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Les artistes des salons de Paris
Il percorso attraverso la pittura francese intrapreso negli ultimi anni dalla Galleria Michelangelo e dalla Galleria d’arte Due Bi ci conduce ora, grazie a questa mostra, a far conoscere alcuni degli artisti che esponevano nei “luoghi di culto” di Parigi
Comunicato stampa
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Il percorso attraverso la pittura francese intrapreso negli ultimi anni dalla Galleria Michelangelo e dalla Galleria d’arte Due Bi ci conduce ora, grazie a questa mostra, a far conoscere alcuni degli artisti che esponevano nei “luoghi di culto” di Parigi: i Salons dove, tra XIX e XX secolo, si proponeva arte contemporanea; il loro contributo fu di fondamentale importanza per la costituzione degli stessi e per il rinnovamento della vetusta situazione accademica.
La storia dei Salons è molto interessante e ricca di eventi; in questa sede si cercherà di ripercorrerne le travagliate tappe citando i fatti più rilevanti.
Il Salon nell’Ancien Régime
Già nel XVII e XVIII secolo il sistema artistico francese vantava una struttura ben organizzata, con a capo alcune istituzioni, tra le più importanti l’Académie Royale de Peinture et Sculture e L’Ecole des Beaux-Arts. Questi enti allestivano esposizioni ed indicevano premi, come il famoso ed ambitissimo Prix de Rome.
Nel 1667, per volontà del re Luigi XIV, veniva inaugurata un’importante Esposizione ufficiale da tenersi annualmente al Musée du Louvre. La partecipazione era riservata esclusivamente ai membri dell’Académie che mostravano ad un pubblico selezionato le opere commissionate dallo Stato per destinazioni specifiche, generalmente “quadri di storia”; gli Accademici ricevevano inoltre un salario e un atelier.
Risulta evidente il ruolo di monopolio spettante all’Académie; i suoi membri, infatti, avevano più possibilità, rispetto agli altri artisti, di essere chiamati ad eseguire le commissioni ufficiali. Coloro che riuscivano ad emergere, non facendo parte della potente istituzione, erano all’epoca assai rari.
Inizialmente non esistevano vincoli alla presentazione delle opere all’Esposizione mentre, nel 1746, fu nominata una commissione d’esame che aveva il compito di rifiutare tutti gli invii dichiarati scandalosi sotto il profilo morale, religioso o politico.
Quando nel 1725, sotto il regno di Luigi XV, l’Esposizione venne trasferita nel Salon Carré del Louvre, l’evento artistico cominciò ad essere chiamato Salon des artistes français, comunemente detto “Salon”. Questa denominazione resterà tale anche dopo il 1849, quando avrà luogo in altri spazi (Palais des Tuileries, Palais Royal, Menus-Plaisirs, Palais de l’Industrie, Grand Palais, ecc.).
La rivoluzione del 1789 ebbe conseguenze rilevanti nella storia del Salon.
Nel 1791 esso venne sottratto al controllo dell’Académie e subordinato ai programmi estetici del governo repubblicano; un decreto stabilì l’ammissione a tutti gli artisti francesi e stranieri, offrendo loro la possibilità di presentare opere a tema libero, eccetto quelle contrarie alla pubblica morale. Per molto tempo i premi andarono costantemente ai pittori di storia, suscitando abbondanti critiche.
Da questo momento il Salon riformato ricopre una funzione commerciale oltre che culturale e diventa il luogo in cui ogni artista può esporre i propri lavori e trovare acquirenti; nei cataloghi delle esposizioni erano addirittura pubblicati gli indirizzi degli artisti, per consentire ai possibili mecenati e collezionisti di trovarli più facilmente.
La funzione del Salon nell’Ancien Régime era quella di mostrare “quadri da vedere”, mentre ora è di esporre anche “quadri da vendere”.
A partire dal 1798 fu istituita una Giuria (Juri) nominata dal governo e scelta tra i membri dell’Académie.
Negli anni a seguire (sebbene dal 1880 lo stato francese avesse lasciato il Salon al diretto controllo degli artisti), le continue e ripetute proteste di questi, obbligati a sottoporre le opere ad un’aristocrazia intollerante e gelosa dei propri privilegi, portarono, nel 1848, alla soppressione della Giuria, ristabilita poi l’anno seguente, ma eletta da tutti i partecipanti.; per molto tempo l'ordinamento nella scelta del Juri fu sempre complesso e problematico.
