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Light on ChinArt Generation. Transition from past to future
La selezione propone analisi, influenze e contaminazioniinterculturali tra Cina ed Occidente nel campo delle arti visive. Il legame con il passato è rappresentato sia con l’uso di tecnologie sofisticate, sia con tecniche tradizionali, come l’uso della scrittura
Comunicato stampa
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Media Eventi presenta in collaborazione con Galleria Leda Fletcher e Galleria Luxardo in esclusiva in Italia una selezione di opere di dodici tra i più affermati artisti cinesi dell’arte contemporanea. La scelta, a cura di Leda Fletcher, esperta di arte cinese e gallerista che, in aggiunta alla sua sede storica a Ginevra, ha di recente aperto una filiale a Shanghai, offre un affresco dello scenario dell’arte in Cina in continua e rapida evoluzione.
La scelta di dodici artisti comporta necessariamente un limite: non può rappresentare in maniera esaustiva la pluralità delle nuove correnti artistico-culturali in Cina, ma può e in modo efficace introdurre lo spettatore nell’universo della realtà artistica cinese. Realtà che negli ultimi anni è stata spesso presentata filtrata, “deformata” da un’ottica e da criteri di valutazione radicati nella cultura e nella critica d’arte dell’Occidente stesso. Sono parametri “pilotati”che non permettono una profonda comprensione dei forti mutamenti e delle tendenze che vanno oltre i fenomeni più effimeri e in voga come la Gaudy Art, l’esplosione del cromatismo, o la Pop Art cinese.
Il sottotitolo della mostra “Transition from past to future” indica il filo conduttore che lega i dodici artisti e le complessive 75 opere tra di loro. Gli artisti, ognuno con il mezzo più consonso alla propria sensibilità artistica, dalla pittura alla fotografia, dalla installazione alla calligrafia, si confrontano con la millenaria tradizione del proprio paese, da un lato, e con la dinamicità, l’incalzante globalizzazione dall’altro che caratterizzano la Cina odierna.
Ne emerge una costellazione di temi che ruotano intorno al Paesaggio, urbano e non urbano, all’Identità, alla Sfera personale , al Corpo Umano, alla Trasformazione della Società, alla Storia e ai Miti. Fondamentale e trait d’union è l’assenza di una rottura radicale con il Passato, anzi si sente forte il legame con esso, che viene proiettato in una visione non certo euforica ma critica di un Divenire, un Futuro a volte incerto, a volte fantasmagorico. Ne scaturisce un senso ineluttabile di Transizione in cui i canoni estetici della storia dell’arte cinese sono elaborati e sovvertiti – attraverso una pluralità di esperienze di carattere impulsivo, frammentato, ibrido - per sfociare in una nuova espressività artistica dai connotati decisamente, e per la prima volta, più individualisti.
Il suggestivo percorso della mostra aiuta lo spettatore di orientarsi all’interno del “fenomeno Cina” che ha invaso e letteralmente sconvolto, in questi ultimi anni, il panorama ma anche il mercato dell’arte contemporanea. E’ una bussola utile, perché anche se è vero che le ultime generazioni hanno saputo conquistarsi spazi sempre più ampi all’interno di esposizioni, nel collezionismo privato e museale, è altrettanto vero che tutt’oggi la Cina, per il semplice amatore e fruitore dell’arte resta un pianeta lontano da esplorare, la cui comprensione è spesso ostacolata dalla diversità dei linguaggi. La mostra si presenta quindi come una specie di “vocabolario”, uno strumento per capire meglio la lingua delle avanguardie cinesi e della cosiddetta “new wave” dell’arte cinese sperimentale nata negli anni ottanta all’interno della Cina post-maoista ed esplosa negli anni novanta, al seguito della diaspora di personalità artistiche che lasciarono la madrepatria, e dopo la repressione di piazza Tienanmen.
La mostra presentando in molti casi i lavori più recenti degli artisti presenti permette inoltre di verificare se e fino a punto esiste un dialogo tra l’arte occidentale e l’arte orientale, se la contaminazione c’è ed è reciproca, in che misura gli artisti cinesi hanno risentito delle tendenze occidentali, maturando una propria specifica modernità – carica comunque di un retaggio culturale millenario- e, pur non dimostrandolo con un confronto diretto, pone il quesito: se non sia l’arte occidentale a prendere spunto dai nuovi linguaggi provenienti dalla Cina.
