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L’illusione del sogno / Maurizio Rinaudo
Parallelamente alla mostra dei “Sei di Torino”, “Italia Arte” presenta una selezione di opere di autori contemporanei
di valore, insieme alla personale di Maurizio Rinaudo
Comunicato stampa
Segnala l'evento
L’ILLUSIONE DEL SOGNO
proposte di arte contemporanea
Liliana Barberis, Fabio Bertoni, Adolfo Damasio, Lia Laterza, Maria Ausiliatrice Laterza,
Giorgia Gottero, Gabriele Maquignaz, Laura Mosca, Alessandro Siviero, Renato Salzotto
Parallelamente alla mostra dei “Sei di Torino”, “Italia Arte” presenta una selezione di opere di autori contemporanei
di valore: Liliana Barberis è nota per i suoi dipinti che uniscono pigmento, getualità, materia in
accumulazioni originali e intense, ricche di simbolismo e raffigurazioni della fantasia, tra accesi cromatismi
e geometriche suddivisioni dello spazio compositivo. Riflessi specchiati dell’anima, dell’Io? Fabio Bertoni
individua nella natura il suo maggior interesse artistico, interpretata con uno sguardo incantato, modulato
nella luce e nei toni, in rappresentazioni che uniscono reale e immaginazione, in una utopica ricerca del bello
e dell’armonia dell’universo. Adolfo Damasio ricrea nella materia naturale l’essenza della natura stessa, con
un linguaggio metaforico che spinge alla riflessione. Nelle sue opere è sempre racchiuso un messaggio di
libertà, di rasserenamento interiore, di ricerca di se stesso. L’orizzonte delle sue composizioni rasenta il metafisico,
dove silenzio, sospensione, illusione si affacciano agli occhi del cuore. Lia Laterza è tradizione, classicità,
gusto per la pittura di un tempo che trova nel reale lo spirito per incantare, stupire, emozionare.
Paesaggi, figure, angoli di paesi ritrovano tutta la loro profonda cultura nel segno moderno dell’artista. Maria
Ausiliatrice Laterza è testimone del suo tempo: che cosa sono queste figure racchiuse in cornici scomposte,
sovrapposizioni di piani e prospettive se non l’immagine disorientata del mondo di oggi? La denuncia della
donna come soggetto sfruttato, mai abbastanza riconosciuto nella nostra società è un filo conduttore che lega,
con malinconica visione, le sue installazioni illuminate dalla metafora dell’esistenza. Giorgia Gottero: questa
sì che è una ‘cattiva ragazza’ da tenere d’occhio! Anticonformista e di tendenza, vede nell’arte l’elemento
dinamico e intimo per esporsi al giudizio del mondo. Forse per questo le sue figure sono quasi ‘cancellate’,
prive di identità precisa, se non per alcuni elementi (una mano, un piede...) che denotano studio e introspezione,
proiezione dell’Io sulla tela e osservazione della realtà. Una realtà trasfigurata nell’anonimìa dell’oggi,
in aperto contrasto con il contemporaneo gusto dell’esposizione personale, del protagonismo a tutti i costi.
Le opere di Giorgia Gottero raccontano un’esistenza, una persona, un simbolo universale di malessere strisciante
a cui l’autrice dà voce, per poi rinchiudersi, enigmatica, dietro un paio di occhiali scuri, al di là di un
velo che si squarcia ridendo, affrontando la vita giorno per giorno, con coraggio.
Gabriele Maquignaz deve raccontare una vita, una storia, la sua vicenda umana e per questo l’arte che esce
plasmata dalle sue mani è così vibrante, forte, decisa, inquietante, brutale, maledetta, onirica, sapida come la
sua terra, impervia come un ‘ottomila’. Uomo di montagna, ritrova nei suoi valori la concretezza ancestrale
della vita, della sopravvivenza, di cui l’arte è elemento primario, indispensabile. Non si creano queste figure,
non si può partorire un Cristo inchiodato senza un processo profondo di immedesimazione emotiva, culturale,
storica. Ottimo, Maquignaz, la strada giusta è tracciata, la direzione intrapresa, l’emozione è data...