Altra fonte di dissenso era la periodicità del Salon. Se da un lato gli Accademici pretendevano un Salon a lunga scadenza (in maniera tale da avere tempo per completare opere importanti ed impegnative), dall’altro gli artisti che non godevano del sostegno statale, ma solo della committenza privata, si battevano per ottenere almeno un’esposizione all’anno. Non presentando opere monumentali, ma dipinti da cavalletto, questi artisti non necessitavano di lunghi tempi di realizzazione; più i Salons erano a breve scadenza, maggiori erano per loro le possibilità di vendita.
Sarà solo nel 1857 che Napoleone III, al fine di accattivarsi le simpatie delle potenti istituzioni, restaurerà la Giuria Accademica e farà ristabilire il Salon biennale com’era stato nell’Ancien Régime.
Il 1850 fu l'anno in cui Gustave Courbet espose al Salon il dipinto Enterrement à Ornans (Funerale ad Ornans); l’opera venne ritenuta “scandalosa” per la macabra crudezza.
Quando nel 1855 altri suoi dipinti, tra i quali L’Atelier, vennero rifiutati all’Esposizione Universale , l’artista fece erigere a sue spese, davanti all’edificio ufficiale (il Palais des Beaux-Arts), una tenda munita di cartello con la scritta “Le Pavillon du Réalisme” (Il Padiglione del Realismo) dove espose una cinquantina di tele, simboli della lotta contro l’Accademismo.
Il Salon des Refusés
Nel 1863 il Jurì si era dimostrato più severo del solito e aveva respinto le opere di molti artisti che erano stati regolarmente ammessi negli anni precedenti. E’ il caso di Henri Harpignies che, ammesso sin dal 1853, dopo il rifiuto dell’opera Canards sauvages, per la delusione la distrusse.
Il rigido comportamento da parte del Juri aveva provocato una serie di reclami di fronte ai quali l’Imperatore Napoleone III era giunto a decretare che le opere respinte dovessero essere esposte al pubblico in un altro settore del Palais de l’Industrie.
In questo spazio, denominato Salon des Refusés, (Salon dei Rifiutati) vennero esposte opere di artisti che diventeranno in seguito i grandi maestri del XIX secolo: Edouard Manet, Armand Guillaumin, Henri Fantin-Latour, Johan Barthold Jongkind, Camille Pissarro.
Il primo Salon des Refusés non ebbe il successo sperato poiché anche il pubblico si era dimostrato concorde con la Giuria, giustificando le esclusioni e deridendo le opere più lontane dai canoni accademici.
A distanza di dieci anni il governo, pressato dalle petizioni degli artisti, decise di ripetere l’esperienza. Il secondo Salon des Refusés ebbe un tale successo che, alla fine del primo mese, l’Esposizione fu trasferita, con l’aggiunta di nuove opere, in ambienti più spaziosi. I dipinti ottennero finalmente dalla critica recensione favorevole.
Tra gli artisti che in questi anni ambivano ad esporre al Salon ufficiale, vi erano anche quelli che sarebbero diventati famosi con il nome di Impressionisti. Non sempre le loro opere erano ammesse, di conseguenza esponevano al Salon des Refusés, finché nel 1874 il gruppo si organizzò, redisse uno statuto e cominciò ad allestire mostre indipendenti. Era più frequente vedere esposte le loro opere al Salon des Refusés che non in quello ufficiale.
Il Salons des Indépendants
Durante la primavera del 1884 il mondo dell’arte parigino fu teatro di nuovi avvenimenti. Come in passato, la Giuria del Salon si era dimostrata troppo severa nei confronti di chi seguiva nuove strade e, su iniziativa di Georges Seurat, Paul Signac, Odilon Redon e Albert Dubois-Pillet, centinaia di artisti respinti si riunirono nel Groupe des Artistes Indépendants. La loro prima mostra, inaugurata il 15 maggio 1884 e aperta a tutti gli artisti, venne allestita in un vecchio edificio nei giardini delle Tuileries. Il mese seguente il gruppo redigerà uno statuto e verrà fondata la Société omonima. Il loro motto è: “ni juri – ni récompense” (né giuria – né ricompensa). Armand Guillaumin fu l’unico esponente del gruppo Impressionista che accettò di prendere parte al nuovo Salon, poi denominato Salon des Indépendants. Guillaumin aveva già partecipato al primo Salon de Refusés e nel 1872 aveva inviato un’opera al Salon ufficiale ma, dopo che questa fu respinta, l’artista desistette dal farsi accettare.
