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L’io e il trascendente
Mostra collettiva presso il Chiostro e le sale della Basilica
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Comunicato Stampa
L'io e il trascendente
Mostra d'Arte Contemporanea di artisti al di fuori del sistema dell'arte a cura
di Carlo Roberto Sciascia
Presentazione di Carmen De Stasio e Carlo Roberto Sciascia
Allestimento degli architetti Immacolata Fusco e Patrizia Moschese
Inaugurazione: giovedì 16 giugno, ore 18.00, presso il Chiostro e le sale
della Basilica Minore di Maria SS. Assunta (dei padri Oblati) di Santa
Maria a Vico (CE)
Ambito: Fiera dell'Arte, dei Sapori e dei Mestieri di Ieri e di Oggi, in
svolgimento a Santa Maria a Vico dal 16 al 20 giugno 2011. L'evento è organizzato e diretto da Nicola De Lucia, Presidente Asso Artigiani Imprese.
In occasione dell'inaugurazione è stato edito un catalogo a colori
"L'evento, giunto alla sua terza edizione - ha affermato il Presidente Asso Artigiani Imprese Nicola De Lucia - è una manifestazione culturale, sociale e promozionale il cui obiettivo è stato e continua ad essere un percorso di rivalutazione del patrimonio di Terra di Lavoro. Si tratta di un percorso articolato in giornate di studio, seminari, mostre ed incontri culturali con il
duplice ed ambizioso progetto di favorire da un lato il recupero del senso di orgogliosa appartenenza ad un territorio dalle antiche tradizioni di laboriosità, dall'altro l'abbrivio ad un sistema di rete e di sviluppo di buone prassi che proietti da S. Maria a Vico l'imprenditoria artigiana, la cultura, il turismo di Terra di Lavoro in una prospettiva internazionale".
**************
L’io ed il trascendente nell'Arte
di Carlo Roberto Sciascia
“Questo mondo, nel quale viviamo, ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come verità, mette la gioia nel cuore
degli uomini ed è frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre armi …” (Messaggio del Concilio Vaticano II agli artisti).
È doveroso iniziare con questa citazione storica un discorso sul rapporto tra l'io ed il trascendente incentrato sulla figura dell'artista e, partendo dalla posizione assunta dalla Chiesa nei confronti degli artisti definiti dal Papa
Giovanni Paolo II “homines studium pulchritudinis habentes”, delineare il connubio Arte – Religione per chi crede in un'Entità superiore o tra Arte e
Natura per gli altri.
Gli artisti, infatti, sono gli artefici di opere che coniugano e ornano un mondo sempre più alla ricerca di bellezza per appagare il suo bisogno estremo di armonia e di
completezza. L’Arte, se da un lato si pone quale espressione autentica dell’umanità,
dall’altro la riesce a proiettare verso il trascendente, verso l’armonia suprema;
essa, quindi, lancia un ponte verso il metafisico, verso il divino e permette
all’uomo di congiungersi con Dio, mentre al talento dell’artista è devoluta la
missione di far conoscere la Verità che egli stesso va scoprendo e da cui è guidato.
Questo strumento, che è stato a disposizione anche dell’uomo delle caverne per comunicare le proprie sensazioni di fronte al mondo, per fissarle e trasmetterle ai suoi simili, per poterle rivivere a distanza di tempo, assume
un diverso valore quando ad esso è affidato il compito di rappresentare gli aspetti trascendenti insiti nella stessa umanità e rivelarne i contenuti spirituali o sovra umani ed i messaggi morali rendendoli accepibili da tutti.
Negli ultimi decenni dell’ultimo secolo del secondo Millennio, grazie alla scoperta dei semiconduttori prima, dei circuiti integrati poi, ed infine alla realizzazione dei microprocessori, il sistema di elaborazione dati è stato alla
portata di tutti. L'io è stato costretto a confrontarsi con una situazione prima
non ipotizzabile. La rapida evoluzione delle potenzialità, in termini sia di memoria indirizzabile, sia di velocità di lavoro, sia di versatilità del PC ha permesso di proiettare il
suo utilizzo verso ambiti sempre più incredibili e veramente imprevisti; oggi il computer scrive ed esegue ordini anche sotto dettatura a viva voce, realizza grafici, tabelle e disegni in campo tecnico, dà la possibilità di creare racconti tipo cartoni animati, realizzando il movimento, …
Ma questa rivoluzione riguarda anche i luoghi dell’arte, divenuti virtuali e, quindi, non fisicamente reali; sono stati creati siti web, che propongono mostre con tanto di testi critici, biografie e curriculum degli artisti partecipanti,
si è data la possibilità di mostrare e contrattare via internet l’acquisto di opere
d’arte.
