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Lina Rosso
Il suggestivo racconto per immagini della pittrice Lina Rosso nata a Venezia nel 1888 che, nella sua lunga carriera, ha partecipato a otto biennali e alle più importanti manifestazioni artistiche fino agli anni Sessanta
Comunicato stampa
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Il suggestivo racconto per immagini della pittrice Lina Rosso nata a Venezia nel 1888 che, nella sua lunga carriera, ha partecipato a otto biennali e alle più importanti manifestazioni artistiche fino agli anni Sessanta.
La scelta delle opere, soprattutto la serie dei suadenti ritratti degli anni Venti e Trenta, offre lo spunto per una duplice lettura: una storia di pittura, ma anche una storia del costume. Roland Barthes nella sua opera Il senso della moda, cosparsa di acute osservazioni sui significati sociali dell’abbigliamento e del costume nell’eclettico e poliglotta universo semantico vestimentario, sembra suggerire, appunto, un modo alternativo di considerare il valore e il significato di alcuni importanti dipinti della pittrice.
Le donne ritratte dalla Rosso rappresentano il veicolo privilegiato per compendiate armonie di forme e colori in cui le intensità espressive dei soggetti e i particolari tagli compositivi sono raramente sottoposti a clichés precostituiti. Ma non solo, laddove quei clichés non appartengono tout – court al mondo delle rappresentazioni pittoriche, ecco che si palesano alcune tangenze, invece, con le immagini delle riviste di moda francesi e del cinema hollywoodiano dalle cui pagine e dalle cui pellicole un universo femminile ammiccante e affascinante suggerisce un modello di raffigurazione di cui la pittrice sembra appropriarsi.
Augusta del 1932, Signora in nero del 1935, Luciana del 1939 Matilde del 1940 sono dipinti ascrivibili a Novecento che offrono, però, l’indicazione di un percorso personalissimo anche all’interno di quell’area stilistica. Cioè, se da una parte la robustezza d’impianto e la saldezza compositiva sono matrici che si possono agevolmente riferire al movimento in questione, è altrettanto vero che la propensione al colore pieno riscatta quelle forme diventando in definitiva il dato saliente della sua pittura. In Matilde, per esempio, la grande suggestione del ritratto deriva dalla modulazione del colore azzurro dell’abito, protagonista assoluto del dipinto, reso intensissimo dalla vicinanza del piccolo mazzo di fiori giallo.
In Paola Persico del ’38, la figura femminile appare intensificata dall’efficacissima dinamica ottenuta mediante l’utilizzo del tendaggio bianco che offre lo scatto ideale a vivificare gli accordi di viola e verde. Ma l’osservatore è colpito, soprattutto, dai particolari che rimarcano la femminilità. La lacca sulle unghie, il rossetto sulle labbra, l’abbigliamento “alla moda” sono indici del desiderio di piacere, ed è proprio grazie all’esaltazione pittorica che le civetterie dell’effigiata e dell’artista si evolvono in autonomo modo di essere. La bellezza, insomma, è per Lina Rosso un affare di carne e ossa, prima ancora che spirituale.
Quando muore, all’età di 87 anni lascia di sé, negli occhi di chi l’aveva conosciuta, un’immagine forte: una figuretta asciutta e sottile, dal temperamento volitivo, una donna dal comportamento schivo, caparbia nella sua volontà di essere pittrice a dispetto di ogni condizionamento sociale quando, nei primissimi anni del Novecento, decide di intraprendere questa faticosa professione. Scavalcando quelle che erano le aspirazioni di tutta una generazione, decide di non maritarsi. Sembra lontano, ormai, agli occhi disincantati di noi contemporanei, il valore eversivo di questi desideri di emancipazione, ma a quel tempo, la scelta del nubilato, se non era assimilata alla vocazione religiosa, appariva, di fatto, come una scelta di indipendenza. Indipendente Lina Rosso lo è stata, all’interno di una famiglia prima, e di una società poi, facendo coincidere lo slancio creativo con l’aspirazione ad un riconoscimento sociale, in una perfetta consonanza di intenti.
Nel 1942 Lina Rosso partecipa alla sua ultima Biennale; in un clima mutato dalle imperiose istanze del nuovo linguaggio astratto, l’artista partecipa negli anni Cinquanta e Sessanta a numerose manifestazioni, l’ultima apparizione pubblica è a Roma, nel 1966, alla I Quadriennale Europea.
La pittrice muore a Venezia nel 1976, dopo una lunga malattia.
