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Linguaggi Coalescenti – Ithaka Won’t Fool Ya!
Il perno concettuale da cui muove l’esposizione è la coalescenza, ossia quel fenomeno fisico per il quale le gocce disperse di un liquido immerso in un altro non miscibile –come l’olio in acqua– si aggregano formando masse più grandi che tendono a isolarsi dal liquido ospitante.
Comunicato stampa
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In occasione dell’apertura della stagione espositiva, Filippo Bigagli, direttore artistico dello spazio BBS-pro di Prato, presenta la nuova mostra Linguaggi Coalescenti Ithaka Won’t Fool Ya!, a cura di Valeria D’Ambrosio. Il perno concettuale da cui muove l’esposizione è la coalescenza, ossia quel fenomeno fisico per il quale le gocce disperse di un liquido immerso in un altro non miscibile –come l’olio in acqua– si aggregano formando masse più grandi che tendono a isolarsi dal liquido ospitante. Nel testo Storia della logica antica (1967), il filosofo Guido Calogero ha formulato la teoria della coalescenza arcaica, secondo la quale i greci antichi vivevano in una condizione esistenziale e creativa che tendeva a unire inscindibilmente la sfera logica, ontologica e linguistica, ossia il pensiero con la realtà e il linguaggio. Tale fusione di stampo stoico tra le categorie di percezione e interpretazione del mondo è stata nel tempo messa più volte in discussione.
In epoca romantica, Friedrich Schiller riconduce la scissione tra oggetto, parola e pensiero, e quindi l’allontanamento da una condizione ideale di unione mistica tra gli elementi, alla condizione del genio moderno. Nel saggio Sulla poesia ingenua e sentimentale (1795), egli sostiene che il poeta moderno –a differenza di quello antico, che viveva in completa armonia con la natura– è tristemente consapevole della frattura esistenziale che conduce a un’incapacità formale di rappresentare e comunicare la realtà. Se però il Romanticismo aspirava a un ritorno nostalgico al benefico stato di natura degli antichi greci, con l’inizio del secolo breve pare non ci siano più speranze alla perdita di quella che, nella sua Lettera di Lord Chandos (1902), Hugo von Hofmannsthal definisce la «gonfia presunzione della grande unità». L’autore austriaco, infatti, vede nell’oggetto un’unione mistica che racchiude più esistenze cariche di valenze assolute, e pertanto qualsiasi forma di dominio linguistico è riduttivo nella sua immutabile fissità, incapace di penetrare nella profonda essenza delle cose. Non resta allora che una sola utopica aspirazione, ossia la definizione di una lingua nuova che non sia solo verbale, teorica e astratta ma gestuale e segnica, infinitamente più complessa, perché più completa nella sua rappresentazione della realtà. Un linguaggio artistico, forse, o addirittura molteplici linguaggi, che siano in grado di contemplare l’essere in tutta la sua pienezza, non nostalgici di un’ingenuità inconsapevole ma coscienti del senso vero delle cose: capaci dunque di un superamento prospettico della scissione.
Le opere esposte nella mostra LINGUAGGI COALESCENTI Ithaka Won’t Fool Ya! –quasi tutte nuove produzioni– testimoniano infatti una fusione tra segni, formati e supporti, nel tentativo di mettere in atto una possibile risoluzione alla separazione attraverso un approccio contemporaneo. Se la scultura in tondini di ferro di Antonio Barbieri destruttura un corpo umano dalle vaghe reminiscenze arcaiche per poi ricondurre l’immagine complessiva a una visione d’insieme multi-prospettica, le quattro tele di Gennaro Branca esplodono in una varietà di segni, simboli e gesti sempre connotati da uno sguardo attento verso microscopici processi naturali. Dalle vivaci tonalità anche le tre opere presentate da Vincenzo Frattini, che procede con la pittura per sottrazione, scavando nel colore per creare movimenti astratti frutto di un processo di stratificazione della materia. Il video di Luca Mauceri, girato in Nepal con camera fissa, si concentra su un particolare comune di una tipica strada locale in un contesto in cui, tra fissità e movimento, il dettaglio formale e concettuale è protagonista. Marco Rossetti recupera, invece, foto d’archivio che, tagliate o mascherate con foglia d’oro, consegnano il dominio dei ricordi alla mente la quale, in maniera inconsapevole e fugace, ne distorce la memoria poiché condizionata da pregiudizio e dolore. Mia D. Suppiej si lascia ispirare dalle Enneadi di Plotino e presenta un trittico che guarda al calcolo matematico della somma e della moltiplicazione come una modalità prospettica unificante, per riflettere sulle dinamiche di interdipendenza, indivisibilità e mutua rivelazione nel rapporto tra uomo e mondo esterno. Infine, le cinque tele di Viviana Valla svelano tracce del vissuto dell’artista, che si fondono e si confondono dietro una composizione geometrica astratta fatta di post-it ricoperti da una fitta trama di gesti pittorici, collage e strappi.
