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Leonardo Gambini – Transparency Changes
La mostra di Leonardo Gambini comprende una selezione degli ultimi lavori della serie Segni del Tempo. Una summa delle sperimentazioni dell’artista che, già dagli anni all’Accademia di Brera, svolge una ricerca originale utilizzando la luce come materia plasmabile e come parte integrante dell’opera
Comunicato stampa
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Transparency Changes è il titolo della personale di Leonardo Gambini (1994) che la Galleria Monopoli ospita dal prossimo 7 giugno sino al 5 luglio.
La mostra curata da Alberto Barranco di Valdivieso, comprende una selezione degli ultimi lavori della serie Segni del Tempo, realizzati in diversi formati, che costituiscono una summa delle sperimentazioni dell’artista anconetano.
Gambini, artista visuale e urban artist - ha i primi approcci con il writing nel primo decennio del 2000 facendosi conoscere con lo pseudonimo Tunus - negli anni ha trasformato la sua arte urbana, realistica e immediata, in opere più concettuali, fino a sfociare nel minimalismo.
Già a partire dagli anni di formazione all’Accademia di Brera inizia una ricerca originale creando un suo percorso autonomo, basato sull’accostamento e la sovrapposizione di lastre di metacrilato. Infatti la scoperta delle proprietà espressive del plexiglas gli ha consentito una particolare interpretazione dell’astrazione geometrica attraverso l’ideazione di una macchina ottico-proiettiva che utilizzi la luce sia come una materia plasmabile sia come parte integrante dell'opera stessa.
Fatto proprio l’assunto duchampiano che ritiene l'artista autorizzato a prendere un oggetto quotidiano e reinterpretarlo conferendogli nuova dignità, nuove funzioni, nuova emozione come opera d'arte, Gambini si concentra sulla scatola/teca facendola diventare l'immagine, l'opera d'arte stessa: “Accostandomi alla filosofia duchampiana, ho deciso di far diventare opera d’arte la teca stessa, un elemento che normalmente viene utilizzato come strumento di protezione delle opere. Cercavo inoltre un materiale contemporaneo che desse la capacità allo spettatore, a seconda della sua volontà, di vedere l’opera come riflessione di sé stessa e del mondo circostante oppure per andare oltre, al di là del suo essere trasparente. La contrapposizione tra lastre coprenti e trasparenti ha per me il valore di metafora della società che ci circonda e il suo appartenere ad un mondo di maschere. Così come le persone, mi piace che le mie opere siano suscettibili di trasmutazione e di cambiamenti a seconda delle fonti di luce.” (Leonardo Gambini)
Come scrive il curatore nel testo che accompagna l’esposizione: La scatola o meglio la teca (oggetto desunto dal museo, spazio che conserva e contiene) diventa, nella sua immaginazione, luogo ove conservare l’idea, contenitore dell’energia creativa dell’arte, ma soprattutto luogo di trasformazione, di passaggio di energia, di filtrazione. La scatola diventa un vero e proprio elemento di innesco di un processo che usi la realtà per andare oltre la realtà. Immediata gli appare la necessità di lavorare con la luce e i colori, dunque con materiali trasparenti che però non fossero come il cristallo colorato, pesante, fragile e costoso. Allora sceglie il plexiglas, approfondendo gli artisti che l’avessero usato, cercando però di orientare una ricerca il più possibile personale.
I lavori di Gambini, costruiti usando il sistema di filtrazione della luce, soprattutto naturale, e sviluppando l'intrinseca plasticità dell'oggetto, rappresentano molto di più che uno schermo filtrante o una lente quadrangolare, perché la teca assume un valore espressivo autonomo con una propria sintassi leggibile, dove gli inserti di colore funzionano come “ingranaggi” di una macchina ottica che si attiva con la luce e che assorbe il tempo e lo determina nel fluire della luce naturale.
Le opere in mostra sono gli ultimi lavori della serie Segni del Tempo, realizzati tra il 2022 e il 2023 in diversi formati. Hanno per lo più forme quadrangolari: teche strette come barre, rettangolari (Stallattiti) e cilindriche (Stallattiti Cilindriche), ma anche quadrate, triangolari o tonde; tutte costruite “a cassetta”, profonde mai oltre i 9 cm e costituite da lastre di plexiglas spesso 3 mm tagliate al diamante o al laser.
Dalla cromia più complessa rispetto ai lavori precedenti con un senso compositivo molto “musicale”, da queste opere scaturisce un sentimento vitale - forse proprio in contrasto al difficile periodo di cattività imposto a tutti dalla pandemia - e un’energia che porta a intravvedere nuove dinamiche oltre il sistema della teca: le righe cominciano a spezzarne l’ortogonalità e questo produce un’interessante deformazione percettiva delle forme geometriche pure delle scatole di plexiglass.
Le macchina ottiche di Gambini, come spiega ancora Alberto Barranco, sono un mezzo di comunicazione efficace del segnale luce/colore, per provocare in chi le guarda sensazioni istintive e che lui desidera siano positive e vitali proprio in virtù della scelta di colori “immediati” e brillanti, dove l’energia della luce diventa veicolo per andare oltre l’oggetto ed entrare nella percezione metafisica dei fenomeni di trasparenza e rifrazione.