La maggior parte degli artisti le cui opere sono proposte dalla Galleria Michelangelo e dalla Galleria d’arte Due Bi ha partecipato almeno una volta al Salon des Indépendants: Emile Bernard, Jean-Louis Forain, Henri Manguin, Maximilien Luce, Suzanne Valadon, Emile-Othon Friesz, Roger Marcel Limose, Charles Guérin, Pierre Dumont, Alphonse Quizet, Charles Kvapil, Jean Puy, Pinchus Krémègne, Georges d’Espagnat, Emmanuel de la Villeon, François Eberl. E’ proprio grazie a quest’Esposizione che molti di loro riusciranno a farsi conoscere al pubblico.
Maximilien Gauthier narra dell’anno in cui Emile-Othon Friesz espose ben otto tele al Salon des Indépendants e uno sconosciuto, dopo averne chiesto i prezzi, gli acquistò in blocco le opere. Lo sconosciuto si rivelerà essere Eugène Druet, il famoso mercante la cui galleria cominciava ad accogliere i migliori artisti contemporanei della nuova generazione. Alla terza manifestazione della Société des artistes Indépendants, tenutasi nel 1887, parteciparono ben centocinque artisti. Le sette tele presentate de Maximilien Luce furono molto apprezzate, tant’è che Seurat ed i suoi amici si chiesero chi fosse lo sconosciuto che si dimostrava così promettente nella tecnica divisionista. Signac stesso, sedotto dal dipinto La Toilette, l’acquistò per cinquanta franchi; anche Pissarro, patriarca del gruppo divisionista, volle conoscere Luce per complimentarsi con lui.
Il Salon della Société Nationale des Beaux-Arts
Nel 1890, da una scissione in seno alla Société des Artistes Indépendants nacque una nuova formazione. I pittori Puvis de Chavannes, Eugène Carrière e lo scultore Auguste Rodin fondarono la Société Nationale des Beaux-Arts che avrà un proprio Salon (rimasto attivo fino ai giorni nostri). Tra gli artisti che vi parteciparono più assiduamente si ricordano: Henri Manguin, Emmanuel de la Villeon, Georges D’Espagnat, Gabriel Biessy, Alphonse Quizet, Suzanne Valadon (all’epoca, l’unica donna ad essere ammessa) François Eberl, André Favory, Charles Guérin e Jacques-Emile Blanche. A proposito di quest’ultimo, il critico Daniel Halévy, in un saggio pubblicato nel catalogo della personale di Blanche al Museo de l’Orangerie (1943), narra che il famoso ritrattista, osservando una tela che stava ultimando, disse: “Io so bene che i giovani artisti trovano più interessanti le mele dei visi. Io no”.
Una delle opere presentate in quell’esposizione, raffigurante Ritratto di Madame John Lemoinne, è proposta in quest’occasione dalla Galleria Michelangelo e dalla Galleria d’arte Due Bi.
Nel 1899 Cézanne, ormai sessantenne, decise di esporre al Salon des Indépendants, anche se la sua grande ambizione era quella di essere accettato al Salon ufficiale. La mancanza di riconoscimenti ufficiali fu per lui in parte compensata dallo stuolo di seguaci della nuova generazione per i quali il Maestro rappresentava un punto fermo; Cézanne rimase profondamente colpito dalla grande tela Hommage à Cézanne (Omaggio a Cézanne) che il suo giovane estimatore Maurice Denis, a lui sconosciuto, espose al Salon del 1901.
Nel corso degli anni il Salon des Indépendants diventò, l’espressione vivente delle correnti moderne, testimoniando la nascita dei gruppi Neo-impressionista, Simbolista , Nabis, Fauves, Cubista …
Il Salon d’Automne e lo scandalo Fauves
Nel 1903, quando la storia dei Salons poteva ormai dirsi pienamente costellata di eventi, nasceva il Salon d’Automne. L’iniziativa fu di Frantz Jourdain, architetto belga trasferitosi a Parigi che, insieme ad Eugène Carrière (nominato Presidente d’Onore), Jean Adler, Maurice Denis, Georges D’Espagnat, Georges Desvallières, Hector Guimard, Félix Vallotton e Edouard Vuillard, inaugura la nuova Esposizione, allestita nei seminterrati del Petit Palais. Il successo fu tale che la Parigi ricca, elegante ed imprevedibile, fece la coda per ammirare le opere di Jacques-Emile Blanche, Pierre Bonnard, Albert Gleizes, Albert Marquet, Henri Matisse, Jacques Villon, Henri Manguin (nominato segretario del Salon stesso), Charles Guérin.
Il Salon del 1904 ripete il successo del precedente, mentre quello del 1905 fu teatro di un nuovo scandalo.