quindi è già tutto. Laura Mosca intesse strutture come fossero illusori percorsi nel sogno, nel senso che ciò
che rappresenta non è definibile, non si può identificare con elementi della realtà, se non per assimilazioni
simboliche. Forte, questa sua presa di posizione verso la creatività, che sconvolge i canoni assoluti e classici
del bello, ripercorrendo in maniera personale le istanze della contemporaneità, delle sperimentazioni novecentiste
alla Arman, accumulando materia, pigmento, arnesi, con una forza energetica equilibrata e libera, che
spira come un vento, che si infrange come l’onda burrascosa dell’oceano. Alessandro Siviero possiede il suo
alfabeto comunicativo, personale, unico, intrigante. L’abusato termine di metafisica, per la sua opera, rimane
valido, ma è necessario spingersi al di là dello straniamento distaccato e algido del tema, per comprendere il
perchè l’artista dialoghi con tali ‘parole’. La sua ripresa di una cultura così profonda e radicata nel Novecento,
ne testimonia l’universalità temporale e trasversale, che rende questo movimento attuale ancora oggi, proprio
perchè intrinseco all’animo umano, solo, celato, immobile, disincantato, disperso. Renato Salzotto è un narratore
raffinato che coglie nella realtà ciò che per tutti è mistero. La fotografia, intesa come rappresentazione
fedele del vero, può a volte raccontare una storia nascosta: basta osservare con uno sguardo nuovo, è sufficiente
cogliere la rivelazione del mondo... non tutti ne sono capaci, solo l’artista ci riesce. Per questo Salzotto
interpreta perfettamente, oggi più che mai, il bisogno dell’uomo di stupirsi e i suoi scatti ne rappresentano i
contrasti vitali, interiori, giocati sui chiaroscuri di un bosco, di una montagna, di una strada di città che non
sono mai solamente specchio del mondo, ma indagine sullo sguardo interiore dell’uomo, sulla semantica del
quotidiano, sul significato della realtà vista e osservata dietro l’obiettivo.
MAURIZIO RINAUDO
lo spirito della natura
Può, l’uomo, l’artista, incantarsi ancora al cospetto della natura, ritrovarvi di nuovo e sempre l’energia della
vibrazione cromatica, del palpitare della vita, di quel senso moderno di realtà e speranza incarnato dall’arte
immortale dei maestri tra Otto e Novecento? La risposta è ovviamente positiva, anche perchè la fascinazione
della natura è tema universale, diversamente interpretato e sentito nel corso delle epoche storiche, ma
ugualmente presente e colmo di stupore. Maurizio Rinaudo è cantore del ‘bello di natura’ che ha dato origine
a tutta la poetica ottocentesca, dall’intensità romantica e sublime, in aperto contrasto con la ricerca del
‘bello ideale’, afflato neoclassico settecentesco di geniale armonia, ma, a volte, intriso anche di statico accademismo.
L’impulso della natura, la vitalità che si riflette nel cromatismo acceso e nella pennellata vigorosa,
nel tonalismo fortemente contrastato, con quei chiaroscuri giocati sul colore: questi i temi della pittura di un
secolo di rivoluzioni, non solo industriali, ma anche sociali, estetiche, politiche. La pittura si riappropria del
suo elemento, dell’universo, del Creato e Rinaudo ne coglie l’essenza anche oggi, cioè la vita. Mazzi di fiori,
boschi, montagne, campi, ritratti: l’arte è quotidiana visione, quindi ne rispecchia la multiforme varietà e nell’opera
di Rinaudo diventa essenza, simbolo, genuina protagonista dell’esistere. Al di là di alcune sperimentazioni,
interessanti perchè di qualità e originali, Rinaudo affida alla tradizione più alta della pittura figurativa
la propria voglia di vivere e dipingere. Questo lo si nota nel suo procedere d’istinto, rapido, incisivo, sprezzante
della forma, a favore di una ricerca dinamica e gestuale, che straccia un ‘perbenismo pittorico’ per
addentrarsi in foreste coloristiche e liriche, vissute su contrasti decisi. I petali dei suoi fiori, scavati nella pittura
eppure così lievi, vitali, illuminati dal guizzo della vita, squarciano il fondo infuocandolo di rossi, verdi,
gialli, blu, esaltandone l’essenza, quasi ritratti di persone, come fossero immagini della sua anima.
