Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Le parole tra noi leggere
La collettiva Le parole tra noi leggere riunisce artisti che lavorano attorno al rapporto e dialogo tra oggetto quotidiano/oggetto d’arte utilizzandolo come dispositivo per creare storie o come contenitore di esperienze. La domanda che anima la mostra è proprio quella di quanto un oggetto può comunicare o può farsi stimolatore di nuove narrazioni?
Comunicato stampa
Segnala l'evento
VIANUOVA arte contemporanea presenta la sesta collettiva del ciclo di mostre, dal titolo LA DISTANZA è UNA FINZIONE, a cura di LORENZO BRUNI. La collettiva che inaugura giovedì 12 giugno dal titolo Le parole tra noi leggere ruota attorno all'idea di "oggetto narrante".
La collettiva Le parole tra noi leggere riunisce artisti che lavorano attorno al rapporto e dialogo tra oggetto quotidiano/oggetto d'arte utilizzandolo come dispositivo per creare storie o come contenitore di esperienze. La domanda che anima la mostra è proprio quella di quanto un oggetto può comunicare o può farsi stimolatore di nuove narrazioni? È solo un fatto di autosuggestione e di paura della morte ricercare tracce e storie o ritratti di chi le ha posseduti negli oggetti quotidiani? A questo ultimo interrogativo Jung rispondeva, differenziandosi dallo scetticismo analitico di Freud, che porre la questione dal punto di vista propositivo è la vera caratteristica dell'essere umano.
Per questi artisti un oggetto e l'opera d'arte è un mezzo per creare aggregazione e alzare il normale livello di percezione dell'osservatore (spettatore e artista) nel suo quotidiano. Così un gruppo di lampadine a terra di Jason Dodge (Newton, Pennsylvania, 1969) non è solo un catalogo di oggetti simili per funzioni, ma anche un ritratto della persona che le ha prese su richiesta dell'artista e una visualizzazione concreta nella nostra mente della casa in polonia da cui sono state prese poiché personale. Pawel Althamer (Varsavia, 1967) crea attenzione su un oggetto intimo quanto simbolico come un anello attraverso la sua mancanza nello spazio espositivo, ma che viene evocato dai disegni preparatori, le foto dell'anello e del luogo della città di Firenze dove è stato abbandonato dal suo stesso autore e figlio dell'artista arrivato appositamente in città per dare un dono e non per prendere qualcosa. L'attenzione in questo caso è rivolta proprio allo spazio urbano in cui possono accadere chissà quali storie a quel dato oggetto in questo caso immagine. Mario Airò (1961, Pavia) con l'opera L'intrattenimento-infinito realizza una destrutturazione del concetto di piedistallo ponendone uno nello spazio e facendolo divenire presenza. Infatti solo dopo ci accorgiamo che ospita su di se un comune libro di un'autore di fantascienza che mischia sulla copertina immagini underground interrotte da un buco con un vortice di acqua il quale, nella sua assurda presenza, appare come l'unica cosa vera e concreta e presente che ci fa rivalutare il concetto di immaginazione e di illusione concreta. Nello spazio al n.2 Airò ripropone un opera del 1989 dal giardino delle delizie (un arancia su cui porta l'impronta della mano che l'ha appena posata) mettendolo a confronto con il contesto della storia dell'arte da cui quell'opera prendeva forma e da cui se ne distaccava per una nuova fruizione e percezione. Infatti Airò per tutti gli anni 90 ha sempre lavorato nel cros over tra le arti creando una dimensione epifanica rispetto al reale e ai riferimenti culturali mettendo in evidenza il meccanismo che rendeva possibile all'opera di manifestarsi con lo scopo di rendere sempre cosciente e attivo lo spettatore rispetto a ciò che osservava. Gyan Panchal (Parigi, 1973) lavora sempre sulle possibilità trasfigurante del materiale rispetto alle forme che le compongono indipendentemente da esse. In questo caso una grande stoffa che porta su di se un disegno realizzato dalla mancanza della stoffa tagliata e asportata. Erbe invece è un tubo in pvc che tagliato nelle proprie proporzioni secondo la formula di fibonacci realizza una struttura fisica la cui parte più importante da osservare divengono i frammenti provocati dal taglio del tubo. Luca Francesconi (Mantova, 1979) propone una scultura installazione con vari piani di lavoro (tavola per disegni, incudine da fabbro, pavimento in pvc piegato dello studio di un pittore) che portano le tracce della realizzazione di manufatti che però possiamo solo immaginare e non vedere lì. Francesconi lavora da sempre sul rapporto con i simboli arcaici che sopravvivono nel mondo e questo è evidente con i disegni in cui presentano segni presenti da sempre (come il cerchio e il triangolo), ma che vengono caricati di volta in volta da simbologie diverse o anche con la parte finale del pesce spada conficcata nel muro che si fa meridiana o struttura minimalista solo perchè posta tra altri segni artistici.
