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Le copertine di Munari
Dedicata a Bruno Munari, espone oltre 400 copertine che l’artista e designer ha curato a partire dagli anni ’30 e che rappresentano la quasi totalità della sua attività in questo ambito. Dalle famose collane per Bompiani e Rizzoli fino a lavori semisconosciuti, tra mille stili e fantasie diverse.
Comunicato stampa
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"Di solito quando organizzo una mostra alla Kasa non sono mai troppo soddisfatto: penso sempre che si poteva fare di più, documentare meglio un certo periodo, arricchire una sezione o l’altra... stavolta, però, guardando queste Copertine di Munari, il sentimento di soddisfazione è quello di gran lunga prevalente: 400 copertine, tutte insieme, formano un gruppo davvero consistente. Che io sappia, nessuno ne ha mai raggruppate e mostrate così tante, che rappresentano la quasi totalità della attività di Bruno Munari; e nei rari casi in cui non siamo riusciti a recuperare l’originale, abbiamo ovviato con riproduzioni per quanto possibile fedeli. Alla fine, ne è risultata una cavalcata unica tra mille stili e fantasie, ma con una estetica sempre di livello assoluto: ed è questo che offriamo al pubblico.
Il primo elemento che mi piace è quello della presenza di molte copertine sconosciute, o quasi. La nostra ricerca si è svolta con l’aiuto di alcuni esperti - Mauro Chiabrando su tutti - che più volte hanno trovato nella raccolta pezzi che non avevano mai visto: cosa non facile. Certo, ci sono state poche sorprese per quanto riguarda Einaudi, da sempre molto analizzata; ma più d’una scoperta ci aspettava negli altri periodi, soprattutto gli anni Sessanta e Settanta, quando Munari allarga il ventaglio delle sue collaborazioni a editori assai meno studiati, come Rizzoli o Bompiani. E in mostra ci sono intere collane che sfuggono anche alle bibliografie più complete. Non è soltanto una questione di quantità: anche la varietà fa la sua parte. In una produzione così vasta, le ispirazioni sono davvero tante. Un fenomeno comprensibile quando si parla di case editrici completamente differenti tra loro, per esempio il Club degli Editori con le sue decine di migliaia di aderenti, oppure Scheiwiller con le poche centinaia di copie per edizione. Ma a volte la differenza si coglie tra marchi molto simili, quando non all’interno della stessa casa editrice. Una varietà forse mai percepita appieno, che questa volta l’estensione della mostra, anche temporale (la prima copertina è del 1930, quando Munari ha 23 anni, l’ultima poco prima della scomparsa, nel 1998) consente di cogliere a prima vista.
Un altro motivo di soddisfazione viene dalla rapidità con cui abbiamo immaginato e radunato il tutto. L’idea è venuta verso marzo, quando un libraio antiquario ha mandato un catalogo con 25 volumi: la collana Caleidoscopio, con spettacolari copertine che Munari ha disegnato nei primi anni Sessanta per il Club degli Editori. Belle e rare, avvertiva il curatore, tanto che per metterle insieme erano stati necessari anni. Ora, per un collezionista quale che sia l’irreperibilità ha un fascino tutto particolare. Il tempo di sfogliare il catalogo, e mi ero già messo in caccia dei 25 volumi. Non erano così difficili, per la verità; tanto che, mentre li radunavo con acquisti mirati da librerie sparse in tutte le regioni, avevo deciso di avviare anche la ricerca degli altri 77 volumi del Club firmati Munari: quelli che aveva curato per la collana Un libro al mese disegnando le copertine dal primo titolo, dell’ottobre del 1960, fino al dicembre 1966 (le due in più sono altrettanti supplementi omaggio).
L'appetito vien mangiando. Man mano che arrivavano i volumi, uno più intrigante dell’altro, mi veniva voglia di capire di più su questo aspetto dell’attività di Munari. E se alcune cose, soprattutto per Einaudi, mi erano note e in parte le avevo - come la splendida successione delle dieci fascicoli del «Menabò» di Vittorini e Calvino - di altre mi accorgevo di non saper proprio nulla. Eppure in alcuni casi erano davvero notevoli: per esempio quelle della collana letteraria Uno al mese di Bompiani, completamente astratte, uscite nel corso degli anni Cinquanta e ricordate con nostalgia dai testimoni oculari dell’epoca: gente che all’anagrafe faceva Umberto Eco et similia. Nei loro racconti, emerge anche l’aspetto un po’ ludico di quell’attività, come in un episodio rievocato dallo stesso grafico in una citazione di Hilarius Moosbrugger:
“Munari stesso ha raccontato come, una volta, chiamato dall’editore a proporre una copertina, arrivò in casa editrice con una grande busta e la porse a Bompiani invitandolo ad aprirla. Dentro c'erano decine di tessere colorate, forme geometriche in piano, tutti gli elementi necessari, insomma. “Presidente - gli disse - si diverta, componga lei la copertina, i particolari sono miei, l’insieme sarà suo”.