Le opere di Matisse, Derain, Manguin, Puy, Vlaminck, Marquet, Flandrin, Rouault, Van Dongen, Camoin, Rousseau il Doganiere, Girieud, Pichot esposte nella sala VII, crearono un tale disorientamento per le forme e la violenza dei colori, che il critico Louis Vauxcelles chiamò gli artisti con l’appellativo “fauves” (ovvero belve). André Derain si dimostrava così fedele al suo stile che aveva adottato colori forti anche nell’abbigliamento; lo si vedeva passeggiare in abito verde, gilé rosso, scarpe gialle e cappotto bianco a quadri marroni!
Due anni dopo, quando Derain espose Les baigneuses (Le bagnanti) e Matisse Nu bleu: souvenir de Biskra, (Nudo blu: souvenir de Biskra), Vauxcelles affermò di non capire lo “schematismo vacillante” di cui i due si fanno portavoce. Del resto, questa pittura ispirata all’arte africana, dai volti grotteschi e deformati come nelle maschere di legno, non poteva che sconcertare sia il pubblico che la critica.
Grazie al Salon d’Automne molti artisti si affermarono e cominciarono a vendere le loro opere.
Il mercante d’arte Ambroise Vollard, dopo aver visto le opere di Jean Puy al Salon del 1905, conobbe l’artista tramite Matisse e gli propose un contratto per l’acquisto di tutta la produzione. Da questo momento Puy potè finalmente dire di lavorare ormai libero dalle preoccupazioni finanziare!
Nel 1906 Vollard acquistò ad Henri Manguin centocinquanta tele per seimila franchi, all’epoca una cifra considerevole.
Nel corso degli anni la partecipazione al Salon d’Automne fu sempre più vasta e contò artisti delle correnti più diverse, molti dei quali già aderenti ad altri Salons: Maxime Maufra, André Favory, Theophile Alexandre Steinlen (al quale nel 1909 viene dedicata un’intera sala) Emmanuel de la Villeon, Emile-Othon Friesz, Suzanne Valadon, Charles Kvapil, Roger Marcel Limouse, Alphonse Quizet, Armand Guillaumin (nel 1926 gli verrà allestita una retrospettiva), François Eberl, Pierre Dumont. Quando il giovane Dumont presenta tre tele al Salon d’Automne del 1910, il critico A. Alexandre scrisse su “Le F**aro”: “… gli invii di fiori quest’anno sono poco numerosi e poco rilevanti, salvo quelli di Pierre Dumont, di rara e potente seduzione…”.
Il Salon des Tuileries e i Salons dal dopoguerra
La prima guerra mondiale e poi la seconda paralizzarono per alcuni anni l’attività dei Salons che riprenderà nel dopoguerra.
Il 1923 vide la nascita di un nuovo Salon, creato in reazione al conformismo crescente della Société des Artistes français, che sempre più si assimilava al Salon de la Société des Beaux-Arts nella tutela dell’arte accademica; venne allestito in edifici costruiti per l’occasione nel Jardin des Tuileries, prendendo l’omonimo nome.
Nel 1951, da un’idea del pittore Isis Kischka che voleva riunire gli artisti francesi e stranieri affinché dessero testimonianza sugli uomini e sul loro tempo, venne inaugurato al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris il primo Salon des Peintres témoins de leurs temps. Il tema era quello del lavoro e, per l’esecuzione delle opere, gli artisti visitano cantieri, officine, acciaierie. Il pubblico poteva ammirare opere di Matisse, Dufy, Rouault, Grüber, Lhote, Rohner e il successo fu immenso.
Negli anni seguenti la manifestazione (trasferita prima al Musée Galliera poi, nel 1982 al Musée de Luxembourg per celebrarne l’ultima edizione) svilupperà i temi più vari: “La domenica”, “L’uomo nella città”, “La felicità”, “La riabilitazione del ritratto”, “Lo sport”, “Le Parigine”, “L’età meccanica”, “Le ricchezze della Francia” e vedrà la partecipazione dei migliori artisti contemporanei.
La creazione di questo Salon non fu subordinata ad una disciplina estetica, come avvenuto in precedenza, ma rispondeva a una doppia necessità: per l’artista voleva dire non ignorare i problemi; per il pubblico significava dimostrare che l’arte contemporanea non era aperta solo a pochi iniziati, ma doveva illustrare coerentemente a tutti l’immagine del mondo attuale.
Attualmente, solo a Parigi, si contano parecchie dozzine di Salons annuali (Salon de la Realité Nouvelle, Salon Comparaison … ). Se il panorama artistico odierno è così ricco e incredibilmente eterogeneo, lo si deve anche al coraggio e alle iniziative di tutti gli artisti del XIX e del XX secolo che, sfidando le istituzioni e la mentalità più conservatrice, si raggrupparono tra loro, crearono Salons “alternativi” e, sopportando l’indifferenza e addirittura lo scherno, si batterono per l’equità, per la giustizia in campo artistico e per la libertà di pensiero e di espressione.