La mostra sarà inaugurata il 14 ottobre 2017 alle 18h30 presso lo spazio espositivo BBS-pro di Prato e resterà aperta fino al 22 dicembre 2017 con orari di accesso dalle 9h alle 13h e dalle 15h alle 19h dal lunedì al venerdì e sabato su appuntamento.
In epoca romantica, Friedrich Schiller riconduce la scissione tra oggetto, parola e pensiero, e quindi l’allontanamento da una condizione ideale di unione mistica tra gli elementi, alla condizione del genio moderno. Nel saggio Sulla poesia ingenua e sentimentale (1795), egli sostiene che il poeta moderno –a differenza di quello antico, che viveva in completa armonia con la natura– è tristemente consapevole della frattura esistenziale che conduce a un’incapacità formale di rappresentare e comunicare la realtà. Se però il Romanticismo aspirava a un ritorno nostalgico al benefico stato di natura degli antichi greci, con l’inizio del secolo breve pare non ci siano più speranze alla perdita di quella che, nella sua Lettera di Lord Chandos (1902), Hugo von Hofmannsthal definisce la «gonfia presunzione della grande unità». L’autore austriaco, infatti, vede nell’oggetto un’unione mistica che racchiude più esistenze cariche di valenze assolute, e pertanto qualsiasi forma di dominio linguistico è riduttivo nella sua immutabile fissità, incapace di penetrare nella profonda essenza delle cose. Non resta allora che una sola utopica aspirazione, ossia la definizione di una lingua nuova che non sia solo verbale, teorica e astratta ma gestuale e segnica, infinitamente più complessa, perché più completa nella sua rappresentazione della realtà. Un linguaggio artistico, forse, o addirittura molteplici linguaggi, che siano in grado di contemplare l’essere in tutta la sua pienezza, non nostalgici di un’ingenuità inconsapevole ma coscienti del senso vero delle cose: capaci dunque di un superamento prospettico della scissione.
Le opere esposte nella mostra LINGUAGGI COALESCENTI Ithaka Won’t Fool Ya! –quasi tutte nuove produzioni– testimoniano infatti una fusione tra segni, formati e supporti, nel tentativo di mettere in atto una possibile risoluzione alla separazione attraverso un approccio contemporaneo. Se la scultura in tondini di ferro di Antonio Barbieri destruttura un corpo umano dalle vaghe reminiscenze arcaiche per poi ricondurre l’immagine complessiva a una visione d’insieme multi-prospettica, le quattro tele di Gennaro Branca esplodono in una varietà di segni, simboli e gesti sempre connotati da uno sguardo attento verso microscopici processi naturali. Dalle vivaci tonalità anche le tre opere presentate da Vincenzo Frattini, che procede con la pittura per sottrazione, scavando nel colore per creare movimenti astratti frutto di un processo di stratificazione della materia. Il video di Luca Mauceri, girato in Nepal con camera fissa, si concentra su un particolare comune di una tipica strada locale in un contesto in cui, tra fissità e movimento, il dettaglio formale e concettuale è protagonista. Marco Rossetti recupera, invece, foto d’archivio che, tagliate o mascherate con foglia d’oro, consegnano il dominio dei ricordi alla mente la quale, in maniera inconsapevole e fugace, ne distorce la memoria poiché condizionata da pregiudizio e dolore. Mia D. Suppiej si lascia ispirare dalle Enneadi di Plotino e presenta un trittico che guarda al calcolo matematico della somma e della moltiplicazione come una modalità prospettica unificante, per riflettere sulle dinamiche di interdipendenza, indivisibilità e mutua rivelazione nel rapporto tra uomo e mondo esterno. Infine, le cinque tele di Viviana Valla svelano tracce del vissuto dell’artista, che si fondono e si confondono dietro una composizione geometrica astratta fatta di post-it ricoperti da una fitta trama di gesti pittorici, collage e strappi.
La mostra sarà inaugurata il 14 ottobre 2017 alle 18h30 presso lo spazio espositivo BBS-pro di Prato e resterà aperta fino al 22 dicembre 2017 con orari di accesso dalle 9h alle 13h e dalle 15h alle 19h dal lunedì al venerdì e sabato su appuntamento.
14
ottobre 2017
Linguaggi Coalescenti – Ithaka Won’t Fool Ya!
Dal 14 ottobre al 22 dicembre 2017
arte contemporanea
Location
BBS-PRO
Prato, Via Del Carmine, 11, (Prato)
Prato, Via Del Carmine, 11, (Prato)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 9-13 e 15-19 sabato su appuntamento
Vernissage
14 Ottobre 2017, ore 18.30
Autore
Curatore