nella leggerezza dei suoi riferimenti sentimentali, mentre la
materia ne rafforza il contenuto rendendola salda e solida. Ne derivano opere dal sapore mutevole,
in cui il colore vive momenti di estrema vivacità per poi nascondersi tra le pieghe delle nodosità
materiche o altre volte è l’opposto e magari in tutto questo flusso costante di tensioni interne ed
esterne compare, a sviare la nostra attenzione, una farfalla. È il segno ultimo dell’abbandono a
quella leggerezza che per manifestarsi ha bisogno di maturare nell’oscurità del bozzolo ed
emergere, infine, all’aria lacerando quella materia che la rende prigioniera per vivere, un solo
giorno, la bellezza della luce.
Andrea Baffoni, Perugia, 15.02.2020
08
marzo 2020
Lauretta Barcaroli / Angelisa Bertoloni – Dialoghi di luce e materia
Dall'otto al 15 marzo 2020
arte contemporanea
Location
SPAZIO 121
Perugia, Via Armando Fedeli, 121, (Perugia)
Perugia, Via Armando Fedeli, 121, (Perugia)
Orario di apertura
da martedì a venerd' 15 - 19
Vernissage
8 Marzo 2020, h 17:30 - 20:30
Sito web
Autore
Curatore
Autore testo critico
Progetto grafico
Produzione organizzazione