Le copertine di Uno al mese firmate da Munari sono in tutto 43. Raccoglierle in poco tempo è stato relativamente agevole; lascio agli esegeti e ai criticoni la gioia di identificare le due mancanti. In compenso ho raccolto anche una quindicina di sovracoperte sparse dello stesso periodo, sempre per Bompiani, e ho il sospetto che si tratti decisamente di tutto quello che è stato fatto in quegli anni per il mitico “zio Val”, come i fedelissimi chiamavano Valentino Bompiani. E mentre le mettevo insieme, mi rendevo conto che mai nessuno le aveva mostrate così, tutte insieme, vero e proprio paese delle meraviglie.
Mentre raccoglievo le copertine Bompiani ho capito: era una mostra da fare, senza dubbio; e andava integrata con tutto il resto della produzione munariana. Tu sei pazzo, mi hanno detto i pochi amici grafici con cui mi sono confidato. Ce ne saranno centinaia. Era vero; e i cataloghi delle case editrici, inclusi quelli storici, non aiutano: nessuno di loro, neppure i più accurati, menziona mai gli autori delle copertine. Per orientarsi bisognava quindi consultare i pochi repertori disponibili, in genere piuttosto lacunosi, integrando con le schede dei rari librai che menzionano il grafico. Lavorone, ma anche divertente, man mano che andavo appuntando le diverse edizioni e capivo in che razza di ginepraio mi ero cacciato.
Comunque la selezione così fatta è proceduta spedita, e con lei gli acquisti dei libri, cercando di individuare sulle minuscole foto dei computer quelli in condizioni migliori. In questo modo, giorno dopo giorno, le copertine gioiose si sono accumulate sulle nostre scrivanie, e la mostra ha preso la forma definitiva.
Mancavano soltanto due decisioni di fondo. La prima riguardava quali copertine includere. Inizialmente abbiamo pensato di limitarci ai casi in cui l’illustrazione fosse firmata o il libro portasse in qualche luogo l’indicazione di Munari come autore. Questo non poneva problemi per la maggioranza degli editori, in particolare Bompiani, Rizzoli, Scheiwiller o gli Editori Riuniti, abbastanza puntuali nell’indicazione della paternità della copertina di ogni singolo libro. Qualche problema sorgeva però per altri - in particolare Einaudi – che non davano quasi mai questa informazione. In alcune collane dello struzzo la paternità è documentata, in altri no. Questo vale soprattutto nei Saggi, dove le copertine firmate o segnalate sono soltanto tre o quattro. Escludere le altre avrebbe significato togliere alla mostra alcuni degli esiti più famosi, come Se questo è un uomo o il Diario di Anna Frank, dove la paternità è certa. Nel caso di questa collana abbiamo quindi deciso di derogare alla regola, includendo un’ampia selezione delle copertine, scegliendo quelle di cui si conoscono bozzetti preparatori o altro materiale, oppure quelle dove lo stile di Munari appare inconfondibile. Lo stesso abbiamo fatto per un paio di collane meno note, ma di sicura mano munariana: Nuova Atlantide e La nuova società, peraltro limitate a poche uscite.
La seconda decisione, più spinosa, riguardava le collaborazioni con libri e riviste fasciste negli anni Trenta: con copertine per la «Rivista illustrata del Popolo d’Italia» o libri come la Storia di un balilla che volle vedere il Duce, tutti contributi molto scomodi, e quindi abitualmente espunti dalla produzione munariana. A me è parso da subito un aspetto da non censurare, anzi: certificare che un uomo così brillante, insofferente delle regole, anarchico dentro, ha collaborato con continuità a libri e riviste fasciste. Capire perché mi pare importante, così come documentare il passaggio, in soli dieci anni, a testi sacri dell’antifascismo come quelli editi da Einaudi e più tardi alle opere di Marx o Lenin, del 1970. Sono cambiamenti non banali, che certo colpiscono, e dicono molto delle epoche storiche e sociali attraversate da Munari. La censura, mai giustificabile, in questo caso toglierebbe un tassello non minore alla comprensione dell’uomo che la mostra vuole riproporre, senza tacerne i nei. E questo, alla fine, mi pare il risultato più apprezzabile."
