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L’Incontro: Attraversamenti e Contaminazioni
In mostra lavori di Alfonso Coppola, Mimmo Fabozzi, Amedeo Gabucci, in arte deò, e Vittorio Vanacore
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Si inaugura venerdì 16 febbraio alle ore 18.00 la mostra L’Incontro : Attraversamenti
e Contaminazioni con : Alfonso Coppola , Mimmo Fabozzi, Amedeo Gabucci in arte
deò, Vittorio Vanacore , a cura di Giovanni Cardone la mostra si potrà visitare fino al
28 febbraio 2018. Come dice Giovanni Cardone : “ Il concetto di “Altro”, opposto a
quello di “Io” come identità, comincia con la filosofia antica e medievale. Teniamo
presente Socrate con “Conosci te stesso e realizzati in rapporto agli altri”; Platone,
per il quale la vita politica era tesa alla giustizia e al bene comune; Aristotele, per il
quale dell’uomo era propria la naturale tendenza ad associarsi e ad entrare in
relazione con gli altri. Questo concetto appare efficacemente opposto a quello di
Cartesio di un “cogito” unicamente soggettivo. La riflessione filosofica sull’altro
raggiungerà l’apice con l’esistenzialismo e Heidegger. Il concetto di “persona” non
era presente prima del cristianesimo. La persona era il modo con cui i greci
definivano la “maschera” del teatro greco e, dunque, quanto mai attuale ai giorni
nostri, nel teatro della nostra vita. Platone e Aristotele mettono l’accento sul
collettivo, con il cristianesimo l’attenzione si sposta sul singolo che nella definizione
cristiana sta per “sostanza individuale di natura razionale”, concetto messo in
discussione da quello di morte di Dio in Nietzsche o dalla tripartizione della mente
operata da Freud in Psicoanalisi. Ma il singolo, nel cristianesimo, non può stare da
solo e trova la sua realizzazione in relazione agli altri. E questo appare vicino alla
nostra esistenza intesa socraticamente come compito da svolgere, e tesa a capire
quale è il nostro posto nella vita e nel relazionarci con l’altro, insomma il celebre
“conosci te stesso”. Nella filosofia moderna troviamo un’elaborazione del concetto di
“altro” nell’Illuminismo, secondo il quale l’uomo diventa capace di modificare la
realtà grazie alla sua razionalità e le relazioni umane andranno formalizzate in
contratti e forme politiche, tese a garantire la pacifica convivenza tra l’uno e l’altro.
Nella corrente contemporanea dell’esistenzialismo e del personalismo si sostiene, poi,
che l’esperienza formativa di ciascuno di noi è costantemente attraversata dalla
presenza dell’altro. Nella seconda metà del ‘900 Derrida insiste sull’accettazione
incondizionata dell’altro senza limiti e senza vincoli, Levinas insiste sull’importanza
dell’altro, non come rappresentazione di noi stessi, ma nella sua diversità. Il filosofo
tedesco Heidegger con il suo concetto di esserci il Dasein come essere gettato nel
mondo, essere nel senso di relazionarsi ad Altro, ha voluto porre l’attenzione sulla
nostra vita e sulla caratteristica di essere gettati nel mondo, essere in rapporto agli
altri.
Le riflessioni che partono da Heidegger troveranno completa trasposizione
nell’esistenzialismo con Gadamer, Levinas, Sartre e Focault. In questo senso l’uomo
è soprattutto istanza etica, prima ancora che teoretica o essere pensante (Cogito ergo
sum). Tale riflessione verrà ampliata anche da M. Focault con la sua “Storia della
follia” in cui in ambito psicoanalitico, l’inconscio è “altro” rispetto alla coscienza. Il
“diverso” non è solo lo straniero, il folle, il non “allineato”, è uno di questi è l’artista
che molte volte rischia l’isolamento . Perché l’artista racconta o meglio tenta di
raccontare l’animo umano , raccontando il suo animo ecco perché è nata la mostra :
“L’Incontro : Attraversamenti e Contaminazioni”. Questa mostra nasce
dall’incontro tra quattro artisti con linguaggi diversi che si sono incontrati per
raccontare il loro percorso artistico come momento di convivio gli artisti sono :
Alfonso Coppola, Mimmo Fabozzi , Amedeo Gabucci in arte deò, Vittorio
Vanacore”.
