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Leila Rahimian – Cammino verso la speranza
Nelle opere di Leila Rahimian si vede la quintessenza del concetto di “altro”, il diverso con la sua implicazione di inquietudine che spesso ci deriva dal sentirlo così simile al “nostro”, a ciò che siamo, al patrimonio che ci identifica
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Cammino verso la speranza -
Nelle opere di Leila Rahimian si vede la quintessenza del concetto di “altro”, il diverso con la
sua implicazione di inquietudine che spesso ci deriva dal sentirlo così simile al “nostro”, a ciò che
siamo, al patrimonio che ci identifica.
La mostra è divisa in due sezioni, nella prima delle quali, posizionata nella sala dedicata agli eventi
della libreria Scaldapensieri, viene presentata una serie di opere, in cui l’artista parte da uno scatto
fotografico con il quale lei stessa si è autoritratta, che ci mostrano momenti di sofferenza tramite
i quali viene comunicato un ampio ventaglio di sensazioni profonde, cosa che è rafforzata da
interventi con il sangue stesso dell’artista che viene usato su alcuni punti della superficie. Le opere
vengono completate con la scrittura a pennello usando colori di varia natura, di poesie opera di
Forugh Farrokhzàd, poetessa iraniana che negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso espresse fortemente
il disagio della situazione femminile in quel contesto, e concluse poi tragicamente la propria
esistenza in un incidente stradale all’età di 32 anni.
La seconda parte della mostra, allocata nella libreria propriamente detta, con qualche pretesa
antologica raccoglie opere eseguite dall’artista con tecniche diverse nell’arco di svariati anni.
I temi cari alla Rahimian sono dominanti anche in questa sezione ed è interessante vedere i
suo modi di affrontarli con differenti strumenti; la sua pittura ha certamente radici nell’arte
iraniana, ma altrettanto sicuramente sono presenti elementi di discendenza da avanguardie
novecentesche dell’arte occidentale quali gli espressionisti e i fauves, e, come accade per solito
con gli artisti attuali, la sua forza sta nello sviluppare in modo motivato, un melanges tra quei
diversi fattori; il quid in più che la Rahimian riesce ad aggiungere è costituito da due elementi
ancor più contemporanei. Il primo di questi è dato dalla presenza di una materia naturale e
persino corporale come il sangue, che qui non viene decontestualizzato ma, traendo spunto dal
linguaggio cinematografico, potremmo dire che fa la parte di se stesso e aizza in modo persin
violento la sensibilità dell’ell’osservatore, mentre il secondo elemento è costituito da un uso della
poesia in cui coesistono sentimenti universali e linguaggi particolari, quali l’alfabeto iraniano che
soggettivamente, può assumere un valore di distacco del significante sul tipo di quello portato
avanti dal movimento della poesia visuale, sviluppatosi a partire dagli anni ’60.
Una citazione particolare merita il quadro “Ultima cena – Shame akhar”, grandemente
esemplificativo sia dello stile di Leila Rahimian che del suo linguaggio artistico. Nella
reintrepretazione del capolavoro leonardesco, ben affiorano le inclinazioni pittoriche della
Rahimian che va poi avanti nella sua “Ultima cena” inserendo in questo caso versi del grande poeta
e ricercatore spirituale mistico, Mawlànà Jalàl ad-Dìn Rùmì, vissuto nel XIII secolo e originario
del Khorasan regione attualmente compresa tra Iran, Afghanistan, Turkmenistan, Uzbekistan e
Tajikistan.
( testo a cura di Fabrizio Gilardi di Action Art )
Leila Rahimian è nata a Tehran in Iran nel 1971, ha studiato alla facoltà di belle arti di Tehran e
poi all’accademia di belle arti a Roma. Da alcuni anni vive in provincia di Como. Ha al suo attivo
parecchie mostre personali e collettive tra le quali ricordiamo a Tehran, presso le gallerie Barg e
Sarv, a Milano alla galleria Zamenhof, a Como presso il Teatro Sociale.
Nelle opere di Leila Rahimian si vede la quintessenza del concetto di “altro”, il diverso con la
sua implicazione di inquietudine che spesso ci deriva dal sentirlo così simile al “nostro”, a ciò che
siamo, al patrimonio che ci identifica.