Tempo e spazio hanno perso ormai la loro specificità. Il “tempo dello spazio” crolla di fronte alla velocizzazione delle comunicazioni; lo spazio non possiede più una sua fisionomia temporale. Ma non solo! Si creano luoghi virtuali, la realtà rappresentata spesso cede il posto a quella virtuale, immaginata e creata a tavolino. Nel contempo svanisce nel nulla il concetto generato dal simbolo di fronte alla velocità e all’intensità dei segnali.
Oggi l'io è di fronte a qualcosa di trascendente.
Mentre Sigmund Freud, appassionato del mondo romano e greco, parlava di viaggiare con la sua mente in luoghi e in tempi nei quali non sarebbe mai potuto essere (viaggi nell’invisibile), l’uomo contemporaneo può immergersi
in vere e propri territori, ambienti e spazi immaginari, inesistenti e mai esistiti, oltre il confine del reale, entrare in contatto con creature nate dalla fantasia ma non per questo percepibili come irreali, e sentire tutto come vero, tangibile, con tutte le implicazioni relative. Si pensi che si riesce persino a far
l’amore con donne (o uomini se si è donne) immaginarie. E, se poi si abbina
ciò alla procreazione artificiale, si ha una vaga idea su dove si possa andare a finire.
Tutto ciò riporta alla mente Gottfried Wilhelm Leibniz con le sue monadi, mondi che non conoscono nulla di ciò che li circonda e vivono di sensazioni che fanno a loro “immaginare” il reale al di fuori ma non di conoscerlo,
che elaborano una personale visione dell’universo; infatti, quando l’uomo
intraprende viaggi creati da supporti indossati (casco, guanti, …) e ciò che percepisce ed avverte come reale (tanto da avere reazioni a questi stimoli inviati dal PC, simulazione di realtà in effetti inesistenti), non è forse diventato del tutto simile alla monade leibniziana, mondo chiuso in sé, capace di
reagire agli stimoli esterni, reazione condizionata e determinata dagli urti
casuali ed involontari con una realtà esterna che, in effetti, non si conosce?
E ciò fa chiedere: “Ma effettivamente noi siamo immersi nella realtà che vediamo, entriamo in contatto con altri esseri umani? E se fossimo delle monadi in un universo non conosciuto? E se il “vero reale” è diverso? Ma esiste una realtà fuori di noi o è frutto di percezioni ed è simile ad un sogno? Quale è il confine tra io e trascendente? L’Arte, infatti, specialmente se è quella sacra, è rivolta agli uomini perché
in essa possano ritrovare il proprio io, cioè se stessi, l’essenza della vita, la spiritualità insita in ognuno di loro; quand’anche l’immagine descriva a volte un momento di chiara passionalità, di attaccamento alla terra, uno slancio tipicamente terreno, essa sempre invita alla riflessione, pone inquietanti interrogativi, scruta dentro l’uomo, ricerca il divino che rende l’uomo simile al Creatore, permette sempre il distacco dell'io dalla bruta materia.
Infatti, mentre la creazione e la rivelazione, con tutti i loro contenuti indecifrabili, hanno in sé il soprannaturale, possiedono elementi ineffabili che sfuggono alla conoscenza dell’intelletto, l’io è umano, naturale; esso, quindi, non può riuscire, così come non lo si può con qualsiasi altro linguaggio terreno, spiegare i misteri esistenziali, le verità assolute, la bellezza, l’armonia, l’eternità. L’unica possibilità a disposizione degli artisti cristiani è quella di partire, appunto, da Cristo e dalla sua realtà umana, dall’amore di
Dio verso l’uomo, per gli altri dalla bellezza e dall'armonia che li circonda. La perfezione estetica, così, perde la sua connotazione meramente formale e supera il limite di essere fine a se stessa: essa è contenuto, è messaggio,
è espressione di sentimenti, sempre che sia sorretta da una forma di alta qualità e di alto livello. Anche un artista ateo può cogliere l’elevata spiritualità nel descrivere episodi terreni ma, a differenza dell’artista cristiano,
lo fa inconsciamente, senza il consapevole tentativo di ricercare il divino nell’umanità; il risultato può appagarlo appieno ed esaltarlo dal mero punto di vista estetico ma, certamente, non avrà mai (finché rimane nel suo credo
materialista) la consapevolezza dell’energia che ha donato alla sua stessa opera e del ponte da lui teso verso il trascendente.