La mostra le parole tra noi leggere parte da una riflessione su cosa possiamo considerare scultura oggi partendo dalla constatazione che molti artisti propongono non piu il monumento chiuso in se, ma minimi oggetti la cui relazione con la pratica del quotidiano è viva e che punta a riattivare. Per questo motivo pur essendo una mostra che si interroga sull'idea di oggetto quotidiano, oggetto pubblico, oggetto autonomo rispetto al mondo e al pubblico emergeranno opere che si manifestano come dei segni che ci conducono all'oggetto o sua immaginazione o delle tracce. Il concetto di interpretazione delle caratteristiche di un oggetto rispetto al proprio possessore si mischia con quella riferita al suo autore.
La mostra prosegue all'interno di Kartell, in cui i vari segni degli artisti si mimetizzeranno con il contesto del negozio di design dando nuovo senso anche al nostro stare lì.
VIANUOVA arte contemporanea apre a Firenze nel maggio del 2005 con un approccio inedito per una galleria poiché punta a ripensare alle attuali modalità espositive e a riflettere sulla natura del contenitore d'arte e sul suo ruolo di mediazione con il pubblico. LA DISTANZA E' UNA FINZIONE è un ciclo di mostre che parte dalla riflessione sull'ipotetica eredità del moderno (codici, linguaggi, usi attuali, memorie), e su cosa intendiamo adesso per spazio pittorico. Tutte le mostre indagheranno le modalità che gli artisti usano, dalla fine anni novanta, per definire narrazioni e storie intime quanto condivisibili con lo spettatore, il quale sarà chiamato direttamente in causa dallo spazio/sensazione messo in atto dall'opera. Più che mostre a tema saranno mostre collettive che vogliono materializzare un'atmosfera e una sensazione ben precisa in cui ritrovare e stabilire con gesti minimi cosa è il mondo e come può manifestarsi in esso il singolo individuo (artista/spettatore).
La prima mostra che ha inaugurato lo spazio di VIANUOVA arte contemporanea è stata Prendendo misure con Ian Kiaer, Didier Courbout e T-Yong Chung. La mostra puntava a ripensare alla città come spazio fisico e concreto in cui stabilire delle relazione con l'altro e non solo come idea, miraggio o spazio funzionale di attraversamento. La seconda mostra è stata invece Coincidenze con Martin Creed, Nedko Solakov, Koo Jeong-A e Jacopo Miliani e mirava a creare una condizione di stupore e non solo la sua rappresentazione, tentando poi di stabilire un rapporto diretto con il momento della fruizione dell'opera e di alzare il normale livello di immaginazione dello spettatore rispetto agli oggetti quotidiani con cui ha sempre a che fare. La terza mostra dal titolo Piani sospetti, invece, puntava a far riflettere gli artisti invitati sul concetto di autoritratto come ricognizione sui codici linguistici del gruppo culturale a cui il soggetto appartiene o dai quali proviene. Mark Manders, Carsten Nicolai, Mai-thu Perret, Federico Pietrella, Marcello Simeone puntavano a realizzare un ritratto collettivo. La quarta mostra dal titolo Geografie ruotava attorno all'idea del viaggio. Le opere di Rossella Biscotti, Paolo Parisi, Cristian Jankowsky e Roman Ondak erano storie per immagini che condividevano con lo spettatore un viaggio non come fuga ma come incontro di storie e persone e idee di luogo da abitare. La mostra LUOGHI PER EROI-ognuno è eroi a se stesso con Dmitry Gutov, Marco Raparelli, André Romao, Matteo Rubbi si interrogava su chi oggi possa essere considerato un eroe tentando di realizzare un riflessione slegata dalla mentalità per opposti della visione novecentesca.
