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Linea d’ombra – 13 viaggiatori ai confini dell’estetico
La mostra esplora un versante dell’espressione artistica genovese nel ventennio successivo all’effervescenza intellettuale degli anni Sessanta e Settanta,
Comunicato stampa
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La mostra esplora un versante dell’espressione artistica genovese nel ventennio successivo all’effervescenza intellettuale degli anni Sessanta e Settanta, indagata nella grande rassegna “Attraversare Genova”, allestita presso il Museo d’arte contemporanea di Villa Croce nel 2004.
Gli anni ’80 e ’90 si caratterizzano per una divaricazione sempre più accentuata tra il mercato e un'operatività estetica che stenta, per diversi motivi, ad adeguarsi alle (relativamente) nuove regole dell’art business.
Il clima generale tende a far scomparire ogni velleità di lavoro collettivo, stimola atteggiamenti autoriflessivi, talvolta venati di una sorta di melanconia che, a volte, sfocia in forme di clandestinità culturale, talaltra impegnati nell’analisi del ruolo dell’artista nell’ambito di una società in rapida trasformazione.
Ricostruendo oggi la situazione, si scopre nell’attività carsica di questo gruppo di artisti un tessuto molto più comune di quello che i singoli percorsi – diversificati sia negli esiti visivi sia nell’incidenza sulla scena nazionale – sembravano avere all’epoca.
ROBERTO ANFOSSI (Sanremo 1950)
Fra gli artisti liguri venuti alla ribalta negli anni ’80 è quello che più intensamente di ogni altro traduce nella deformazione espressiva della figura e nell’accumulo di materiali simbolici la tensione esistenziale dell’epoca.
NICOLA BUCCI (Genova 1961)
Il suo percorso di ricerca si concentra su una riflessione metalinguistica nella quale le opere sono utilizzate come strumento di riflessione sull’arte, sui suoi linguaggi, sul rapporto fra l’opera e il suo pubblico. L’immagine vi assume una funzione concettuale, trasponendo in forma visuale stimoli ricavati dalle teorie di Lacan, Benjamin, Debord.
ENZO CARIOTI (Genova 1946-1992)
Con il Teatro alla ricerca del p(h)anico è stato fra gli animatori della ricerca teatrale underground lungo tutti gli anni ’80. Le sue elaborate costruzioni in cartoncino, dipinte a pastello, presentate in retrospettiva al Museo di Villa Croce nel 1996, sono state definite da Rossana Bossaglia “Macchine teatrali misteriose … dove la vita la vita appare ombra di sé, larva, passaggio, memoria”.
PIERGIORGIO COLOMBARA (Genova 1948)
Fin dai suoi esordi, alla metà degli anni Settanta, Colombara intesse la trama di una narrazione lirica che sospende il tempo e suggerisce i contorni di un mondo antico affollato di frammenti sopravvissuti, di presenze ondivaghe della memoria, che emergono sulla superficie del tempo come ciò che rimane di un sogno al risveglio (Lorenzo Vivarelli).
CLAUDIO COSTA (Tirana 1940-Genova 1995)
Fra le presenze artistiche maggiori della seconda metà del ‘900 in ambito internazionale ha offerto, con il suo work in regress, un contributo decisivo alla nascita dell’arte antropologica.
BEPPE DELLEPIANE (Genova 1937)
Artista visivo e performer. Ha elaborato a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, accanto ad una grafica caratterizzata da un segno fortemente espressivo, una peculiare poetica degli oggetti che, velati, coartati, accumulati gli uni accanto agli altri si trasformano in drammatiche metafore dell’esperienza umana.
GIULIANO GALLETTA (Sanremo 1955)
Ironia, nonsense e citazione sono gli strumenti di cui l’artista si vale per fissare, attraverso un ampio spettro di modalità espressive (dalla poesia visiva alla performance, dal film all’installazione), l’orizzonte di un’autobiografia impossibile.
STEFANO GRONDONA (Genova 1952)
Inventore di una tecnica particolarissima che gli ha consentito, tramite la minuziosa elaborazione di un sistema di mascherine, di “dipingere”, con la sola esposizione alla luce di carte sensibili, ambienti sghembi e claustrofobici, abitati da radio mute o da mobili acuminati, l’artista è passato negli anni ’90 ad una figurazione ossessiva ove campeggiano anatomie schiacciate dall’incombere reiterato dei contorni.