Alfonso Coppola: Le suo opere nascono dalle evocative risonanze dell’animo, dai
fermenti di sempre nuove situazioni emozionali, dagli imperscrutabili sommovimenti
dell’inconscio, sono racconti di esperienze essenzializzate nelle polivalenti dinamiche
di luce, del colore o di fantasiosi intarsi musivi ma anche da frammenti di pura
contemplazione pittorica.
Mimmo Fabozzi : Osservando le opere di Mimmo Fabozzi si entra in una dimensione
di inquieta frammentazione materica, come se il mondo, quello reale, avesse già da
tempo accanto, un alter ego parallelo, infinito e riconoscibile. Miriadi di forme
trovano la loro origine nelle “Memorie ferite” di un lontano vissuto fra “Sogni
infranti” e “Segreti abissi” di una dimensione ormai perduta. Il lungo cammino
evocativo dell’artista supera le rarefatte sequenze di una nebulosa mimesi, per entrare
trionfalmente in quello stadio tra sintesi e sperimentazione, che vive tra un
astrattismo colto e quella sfera irrazionale dell’idea, tesa alla ricerca di un altrove
indefinito. Fabozzi attua graficamente una “Purificazione” della composizione
reinterpretata come interconnessione tra il mondo fisico ed il mondo surreale. Silenti
sogni, appena sussurrati, ascoltano il tempo, scandito da logiche armonie dinamiche e
vibratili sequenze esecutive sospese tra un equilibrio ideativo e un’arcana e primitiva
essenza.
Amedeo Gabucci : Attraverso le sue opere, l’artista ci prende per mano e ci conduce
attraverso un percorso intimo, che parte dallo spirito interiore fino alla
contemplazione dell’Universo. Dall’infinitamente piccolo, immateriale, impalpabile,
quella yuch che vola dentro di noi con ali leggere, dall’introspezione nella nostra
anima più profonda, fino all’infinitamente vasto dei grandi gangli cosmici che ci
conducono a scoprire nell’informe magma della vita, eppure carico di vita, nel caos
primigenio di cui ci parlano gli antichi miti, gli albori di un giorno nuovo. La nascita
una nuova creazione, di un Uni-verso che perennemente si dirige nel segno e nel
senso di una Volontà ordinatrice, un kosmoV, ordine - armonia un ordine armonico
oppure un’armonia ordinata, si attua in una perenne gestazione universale alla ricerca
della materia, ma non della materialità, presente in ogni atto creativo. La sua opera è
una riflessione approfondita sulla creazione, un canto, un inno al cosmo e a tutto il
mondo che ci circonda, è un cantico, incantato e sospeso, di francescana memoria,
riletto e interpretato, sì, nella sensibilità contemporanea, ma che di quello conserva
tutto lo l’ineffabile stupore, tutto il silenzioso incanto, tutta la poesia. Dalla terra e
dall’umanità nasce la sua dimensione dell’assoluto, del Divino. Nell’arte
contemporanea , in cui spesso l’ispirazione, l’idea non sono adeguatamente supportati
da una adeguata sapienza del “fare arte” e del “fare ad arte”, Amedeo Gabucci in arte
deò si distingue per la sua tecnica e il suo linguaggio unico. Fuori da ogni formalismo
compositivo, e lontano dalle facili seduzioni della cultura accademica, il suo lavoro
oscilla tra consapevolezza allegorica e inganno reale. È lo specchio invisibile
dell’anima per una realtà visibile che man mano invade spazi vuoti diventando corpo,
colore, luce e ombre. In alcuni casi non mancano le suggestioni oniriche dei
surrealisti, come anche la sinteticità pittorica che accompagna contemporaneamente
la sua attività di pittore. È come anche il dinamismo lirico unito sempre ad un segno
che non si stanca di manipolare e modellare ogni sua composizione. Ci troviamo di
fronte ad opere caratterizzate da una forte personalità dove alla intensità cromatica fa
riscontro una stesura di segni carichi di significati simbolici. Per lui non si dà sogno
versus realtà, ma questa apparente distonia, quella che è una opposizione, e forse una
contraddizione, trova la sua sintesi nel sogno come incantesimo della vita. Altro
aspetto della sua pittura è quello di inglobare accenti lirici con la rubricazione di un
intimo diario, “un simbolo di speranza”, per usare le parole dell’artista, verso nuovi
orizzonti che la vita a volte ci prospetta”. Nella sua dimensione poetica l’artista, non
è vincolato dall’iconografia, ma rimanendo se stesso e ripercorrendo il suo linguaggio
egli immagina e trasporta su tela la visione che ha dentro di sé: estasi celestiali, cieli
mossi da un segno creativo, un’idea assoluta, senza retorica, di striature di colore
fatto di segno e gesti essenziali, profondi, intensi e perciò spirituali. Egli ritiene che la
sua arte esprime in maniera visibile il metafisico, il sublime, e permette all’uomo di
vincere, per così dire la forza di gravità che lo tiene avvinto, attaccato alla terra, e gli
consente un’esperienza spirituale, di elevarsi al Divino, di compiere un cammino di
ascesi mistica.