La collettiva Le parole tra noi leggere riunisce artisti che lavorano attorno al rapporto e dialogo tra oggetto quotidiano/oggetto d'arte utilizzandolo come dispositivo per creare storie o come contenitore di esperienze. La domanda che anima la mostra è proprio quella di quanto un oggetto può comunicare o può farsi stimolatore di nuove narrazioni? È solo un fatto di autosuggestione e di paura della morte ricercare tracce e storie o ritratti di chi le ha posseduti negli oggetti quotidiani? A questo ultimo interrogativo Jung rispondeva, differenziandosi dallo scetticismo analitico di Freud, che porre la questione dal punto di vista propositivo è la vera caratteristica dell'essere umano.
Per questi artisti un oggetto e l'opera d'arte è un mezzo per creare aggregazione e alzare il normale livello di percezione dell'osservatore (spettatore e artista) nel suo quotidiano. Così un gruppo di lampadine a terra di Jason Dodge (Newton, Pennsylvania, 1969) non è solo un catalogo di oggetti simili per funzioni, ma anche un ritratto della persona che le ha prese su richiesta dell'artista e una visualizzazione concreta nella nostra mente della casa in polonia da cui sono state prese poiché personale. Pawel Althamer (Varsavia, 1967) crea attenzione su un oggetto intimo quanto simbolico come un anello attraverso la sua mancanza nello spazio espositivo, ma che viene evocato dai disegni preparatori, le foto dell'anello e del luogo della città di Firenze dove è stato abbandonato dal suo stesso autore e figlio dell'artista arrivato appositamente in città per dare un dono e non per prendere qualcosa. L'attenzione in questo caso è rivolta proprio allo spazio urbano in cui possono accadere chissà quali storie a quel dato oggetto in questo caso immagine. Mario Airò (1961, Pavia) con l'opera L'intrattenimento-infinito realizza una destrutturazione del concetto di piedistallo ponendone uno nello spazio e facendolo divenire presenza. Infatti solo dopo ci accorgiamo che ospita su di se un comune libro di un'autore di fantascienza che mischia sulla copertina immagini underground interrotte da un buco con un vortice di acqua il quale, nella sua assurda presenza, appare come l'unica cosa vera e concreta e presente che ci fa rivalutare il concetto di immaginazione e di illusione concreta. Nello spazio al n.2 Airò ripropone un opera del 1989 dal giardino delle delizie (un arancia su cui porta l'impronta della mano che l'ha appena posata) mettendolo a confronto con il contesto della storia dell'arte da cui quell'opera prendeva forma e da cui se ne distaccava per una nuova fruizione e percezione. Infatti Airò per tutti gli anni 90 ha sempre lavorato nel cros over tra le arti creando una dimensione epifanica rispetto al reale e ai riferimenti culturali mettendo in evidenza il meccanismo che rendeva possibile all'opera di manifestarsi con lo scopo di rendere sempre cosciente e attivo lo spettatore rispetto a ciò che osservava. Gyan Panchal (Parigi, 1973) lavora sempre sulle possibilità trasfigurante del materiale rispetto alle forme che le compongono indipendentemente da esse. In questo caso una grande stoffa che porta su di se un disegno realizzato dalla mancanza della stoffa tagliata e asportata. Erbe invece è un tubo in pvc che tagliato nelle proprie proporzioni secondo la formula di fibonacci realizza una struttura fisica la cui parte più importante da osservare divengono i frammenti provocati dal taglio del tubo. Luca Francesconi (Mantova, 1979) propone una scultura installazione con vari piani di lavoro (tavola per disegni, incudine da fabbro, pavimento in pvc piegato dello studio di un pittore) che portano le tracce della realizzazione di manufatti che però possiamo solo immaginare e non vedere lì. Francesconi lavora da sempre sul rapporto con i simboli arcaici che sopravvivono nel mondo e questo è evidente con i disegni in cui presentano segni presenti da sempre (come il cerchio e il triangolo), ma che vengono caricati di volta in volta da simbologie diverse o anche con la parte finale del pesce spada conficcata nel muro che si fa meridiana o struttura minimalista solo perchè posta tra altri segni artistici.
