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L’immagine svelata
Sette artisti ed un fotografo in sovrapposizione
Comunicato stampa
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Il concetto e la pratica della rappresentazione artistica intesa come mimesi naturalistica ed il conseguente predominio della pittura entrano in crisi proprio dall’avvento della fotografia nella prima metà dell’ 800, estrema e conclusiva propaggine della modernità. Inizia da allora, e prosegue lungo il crinale novecentesco, quello che alcuni teorici definirono un vero e proprio “combattimento per un’immagine”, una tenzone tesa a stabilire il dominio sulla riproduzione del reale, con gli Impressionisti primi a scendere massicciamente in campo pronti a sfidare la tecnica fotografica nell’impari cimento della rappresentazione naturalistica. In realtà si tratta di un combattimento privo di senso e teso, semmai, a raggiungere un pareggio, una sostanziale pacificazione, come appare evidente analizzando le vicende storiche del Novecento, i cui effetti si prolungano ad occupare anche la prima parte di questo nuovo millennio. Come sostenuto da uno dei più preparati storici italiani della fotografia, Claudio Marra, con una tesi che mi sento di condividere, in realtà solo in parte la fotografia è stata un prolungamento della pittura con altri mezzi, più semplici ed immediati, al punto, in certi casi, da non richiedere neppure una particolare preparazione e professionalità nell’uso dello strumento, adoperato come una vera e propria protesi. In realtà la fotografia è dotata di uno statuto linguistico proprio e di un diverso livello referenziale nella rappresentazione della realtà, tali da apparentarla, semmai, alle modalità “extra - artistiche” introdotte nella teoria delle avanguardie storiche e portate a piena diffusione tra gli anni ’50 e ‘ 70 del secolo scorso, con la fuoriuscita dell’arte dal tradizionale alveo bidimensionale tipico della pittura per procedere verso una volontà di contaminazione con l’ambiente esterno inteso come piena omologia con il mondo, nel perseguimento di una esperienza estetica, quindi polisensoriale, totalizzante. “Combattimento per un’immagine” venne curata da Luigi Carluccio e Daniela Palazzoli nel 1973 presso la Galleria d’Arte Moderna di Torino, all’epoca l’istituzione pubblica italiana certamente più avanzata rispetto alla riflessione sulla contemporaneità e sull’intero edificio dell’avanguardia novecentesca, che proprio in quegli anni stava vivendo una delicata fase di passaggio, i cui primi sintomi si erano manifestati nella seconda metà dell’800. Il ciclo culturologico della contemporaneità caratterizzato, nell’ambito della cultura “materiale”, dall’irrompere sempre più invasivo delle nuove tecnologie destinate a smantellare il rigido inquadramento spaziale prospettico della modernità a favore di una nuova visione del mondo segnata da un’estrema mobilità e da un’evidente ”perdita del centro”, stava manifestandosi in maniera netta e chiara con le esperienze, assolutamente prioritarie in quegli anni, del Concettuale, nelle due versioni “mondana” (Arte Povera, Land Art) ed analitica, e poi con la Body Art, la scoperta del corpo come strumento di autonoma significanza linguistica, in cui il ruolo della fotografia come strumento di registrazione degli eventi assumeva un ruolo centrale. Senza dimenticare la “Narrative art” in cui la fotografia rivendica in pieno il suo statuto, concettuale ancor prima che formale. Ed è da questo dato che si muove la contestazione di fondo alla celebre mostra torinese : nell’ambito del Novecento l’arte, nell’accezione soprattutto della pittura, e la fotografia non si sono cimentate in alcun combattimento per il semplice motivo di aver percorso strade parallele che solo occasionalmente hanno avuto modo di incrociarsi. La fotografia, per il suo carattere di indicalità rispetto a quello simbolico della pittura e per la relativa facilità di esecuzione è sempre stata vicina a quei valori anti-artistici rispetto alla tradizione tesi alla fuoriuscita dall’ambito bidimensionale ed al privilegio del procedimento mentale rispetto a quello manuale che hanno caratterizzato il cammino dell’avanguardia novecentesca. Non