La mostra è divisa in due sezioni, nella prima delle quali, posizionata nella sala dedicata agli eventi
della libreria Scaldapensieri, viene presentata una serie di opere, in cui l’artista parte da uno scatto
fotografico con il quale lei stessa si è autoritratta, che ci mostrano momenti di sofferenza tramite
i quali viene comunicato un ampio ventaglio di sensazioni profonde, cosa che è rafforzata da
interventi con il sangue stesso dell’artista che viene usato su alcuni punti della superficie. Le opere
vengono completate con la scrittura a pennello usando colori di varia natura, di poesie opera di
Forugh Farrokhzàd, poetessa iraniana che negli anni ’50 e ’60 del secolo scorso espresse fortemente
il disagio della situazione femminile in quel contesto, e concluse poi tragicamente la propria
esistenza in un incidente stradale all’età di 32 anni.
La seconda parte della mostra, allocata nella libreria propriamente detta, con qualche pretesa
antologica raccoglie opere eseguite dall’artista con tecniche diverse nell’arco di svariati anni.
I temi cari alla Rahimian sono dominanti anche in questa sezione ed è interessante vedere i
suo modi di affrontarli con differenti strumenti; la sua pittura ha certamente radici nell’arte
iraniana, ma altrettanto sicuramente sono presenti elementi di discendenza da avanguardie
novecentesche dell’arte occidentale quali gli espressionisti e i fauves, e, come accade per solito
con gli artisti attuali, la sua forza sta nello sviluppare in modo motivato, un melanges tra quei
diversi fattori; il quid in più che la Rahimian riesce ad aggiungere è costituito da due elementi
ancor più contemporanei. Il primo di questi è dato dalla presenza di una materia naturale e
persino corporale come il sangue, che qui non viene decontestualizzato ma, traendo spunto dal
linguaggio cinematografico, potremmo dire che fa la parte di se stesso e aizza in modo persin
violento la sensibilità dell’ell’osservatore, mentre il secondo elemento è costituito da un uso della
poesia in cui coesistono sentimenti universali e linguaggi particolari, quali l’alfabeto iraniano che
soggettivamente, può assumere un valore di distacco del significante sul tipo di quello portato
avanti dal movimento della poesia visuale, sviluppatosi a partire dagli anni ’60.
Una citazione particolare merita il quadro “Ultima cena – Shame akhar”, grandemente
esemplificativo sia dello stile di Leila Rahimian che del suo linguaggio artistico. Nella
reintrepretazione del capolavoro leonardesco, ben affiorano le inclinazioni pittoriche della
Rahimian che va poi avanti nella sua “Ultima cena” inserendo in questo caso versi del grande poeta
e ricercatore spirituale mistico, Mawlànà Jalàl ad-Dìn Rùmì, vissuto nel XIII secolo e originario
del Khorasan regione attualmente compresa tra Iran, Afghanistan, Turkmenistan, Uzbekistan e
Tajikistan.
( testo a cura di Fabrizio Gilardi di Action Art )
Leila Rahimian è nata a Tehran in Iran nel 1971, ha studiato alla facoltà di belle arti di Tehran e
poi all’accademia di belle arti a Roma. Da alcuni anni vive in provincia di Como. Ha al suo attivo
parecchie mostre personali e collettive tra le quali ricordiamo a Tehran, presso le gallerie Barg e
Sarv, a Milano alla galleria Zamenhof, a Como presso il Teatro Sociale.
13
maggio 2011
Leila Rahimian – Cammino verso la speranza
Dal 13 maggio al 13 giugno 2011
arte contemporanea
Location
LIBRERIA NUOVA SCALDAPENSIERI
Milano, Via Don Bosco, 39, (Milano)
Milano, Via Don Bosco, 39, (Milano)
Orario di apertura
lunedì 15.30–19.30, martedì 10–19.30, mercoledì 10–21.30, dal giovedì al sabato 10–19.30
Vernissage
13 Maggio 2011, dalle 18.30
Sito web
fabriziogilardi.carbonmade.com
Autore
Curatore