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L’indiano in giardino
Annullata la figura del curatore, rimane soltanto la forza organizzativa unita alle opere degli undici artisti coinvolti che, in alcuni casi, lavorano insieme per la prima volta.
Comunicato stampa
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Un indiano pellerossa è in una limousine dagli interni neri. È nudo e la pelle dei sedili a contatto col suo corpo lo fa gelare: dalla sua bocca esce una nuvola di fiato che appanna i vetri. L'indiano sbuca dal tettuccio dell'auto e fugge via. Ricompare al centro di un cavedio adibito a magazzino per insegne luminose dismesse. L’indiano gira lentamente su se stesso, alza gli occhi e sopra la sua testa c’è uno squarcio geometrico di cielo. Allora risale le strette pareti che lo circondano, aggrappandosi con le mani e spingendo con i piedi, e se ne va. Scendendo distrattamente le scale di un laboratorio sotterraneo si ritrova l'indiano: questa volta blocca il passaggio alla stanza successiva. Con le braccia conserte sorride, obbliga i presenti alla convivenza in uno spazio minuscolo costituito da una breve rampa di scale. Alle prime luci dell'alba, in una piazza attorniata da palazzi silenziosi, un bar con tavolini rossi sul marciapiede diventa la ludoteca che avremmo rischiato di non avere. L'indiano aspetta seduto toccando piano le pedine di legno. Appoggia al muro la nuca coperta di piume e guarda il viso del suo compagno di giochi. Poi scrolla il capo e si sfrega le gambe con le mani. Si alza e inizia a correre, per fermarsi solo davanti a un autosalone con vetture di lusso dalle silhouette allungate: la cancellata aperta scopre un tappeto di auto strette una contro l'altra. Un indiano pellerossa è in una limousine dagli interni neri.
L’indiano è il soggetto di una fantasia innocente e spericolata che entra nel nostro quotidiano; gli spazi dove compare sono tutto fuorché casuali.
La disposizione dei luoghi, però, è imprevedibile: quasi fossero le stanze ricollocate di un museo saltato in aria. Si concentrano in poche vie, sparpagliate all’interno del quartiere Isola, un perimetro e una realtà con cui i due organizzatori - insieme ad altri artisti, alcuni dei quali coinvolti in questa collettiva - si sono già confrontati.
L’esplosione di un ipotetico museo sembra essere anche la metafora per raccontare il nuovo approccio scelto per L’indiano in giardino. Annullata la figura del curatore, rimane soltanto la forza organizzativa unita alle opere degli undici artisti coinvolti che, in alcuni casi, lavorano insieme per la prima volta.
Manuela Ravasio
---
Orari di apertura
17:00 – 20:00
Sedi espositive, quartiere Isola, Milano
P.le Archinto – bar La Cantinetta
Via dal Verme, 2 – cavedio condominiale
Via Pollaiuolo, 8 – autorimessa Mariani
Via Lambertenghi, 25 – studio
P.za Minniti – edicola Ambrosini
Progetto promosso da
?ui=2&view=att&th=1247e1ddc24bb9e3&attid=0.1&disp=attd&realattid=ii_1247e1ddc24bb9e3&zw
www.isolartcenter.org
---
Ringraziamo la partecipazione di Autoservizi Mariani, Bar La Cantinetta, Edicola Ambrosini, Falegnameria Clerici ed Insegne Longoni.
--- ---
[ENGLISH VERSION]
L'INDIANO IN GIARDINO
project by Alek O. and Santo Tolone
in collaboration with Isola Art Center
Opening 29th October, 2009, 7pm
October 29th – November 1st, 2009
Starting point Bar La Cantinetta, P.le Archinto, Milan
with Pedro Barateiro, Dafne Boggeri, Marco Colombaioni, Camilla Candida Donzella, Alessandro Di Giampietro, Lucie Fontaine, Francesco Fossati, Matteo Rubbi, Manuel Scano, Mauro Vignando and Zhou Tao
A redskin indian is in a black-lined limousine. He’s naked, and the touch of leather on his body makes him shiver; a cloud of breath rising from his mouth mists the car windows. The indian pops out of the sun-roof and escapes. He next appears in a small courtyard clogged with abandoned neon signs. The indian slowly turns around, looks up and a geometric patch of sky shines over his head. He climbs the narrow walls around him, clinging with his hands and pushing with his feet, and goes away. Idly descending the stairs of a mezzanine workshop the indian appears once again: he’s blocking the entrance to the adjacent room. He smiles, his arms crossed: he’s forcing bystanders to coexist in a very small space, a single flight of stairs. At the crack of dawn, in a square surrounded by silent buildings, a bar with a bunch of red tables scattered on the sidewalk becomes the playroom we fell short of not having. The indian awaits, sitting, skimming the game’s wooden tokens. He leans on the wall his plume-clad nape and looks straight in the eyes of his playmate. Then, shaking his head, he rubs his legs to get rid of the cold. He gets up and runs away, stopping only in front of the window of a luxury car dealer, full of stretched-out silhouettes. Its gates are open, and reveal a whole carpet of cars, tightly cramped side by side. A redskin indian is in a black-lined limousine.