Il primo elemento che mi piace è quello della presenza di molte copertine sconosciute, o quasi. La nostra ricerca si è svolta con l’aiuto di alcuni esperti - Mauro Chiabrando su tutti - che più volte hanno trovato nella raccolta pezzi che non avevano mai visto: cosa non facile. Certo, ci sono state poche sorprese per quanto riguarda Einaudi, da sempre molto analizzata; ma più d’una scoperta ci aspettava negli altri periodi, soprattutto gli anni Sessanta e Settanta, quando Munari allarga il ventaglio delle sue collaborazioni a editori assai meno studiati, come Rizzoli o Bompiani. E in mostra ci sono intere collane che sfuggono anche alle bibliografie più complete. Non è soltanto una questione di quantità: anche la varietà fa la sua parte. In una produzione così vasta, le ispirazioni sono davvero tante. Un fenomeno comprensibile quando si parla di case editrici completamente differenti tra loro, per esempio il Club degli Editori con le sue decine di migliaia di aderenti, oppure Scheiwiller con le poche centinaia di copie per edizione. Ma a volte la differenza si coglie tra marchi molto simili, quando non all’interno della stessa casa editrice. Una varietà forse mai percepita appieno, che questa volta l’estensione della mostra, anche temporale (la prima copertina è del 1930, quando Munari ha 23 anni, l’ultima poco prima della scomparsa, nel 1998) consente di cogliere a prima vista.
Un altro motivo di soddisfazione viene dalla rapidità con cui abbiamo immaginato e radunato il tutto. L’idea è venuta verso marzo, quando un libraio antiquario ha mandato un catalogo con 25 volumi: la collana Caleidoscopio, con spettacolari copertine che Munari ha disegnato nei primi anni Sessanta per il Club degli Editori. Belle e rare, avvertiva il curatore, tanto che per metterle insieme erano stati necessari anni. Ora, per un collezionista quale che sia l’irreperibilità ha un fascino tutto particolare. Il tempo di sfogliare il catalogo, e mi ero già messo in caccia dei 25 volumi. Non erano così difficili, per la verità; tanto che, mentre li radunavo con acquisti mirati da librerie sparse in tutte le regioni, avevo deciso di avviare anche la ricerca degli altri 77 volumi del Club firmati Munari: quelli che aveva curato per la collana Un libro al mese disegnando le copertine dal primo titolo, dell’ottobre del 1960, fino al dicembre 1966 (le due in più sono altrettanti supplementi omaggio).
L'appetito vien mangiando. Man mano che arrivavano i volumi, uno più intrigante dell’altro, mi veniva voglia di capire di più su questo aspetto dell’attività di Munari. E se alcune cose, soprattutto per Einaudi, mi erano note e in parte le avevo - come la splendida successione delle dieci fascicoli del «Menabò» di Vittorini e Calvino - di altre mi accorgevo di non saper proprio nulla. Eppure in alcuni casi erano davvero notevoli: per esempio quelle della collana letteraria Uno al mese di Bompiani, completamente astratte, uscite nel corso degli anni Cinquanta e ricordate con nostalgia dai testimoni oculari dell’epoca: gente che all’anagrafe faceva Umberto Eco et similia. Nei loro racconti, emerge anche l’aspetto un po’ ludico di quell’attività, come in un episodio rievocato dallo stesso grafico in una citazione di Hilarius Moosbrugger:
“Munari stesso ha raccontato come, una volta, chiamato dall’editore a proporre una copertina, arrivò in casa editrice con una grande busta e la porse a Bompiani invitandolo ad aprirla. Dentro c'erano decine di tessere colorate, forme geometriche in piano, tutti gli elementi necessari, insomma. “Presidente - gli disse - si diverta, componga lei la copertina, i particolari sono miei, l’insieme sarà suo”.