La mostra si propone, quindi, come mosaico e anche come contributo alle analisi delle influenze e delle contaminazioni interculturali in corso tra Cina ed Occidente nel campo delle arti visive.
La scelta di dodici artisti comporta necessariamente un limite: non può rappresentare in maniera esaustiva la pluralità delle nuove correnti artistico-culturali in Cina, ma può e in modo efficace introdurre lo spettatore nell’universo della realtà artistica cinese. Realtà che negli ultimi anni è stata spesso presentata filtrata, “deformata” da un’ottica e da criteri di valutazione radicati nella cultura e nella critica d’arte dell’Occidente stesso. Sono parametri “pilotati”che non permettono una profonda comprensione dei forti mutamenti e delle tendenze che vanno oltre i fenomeni più effimeri e in voga come la Gaudy Art, l’esplosione del cromatismo, o la Pop Art cinese.
Il sottotitolo della mostra “Transition from past to future” indica il filo conduttore che lega i dodici artisti e le complessive 75 opere tra di loro. Gli artisti, ognuno con il mezzo più consonso alla propria sensibilità artistica, dalla pittura alla fotografia, dalla installazione alla calligrafia, si confrontano con la millenaria tradizione del proprio paese, da un lato, e con la dinamicità, l’incalzante globalizzazione dall’altro che caratterizzano la Cina odierna.
Ne emerge una costellazione di temi che ruotano intorno al Paesaggio, urbano e non urbano, all’Identità, alla Sfera personale , al Corpo Umano, alla Trasformazione della Società, alla Storia e ai Miti. Fondamentale e trait d’union è l’assenza di una rottura radicale con il Passato, anzi si sente forte il legame con esso, che viene proiettato in una visione non certo euforica ma critica di un Divenire, un Futuro a volte incerto, a volte fantasmagorico. Ne scaturisce un senso ineluttabile di Transizione in cui i canoni estetici della storia dell’arte cinese sono elaborati e sovvertiti – attraverso una pluralità di esperienze di carattere impulsivo, frammentato, ibrido - per sfociare in una nuova espressività artistica dai connotati decisamente, e per la prima volta, più individualisti.
Il suggestivo percorso della mostra aiuta lo spettatore di orientarsi all’interno del “fenomeno Cina” che ha invaso e letteralmente sconvolto, in questi ultimi anni, il panorama ma anche il mercato dell’arte contemporanea. E’ una bussola utile, perché anche se è vero che le ultime generazioni hanno saputo conquistarsi spazi sempre più ampi all’interno di esposizioni, nel collezionismo privato e museale, è altrettanto vero che tutt’oggi la Cina, per il semplice amatore e fruitore dell’arte resta un pianeta lontano da esplorare, la cui comprensione è spesso ostacolata dalla diversità dei linguaggi. La mostra si presenta quindi come una specie di “vocabolario”, uno strumento per capire meglio la lingua delle avanguardie cinesi e della cosiddetta “new wave” dell’arte cinese sperimentale nata negli anni ottanta all’interno della Cina post-maoista ed esplosa negli anni novanta, al seguito della diaspora di personalità artistiche che lasciarono la madrepatria, e dopo la repressione di piazza Tienanmen.
La mostra presentando in molti casi i lavori più recenti degli artisti presenti permette inoltre di verificare se e fino a punto esiste un dialogo tra l’arte occidentale e l’arte orientale, se la contaminazione c’è ed è reciproca, in che misura gli artisti cinesi hanno risentito delle tendenze occidentali, maturando una propria specifica modernità – carica comunque di un retaggio culturale millenario- e, pur non dimostrandolo con un confronto diretto, pone il quesito: se non sia l’arte occidentale a prendere spunto dai nuovi linguaggi provenienti dalla Cina.
La mostra si propone, quindi, come mosaico e anche come contributo alle analisi delle influenze e delle contaminazioni interculturali in corso tra Cina ed Occidente nel campo delle arti visive.
20
giugno 2006
Light on ChinArt Generation. Transition from past to future
Dal 20 giugno al 10 agosto 2006
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
PALAZZO CAPPONI ALL’ANNUNZIATA
Firenze, Via Gino Capponi, 26, (Firenze)
Firenze, Via Gino Capponi, 26, (Firenze)
Biglietti
intero € 6, ridotto € 4
Orario di apertura
10-19
Vernissage
20 Giugno 2006, ore 19
Ufficio stampa
MOSAICO
Ufficio stampa
MEDIAEVENTI
Autore
Curatore