Papa Giovanni Paolo II, nell’esaltare la figura dell’artista cattolico nella succitata lettera agli artisti, ha affermato: “Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio,
all’alba della creazione, guardò l’opera delle sue mani. … Dio ha chiamato l’uomo, trasmettendogli il compito di essere artefice … Il tema della bellezza è qualificante per un discorso sull’arte … La bellezza è in un certo senso l’espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della
bellezza”. Il valore artistico e sociale di questa esposizione di Arte contemporanea
su un tema così profondo risiede nel tentativo di confrontare le diverse espressività, in particolari di alcuni giovani artisti emergenti, nella loro ricerca di bellezza e di verità; è un'Arte vera, che racconta la vita, individua “l’altro” in noi, ci rapporta con il trascendente, è conoscenza, è ricerca di assolutezza in un discorso autentico ed attuale.
**************
L’IO e IL TRASCENDENTE
L’Io dell’artista nell’io-me delle circostanze
Una meditazione di
Carmen De Stasio
Nell’inoltrarsi nei meandri dell’opera d’arte ciascun artista effettua un viaggio
che, lasciando trasparire un alito di verticalismo, trascende la concretezza del
reale, le percezioni immediate per inoltrarsi in condizioni che abbandonano i criteri del visibile e penetrare gli anfratti dell’immaginazione.
Nell’essere nelle cose e nell’altrove, egli - anello di congiunzione con stati di pensiero che si tingono delle cromie del possibile e dell’impossibile - trasmigra dalla materia pur mantenendo con questa un legame indissolubile.
Egli supera se stesso andando a confondersi con gli argomenti; scavalca il limite considerabile, il ponderabile, il razionale per inarcarsi in nuove situazioni che si trasformano in momenti in cui la creatività si incunea nella creazione medesima, l’idea di colore diviene colore esso stesso e l’atmosfera si connota di una nuova esemplare e soggettiva figurazione. Punto di slancio e chiave di lettura a nuove interpretazioni che si dipartono dalla singola
impressione e varcano il confine del tangibile, anche quando l’artista va a configurare una circostanza solo in apparenza correlata pienamente ad
un’azione comprensibile a ciascuno.
Protagonisti in ogni caso sono la differenziazione-diffusione del punto di vista e quanto l’artista consegni del suo pensiero con la sua opera, che é identificativa, auto riferibile, sebbene non auto referenziale in quanto in questo procedimento l’artista si distacca nel momento successivo dal sé per assumere una connotazione pari ad una parola universale. Gestualità ed impegno poetico, abilità di traslazione. L’arte non è apodittica: al contrario, essa si allontana da qualsiasi temeraria dimostrazione,
giacché non è all’affermazione di assunti dgmatici che essa ricorre, ma ad un’affermazione che elimina altresì la dualità per concentrare la percezione nell’immaginario, in una nuova realtà fantastica ma non evanescente, entro la quale l’unica affermazione risulta essere nella metafora di un punto che si inoltra nella configurazione di una retta che prosegue all’infinito.
E’ in tutto ciò l’arte? Essa è questo e insieme il contrario di tutto; è l’insieme olistico e l’ontologica sensibilità verso le cose, tanto da penetrarle fino in fondo e proporre una rivisitazione dall’interno, con il quale l’artista stesso si immedesima fino ad assumere le essenze stesse. Qualsiasi sia la sua natura. Si parla spesso di io nell’arte, ma ciò che mi piace sottolineare è la concezione whitmaniana della dimensione dell’essere distribuito nella
sua meditazione con l’altro, nel suo continuo procedere ad incastri sensibili con la dimensione oggettiva, oltre che egotistico-soggettiva e questo per sottolineare quanto l’artista si misuri in ogni circostanza con intenzioni
coniugate con la dimensione esterna, che é tale solo nella situazione prospettica, ma non come azione, poiché egli prosegue e persegue le sue
indagini lungo un percorso sempre accidentato, sussultorio, frammentario, non implicando mai sicurezze che altrimenti farebbero scadere la sua
operazione nel dogmatismo, nell’assoluto, là dove di assoluti non si parla.
