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Linguaggi e luoghi dell’immaginario
Ci sono state modificazioni del tempo presente che hanno provocato, per certi versi, un forte indebolimento dell’immaginario collettivo, trasformato dalla eccessiva velocità, in specie dall’aggressività dei nuovi media
Comunicato stampa
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Ci sono state modificazioni del tempo presente che hanno provocato, per certi versi, un forte indebolimento dell'immaginario collettivo, trasformato dalla eccessiva velocità, in specie dall'aggressività dei nuovi media: spesso manca una riflessione attiva sulle informazioni veicolate determinando di fatto anche un impoverimento linguistico generale.
Sebbene ciascun artista tenda a costruire un suo modo per comunicare e per realizzare il proprio percorso il fine comune che muove il desiderio di “ fare arte” é la condivisione; la sfida costante sta nel mettere in rapporto il soggettivo con il collettivo e la personale identità con la cultura del tempo storico in cui si vive. Il rapporto con la storia é pertanto condizionato dal potere dei nuovi immaginari che risentono della dimensione spettacolare, a sua volta debitrice della pubblicità e rispondente esclusivamente a un pensiero logico.
L'immagine artistica si manifesta come metafora della vita, così riesce a incantarci. Soffermarsi su questo significa ripercorrere un aspetto primordiale dell'animo, ritornando al valore simbolico ed espressivo: é un confronto con l'altrove in cui emergono desideri, angosce, invenzioni, vale a dire un antidoto contro ogni idea totalizzante. Si tratta però di allontanarsi da ogni iper-esperienza mentale, sovraeccitata fino a disconoscere la realtà, e da opposte e complementari isterie che trascinano all'acquiescenza e allo schiacciamento del gusto.
Alla collettiva partecipano quattro artisti, due professionisti e due giovani artisti, voci e generazioni diverse accomunate però da costanti fondamentali.
I riferimenti spaziotemporali infatti sono al di là di tempi e luoghi misurabili, la forma e il segno centrano il cuore del linguaggio mentre l'esperienza creativa rappresentata é reale ma non tangibile ed é rafforzata da un colorismo abile e intenso, qualunque sia la tavolozza prescelta.
Nello specifico, gli oli di Leonardo Pecoraro, poliedrico professionista, ci spingono verso il terreno sfuggente e lirico di una pittura evocativa che non racconta ma immerge nel colore carico di paesaggistiche atmosfere. Le opere non cercano facili fughe quanto piuttosto ci riportano alla musicalità della pausa, all'intervallo magico, indispensabile al suono, all'immagine, alla parola, alla ripresa del senso smarrito nel caos. I quadri si fanno respiro, diventano lontananze o presenze traforate di luci, riconquiste di ritmo, finestre del sé e della visione.
Le figure di Mario Benigna sono pitture ad olio neoespressioniste, ferite dell'essere alla Giacometti, interrogativi beckettiani aperti sull'abisso esistenziale. Una pennellata materica, bronzea o terrosa, é attraversata da sciabolate chiare lasciando una superficie tra cromie tempestose; i lavori sono
scavi nel mistero umano spesso di difficile interpretazione per lo stesso autore.
Di converso Gabriele Operti, giovane illustratore di talento, ci accompagna fra terreni surreali e rivisitazioni classiche, trasfigurate da una fantasia onirica e raffinata, ricca di dettagli che sembrano curati da una mano fiamminga. Le opere a tecnica mista narrano storie e illustrano bestiari che richiamano altri tempi; l’ affioramento visivo è appena percepibile e subito ci appare inondato da una sovrabbondanza neobarocca, felicemente controllata da un complesso equilibrio compositivo.
Il fumettista Marco D'Ambrosio, grafico estroso, s'inerpica per strade inusuali con invisibili sottofondi musicali che guidano la mente in viaggi sognanti o in scene immaginarie e allegoriche dal retrogusto amaro della critica sociale. Un acceso cromatismo anima i suoi lavori, frutto di geniali contaminazioni e di rimandi alla pop art, realizzati con tecnica mista su PVC. Pratt, Manara, Pazienza, sembrano occhieggiare soddisfatti tra le pieghe dei morbidi supporti usati dal loro giovane "allievo".