Le copertine di Uno al mese firmate da Munari sono in tutto 43. Raccoglierle in poco tempo è stato relativamente agevole; lascio agli esegeti e ai criticoni la gioia di identificare le due mancanti. In compenso ho raccolto anche una quindicina di sovracoperte sparse dello stesso periodo, sempre per Bompiani, e ho il sospetto che si tratti decisamente di tutto quello che è stato fatto in quegli anni per il mitico “zio Val”, come i fedelissimi chiamavano Valentino Bompiani. E mentre le mettevo insieme, mi rendevo conto che mai nessuno le aveva mostrate così, tutte insieme, vero e proprio paese delle meraviglie.
Mentre raccoglievo le copertine Bompiani ho capito: era una mostra da fare, senza dubbio; e andava integrata con tutto il resto della produzione munariana. Tu sei pazzo, mi hanno detto i pochi amici grafici con cui mi sono confidato. Ce ne saranno centinaia. Era vero; e i cataloghi delle case editrici, inclusi quelli storici, non aiutano: nessuno di loro, neppure i più accurati, menziona mai gli autori delle copertine. Per orientarsi bisognava quindi consultare i pochi repertori disponibili, in genere piuttosto lacunosi, integrando con le schede dei rari librai che menzionano il grafico. Lavorone, ma anche divertente, man mano che andavo appuntando le diverse edizioni e capivo in che razza di ginepraio mi ero cacciato.
Comunque la selezione così fatta è proceduta spedita, e con lei gli acquisti dei libri, cercando di individuare sulle minuscole foto dei computer quelli in condizioni migliori. In questo modo, giorno dopo giorno, le copertine gioiose si sono accumulate sulle nostre scrivanie, e la mostra ha preso la forma definitiva.
Mancavano soltanto due decisioni di fondo. La prima riguardava quali copertine includere. Inizialmente abbiamo pensato di limitarci ai casi in cui l’illustrazione fosse firmata o il libro portasse in qualche luogo l’indicazione di Munari come autore. Questo non poneva problemi per la maggioranza degli editori, in particolare Bompiani, Rizzoli, Scheiwiller o gli Editori Riuniti, abbastanza puntuali nell’indicazione della paternità della copertina di ogni singolo libro. Qualche problema sorgeva però per altri - in particolare Einaudi – che non davano quasi mai questa informazione. In alcune collane dello struzzo la paternità è documentata, in altri no. Questo vale soprattutto nei Saggi, dove le copertine firmate o segnalate sono soltanto tre o quattro. Escludere le altre avrebbe significato togliere alla mostra alcuni degli esiti più famosi, come Se questo è un uomo o il Diario di Anna Frank, dove la paternità è certa. Nel caso di questa collana abbiamo quindi deciso di derogare alla regola, includendo un’ampia selezione delle copertine, scegliendo quelle di cui si conoscono bozzetti preparatori o altro materiale, oppure quelle dove lo stile di Munari appare inconfondibile. Lo stesso abbiamo fatto per un paio di collane meno note, ma di sicura mano munariana: Nuova Atlantide e La nuova società, peraltro limitate a poche uscite.
La seconda decisione, più spinosa, riguardava le collaborazioni con libri e riviste fasciste negli anni Trenta: con copertine per la «Rivista illustrata del Popolo d’Italia» o libri come la Storia di un balilla che volle vedere il Duce, tutti contributi molto scomodi, e quindi abitualmente espunti dalla produzione munariana. A me è parso da subito un aspetto da non censurare, anzi: certificare che un uomo così brillante, insofferente delle regole, anarchico dentro, ha collaborato con continuità a libri e riviste fasciste. Capire perché mi pare importante, così come documentare il passaggio, in soli dieci anni, a testi sacri dell’antifascismo come quelli editi da Einaudi e più tardi alle opere di Marx o Lenin, del 1970. Sono cambiamenti non banali, che certo colpiscono, e dicono molto delle epoche storiche e sociali attraversate da Munari. La censura, mai giustificabile, in questo caso toglierebbe un tassello non minore alla comprensione dell’uomo che la mostra vuole riproporre, senza tacerne i nei. E questo, alla fine, mi pare il risultato più apprezzabile."
08
settembre 2022
Le copertine di Munari
Dall'otto settembre al 23 ottobre 2022
libri ed editoria
Location
KASA DEI LIBRI
Milano, Largo Aldo De Benedetti, 4, (Milano)
Milano, Largo Aldo De Benedetti, 4, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì a domenica ore 15-19
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