L’arte è espressione di dinamismo, di movimento, di destrutturazione e ricostruzione secondo nuovi respiri del visto e del vissuto, ai quali l’artista conferisce la sua percezione, inanella ed imbastisce nuove trame su quanto viene concepito da quello che chiamo lo sguardo sfuggente del momento. Scava oltre la materia, diviene materia e dall’interno ricompone secondo
proprie considerazioni i silenzi che rimbombano attraverso l’ostacolo della crosta visibile.
Questo ritengo dell’arte e questo è quanto medito sia la forza della ragionevolezza dell’io che contribuisce alla formulazione progressiva e
spiraloide, vagante ed intermittente, sontuosa e sussurrata delle vivacità che dalla mente portano alla realizzazione di un atto artistico come il segno sintetico e minimale dell’interesse dell’artista per ciò che fa parte del suo
mondo che sempre si congiunge e si incastra con realtà solo a lui conosciute, giacché realizzate alla luce di percorsi identificativi. In tal senso l’arte ha sempre qualcosa a che fare con il trascendente, sebbene a questo si possa
concedere un’accezione non limitante o relativa alla mera spiritualità. L’artista vaga all’interno e al di fuori di sé per poi ricongiungersi nelle sue parti con una maggior consapevolezza (mai definitiva), riproponendosi secondo nuove sfaccettature e nuove vibrazioni, anteponendo la gestualità e il pensiero al di
sopra di tutto e dentro il tutto, determinando la prospettiva transitoria e nuova sempre rispetto a sé e configurando nuove forme che ripercorrono gli atti e i movimenti cerebrali e sensoriali, più che la matericità dell’elemento. Egli
gioca di fantasia, imbastisce continue conversazioni con la novità, riconduce
se stesso verso nuove macchinazioni come un itinerante alla ricerca di nuove significazioni ed un trascendere le cose per affidare alle cose stesse la giusta e rinnovabile, dinamica essenza di sé, rappresentando l’anima, il respiro enigmatico senza ricerca di soluzioni aritmetiche, giacché egli sconvolge l’idea di agglomerato e di armonia e condensa le minime verità che nell’arte trovano degna rappresentazione. La composizione che l’artista persegue si basa su criteri che coinvolgono
indistintamente sia la frantumazione della percezione-sensazione che lo
sconvolgimento prospettico consueto, riprendono l’ambiente e permettono all’ambiente stesso di coadiuvare l’attività di interpretazione dell’opera. In tal senso l’atmosfera è la risultante delle forze coinvolte, che agiscono in quanto elementi sensibili di una rappresentazione geometrica, le cui componenti sono esortazioni all’immaginazione a incedere su un territorio che appare continuamente destrutturato e rinnovato. Una sorta di percorso verso la deterritorializzazione dell’individuo-artista che si rifugia nel sé e riscopre sempre altro ed altro da sé, all’interno e contemporaneamente all’esterno da sé, con un lungimirante ed estemporaneo sguardo alla percezione che l’esteriore fatto acquisisce della sua azione artistica.
Si tratta di un movimento che ho già definito a spirale e che convoca le potenzialità verticali e un ridisegno orizzontale che così elimina limiti spazio-temporali e segue tracciati trasparenti pur in osservanza di punti fissi anche quando nella trattazione è protagonista il senso di un trascendente che anela a diventare incontro con l’infinito. Si tratta in ogni caso di rivedere e
riconfezionare considerazioni che permettono la costruzione di nuove logiche proiezioni simmetriche in una strutturazione che si divincola dalle costrizioni, ma che tiene in gran considerazione l’opportunità di assemblare concetti, visioni e visionarietà, realtà conclamare e proiezioni fantastiche od orfiche
all’insegna di un progetto che ha un inizio, si svolge secondo un disegno privatistico e consegue una caratterizzazione che è infinita in quanto mai
configurata come inizio e fine all’interno dell’opera stessa. La scomposizione delle maestose simmetrie in unità simmetriche minime
non prevede necessariamente la ricerca di certezze gongolanti e auto-concentriche, ma si amplifica come esso stesso spunto ed inizio rinnovato a nuove situazioni che alitano anche oltre i confini di una tela o di una scultura.