La mostra curata da Alberto Barranco di Valdivieso, comprende una selezione degli ultimi lavori della serie Segni del Tempo, realizzati in diversi formati, che costituiscono una summa delle sperimentazioni dell’artista anconetano.
Gambini, artista visuale e urban artist - ha i primi approcci con il writing nel primo decennio del 2000 facendosi conoscere con lo pseudonimo Tunus - negli anni ha trasformato la sua arte urbana, realistica e immediata, in opere più concettuali, fino a sfociare nel minimalismo.
Già a partire dagli anni di formazione all’Accademia di Brera inizia una ricerca originale creando un suo percorso autonomo, basato sull’accostamento e la sovrapposizione di lastre di metacrilato. Infatti la scoperta delle proprietà espressive del plexiglas gli ha consentito una particolare interpretazione dell’astrazione geometrica attraverso l’ideazione di una macchina ottico-proiettiva che utilizzi la luce sia come una materia plasmabile sia come parte integrante dell'opera stessa.
Fatto proprio l’assunto duchampiano che ritiene l'artista autorizzato a prendere un oggetto quotidiano e reinterpretarlo conferendogli nuova dignità, nuove funzioni, nuova emozione come opera d'arte, Gambini si concentra sulla scatola/teca facendola diventare l'immagine, l'opera d'arte stessa: “Accostandomi alla filosofia duchampiana, ho deciso di far diventare opera d’arte la teca stessa, un elemento che normalmente viene utilizzato come strumento di protezione delle opere. Cercavo inoltre un materiale contemporaneo che desse la capacità allo spettatore, a seconda della sua volontà, di vedere l’opera come riflessione di sé stessa e del mondo circostante oppure per andare oltre, al di là del suo essere trasparente. La contrapposizione tra lastre coprenti e trasparenti ha per me il valore di metafora della società che ci circonda e il suo appartenere ad un mondo di maschere. Così come le persone, mi piace che le mie opere siano suscettibili di trasmutazione e di cambiamenti a seconda delle fonti di luce.” (Leonardo Gambini)
Come scrive il curatore nel testo che accompagna l’esposizione: La scatola o meglio la teca (oggetto desunto dal museo, spazio che conserva e contiene) diventa, nella sua immaginazione, luogo ove conservare l’idea, contenitore dell’energia creativa dell’arte, ma soprattutto luogo di trasformazione, di passaggio di energia, di filtrazione. La scatola diventa un vero e proprio elemento di innesco di un processo che usi la realtà per andare oltre la realtà. Immediata gli appare la necessità di lavorare con la luce e i colori, dunque con materiali trasparenti che però non fossero come il cristallo colorato, pesante, fragile e costoso. Allora sceglie il plexiglas, approfondendo gli artisti che l’avessero usato, cercando però di orientare una ricerca il più possibile personale.
I lavori di Gambini, costruiti usando il sistema di filtrazione della luce, soprattutto naturale, e sviluppando l'intrinseca plasticità dell'oggetto, rappresentano molto di più che uno schermo filtrante o una lente quadrangolare, perché la teca assume un valore espressivo autonomo con una propria sintassi leggibile, dove gli inserti di colore funzionano come “ingranaggi” di una macchina ottica che si attiva con la luce e che assorbe il tempo e lo determina nel fluire della luce naturale.
Le opere in mostra sono gli ultimi lavori della serie Segni del Tempo, realizzati tra il 2022 e il 2023 in diversi formati. Hanno per lo più forme quadrangolari: teche strette come barre, rettangolari (Stallattiti) e cilindriche (Stallattiti Cilindriche), ma anche quadrate, triangolari o tonde; tutte costruite “a cassetta”, profonde mai oltre i 9 cm e costituite da lastre di plexiglas spesso 3 mm tagliate al diamante o al laser.
Dalla cromia più complessa rispetto ai lavori precedenti con un senso compositivo molto “musicale”, da queste opere scaturisce un sentimento vitale - forse proprio in contrasto al difficile periodo di cattività imposto a tutti dalla pandemia - e un’energia che porta a intravvedere nuove dinamiche oltre il sistema della teca: le righe cominciano a spezzarne l’ortogonalità e questo produce un’interessante deformazione percettiva delle forme geometriche pure delle scatole di plexiglass.
Le macchina ottiche di Gambini, come spiega ancora Alberto Barranco, sono un mezzo di comunicazione efficace del segnale luce/colore, per provocare in chi le guarda sensazioni istintive e che lui desidera siano positive e vitali proprio in virtù della scelta di colori “immediati” e brillanti, dove l’energia della luce diventa veicolo per andare oltre l’oggetto ed entrare nella percezione metafisica dei fenomeni di trasparenza e rifrazione.
07
giugno 2023
Leonardo Gambini – Transparency Changes
Dal 07 giugno al 05 luglio 2023
arte contemporanea
Location
GALLERIA MONOPOLI
Milano, Via Giovanni Ventura, 6, (Milano)
Milano, Via Giovanni Ventura, 6, (Milano)
Orario di apertura
damartedì a sabato ore 14.00 -19.00
Vernissage
7 Giugno 2023, ore 18,30
Sito web
Ufficio stampa
EVENTI E COMUNICAZIONE
Autore
Curatore
Autore testo critico