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Le invasioni barbariche
Comunicato stampa
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..........Il palermitano
Andrea Buglisi è, tra tutti, quello che più consapevolmente ha imbastardito il linguaggio pittorico con elementi desunti dalla grafica. Nelle sue opere, pattern e texture, sospese tra wallpaper e graphic design, si mescolano ad una figurazione solo apparentemente realistica. L’attenzione dell’artista, che usa l’autoritratto come leitmotiv ed elemento ottico di disturbo, corre alle trame delle carte da parati vintage, alle immagini dell’architettura modernista, alle tavole di antichi erbari, tutti elementi che convergono nei suoi quadri senza soluzione di continuità. Buglisi riesce ad essere insieme ornamentale e concettuale poiché usa le immagini per condurre un’indagine di tipo formale e linguistico sulla pittura contemporanea. All’opposto, in Massimo Gurnari prevale un’attitudine fondamentalmente istintiva, priva di premeditazione. Non è tanto l’analisi delle forme ad interessare il giovane artista milanese, quanto, piuttosto, la forza d’impatto e l’energia che la pittura è in grado di sprigionare. I suoi quadri raccontano storie assolutamente improbabili, dove la narrazione cede il passo all’improvvisazione e alla forza seduttiva delle immagini. Rubando spunti all’estetica dei tatoo, al lettering da strada, all’immaginario rock e pop, al graffitismo (da cui peraltro proviene) e perfino dall’iconografia religiosa, Gurnari allestisce una teoria d’immagini davvero affine agli sviluppi del Pop Surrealism californiano. In lui, più che negli altri artisti, si nota una totale indifferenza verso la tradizione storico artistica, che costituisce per molti artisti italiani un vincolo imprescindibile, ma anche un ostacolo insormontabile. In un certo senso, anche Tiziano Soro sembra influenzato da fonti extra-artistiche. Le immagini che sceglie di rappresentare, alcune delle quali di derivazione cinematografica o televisiva, come, ad esempio, la faccia del clown assassino de La casa dei 1000 corpi del regista e musicista Rob Zombi, oppure il volto di un giovane Ozzy Osbourne dei tempi dei Black Sabbath, sono assemblate secondo logiche indecifrabili o apparentemente casuali. Combinando elementi flat ed ornamentali con figure di stampo fotografico, l’artista confeziona una Pop art ambigua, in equilibrio tra realismo mediatico e grammatica segnaletica, ma con una dose determinante di nonsense. Completamente diverso è il metodo creativo di Emiliano Di Mauro, che utilizza brandelli casuali della realtà, immagini di oggetti, animali, persone oppure frammenti di frasi, sovrapponendo gli elementi in una composizione aerea, fatta di tratti scarni ed essenziali. Quello dell’artista è uno stile calibrato, quasi minimale, ottenuto non solo attraverso la riduzione della tavolozza cromatica, ma anche tramite un uso del bianco massiccio, che serve a raggiungere un effetto simile a quello della sovraesposizione fotografica. Anche nel suo caso, i soggetti sono puramente pretestuosi, mentre in primo piano balza il gradiente tecnico e sperimentale di questa pittura cristallina e raggelata, che riesce ad essere insieme semplice e concettuale. Visioni caleidoscopiche e pure fantasmagorie sono quelle dipinte da Siva, che usa con indifferenza elementi iconografici rubati alla grafica liberty, alla segnaletica stradale oppure al mondo dell’advertising per fabbricare i suoi paradisi artificiali. Quelli proiettati dalla fantasia dell’artista milanese sono, infatti, mondi astratti, capricci lisergici che offrono una momentanea, quanto effimera, via di fuga al “logorio della vita moderna”. Con le sue opere, che somigliano ad uno strano incrocio tra un acquario domestico ed un hortus conclusus,S ’ iva sembra voler svuotare la pittura di qualsiasi contenuto narrativo o didascalico, concentrandosi, piuttosto, sulle componenti più propriamente ottiche ed estetiche del linguaggio, come il colore e l’ornamento. Per questa ragione, nel suo lavoro, più che in quello degli altri, prevale un gusto post-moderno per l’accumulazione e l’accostamento, talora contrastante, di stoffe cangianti, motivi esornativi e tessuti maculati di gusto savanico.