La mostra le parole tra noi leggere parte da una riflessione su cosa possiamo considerare scultura oggi partendo dalla constatazione che molti artisti propongono non piu il monumento chiuso in se, ma minimi oggetti la cui relazione con la pratica del quotidiano è viva e che punta a riattivare. Per questo motivo pur essendo una mostra che si interroga sull'idea di oggetto quotidiano, oggetto pubblico, oggetto autonomo rispetto al mondo e al pubblico emergeranno opere che si manifestano come dei segni che ci conducono all'oggetto o sua immaginazione o delle tracce. Il concetto di interpretazione delle caratteristiche di un oggetto rispetto al proprio possessore si mischia con quella riferita al suo autore.
La mostra prosegue all'interno di Kartell, in cui i vari segni degli artisti si mimetizzeranno con il contesto del negozio di design dando nuovo senso anche al nostro stare lì.
VIANUOVA arte contemporanea apre a Firenze nel maggio del 2005 con un approccio inedito per una galleria poiché punta a ripensare alle attuali modalità espositive e a riflettere sulla natura del contenitore d'arte e sul suo ruolo di mediazione con il pubblico. LA DISTANZA E' UNA FINZIONE è un ciclo di mostre che parte dalla riflessione sull'ipotetica eredità del moderno (codici, linguaggi, usi attuali, memorie), e su cosa intendiamo adesso per spazio pittorico. Tutte le mostre indagheranno le modalità che gli artisti usano, dalla fine anni novanta, per definire narrazioni e storie intime quanto condivisibili con lo spettatore, il quale sarà chiamato direttamente in causa dallo spazio/sensazione messo in atto dall'opera. Più che mostre a tema saranno mostre collettive che vogliono materializzare un'atmosfera e una sensazione ben precisa in cui ritrovare e stabilire con gesti minimi cosa è il mondo e come può manifestarsi in esso il singolo individuo (artista/spettatore).
La prima mostra che ha inaugurato lo spazio di VIANUOVA arte contemporanea è stata Prendendo misure con Ian Kiaer, Didier Courbout e T-Yong Chung. La mostra puntava a ripensare alla città come spazio fisico e concreto in cui stabilire delle relazione con l'altro e non solo come idea, miraggio o spazio funzionale di attraversamento. La seconda mostra è stata invece Coincidenze con Martin Creed, Nedko Solakov, Koo Jeong-A e Jacopo Miliani e mirava a creare una condizione di stupore e non solo la sua rappresentazione, tentando poi di stabilire un rapporto diretto con il momento della fruizione dell'opera e di alzare il normale livello di immaginazione dello spettatore rispetto agli oggetti quotidiani con cui ha sempre a che fare. La terza mostra dal titolo Piani sospetti, invece, puntava a far riflettere gli artisti invitati sul concetto di autoritratto come ricognizione sui codici linguistici del gruppo culturale a cui il soggetto appartiene o dai quali proviene. Mark Manders, Carsten Nicolai, Mai-thu Perret, Federico Pietrella, Marcello Simeone puntavano a realizzare un ritratto collettivo. La quarta mostra dal titolo Geografie ruotava attorno all'idea del viaggio. Le opere di Rossella Biscotti, Paolo Parisi, Cristian Jankowsky e Roman Ondak erano storie per immagini che condividevano con lo spettatore un viaggio non come fuga ma come incontro di storie e persone e idee di luogo da abitare. La mostra LUOGHI PER EROI-ognuno è eroi a se stesso con Dmitry Gutov, Marco Raparelli, André Romao, Matteo Rubbi si interrogava su chi oggi possa essere considerato un eroe tentando di realizzare un riflessione slegata dalla mentalità per opposti della visione novecentesca.
12
giugno 2008
Le parole tra noi leggere
Dal 12 giugno al 12 settembre 2008
arte contemporanea
Location
VIANUOVA ARTE CONTEMPORANEA
Firenze, Via Del Porcellana, 1r, (Firenze)
Firenze, Via Del Porcellana, 1r, (Firenze)
Orario di apertura
ore 16-20
Vernissage
12 Giugno 2008, ore 18,30
Autore