proposte di arte contemporanea
Liliana Barberis, Fabio Bertoni, Adolfo Damasio, Lia Laterza, Maria Ausiliatrice Laterza,
Giorgia Gottero, Gabriele Maquignaz, Laura Mosca, Alessandro Siviero, Renato Salzotto
Parallelamente alla mostra dei “Sei di Torino”, “Italia Arte” presenta una selezione di opere di autori contemporanei
di valore: Liliana Barberis è nota per i suoi dipinti che uniscono pigmento, getualità, materia in
accumulazioni originali e intense, ricche di simbolismo e raffigurazioni della fantasia, tra accesi cromatismi
e geometriche suddivisioni dello spazio compositivo. Riflessi specchiati dell’anima, dell’Io? Fabio Bertoni
individua nella natura il suo maggior interesse artistico, interpretata con uno sguardo incantato, modulato
nella luce e nei toni, in rappresentazioni che uniscono reale e immaginazione, in una utopica ricerca del bello
e dell’armonia dell’universo. Adolfo Damasio ricrea nella materia naturale l’essenza della natura stessa, con
un linguaggio metaforico che spinge alla riflessione. Nelle sue opere è sempre racchiuso un messaggio di
libertà, di rasserenamento interiore, di ricerca di se stesso. L’orizzonte delle sue composizioni rasenta il metafisico,
dove silenzio, sospensione, illusione si affacciano agli occhi del cuore. Lia Laterza è tradizione, classicità,
gusto per la pittura di un tempo che trova nel reale lo spirito per incantare, stupire, emozionare.
Paesaggi, figure, angoli di paesi ritrovano tutta la loro profonda cultura nel segno moderno dell’artista. Maria
Ausiliatrice Laterza è testimone del suo tempo: che cosa sono queste figure racchiuse in cornici scomposte,
sovrapposizioni di piani e prospettive se non l’immagine disorientata del mondo di oggi? La denuncia della
donna come soggetto sfruttato, mai abbastanza riconosciuto nella nostra società è un filo conduttore che lega,
con malinconica visione, le sue installazioni illuminate dalla metafora dell’esistenza. Giorgia Gottero: questa
sì che è una ‘cattiva ragazza’ da tenere d’occhio! Anticonformista e di tendenza, vede nell’arte l’elemento
dinamico e intimo per esporsi al giudizio del mondo. Forse per questo le sue figure sono quasi ‘cancellate’,
prive di identità precisa, se non per alcuni elementi (una mano, un piede...) che denotano studio e introspezione,
proiezione dell’Io sulla tela e osservazione della realtà. Una realtà trasfigurata nell’anonimìa dell’oggi,
in aperto contrasto con il contemporaneo gusto dell’esposizione personale, del protagonismo a tutti i costi.
Le opere di Giorgia Gottero raccontano un’esistenza, una persona, un simbolo universale di malessere strisciante
a cui l’autrice dà voce, per poi rinchiudersi, enigmatica, dietro un paio di occhiali scuri, al di là di un
velo che si squarcia ridendo, affrontando la vita giorno per giorno, con coraggio.
Gabriele Maquignaz deve raccontare una vita, una storia, la sua vicenda umana e per questo l’arte che esce
plasmata dalle sue mani è così vibrante, forte, decisa, inquietante, brutale, maledetta, onirica, sapida come la
sua terra, impervia come un ‘ottomila’. Uomo di montagna, ritrova nei suoi valori la concretezza ancestrale
della vita, della sopravvivenza, di cui l’arte è elemento primario, indispensabile. Non si creano queste figure,
non si può partorire un Cristo inchiodato senza un processo profondo di immedesimazione emotiva, culturale,
storica. Ottimo, Maquignaz, la strada giusta è tracciata, la direzione intrapresa, l’emozione è data...