Ivan Quaroni
Andrea Buglisi è, tra tutti, quello che più consapevolmente ha imbastardito il linguaggio pittorico con elementi desunti dalla grafica. Nelle sue opere, pattern e texture, sospese tra wallpaper e graphic design, si mescolano ad una figurazione solo apparentemente realistica. L’attenzione dell’artista, che usa l’autoritratto come leitmotiv ed elemento ottico di disturbo, corre alle trame delle carte da parati vintage, alle immagini dell’architettura modernista, alle tavole di antichi erbari, tutti elementi che convergono nei suoi quadri senza soluzione di continuità. Buglisi riesce ad essere insieme ornamentale e concettuale poiché usa le immagini per condurre un’indagine di tipo formale e linguistico sulla pittura contemporanea. All’opposto, in Massimo Gurnari prevale un’attitudine fondamentalmente istintiva, priva di premeditazione. Non è tanto l’analisi delle forme ad interessare il giovane artista milanese, quanto, piuttosto, la forza d’impatto e l’energia che la pittura è in grado di sprigionare. I suoi quadri raccontano storie assolutamente improbabili, dove la narrazione cede il passo all’improvvisazione e alla forza seduttiva delle immagini. Rubando spunti all’estetica dei tatoo, al lettering da strada, all’immaginario rock e pop, al graffitismo (da cui peraltro proviene) e perfino dall’iconografia religiosa, Gurnari allestisce una teoria d’immagini davvero affine agli sviluppi del Pop Surrealism californiano. In lui, più che negli altri artisti, si nota una totale indifferenza verso la tradizione storico artistica, che costituisce per molti artisti italiani un vincolo imprescindibile, ma anche un ostacolo insormontabile. In un certo senso, anche Tiziano Soro sembra influenzato da fonti extra-artistiche. Le immagini che sceglie di rappresentare, alcune delle quali di derivazione cinematografica o televisiva, come, ad esempio, la faccia del clown assassino de La casa dei 1000 corpi del regista e musicista Rob Zombi, oppure il volto di un giovane Ozzy Osbourne dei tempi dei Black Sabbath, sono assemblate secondo logiche indecifrabili o apparentemente casuali. Combinando elementi flat ed ornamentali con figure di stampo fotografico, l’artista confeziona una Pop art ambigua, in equilibrio tra realismo mediatico e grammatica segnaletica, ma con una dose determinante di nonsense. Completamente diverso è il metodo creativo di Emiliano Di Mauro, che utilizza brandelli casuali della realtà, immagini di oggetti, animali, persone oppure frammenti di frasi, sovrapponendo gli elementi in una composizione aerea, fatta di tratti scarni ed essenziali. Quello dell’artista è uno stile calibrato, quasi minimale, ottenuto non solo attraverso la riduzione della tavolozza cromatica, ma anche tramite un uso del bianco massiccio, che serve a raggiungere un effetto simile a quello della sovraesposizione fotografica. Anche nel suo caso, i soggetti sono puramente pretestuosi, mentre in primo piano balza il gradiente tecnico e sperimentale di questa pittura cristallina e raggelata, che riesce ad essere insieme semplice e concettuale. Visioni caleidoscopiche e pure fantasmagorie sono quelle dipinte da Siva, che usa con indifferenza elementi iconografici rubati alla grafica liberty, alla segnaletica stradale oppure al mondo dell’advertising per fabbricare i suoi paradisi artificiali. Quelli proiettati dalla fantasia dell’artista milanese sono, infatti, mondi astratti, capricci lisergici che offrono una momentanea, quanto effimera, via di fuga al “logorio della vita moderna”. Con le sue opere, che somigliano ad uno strano incrocio tra un acquario domestico ed un hortus conclusus,S ’ iva sembra voler svuotare la pittura di qualsiasi contenuto narrativo o didascalico, concentrandosi, piuttosto, sulle componenti più propriamente ottiche ed estetiche del linguaggio, come il colore e l’ornamento. Per questa ragione, nel suo lavoro, più che in quello degli altri, prevale un gusto post-moderno per l’accumulazione e l’accostamento, talora contrastante, di stoffe cangianti, motivi esornativi e tessuti maculati di gusto savanico.
Ivan Quaroni
01
marzo 2008
Le invasioni barbariche
Dal primo al 25 marzo 2008
arte contemporanea
Location
IKONOS – CENTRO LE FONTANE
Treviolo, Via Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, 10, (Bergamo)
Treviolo, Via Generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, 10, (Bergamo)
Orario di apertura
domenica 2 marzo: 16-20; tutti i sabati: dalle 10.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 20.00; durante la settimana su appuntamento.
Vernissage
1 Marzo 2008, ore 18
Autore
Curatore