The indian is the subject of an innocent yet reckless fantasy abruptly entering our everyday; the spaces he appears in are anything but random.
The places’ disposition, however, appears unforeseeable: they could well be the displaced rooms of a blown-up museum. They concentrate around a bunch of streets, scattered in the Isola neighborhood, which the show’s two promoters – alongside other artists, some involved in this project – have already worked with.
The explosion of a hypothetical museum could also be the best metaphor to describe the new approach chosen for L’indiano in giardino. After disposing of the curator’s role, all that’s left is the organizational strength and the works of the eleven artists involved, some of which have never before worked together.
Manuela Ravasio
L’indiano è il soggetto di una fantasia innocente e spericolata che entra nel nostro quotidiano; gli spazi dove compare sono tutto fuorché casuali.
La disposizione dei luoghi, però, è imprevedibile: quasi fossero le stanze ricollocate di un museo saltato in aria. Si concentrano in poche vie, sparpagliate all’interno del quartiere Isola, un perimetro e una realtà con cui i due organizzatori - insieme ad altri artisti, alcuni dei quali coinvolti in questa collettiva - si sono già confrontati.
L’esplosione di un ipotetico museo sembra essere anche la metafora per raccontare il nuovo approccio scelto per L’indiano in giardino. Annullata la figura del curatore, rimane soltanto la forza organizzativa unita alle opere degli undici artisti coinvolti che, in alcuni casi, lavorano insieme per la prima volta.
Manuela Ravasio
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Orari di apertura
17:00 – 20:00
Sedi espositive, quartiere Isola, Milano
P.le Archinto – bar La Cantinetta
Via dal Verme, 2 – cavedio condominiale
Via Pollaiuolo, 8 – autorimessa Mariani
Via Lambertenghi, 25 – studio
P.za Minniti – edicola Ambrosini
Progetto promosso da
?ui=2&view=att&th=1247e1ddc24bb9e3&attid=0.1&disp=attd&realattid=ii_1247e1ddc24bb9e3&zw
www.isolartcenter.org
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Ringraziamo la partecipazione di Autoservizi Mariani, Bar La Cantinetta, Edicola Ambrosini, Falegnameria Clerici ed Insegne Longoni.
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[ENGLISH VERSION]
L'INDIANO IN GIARDINO
project by Alek O. and Santo Tolone
in collaboration with Isola Art Center
Opening 29th October, 2009, 7pm
October 29th – November 1st, 2009
Starting point Bar La Cantinetta, P.le Archinto, Milan
with Pedro Barateiro, Dafne Boggeri, Marco Colombaioni, Camilla Candida Donzella, Alessandro Di Giampietro, Lucie Fontaine, Francesco Fossati, Matteo Rubbi, Manuel Scano, Mauro Vignando and Zhou Tao
A redskin indian is in a black-lined limousine. He’s naked, and the touch of leather on his body makes him shiver; a cloud of breath rising from his mouth mists the car windows. The indian pops out of the sun-roof and escapes. He next appears in a small courtyard clogged with abandoned neon signs. The indian slowly turns around, looks up and a geometric patch of sky shines over his head. He climbs the narrow walls around him, clinging with his hands and pushing with his feet, and goes away. Idly descending the stairs of a mezzanine workshop the indian appears once again: he’s blocking the entrance to the adjacent room. He smiles, his arms crossed: he’s forcing bystanders to coexist in a very small space, a single flight of stairs. At the crack of dawn, in a square surrounded by silent buildings, a bar with a bunch of red tables scattered on the sidewalk becomes the playroom we fell short of not having. The indian awaits, sitting, skimming the game’s wooden tokens. He leans on the wall his plume-clad nape and looks straight in the eyes of his playmate. Then, shaking his head, he rubs his legs to get rid of the cold. He gets up and runs away, stopping only in front of the window of a luxury car dealer, full of stretched-out silhouettes. Its gates are open, and reveal a whole carpet of cars, tightly cramped side by side. A redskin indian is in a black-lined limousine.
The indian is the subject of an innocent yet reckless fantasy abruptly entering our everyday; the spaces he appears in are anything but random.
The places’ disposition, however, appears unforeseeable: they could well be the displaced rooms of a blown-up museum. They concentrate around a bunch of streets, scattered in the Isola neighborhood, which the show’s two promoters – alongside other artists, some involved in this project – have already worked with.
The explosion of a hypothetical museum could also be the best metaphor to describe the new approach chosen for L’indiano in giardino. After disposing of the curator’s role, all that’s left is the organizational strength and the works of the eleven artists involved, some of which have never before worked together.
Manuela Ravasio
29
ottobre 2009
L’indiano in giardino
Dal 29 ottobre al primo novembre 2009
arte contemporanea
Location
QUARTIERE ISOLA
Milano, -, (Milano)
Milano, -, (Milano)
Orario di apertura
tutti i giorni ore 17-20
Vernissage
29 Ottobre 2009, ore 19 Inizio percorso Bar La Cantinetta, P.le Archinto, Milano
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