Dunque, il trascendente assume una figura indefinita nella struttura fisica,
ma ben delineata come progetto mentale dell’artista che rinnova le sue ipotesi nella definizione di ciò che in apparenza potrebbe risultare equivoco, ambiguo, assurdo perché inconcepibile alla vista-limite, ma che sfugge
all’avvilimento di una qualsiasi spiegazione. Ecco perché la rappresentazione scenica d’arte si collega in ogni caso ad una condizione di rascendenza ed in questo senso la vorticosità sotterranea od appena cennata di tanta eccellente arte propone una lettura tra le righe che oserei definire rotonda, mobile, vagante ad assimilare i momenti e le sospensioni in una navigazione
che unisce e frantuma in un processo traordinariamente dinamico, che lotta
contro l’appiattimento e la staticità di ciò che sorprendentemente appare lontano.
L'io e il trascendente
Mostra d'Arte Contemporanea di artisti al di fuori del sistema dell'arte a cura
di Carlo Roberto Sciascia
Presentazione di Carmen De Stasio e Carlo Roberto Sciascia
Allestimento degli architetti Immacolata Fusco e Patrizia Moschese
Inaugurazione: giovedì 16 giugno, ore 18.00, presso il Chiostro e le sale
della Basilica Minore di Maria SS. Assunta (dei padri Oblati) di Santa
Maria a Vico (CE)
Ambito: Fiera dell'Arte, dei Sapori e dei Mestieri di Ieri e di Oggi, in
svolgimento a Santa Maria a Vico dal 16 al 20 giugno 2011. L'evento è organizzato e diretto da Nicola De Lucia, Presidente Asso Artigiani Imprese.
In occasione dell'inaugurazione è stato edito un catalogo a colori
"L'evento, giunto alla sua terza edizione - ha affermato il Presidente Asso Artigiani Imprese Nicola De Lucia - è una manifestazione culturale, sociale e promozionale il cui obiettivo è stato e continua ad essere un percorso di rivalutazione del patrimonio di Terra di Lavoro. Si tratta di un percorso articolato in giornate di studio, seminari, mostre ed incontri culturali con il
duplice ed ambizioso progetto di favorire da un lato il recupero del senso di orgogliosa appartenenza ad un territorio dalle antiche tradizioni di laboriosità, dall'altro l'abbrivio ad un sistema di rete e di sviluppo di buone prassi che proietti da S. Maria a Vico l'imprenditoria artigiana, la cultura, il turismo di Terra di Lavoro in una prospettiva internazionale".
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L’io ed il trascendente nell'Arte
di Carlo Roberto Sciascia
“Questo mondo, nel quale viviamo, ha bisogno di bellezza per non cadere nella disperazione. La bellezza, come verità, mette la gioia nel cuore
degli uomini ed è frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che unisce le generazioni e le fa comunicare nell’ammirazione. E questo grazie alle vostre armi …” (Messaggio del Concilio Vaticano II agli artisti).
È doveroso iniziare con questa citazione storica un discorso sul rapporto tra l'io ed il trascendente incentrato sulla figura dell'artista e, partendo dalla posizione assunta dalla Chiesa nei confronti degli artisti definiti dal Papa
Giovanni Paolo II “homines studium pulchritudinis habentes”, delineare il connubio Arte – Religione per chi crede in un'Entità superiore o tra Arte e
Natura per gli altri.
Gli artisti, infatti, sono gli artefici di opere che coniugano
completezza. L’Arte, se da un lato si pone quale espressione autentica dell’umanità,
dall’altro la riesce a proiettare verso il trascendente, verso l’armonia suprema;
essa, quindi, lancia un ponte verso il metafisico, verso il divino e permette
all’uomo di congiungersi con Dio, mentre al talento dell’artista è devoluta la
missione di far conoscere la Verità che egli stesso va scoprendo e da cui è guidato.
Questo strumento, che è stato a disposizione anche dell’uomo delle caverne per comunicare le proprie sensazioni di fronte al mondo, per fissarle e trasmetterle ai suoi simili, per poterle rivivere a distanza di tempo, assume
un diverso valore quando ad esso è affidato il compito di rappresentare gli aspetti trascendenti insiti nella stessa umanità e rivelarne i contenuti spirituali o sovra umani ed i messaggi morali rendendoli accepibili da tutti.