quindi è già tutto. Laura Mosca intesse strutture come fossero illusori percorsi nel sogno, nel senso che ciò
che rappresenta non è definibile, non si può identificare con elementi della realtà, se non per assimilazioni
simboliche. Forte, questa sua presa di posizione verso la creatività, che sconvolge i canoni assoluti e classici
del bello, ripercorrendo in maniera personale le istanze della contemporaneità, delle sperimentazioni novecentiste
alla Arman, accumulando materia, pigmento, arnesi, con una forza energetica equilibrata e libera, che
spira come un vento, che si infrange come l’onda burrascosa dell’oceano. Alessandro Siviero possiede il suo
alfabeto comunicativo, personale, unico, intrigante. L’abusato termine di metafisica, per la sua opera, rimane
valido, ma è necessario spingersi al di là dello straniamento distaccato e algido del tema, per comprendere il
perchè l’artista dialoghi con tali ‘parole’. La sua ripresa di una cultura così profonda e radicata nel Novecento,
ne testimonia l’universalità temporale e trasversale, che rende questo movimento attuale ancora oggi, proprio
perchè intrinseco all’animo umano, solo, celato, immobile, disincantato, disperso. Renato Salzotto è un narratore
raffinato che coglie nella realtà ciò che per tutti è mistero. La fotografia, intesa come rappresentazione
fedele del vero, può a volte raccontare una storia nascosta: basta osservare con uno sguardo nuovo, è sufficiente
cogliere la rivelazione del mondo... non tutti ne sono capaci, solo l’artista ci riesce. Per questo Salzotto
interpreta perfettamente, oggi più che mai, il bisogno dell’uomo di stupirsi e i suoi scatti ne rappresentano i
contrasti vitali, interiori, giocati sui chiaroscuri di un bosco, di una montagna, di una strada di città che non
sono mai solamente specchio del mondo, ma indagine sullo sguardo interiore dell’uomo, sulla semantica del
quotidiano, sul significato della realtà vista e osservata dietro l’obiettivo.
MAURIZIO RINAUDO
lo spirito della natura
Può, l’uomo, l’artista, incantarsi ancora al cospetto della natura, ritrovarvi di nuovo e sempre l’energia della
vibrazione cromatica, del palpitare della vita, di quel senso moderno di realtà e speranza incarnato dall’arte
immortale dei maestri tra Otto e Novecento? La risposta è ovviamente positiva, anche perchè la fascinazione
della natura è tema universale, diversamente interpretato e sentito nel corso delle epoche storiche, ma
ugualmente presente e colmo di stupore. Maurizio Rinaudo è cantore del ‘bello di natura’ che ha dato origine
a tutta la poetica ottocentesca, dall’intensità romantica e sublime, in aperto contrasto con la ricerca del
‘bello ideale’, afflato neoclassico settecentesco di geniale armonia, ma, a volte, intriso anche di statico accademismo.
L’impulso della natura, la vitalità che si riflette nel cromatismo acceso e nella pennellata vigorosa,
nel tonalismo fortemente contrastato, con quei chiaroscuri giocati sul colore: questi i temi della pittura di un
secolo di rivoluzioni, non solo industriali, ma anche sociali, estetiche, politiche. La pittura si riappropria del
suo elemento, dell’universo, del Creato e Rinaudo ne coglie l’essenza anche oggi, cioè la vita. Mazzi di fiori,
boschi, montagne, campi, ritratti: l’arte è quotidiana visione, quindi ne rispecchia la multiforme varietà e nell’opera
di Rinaudo diventa essenza, simbolo, genuina protagonista dell’esistere. Al di là di alcune sperimentazioni,
interessanti perchè di qualità e originali, Rinaudo affida alla tradizione più alta della pittura figurativa
la propria voglia di vivere e dipingere. Questo lo si nota nel suo procedere d’istinto, rapido, incisivo, sprezzante
della forma, a favore di una ricerca dinamica e gestuale, che straccia un ‘perbenismo pittorico’ per
addentrarsi in foreste coloristiche e liriche, vissute su contrasti decisi. I petali dei suoi fiori, scavati nella pittura
eppure così lievi, vitali, illuminati dal guizzo della vita, squarciano il fondo infuocandolo di rossi, verdi,
gialli, blu, esaltandone l’essenza, quasi ritratti di persone, come fossero immagini della sua anima.
04
giugno 2009
L’illusione del sogno / Maurizio Rinaudo
Dal 04 al 28 giugno 2009
arte contemporanea
Location
VILLA GUALINO
Torino, Viale Settimio Severo, 63, (Torino)
Torino, Viale Settimio Severo, 63, (Torino)
Orario di apertura
tutti i giorni dalle 10 alle 19
Vernissage
4 Giugno 2009, ore 17.30
Sito web
www.italiaarte.it
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