La scelta delle opere, soprattutto la serie dei suadenti ritratti degli anni Venti e Trenta, offre lo spunto per una duplice lettura: una storia di pittura, ma anche una storia del costume. Roland Barthes nella sua opera Il senso della moda, cosparsa di acute osservazioni sui significati sociali dell’abbigliamento e del costume nell’eclettico e poliglotta universo semantico vestimentario, sembra suggerire, appunto, un modo alternativo di considerare il valore e il significato di alcuni importanti dipinti della pittrice.
Le donne ritratte dalla Rosso rappresentano il veicolo privilegiato per compendiate armonie di forme e colori in cui le intensità espressive dei soggetti e i particolari tagli compositivi sono raramente sottoposti a clichés precostituiti. Ma non solo, laddove quei clichés non appartengono tout – court al mondo delle rappresentazioni pittoriche, ecco che si palesano alcune tangenze, invece, con le immagini delle riviste di moda francesi e del cinema hollywoodiano dalle cui pagine e dalle cui pellicole un universo femminile ammiccante e affascinante suggerisce un modello di raffigurazione di cui la pittrice sembra appropriarsi.
Augusta del 1932, Signora in nero del 1935, Luciana del 1939 Matilde del 1940 sono dipinti ascrivibili a Novecento che offrono, però, l’indicazione di un percorso personalissimo anche all’interno di quell’area stilistica. Cioè, se da una parte la robustezza d’impianto e la saldezza compositiva sono matrici che si possono agevolmente riferire al movimento in questione, è altrettanto vero che la propensione al colore pieno riscatta quelle forme diventando in definitiva il dato saliente della sua pittura. In Matilde, per esempio, la grande suggestione del ritratto deriva dalla modulazione del colore azzurro dell’abito, protagonista assoluto del dipinto, reso intensissimo dalla vicinanza del piccolo mazzo di fiori giallo.
In Paola Persico del ’38, la figura femminile appare intensificata dall’efficacissima dinamica ottenuta mediante l’utilizzo del tendaggio bianco che offre lo scatto ideale a vivificare gli accordi di viola e verde. Ma l’osservatore è colpito, soprattutto, dai particolari che rimarcano la femminilità. La lacca sulle unghie, il rossetto sulle labbra, l’abbigliamento “alla moda” sono indici del desiderio di piacere, ed è proprio grazie all’esaltazione pittorica che le civetterie dell’effigiata e dell’artista si evolvono in autonomo modo di essere. La bellezza, insomma, è per Lina Rosso un affare di carne e ossa, prima ancora che spirituale.
Quando muore, all’età di 87 anni lascia di sé, negli occhi di chi l’aveva conosciuta, un’immagine forte: una figuretta asciutta e sottile, dal temperamento volitivo, una donna dal comportamento schivo, caparbia nella sua volontà di essere pittrice a dispetto di ogni condizionamento sociale quando, nei primissimi anni del Novecento, decide di intraprendere questa faticosa professione. Scavalcando quelle che erano le aspirazioni di tutta una generazione, decide di non maritarsi. Sembra lontano, ormai, agli occhi disincantati di noi contemporanei, il valore eversivo di questi desideri di emancipazione, ma a quel tempo, la scelta del nubilato, se non era assimilata alla vocazione religiosa, appariva, di fatto, come una scelta di indipendenza. Indipendente Lina Rosso lo è stata, all’interno di una famiglia prima, e di una società poi, facendo coincidere lo slancio creativo con l’aspirazione ad un riconoscimento sociale, in una perfetta consonanza di intenti.
Nel 1942 Lina Rosso partecipa alla sua ultima Biennale; in un clima mutato dalle imperiose istanze del nuovo linguaggio astratto, l’artista partecipa negli anni Cinquanta e Sessanta a numerose manifestazioni, l’ultima apparizione pubblica è a Roma, nel 1966, alla I Quadriennale Europea.
La pittrice muore a Venezia nel 1976, dopo una lunga malattia.
14
ottobre 2006
Lina Rosso
Dal 14 al 29 ottobre 2006
arte contemporanea
Location
ISOLA BASSA GALLERIA D’ARTE
Dolo, Via Giuseppe Garibaldi, 24, (Venezia)
Dolo, Via Giuseppe Garibaldi, 24, (Venezia)
Orario di apertura
martedi – mercoledì – giovedì: 16 – 19,30
venerdi – sabato: 10 – 12,30 ; 16 – 19,30
per appuntamento: 338 4538353
Vernissage
14 Ottobre 2006, ore 18,30
Autore
Curatore