Sebbene ciascun artista tenda a costruire un suo modo per comunicare e per realizzare il proprio percorso il fine comune che muove il desiderio di “ fare arte” é la condivisione; la sfida costante sta nel mettere in rapporto il soggettivo con il collettivo e la personale identità con la cultura del tempo storico in cui si vive. Il rapporto con la storia é pertanto condizionato dal potere dei nuovi immaginari che risentono della dimensione spettacolare, a sua volta debitrice della pubblicità e rispondente esclusivamente a un pensiero logico.
L'immagine artistica si manifesta come metafora della vita, così riesce a incantarci. Soffermarsi su questo significa ripercorrere un aspetto primordiale dell'animo, ritornando al valore simbolico ed espressivo: é un confronto con l'altrove in cui emergono desideri, angosce, invenzioni, vale a dire un antidoto contro ogni idea totalizzante. Si tratta però di allontanarsi da ogni iper-esperienza mentale, sovraeccitata fino a disconoscere la realtà, e da opposte e complementari isterie che trascinano all'acquiescenza e allo schiacciamento del gusto.
Alla collettiva partecipano quattro artisti, due professionisti e due giovani artisti, voci e generazioni diverse accomunate però da costanti fondamentali.
I riferimenti spaziotemporali infatti sono al di là di tempi e luoghi misurabili, la forma e il segno centrano il cuore del linguaggio mentre l'esperienza creativa rappresentata é reale ma non tangibile ed é rafforzata da un colorismo abile e intenso, qualunque sia la tavolozza prescelta.
Nello specifico, gli oli di Leonardo Pecoraro, poliedrico professionista, ci spingono verso il terreno sfuggente e lirico di una pittura evocativa che non racconta ma immerge nel colore carico di paesaggistiche atmosfere. Le opere non cercano facili fughe quanto piuttosto ci riportano alla musicalità della pausa, all'intervallo magico, indispensabile al suono, all'immagine, alla parola, alla ripresa del senso smarrito nel caos. I quadri si fanno respiro, diventano lontananze o presenze traforate di luci, riconquiste di ritmo, finestre del sé e della visione.
Le figure di Mario Benigna sono pitture ad olio neoespressioniste, ferite dell'essere alla Giacometti, interrogativi beckettiani aperti sull'abisso esistenziale. Una pennellata materica, bronzea o terrosa, é attraversata da sciabolate chiare lasciando una superficie tra cromie tempestose; i lavori sono
scavi nel mistero umano spesso di difficile interpretazione per lo stesso autore.
Di converso Gabriele Operti, giovane illustratore di talento, ci accompagna fra terreni surreali e rivisitazioni classiche, trasfigurate da una fantasia onirica e raffinata, ricca di dettagli che sembrano curati da una mano fiamminga. Le opere a tecnica mista narrano storie e illustrano bestiari che richiamano altri tempi; l’ affioramento visivo è appena percepibile e subito ci appare inondato da una sovrabbondanza neobarocca, felicemente controllata da un complesso equilibrio compositivo.
Il fumettista Marco D'Ambrosio, grafico estroso, s'inerpica per strade inusuali con invisibili sottofondi musicali che guidano la mente in viaggi sognanti o in scene immaginarie e allegoriche dal retrogusto amaro della critica sociale. Un acceso cromatismo anima i suoi lavori, frutto di geniali contaminazioni e di rimandi alla pop art, realizzati con tecnica mista su PVC. Pratt, Manara, Pazienza, sembrano occhieggiare soddisfatti tra le pieghe dei morbidi supporti usati dal loro giovane "allievo".
16
novembre 2013
Linguaggi e luoghi dell’immaginario
Dal 16 al 30 novembre 2013
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIELE
Torino, Via Lauro Rossi, 9 c, (Torino)
Torino, Via Lauro Rossi, 9 c, (Torino)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 16 - 19,30
Vernissage
16 Novembre 2013, ore 16,00
Autore