Raffaella Bellini
La storia dei Salons è molto interessante e ricca di eventi; in questa sede si cercherà di ripercorrerne le travagliate tappe citando i fatti più rilevanti.
Il Salon nell’Ancien Régime
Già nel XVII e XVIII secolo il sistema artistico francese vantava una struttura ben organizzata, con a capo alcune istituzioni, tra le più importanti l’Académie Royale de Peinture et Sculture e L’Ecole des Beaux-Arts. Questi enti allestivano esposizioni ed indicevano premi, come il famoso ed ambitissimo Prix de Rome.
Nel 1667, per volontà del re Luigi XIV, veniva inaugurata un’importante Esposizione ufficiale da tenersi annualmente al Musée du Louvre. La partecipazione era riservata esclusivamente ai membri dell’Académie che mostravano ad un pubblico selezionato le opere commissionate dallo Stato per destinazioni specifiche, generalmente “quadri di storia”; gli Accademici ricevevano inoltre un salario e un atelier.
Risulta evidente il ruolo di monopolio spettante all’Académie; i suoi membri, infatti, avevano più possibilità, rispetto agli altri artisti, di essere chiamati ad eseguire le commissioni ufficiali. Coloro che riuscivano ad emergere, non facendo parte della potente istituzione, erano all’epoca assai rari.
Inizialmente non esistevano vincoli alla presentazione delle opere all’Esposizione mentre, nel 1746, fu nominata una commissione d’esame che aveva il compito di rifiutare tutti gli invii dichiarati scandalosi sotto il profilo morale, religioso o politico.
Quando nel 1725, sotto il regno di Luigi XV, l’Esposizione venne trasferita nel Salon Carré del Louvre, l’evento artistico cominciò ad essere chiamato Salon des artistes français, comunemente detto “Salon”. Questa denominazione resterà tale anche dopo il 1849, quando avrà luogo in altri spazi (Palais des Tuileries, Palais Royal, Menus-Plaisirs, Palais de l’Industrie, Grand Palais, ecc.).
La rivoluzione del 1789 ebbe conseguenze rilevanti nella storia del Salon.
Nel 1791 esso venne sottratto al controllo dell’Académie e subordinato ai programmi estetici del governo repubblicano; un decreto stabilì l’ammissione a tutti gli artisti francesi e stranieri, offrendo loro la possibilità di presentare opere a tema libero, eccetto quelle contrarie alla pubblica morale. Per molto tempo i premi andarono costantemente ai pittori di storia, suscitando abbondanti critiche.
Da questo momento il Salon riformato ricopre una funzione commerciale oltre che culturale e diventa il luogo in cui ogni artista può esporre i propri lavori e trovare acquirenti; nei cataloghi delle esposizioni erano addirittura pubblicati gli indirizzi degli artisti, per consentire ai possibili mecenati e collezionisti di trovarli più facilmente.
La funzione del Salon nell’Ancien Régime era quella di mostrare “quadri da vedere”, mentre ora è di esporre anche “quadri da vendere”.
A partire dal 1798 fu istituita una Giuria (Juri) nominata dal governo e scelta tra i membri dell’Académie.
Negli anni a seguire (sebbene dal 1880 lo stato francese avesse lasciato il Salon al diretto controllo degli artisti), le continue e ripetute proteste di questi, obbligati a sottoporre le opere ad un’aristocrazia intollerante e gelosa dei propri privilegi, portarono, nel 1848, alla soppressione della Giuria, ristabilita poi l’anno seguente, ma eletta da tutti i partecipanti.; per molto tempo l'ordinamento nella scelta del Juri fu sempre complesso e problematico.
Altra fonte di dissenso era la periodicità del Salon. Se da un lato gli Accademici pretendevano un Salon a lunga scadenza (in maniera tale da avere tempo per completare opere importanti ed impegnative), dall’altro gli artisti che non godevano del sostegno statale, ma solo della committenza privata, si battevano per ottenere almeno un’esposizione all’anno. Non presentando opere monumentali, ma dipinti da cavalletto, questi artisti non necessitavano di lunghi tempi di realizzazione; più i Salons erano a breve scadenza, maggiori erano per loro le possibilità di vendita.
Sarà solo nel 1857 che Napoleone III, al fine di accattivarsi le simpatie delle potenti istituzioni, restaurerà la Giuria Accademica e farà ristabilire il Salon biennale com’era stato nell’Ancien Régime.