che la pittura si sia arresa, tutt’altro. Ritornata prepotentemente sulla scena nella seconda metà degli anni ’70, dopo che il Concettuale l’aveva bandita come pratica manuale, quindi non totalmente asservita ad una dimensione noetica tipica dell’ala più radicale di quello stile, essa ha saputo rinnovarsi stante la sua innata capacità di metabolizzare, con procedimento metamorfico, tutto quanto proviene dall’esterno, interpretandolo con l’ atteggiamento tipico della dimensione simbolica ed allegorica, mediano tra pulsione interiore e distacco concettuale. La fotografia, nell’ultimo trentennio, si è avvalsa della disinibizione formale cifra stilistica del postmoderno per riversarsi massiccia nel panorama eclettico della contemporaneità privilegiando la funzione piuttosto che l’oggetto e diventando, negli anni ’80 ma ancora di più nel decennio successivo, la dimensione narrativa maggioritaria, in compagnia di quello che è stato il suo primo derivato tecnologico, il video. L’atteggiamento si è manifestato nella duplice accezione di una partecipazione “fredda”, tendente a privilegiare una classificazione impersonale ed asettica dell’esistente e della banalità quotidiana, ed un’altra dimensione “calda”, “psicologica”, in cui gli artisti hanno adoperato il mezzo come estensione del proprio io, per calarsi nel reale con atteggiamento di affettuosa partecipazione. Negli anni ’80 il nuovo uso della fotografia è stato consono al clima di disinibizione formale e rinnovato individualismo dell’epoca, mentre nel decennio successivo abbiamo assistito per molti aspetti ad un proseguo nell’uso di queste modalità formali, per altri ad una ripresa di valori documentaristici neo concettuali spesso insinceri e forzati. In questa prima parte del nuovo millennio la fotografia, ed il video, paiono sempre più indirizzarsi verso percorsi autonomi in cui la narrazione, particolarmente per quest’ultimo, assume un rilievo non più minimale ed asciutto, ma orientato verso un taglio “cinematografico”, verso un nuovo concetto di “sublime tecnologico”. L’immagine digitale e fotografica e la pittura non paiono più confliggere e nemmeno viaggiare per strade separate, semmai percorrere un cammino ormai comune in cui porsi reciproco stimolo e sostegno. Questa convinzione è stata di recente da me esplicitata con la cura di una rassegna intitolata “L’immagine reincantata”, tema che presenta evidenti affinità con il tema di questa rassegna. Il “reincanto”, o disvelamento dell’immagine che dir si voglia, stigmatizza una nuova fase epocale in cui siamo entrati : dopo la plurisecolare prevalenza del razionalismo introdotto dal Rinascimento e confermato dall’Illuminismo, dominato dal “logos”, le tecnologie immateriali ci hanno introdotti nella civiltà dell’immagine, in cui si assiste ad una ripresa di valori magici e rituali che collegano la nostra epoca ad un passato premoderno , con la ricomparsa di antichi archetipi ed una nuova dimensione comunitaria in cui l’individuo vive attraverso lo sguardo e le leggi degli altri. Dall’epoca del disincanto si passa a quella del reincanto, anche se è evidente che stiamo vivendo una fase di assestamento caratterizzato da molte contraddizioni e da un senso di incertezza e timore per un futuro che sembra essere mutato in un eterno presente. La fotografia, l’immagine digitale, il video non vengono adoperati, come quasi sempre avveniva nel decennio trascorso, in un ottica di appiattimento sul reale, ma per condurre l’ interiorità del singolo autore a stabilire un rapporto empatico con l’esterno, in una dimensione spesso rarefatta ma non per questo meno efficace, dominata dalla volontà di narrare, di evidenziare l’aspetto simbolico di quanto è al tempo stesso fuori e dentro di noi, privilegiando una poetica del frammento come elemento atto a gettar luce sulla complessità del reale.
Edoardo Di Mauro, luglio 2006.
09
settembre 2006
L’immagine svelata
Dal 09 settembre al 29 ottobre 2006
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
CASTELLO FALLETTI – WIMU WINE MUSEUM
Barolo, Piazza Falletti, (Cuneo)
Barolo, Piazza Falletti, (Cuneo)
Orario di apertura
10.00 - 12.00; 15.00 - 18.30; chiuso il giovedì
Vernissage
9 Settembre 2006, ore 21
Autore
Curatore