Vittorio Vanacore : Artista che rifiuta stereotipi e schematismi estetici per dare spazio
alla fantasia e alla sperimentazione, anche sul piano tecnico. Traduce in pittura una
sensibilità acuta e vibratile, spesso impalpabile. Nel suo lavoro combina tecniche e
materiali con vivace spirito creativo, il cui risultato è un codice narrativo personale
che punta a materializzare sulla tela attraverso colori, materia e scomposizioni, l’io
profondo dell’artista è allegro ma sempre e comunque irrequieto. Egli inventa le sue
tecniche e modella o inserisce la materia lasciando sempre la sua impronta personale,
che rende difficile una sua catalogazione critica definitiva. L’ebbrezza cromatica
adagiata su ruvide sporgenze materiche, cosparse di elementi brillanti e disposte a
creare composizioni armoniche, come magma in movimento, è uno dei principali
veicoli di comunicazione visiva delle sue emozioni, del suo inconscio, rendendo lo
stesso quasi afferrabile. Nelle sue tele esplodono forme e colori, o meglio “idee”, che
creano con il fruitore una fitta rete di apporti e di ricezioni, un'osmosi costante di
concetti che riportano alle eterne e dialettiche forze che dominano l'esistenza di ogni
essere umano: la gioia e il dolore, la calma e la passione, il buio e la luce, la vita e la
morte.
e Contaminazioni con : Alfonso Coppola , Mimmo Fabozzi, Amedeo Gabucci in arte
deò, Vittorio Vanacore , a cura di Giovanni Cardone la mostra si potrà visitare fino al
28 febbraio 2018. Come dice Giovanni Cardone : “ Il concetto di “Altro”, opposto a
quello di “Io” come identità, comincia con la filosofia antica e medievale. Teniamo
presente Socrate con “Conosci te stesso e realizzati in rapporto agli altri”; Platone,
per il quale la vita politica era tesa alla giustizia e al bene comune; Aristotele, per il
quale dell’uomo era propria la naturale tendenza ad associarsi e ad entrare in
relazione con gli altri. Questo concetto appare efficacemente opposto a quello di
Cartesio di un “cogito” unicamente soggettivo. La riflessione filosofica sull’altro
raggiungerà l’apice con l’esistenzialismo e Heidegger. Il concetto di “persona” non
era presente prima del cristianesimo. La persona era il modo con cui i greci
definivano la “maschera” del teatro greco e, dunque, quanto mai attuale ai giorni
nostri, nel teatro della nostra vita. Platone e Aristotele mettono l’accento sul
collettivo, con il cristianesimo l’attenzione si sposta sul singolo che nella definizione
cristiana sta per “sostanza individuale di natura razionale”, concetto messo in
discussione da quello di morte di Dio in Nietzsche o dalla tripartizione della mente
operata da Freud in Psicoanalisi. Ma il singolo, nel cristianesimo, non può stare da
solo e trova la sua realizzazione in relazione agli altri. E questo appare vicino alla
nostra esistenza intesa socraticamente come compito da svolgere, e tesa a capire
quale è il nostro posto nella vita e nel relazionarci con l’altro, insomma il celebre
“conosci te stesso”. Nella filosofia moderna troviamo un’elaborazione del concetto di
“altro” nell’Illuminismo, secondo il quale l’uomo diventa capace di modificare la
realtà grazie alla sua razionalità e le relazioni umane andranno formalizzate in
contratti e forme politiche, tese a garantire la pacifica convivenza tra l’uno e l’altro.