Il 1850 fu l'anno in cui Gustave Courbet espose al Salon il dipinto Enterrement à Ornans (Funerale ad Ornans); l’opera venne ritenuta “scandalosa” per la macabra crudezza.
Quando nel 1855 altri suoi dipinti, tra i quali L’Atelier, vennero rifiutati all’Esposizione Universale , l’artista fece erigere a sue spese, davanti all’edificio ufficiale (il Palais des Beaux-Arts), una tenda munita di cartello con la scritta “Le Pavillon du Réalisme” (Il Padiglione del Realismo) dove espose una cinquantina di tele, simboli della lotta contro l’Accademismo.
Il Salon des Refusés
Nel 1863 il Jurì si era dimostrato più severo del solito e aveva respinto le opere di molti artisti che erano stati regolarmente ammessi negli anni precedenti. E’ il caso di Henri Harpignies che, ammesso sin dal 1853, dopo il rifiuto dell’opera Canards sauvages, per la delusione la distrusse.
Il rigido comportamento da parte del Juri aveva provocato una serie di reclami di fronte ai quali l’Imperatore Napoleone III era giunto a decretare che le opere respinte dovessero essere esposte al pubblico in un altro settore del Palais de l’Industrie.
In questo spazio, denominato Salon des Refusés, (Salon dei Rifiutati) vennero esposte opere di artisti che diventeranno in seguito i grandi maestri del XIX secolo: Edouard Manet, Armand Guillaumin, Henri Fantin-Latour, Johan Barthold Jongkind, Camille Pissarro.
Il primo Salon des Refusés non ebbe il successo sperato poiché anche il pubblico si era dimostrato concorde con la Giuria, giustificando le esclusioni e deridendo le opere più lontane dai canoni accademici.
A distanza di dieci anni il governo, pressato dalle petizioni degli artisti, decise di ripetere l’esperienza. Il secondo Salon des Refusés ebbe un tale successo che, alla fine del primo mese, l’Esposizione fu trasferita, con l’aggiunta di nuove opere, in ambienti più spaziosi. I dipinti ottennero finalmente dalla critica recensione favorevole.
Tra gli artisti che in questi anni ambivano ad esporre al Salon ufficiale, vi erano anche quelli che sarebbero diventati famosi con il nome di Impressionisti. Non sempre le loro opere erano ammesse, di conseguenza esponevano al Salon des Refusés, finché nel 1874 il gruppo si organizzò, redisse uno statuto e cominciò ad allestire mostre indipendenti. Era più frequente vedere esposte le loro opere al Salon des Refusés che non in quello ufficiale.
Il Salons des Indépendants
Durante la primavera del 1884 il mondo dell’arte parigino fu teatro di nuovi avvenimenti. Come in passato, la Giuria del Salon si era dimostrata troppo severa nei confronti di chi seguiva nuove strade e, su iniziativa di Georges Seurat, Paul Signac, Odilon Redon e Albert Dubois-Pillet, centinaia di artisti respinti si riunirono nel Groupe des Artistes Indépendants. La loro prima mostra, inaugurata il 15 maggio 1884 e aperta a tutti gli artisti, venne allestita in un vecchio edificio nei giardini delle Tuileries. Il mese seguente il gruppo redigerà uno statuto e verrà fondata la Société omonima. Il loro motto è: “ni juri – ni récompense” (né giuria – né ricompensa). Armand Guillaumin fu l’unico esponente del gruppo Impressionista che accettò di prendere parte al nuovo Salon, poi denominato Salon des Indépendants. Guillaumin aveva già partecipato al primo Salon de Refusés e nel 1872 aveva inviato un’opera al Salon ufficiale ma, dopo che questa fu respinta, l’artista desistette dal farsi accettare.
La maggior parte degli artisti le cui opere sono proposte dalla Galleria Michelangelo e dalla Galleria d’arte Due Bi ha partecipato almeno una volta al Salon des Indépendants: Emile Bernard, Jean-Louis Forain, Henri Manguin, Maximilien Luce, Suzanne Valadon, Emile-Othon Friesz, Roger Marcel Limose, Charles Guérin, Pierre Dumont, Alphonse Quizet, Charles Kvapil, Jean Puy, Pinchus Krémègne, Georges d’Espagnat, Emmanuel de la Villeon, François Eberl. E’ proprio grazie a quest’Esposizione che molti di loro riusciranno a farsi conoscere al pubblico.