GIULIANO MENEGON (Venezia 1945)
Avvicinandosi negli anni ’90 alla scrittura di Thomas Bernhard e alla poesia di Paul Celan, Menegon si è inoltrato in una lirica interpretazione del flusso esistenziale. Segno, gesto, colore e materia sono quindi diventati strumenti per una lettura delle tragiche pieghe della nostra realtà contemporanea, filtrata nella specifica area di azione del dipinto dalla sensibilità psicologica ed emotiva dell'artista (Matteo Fochessati).
CARLO MERELLO (Genova 1950)
Il lavoro di Carlo Merello prende in esame, da punti di vista molteplici, il rapporto tra l'essere umano e la sua dimora. Nelle opere del ciclo “Vuoti a perdere” le immagini fotografiche di edifici pubblici ormai svuotati della loro funzione sono associate a brani anatomici incisi su vetro. Gli ambienti vuoti raccontano lo sgomento del nulla, dell’inesistente spirituale; così come il corpo umano senza vita racconta di materia inerte, inconsistente e vacua.
ROLANDO MIGNANI (Genova 1937-2006)
Esploratore delle possibilità proposte dalla connessione fra il contesto verbale e l’elemento visivo si è legato negli anni ’60 al gruppo raccolto intorno alla rivista Tool. La sua ricerca in seguito si è andata estendendo alla dimensione materica, dispiegando nel contempo un’accentuata attenzione alle componenti simboliche.
PIERO MILLEFIORE (Genova 1956)
La ricerca di Piero Millefiore ha preso avvio, nei primi anni Ottanta, da una serrata indagine sull'immagine fotografica, restituendone i rapporti strutturali sul piano della pittura. Il segno, liberato dalla relazione descrittiva con il soggetto, si è andato via via connotando come gesto, espressione veloce e sintetica in cui la dimensione dell'operatività si concentra al massimo grado della sua tensione.
PIERO TERRONE (Genova 1944)
Coinvolto nell’approfondimento delle possibilità espressive del mezzo fotografico, rielabora immagini di luoghi o inquadrature tratte da manuali medici “il cui significato – attraverso la ricollocazione sia sequenziale che pittorica – assume un carattere fortemente straniante” (Sborgi).
Gli anni ’80 e ’90 si caratterizzano per una divaricazione sempre più accentuata tra il mercato e un'operatività estetica che stenta, per diversi motivi, ad adeguarsi alle (relativamente) nuove regole dell’art business.
Il clima generale tende a far scomparire ogni velleità di lavoro collettivo, stimola atteggiamenti autoriflessivi, talvolta venati di una sorta di melanconia che, a volte, sfocia in forme di clandestinità culturale, talaltra impegnati nell’analisi del ruolo dell’artista nell’ambito di una società in rapida trasformazione.
Ricostruendo oggi la situazione, si scopre nell’attività carsica di questo gruppo di artisti un tessuto molto più comune di quello che i singoli percorsi – diversificati sia negli esiti visivi sia nell’incidenza sulla scena nazionale – sembravano avere all’epoca.
ROBERTO ANFOSSI (Sanremo 1950)
Fra gli artisti liguri venuti alla ribalta negli anni ’80 è quello che più intensamente di ogni altro traduce nella deformazione espressiva della figura e nell’accumulo di materiali simbolici la tensione esistenziale dell’epoca.
NICOLA BUCCI (Genova 1961)
Il suo percorso di ricerca si concentra su una riflessione metalinguistica nella quale le opere sono utilizzate come strumento di riflessione sull’arte, sui suoi linguaggi, sul rapporto fra l’opera e il suo pubblico. L’immagine vi assume una funzione concettuale, trasponendo in forma visuale stimoli ricavati dalle teorie di Lacan, Benjamin, Debord.
ENZO CARIOTI (Genova 1946-1992)
Con il Teatro alla ricerca del p(h)anico è stato fra gli animatori della ricerca teatrale underground lungo tutti gli anni ’80. Le sue elaborate costruzioni in cartoncino, dipinte a pastello, presentate in retrospettiva al Museo di Villa Croce nel 1996, sono state definite da Rossana Bossaglia “Macchine teatrali misteriose … dove la vita la vita appare ombra di sé, larva, passaggio, memoria”.