Nella corrente contemporanea dell’esistenzialismo e del personalismo si sostiene, poi,
che l’esperienza formativa di ciascuno di noi è costantemente attraversata dalla
presenza dell’altro. Nella seconda metà del ‘900 Derrida insiste sull’accettazione
incondizionata dell’altro senza limiti e senza vincoli, Levinas insiste sull’importanza
dell’altro, non come rappresentazione di noi stessi, ma nella sua diversità. Il filosofo
tedesco Heidegger con il suo concetto di esserci il Dasein come essere gettato nel
mondo, essere nel senso di relazionarsi ad Altro, ha voluto porre l’attenzione sulla
nostra vita e sulla caratteristica di essere gettati nel mondo, essere in rapporto agli
altri.
Le riflessioni che partono da Heidegger troveranno completa trasposizione
nell’esistenzialismo con Gadamer, Levinas, Sartre e Focault. In questo senso l’uomo
è soprattutto istanza etica, prima ancora che teoretica o essere pensante (Cogito ergo
sum). Tale riflessione verrà ampliata anche da M. Focault con la sua “Storia della
follia” in cui in ambito psicoanalitico, l’inconscio è “altro” rispetto alla coscienza. Il
“diverso” non è solo lo straniero, il folle, il non “allineato”, è uno di questi è l’artista
che molte volte rischia l’isolamento . Perché l’artista racconta o meglio tenta di
raccontare l’animo umano , raccontando il suo animo ecco perché è nata la mostra :
“L’Incontro : Attraversamenti e Contaminazioni”. Questa mostra nasce
dall’incontro tra quattro artisti con linguaggi diversi che si sono incontrati per
raccontare il loro percorso artistico come momento di convivio gli artisti sono :
Alfonso Coppola, Mimmo Fabozzi , Amedeo Gabucci in arte deò, Vittorio
Vanacore”.
Alfonso Coppola: Le suo opere nascono dalle evocative risonanze dell’animo, dai
fermenti di sempre nuove situazioni emozionali, dagli imperscrutabili sommovimenti
dell’inconscio, sono racconti di esperienze essenzializzate nelle polivalenti dinamiche
di luce, del colore o di fantasiosi intarsi musivi ma anche da frammenti di pura
contemplazione pittorica.
Mimmo Fabozzi : Osservando le opere di Mimmo Fabozzi si entra in una dimensione
di inquieta frammentazione materica, come se il mondo, quello reale, avesse già da
tempo accanto, un alter ego parallelo, infinito e riconoscibile. Miriadi di forme
trovano la loro origine nelle “Memorie ferite” di un lontano vissuto fra “Sogni
infranti” e “Segreti abissi” di una dimensione ormai perduta. Il lungo cammino
evocativo dell’artista supera le rarefatte sequenze di una nebulosa mimesi, per entrare
trionfalmente in quello stadio tra sintesi e sperimentazione, che vive tra un
astrattismo colto e quella sfera irrazionale dell’idea, tesa alla ricerca di un altrove
indefinito. Fabozzi attua graficamente una “Purificazione” della composizione
reinterpretata come interconnessione tra il mondo fisico ed il mondo surreale. Silenti
sogni, appena sussurrati, ascoltano il tempo, scandito da logiche armonie dinamiche e
vibratili sequenze esecutive sospese tra un equilibrio ideativo e un’arcana e primitiva
essenza.