Maximilien Gauthier narra dell’anno in cui Emile-Othon Friesz espose ben otto tele al Salon des Indépendants e uno sconosciuto, dopo averne chiesto i prezzi, gli acquistò in blocco le opere. Lo sconosciuto si rivelerà essere Eugène Druet, il famoso mercante la cui galleria cominciava ad accogliere i migliori artisti contemporanei della nuova generazione. Alla terza manifestazione della Société des artistes Indépendants, tenutasi nel 1887, parteciparono ben centocinque artisti. Le sette tele presentate de Maximilien Luce furono molto apprezzate, tant’è che Seurat ed i suoi amici si chiesero chi fosse lo sconosciuto che si dimostrava così promettente nella tecnica divisionista. Signac stesso, sedotto dal dipinto La Toilette, l’acquistò per cinquanta franchi; anche Pissarro, patriarca del gruppo divisionista, volle conoscere Luce per complimentarsi con lui.
Il Salon della Société Nationale des Beaux-Arts
Nel 1890, da una scissione in seno alla Société des Artistes Indépendants nacque una nuova formazione. I pittori Puvis de Chavannes, Eugène Carrière e lo scultore Auguste Rodin fondarono la Société Nationale des Beaux-Arts che avrà un proprio Salon (rimasto attivo fino ai giorni nostri). Tra gli artisti che vi parteciparono più assiduamente si ricordano: Henri Manguin, Emmanuel de la Villeon, Georges D’Espagnat, Gabriel Biessy, Alphonse Quizet, Suzanne Valadon (all’epoca, l’unica donna ad essere ammessa) François Eberl, André Favory, Charles Guérin e Jacques-Emile Blanche. A proposito di quest’ultimo, il critico Daniel Halévy, in un saggio pubblicato nel catalogo della personale di Blanche al Museo de l’Orangerie (1943), narra che il famoso ritrattista, osservando una tela che stava ultimando, disse: “Io so bene che i giovani artisti trovano più interessanti le mele dei visi. Io no”.
Una delle opere presentate in quell’esposizione, raffigurante Ritratto di Madame John Lemoinne, è proposta in quest’occasione dalla Galleria Michelangelo e dalla Galleria d’arte Due Bi.
Nel 1899 Cézanne, ormai sessantenne, decise di esporre al Salon des Indépendants, anche se la sua grande ambizione era quella di essere accettato al Salon ufficiale. La mancanza di riconoscimenti ufficiali fu per lui in parte compensata dallo stuolo di seguaci della nuova generazione per i quali il Maestro rappresentava un punto fermo; Cézanne rimase profondamente colpito dalla grande tela Hommage à Cézanne (Omaggio a Cézanne) che il suo giovane estimatore Maurice Denis, a lui sconosciuto, espose al Salon del 1901.
Nel corso degli anni il Salon des Indépendants diventò, l’espressione vivente delle correnti moderne, testimoniando la nascita dei gruppi Neo-impressionista, Simbolista , Nabis, Fauves, Cubista …
Il Salon d’Automne e lo scandalo Fauves
Nel 1903, quando la storia dei Salons poteva ormai dirsi pienamente costellata di eventi, nasceva il Salon d’Automne. L’iniziativa fu di Frantz Jourdain, architetto belga trasferitosi a Parigi che, insieme ad Eugène Carrière (nominato Presidente d’Onore), Jean Adler, Maurice Denis, Georges D’Espagnat, Georges Desvallières, Hector Guimard, Félix Vallotton e Edouard Vuillard, inaugura la nuova Esposizione, allestita nei seminterrati del Petit Palais. Il successo fu tale che la Parigi ricca, elegante ed imprevedibile, fece la coda per ammirare le opere di Jacques-Emile Blanche, Pierre Bonnard, Albert Gleizes, Albert Marquet, Henri Matisse, Jacques Villon, Henri Manguin (nominato segretario del Salon stesso), Charles Guérin.
Il Salon del 1904 ripete il successo del precedente, mentre quello del 1905 fu teatro di un nuovo scandalo.
Le opere di Matisse, Derain, Manguin, Puy, Vlaminck, Marquet, Flandrin, Rouault, Van Dongen, Camoin, Rousseau il Doganiere, Girieud, Pichot esposte nella sala VII, crearono un tale disorientamento per le forme e la violenza dei colori, che il critico Louis Vauxcelles chiamò gli artisti con l’appellativo “fauves” (ovvero belve). André Derain si dimostrava così fedele al suo stile che aveva adottato colori forti anche nell’abbigliamento; lo si vedeva passeggiare in abito verde, gilé rosso, scarpe gialle e cappotto bianco a quadri marroni!
