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Lentissimamente fino allo zero
…C’è un legame segreto fra lentezza e memoria, fra velocità e oblio…il grado di lentezza è direttamente proporzionale all’intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale all’intensità dell’oblio.” Milan Kundera – La Lentezza – Adelphi 1994
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Mirabilia della lentezza
Anna Caterina Bellati
Una mostra per dire un’arte che
non emette onde d’impazienza. “La
velocità è la forma di estasi che la
forma tecnologica ha regalato
all’uomo”, scrive Milan Kundera nel suo
romanzo La lentezza, pubblicato da
Adelphi nel 1994. Il nostro è diventato
un corpo fuori gioco e la rapidità,
incorporea e immateriale, ci porta
all’irresponsabilità, quasi macchine
senza manovratore. Eppure c’è un
altro battere del cuore che vuole
recuperare il corpo come essere nel
mondo qui e ora. Abbiamo da riconquistare
una calma tangibile e consistente,
vicina alla realtà. Nella nostra
società l’ozio è diventato inattività,
ma se si guarda alla lentezza come a
una dimensione della vita, si coglie il
suo ritmo uguale e contrario a quello
della velocità. Viviamo all’interno di
una grande conchiglia la cui eco ci
impedisce di distinguere i rumori dai
suoni. Questa mostra invita al silenzio,
quello di cui abbiamo perso l’odore.
Ci sono le costruzioni di Carlo Cane
che bucano un cielo bianco latte
senza nuvole o volo d’uccelli. Parlano
di un mondo in cui gli uomini
hanno perso la propria scommessa
con il tempo. A furia di correre e annientare il presente hanno azzerato
anche il futuro che, schiacciato tra
questi monoliti di acciaio e cristallo,
si è ridotto a un oggi infinito. Ci sono
i personaggi addormentati di Massimo
Pulini, assopiti nell’ora sospesa
di un pomeriggio qualunque. Una
qualità del sonno che cerca di indovinare cosa ci sia dietro le palpebre abbassate, quali storie, quali umori,quali speranze, quali sconfitte. Mya Lurgo invece propone un’analisi del
presente in cui il grande orologio londinese,diventato simbolo di tutte le
mezzanotti, batte i minuti e le ore e
i giorni delle nostre singole vite in attesache ognuno sopra qual è il suo
destino. Un destino tuttavia che non
cade addosso, va piuttosto conquistato.
Ed ecco i dipinti immobili di
Marco Martelli. Sono pieni di vento,
ma l’artista coglie l’attimo e dunque
la pittura immortala una frazione di
esistenza senza movimento. La lentezza
è già qualcosa, l’immobilità è
uno spazio contratto dove anche un
respiro farebbe rumore; mentre i nodi
al fazzoletto di Cecilia Viganò innescano
ancora un altro meccanismo del
pensiero, quello della memoria. Che è
ricordo, appunto, post-it del quotidiano, ma anche del passato profondo di ciascuno. Infine Eloisa Gobbo nella sua maniera soft-pop ricorda che tutto gira intorno all’amore o forse che l’amore gira intorno a tutto. Purché sia
a tempo indeterminato.
Anna Caterina Bellati
Una mostra per dire un’arte che
non emette onde d’impazienza. “La
velocità è la forma di estasi che la
forma tecnologica ha regalato
all’uomo”, scrive Milan Kundera nel suo
romanzo La lentezza, pubblicato da
Adelphi nel 1994. Il nostro è diventato
un corpo fuori gioco e la rapidità,
incorporea e immateriale, ci porta
all’irresponsabilità, quasi macchine
senza manovratore. Eppure c’è un
altro battere del cuore che vuole
recuperare il corpo come essere nel
mondo qui e ora. Abbiamo da riconquistare
una calma tangibile e consistente,
vicina alla realtà. Nella nostra
società l’ozio è diventato inattività,
ma se si guarda alla lentezza come a
una dimensione della vita, si coglie il
suo ritmo uguale e contrario a quello
della velocità. Viviamo all’interno di
una grande conchiglia la cui eco ci
impedisce di distinguere i rumori dai
suoni. Questa mostra invita al silenzio,
quello di cui abbiamo perso l’odore.
Ci sono le costruzioni di Carlo Cane
che bucano un cielo bianco latte
senza nuvole o volo d’uccelli. Parlano
di un mondo in cui gli uomini
hanno perso la propria scommessa
con il tempo. A furia di correre e annientare il presente hanno azzerato
anche il futuro che, schiacciato tra
questi monoliti di acciaio e cristallo,
si è ridotto a un oggi infinito. Ci sono
i personaggi addormentati di Massimo
Pulini, assopiti nell’ora sospesa
di un pomeriggio qualunque. Una
qualità del sonno che cerca di indovinare cosa ci sia dietro le palpebre abbassate, quali storie, quali umori,quali speranze, quali sconfitte. Mya Lurgo invece propone un’analisi del
presente in cui il grande orologio londinese,diventato simbolo di tutte le
mezzanotti, batte i minuti e le ore e
i giorni delle nostre singole vite in attesache ognuno sopra qual è il suo
destino. Un destino tuttavia che non
cade addosso, va piuttosto conquistato.
Ed ecco i dipinti immobili di
Marco Martelli. Sono pieni di vento,
ma l’artista coglie l’attimo e dunque
la pittura immortala una frazione di
esistenza senza movimento. La lentezza
è già qualcosa, l’immobilità è
uno spazio contratto dove anche un
respiro farebbe rumore; mentre i nodi
al fazzoletto di Cecilia Viganò innescano
ancora un altro meccanismo del
pensiero, quello della memoria. Che è
ricordo, appunto, post-it del quotidiano, ma anche del passato profondo di ciascuno. Infine Eloisa Gobbo nella sua maniera soft-pop ricorda che tutto gira intorno all’amore o forse che l’amore gira intorno a tutto. Purché sia
a tempo indeterminato.
15
gennaio 2009
Lentissimamente fino allo zero
Dal 15 gennaio al 21 febbraio 2009
arte contemporanea
Location
NELLIMYA: LIGHT ART EXHIBITION
Cademario, Via Ur Strdón, 11, (Lugano)
Cademario, Via Ur Strdón, 11, (Lugano)
Orario di apertura
lu, me, ve 10:00-12:30 / 15:00-19:00
ma, gio 15:00-19:00
sa 10:00-13:00
Vernissage
15 Gennaio 2009, ore 18:30
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