Amedeo Gabucci : Attraverso le sue opere, l’artista ci prende per mano e ci conduce
attraverso un percorso intimo, che parte dallo spirito interiore fino alla
contemplazione dell’Universo. Dall’infinitamente piccolo, immateriale, impalpabile,
quella yuch che vola dentro di noi con ali leggere, dall’introspezione nella nostra
anima più profonda, fino all’infinitamente vasto dei grandi gangli cosmici che ci
conducono a scoprire nell’informe magma della vita, eppure carico di vita, nel caos
primigenio di cui ci parlano gli antichi miti, gli albori di un giorno nuovo. La nascita
una nuova creazione, di un Uni-verso che perennemente si dirige nel segno e nel
senso di una Volontà ordinatrice, un kosmoV, ordine - armonia un ordine armonico
oppure un’armonia ordinata, si attua in una perenne gestazione universale alla ricerca
della materia, ma non della materialità, presente in ogni atto creativo. La sua opera è
una riflessione approfondita sulla creazione, un canto, un inno al cosmo e a tutto il
mondo che ci circonda, è un cantico, incantato e sospeso, di francescana memoria,
riletto e interpretato, sì, nella sensibilità contemporanea, ma che di quello conserva
tutto lo l’ineffabile stupore, tutto il silenzioso incanto, tutta la poesia. Dalla terra e
dall’umanità nasce la sua dimensione dell’assoluto, del Divino. Nell’arte
contemporanea , in cui spesso l’ispirazione, l’idea non sono adeguatamente supportati
da una adeguata sapienza del “fare arte” e del “fare ad arte”, Amedeo Gabucci in arte
deò si distingue per la sua tecnica e il suo linguaggio unico. Fuori da ogni formalismo
compositivo, e lontano dalle facili seduzioni della cultura accademica, il suo lavoro
oscilla tra consapevolezza allegorica e inganno reale. È lo specchio invisibile
dell’anima per una realtà visibile che man mano invade spazi vuoti diventando corpo,
colore, luce e ombre. In alcuni casi non mancano le suggestioni oniriche dei
surrealisti, come anche la sinteticità pittorica che accompagna contemporaneamente
la sua attività di pittore. È come anche il dinamismo lirico unito sempre ad un segno
che non si stanca di manipolare e modellare ogni sua composizione. Ci troviamo di
fronte ad opere caratterizzate da una forte personalità dove alla intensità cromatica fa
riscontro una stesura di segni carichi di significati simbolici. Per lui non si dà sogno
versus realtà, ma questa apparente distonia, quella che è una opposizione, e forse una
contraddizione, trova la sua sintesi nel sogno come incantesimo della vita. Altro
aspetto della sua pittura è quello di inglobare accenti lirici con la rubricazione di un
intimo diario, “un simbolo di speranza”, per usare le parole dell’artista, verso nuovi
orizzonti che la vita a volte ci prospetta”. Nella sua dimensione poetica l’artista, non
è vincolato dall’iconografia, ma rimanendo se stesso e ripercorrendo il suo linguaggio
egli immagina e trasporta su tela la visione che ha dentro di sé: estasi celestiali, cieli
mossi da un segno creativo, un’idea assoluta, senza retorica, di striature di colore
fatto di segno e gesti essenziali, profondi, intensi e perciò spirituali. Egli ritiene che la
sua arte esprime in maniera visibile il metafisico, il sublime, e permette all’uomo di
vincere, per così dire la forza di gravità che lo tiene avvinto, attaccato alla terra, e gli
consente un’esperienza spirituale, di elevarsi al Divino, di compiere un cammino di
ascesi mistica.
Vittorio Vanacore : Artista che rifiuta stereotipi e schematismi estetici per dare spazio
alla fantasia e alla sperimentazione, anche sul piano tecnico. Traduce in pittura una
sensibilità acuta e vibratile, spesso impalpabile. Nel suo lavoro combina tecniche e
materiali con vivace spirito creativo, il cui risultato è un codice narrativo personale
che punta a materializzare sulla tela attraverso colori, materia e scomposizioni, l’io
profondo dell’artista è allegro ma sempre e comunque irrequieto. Egli inventa le sue
tecniche e modella o inserisce la materia lasciando sempre la sua impronta personale,
che rende difficile una sua catalogazione critica definitiva. L’ebbrezza cromatica
adagiata su ruvide sporgenze materiche, cosparse di elementi brillanti e disposte a
creare composizioni armoniche, come magma in movimento, è uno dei principali
veicoli di comunicazione visiva delle sue emozioni, del suo inconscio, rendendo lo
stesso quasi afferrabile. Nelle sue tele esplodono forme e colori, o meglio “idee”, che
creano con il fruitore una fitta rete di apporti e di ricezioni, un'osmosi costante di
concetti che riportano alle eterne e dialettiche forze che dominano l'esistenza di ogni
essere umano: la gioia e il dolore, la calma e la passione, il buio e la luce, la vita e la
morte.
16
febbraio 2018
L’Incontro: Attraversamenti e Contaminazioni
Dal 16 al 28 febbraio 2018
arte contemporanea
Location
SCUDERIE DI VILLA FAVORITA
Ercolano, Corso Resina, 300, (Napoli)
Ercolano, Corso Resina, 300, (Napoli)
Orario di apertura
dal Lunedì alla Domenica dalle ore 10.00 alle ore 13.00 e dalle ore 16.00 alle
ore 20.00
Vernissage
16 Febbraio 2018, h 18
Autore
Curatore