Due anni dopo, quando Derain espose Les baigneuses (Le bagnanti) e Matisse Nu bleu: souvenir de Biskra, (Nudo blu: souvenir de Biskra), Vauxcelles affermò di non capire lo “schematismo vacillante” di cui i due si fanno portavoce. Del resto, questa pittura ispirata all’arte africana, dai volti grotteschi e deformati come nelle maschere di legno, non poteva che sconcertare sia il pubblico che la critica.
Grazie al Salon d’Automne molti artisti si affermarono e cominciarono a vendere le loro opere.
Il mercante d’arte Ambroise Vollard, dopo aver visto le opere di Jean Puy al Salon del 1905, conobbe l’artista tramite Matisse e gli propose un contratto per l’acquisto di tutta la produzione. Da questo momento Puy potè finalmente dire di lavorare ormai libero dalle preoccupazioni finanziare!
Nel 1906 Vollard acquistò ad Henri Manguin centocinquanta tele per seimila franchi, all’epoca una cifra considerevole.
Nel corso degli anni la partecipazione al Salon d’Automne fu sempre più vasta e contò artisti delle correnti più diverse, molti dei quali già aderenti ad altri Salons: Maxime Maufra, André Favory, Theophile Alexandre Steinlen (al quale nel 1909 viene dedicata un’intera sala) Emmanuel de la Villeon, Emile-Othon Friesz, Suzanne Valadon, Charles Kvapil, Roger Marcel Limouse, Alphonse Quizet, Armand Guillaumin (nel 1926 gli verrà allestita una retrospettiva), François Eberl, Pierre Dumont. Quando il giovane Dumont presenta tre tele al Salon d’Automne del 1910, il critico A. Alexandre scrisse su “Le F**aro”: “… gli invii di fiori quest’anno sono poco numerosi e poco rilevanti, salvo quelli di Pierre Dumont, di rara e potente seduzione…”.
Il Salon des Tuileries e i Salons dal dopoguerra
La prima guerra mondiale e poi la seconda paralizzarono per alcuni anni l’attività dei Salons che riprenderà nel dopoguerra.
Il 1923 vide la nascita di un nuovo Salon, creato in reazione al conformismo crescente della Société des Artistes français, che sempre più si assimilava al Salon de la Société des Beaux-Arts nella tutela dell’arte accademica; venne allestito in edifici costruiti per l’occasione nel Jardin des Tuileries, prendendo l’omonimo nome.
Nel 1951, da un’idea del pittore Isis Kischka che voleva riunire gli artisti francesi e stranieri affinché dessero testimonianza sugli uomini e sul loro tempo, venne inaugurato al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris il primo Salon des Peintres témoins de leurs temps. Il tema era quello del lavoro e, per l’esecuzione delle opere, gli artisti visitano cantieri, officine, acciaierie. Il pubblico poteva ammirare opere di Matisse, Dufy, Rouault, Grüber, Lhote, Rohner e il successo fu immenso.
Negli anni seguenti la manifestazione (trasferita prima al Musée Galliera poi, nel 1982 al Musée de Luxembourg per celebrarne l’ultima edizione) svilupperà i temi più vari: “La domenica”, “L’uomo nella città”, “La felicità”, “La riabilitazione del ritratto”, “Lo sport”, “Le Parigine”, “L’età meccanica”, “Le ricchezze della Francia” e vedrà la partecipazione dei migliori artisti contemporanei.
La creazione di questo Salon non fu subordinata ad una disciplina estetica, come avvenuto in precedenza, ma rispondeva a una doppia necessità: per l’artista voleva dire non ignorare i problemi; per il pubblico significava dimostrare che l’arte contemporanea non era aperta solo a pochi iniziati, ma doveva illustrare coerentemente a tutti l’immagine del mondo attuale.
Attualmente, solo a Parigi, si contano parecchie dozzine di Salons annuali (Salon de la Realité Nouvelle, Salon Comparaison … ). Se il panorama artistico odierno è così ricco e incredibilmente eterogeneo, lo si deve anche al coraggio e alle iniziative di tutti gli artisti del XIX e del XX secolo che, sfidando le istituzioni e la mentalità più conservatrice, si raggrupparono tra loro, crearono Salons “alternativi” e, sopportando l’indifferenza e addirittura lo scherno, si batterono per l’equità, per la giustizia in campo artistico e per la libertà di pensiero e di espressione.
Raffaella Bellini
06
novembre 2004
Les artistes des salons de Paris
Dal 06 al 28 novembre 2004
arte moderna
Location
CENTRO CULTURALE SAN BARTOLOMEO
Bergamo, Largo Bortolo Belotti, 1, (Bergamo)
Bergamo, Largo Bortolo Belotti, 1, (Bergamo)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle ore 10.00 alle ore 12.30 dalle ore 15.30 alle ore 19.30