PIERGIORGIO COLOMBARA (Genova 1948)
Fin dai suoi esordi, alla metà degli anni Settanta, Colombara intesse la trama di una narrazione lirica che sospende il tempo e suggerisce i contorni di un mondo antico affollato di frammenti sopravvissuti, di presenze ondivaghe della memoria, che emergono sulla superficie del tempo come ciò che rimane di un sogno al risveglio (Lorenzo Vivarelli).
CLAUDIO COSTA (Tirana 1940-Genova 1995)
Fra le presenze artistiche maggiori della seconda metà del ‘900 in ambito internazionale ha offerto, con il suo work in regress, un contributo decisivo alla nascita dell’arte antropologica.
BEPPE DELLEPIANE (Genova 1937)
Artista visivo e performer. Ha elaborato a partire dagli ultimi decenni del secolo scorso, accanto ad una grafica caratterizzata da un segno fortemente espressivo, una peculiare poetica degli oggetti che, velati, coartati, accumulati gli uni accanto agli altri si trasformano in drammatiche metafore dell’esperienza umana.
GIULIANO GALLETTA (Sanremo 1955)
Ironia, nonsense e citazione sono gli strumenti di cui l’artista si vale per fissare, attraverso un ampio spettro di modalità espressive (dalla poesia visiva alla performance, dal film all’installazione), l’orizzonte di un’autobiografia impossibile.
STEFANO GRONDONA (Genova 1952)
Inventore di una tecnica particolarissima che gli ha consentito, tramite la minuziosa elaborazione di un sistema di mascherine, di “dipingere”, con la sola esposizione alla luce di carte sensibili, ambienti sghembi e claustrofobici, abitati da radio mute o da mobili acuminati, l’artista è passato negli anni ’90 ad una figurazione ossessiva ove campeggiano anatomie schiacciate dall’incombere reiterato dei contorni.
GIULIANO MENEGON (Venezia 1945)
Avvicinandosi negli anni ’90 alla scrittura di Thomas Bernhard e alla poesia di Paul Celan, Menegon si è inoltrato in una lirica interpretazione del flusso esistenziale. Segno, gesto, colore e materia sono quindi diventati strumenti per una lettura delle tragiche pieghe della nostra realtà contemporanea, filtrata nella specifica area di azione del dipinto dalla sensibilità psicologica ed emotiva dell'artista (Matteo Fochessati).
CARLO MERELLO (Genova 1950)
Il lavoro di Carlo Merello prende in esame, da punti di vista molteplici, il rapporto tra l'essere umano e la sua dimora. Nelle opere del ciclo “Vuoti a perdere” le immagini fotografiche di edifici pubblici ormai svuotati della loro funzione sono associate a brani anatomici incisi su vetro. Gli ambienti vuoti raccontano lo sgomento del nulla, dell’inesistente spirituale; così come il corpo umano senza vita racconta di materia inerte, inconsistente e vacua.
ROLANDO MIGNANI (Genova 1937-2006)
Esploratore delle possibilità proposte dalla connessione fra il contesto verbale e l’elemento visivo si è legato negli anni ’60 al gruppo raccolto intorno alla rivista Tool. La sua ricerca in seguito si è andata estendendo alla dimensione materica, dispiegando nel contempo un’accentuata attenzione alle componenti simboliche.
PIERO MILLEFIORE (Genova 1956)
La ricerca di Piero Millefiore ha preso avvio, nei primi anni Ottanta, da una serrata indagine sull'immagine fotografica, restituendone i rapporti strutturali sul piano della pittura. Il segno, liberato dalla relazione descrittiva con il soggetto, si è andato via via connotando come gesto, espressione veloce e sintetica in cui la dimensione dell'operatività si concentra al massimo grado della sua tensione.
PIERO TERRONE (Genova 1944)
Coinvolto nell’approfondimento delle possibilità espressive del mezzo fotografico, rielabora immagini di luoghi o inquadrature tratte da manuali medici “il cui significato – attraverso la ricollocazione sia sequenziale che pittorica – assume un carattere fortemente straniante” (Sborgi).
06
marzo 2018
Linea d’ombra – 13 viaggiatori ai confini dell’estetico
Dal 06 marzo al 06 aprile 2018
arte contemporanea
Location
ENTR’ACTE
Genova, Via Di Sant'agnese, 19r, (Genova)
Genova, Via Di Sant'agnese, 19r, (Genova)
Orario di apertura
da mercoledì a venerdì, ore 16-19
Vernissage
6 Marzo 2018, ore 18
Autore
Curatore