Negli ultimi decenni dell’ultimo secolo del secondo Millennio, grazie alla scoperta dei semiconduttori prima, dei circuiti integrati poi, ed infine alla realizzazione dei microprocessori, il sistema di elaborazione dati è stato alla
portata di tutti. L'io è stato costretto a confrontarsi con una situazione prima
non ipotizzabile. La rapida evoluzione delle potenzialità, in termini sia di memoria indirizzabile, sia di velocità di lavoro, sia di versatilità del PC ha permesso di proiettare il
suo utilizzo verso ambiti sempre più incredibili e veramente imprevisti; oggi il computer scrive ed esegue ordini anche sotto dettatura a viva voce, realizza grafici, tabelle e disegni in campo tecnico, dà la possibilità di creare racconti tipo cartoni animati, realizzando il movimento, …
Ma questa rivoluzione riguarda anche i luoghi dell’arte, divenuti virtuali e, quindi, non fisicamente reali; sono stati creati siti web, che propongono mostre con tanto di testi critici, biografie e curriculum degli artisti partecipanti,
si è data la possibilità di mostrare e contrattare via internet l’acquisto di opere
d’arte.
Tempo e spazio hanno perso ormai la loro specificità. Il “tempo dello spazio” crolla di fronte alla velocizzazione delle comunicazioni; lo spazio non possiede più una sua fisionomia temporale. Ma non solo! Si creano luoghi virtuali, la realtà rappresentata spesso cede il posto a quella virtuale, immaginata e creata a tavolino. Nel contempo svanisce nel nulla il concetto generato dal simbolo di fronte alla velocità e all’intensità dei segnali.
Oggi l'io è di fronte a qualcosa di trascendente.
Mentre Sigmund Freud, appassionato del mondo romano e greco, parlava di viaggiare con la sua mente in luoghi e in tempi nei quali non sarebbe mai potuto essere (viaggi nell’invisibile), l’uomo contemporaneo può immergersi
in vere e propri territori, ambienti e spazi immaginari, inesistenti e mai esistiti, oltre il confine del reale, entrare in contatto con creature nate dalla fantasia ma non per questo percepibili come irreali, e sentire tutto come vero, tangibile, con tutte le implicazioni relative. Si pensi che si riesce persino a far
l’amore con donne (o uomini se si è donne) immaginarie. E, se poi si abbina
ciò alla procreazione artificiale, si ha una vaga idea su dove si possa andare a finire.
Tutto ciò riporta alla mente Gottfried Wilhelm Leibniz con le sue monadi, mondi che non conoscono nulla di ciò che li circonda e vivono di sensazioni che fanno a loro “immaginare” il reale al di fuori ma non di conoscerlo,
che elaborano una personale visione dell’universo; infatti, quando l’uomo
intraprende viaggi creati da supporti indossati (casco, guanti, …) e ciò che percepisce ed avverte come reale (tanto da avere reazioni a questi stimoli inviati dal PC, simulazione di realtà in effetti inesistenti), non è forse diventato del tutto simile alla monade leibniziana, mondo chiuso in sé, capace di
reagire agli stimoli esterni, reazione condizionata e determinata dagli urti
casuali ed involontari con una realtà esterna che, in effetti, non si conosce?
E ciò fa chiedere: “Ma effettivamente noi siamo immersi nella realtà che vediamo, entriamo in contatto con altri esseri umani? E se fossimo delle monadi in un universo non conosciuto? E se il “vero reale” è diverso? Ma esiste una realtà fuori di noi o è frutto di percezioni ed è simile ad un sogno? Quale è il confine tra io e trascendente? L’Arte, infatti, specialmente se è quella sacra, è rivolta agli uomini perché
in essa possano ritrovare il proprio io, cioè se stessi, l’essenza della vita, la spiritualità insita in ognuno di loro; quand’anche l’immagine descriva a volte un momento di chiara passionalità, di attaccamento alla terra, uno slancio tipicamente terreno, essa sempre invita alla riflessione, pone inquietanti interrogativi, scruta dentro l’uomo, ricerca il divino che rende l’uomo simile al Creatore, permette sempre il distacco dell'io dalla bruta materia.
Infatti, mentre la creazione e la rivelazione, con tutti i loro contenuti indecifrabili, hanno in sé il soprannaturale, possiedono elementi ineffabili che sfuggono alla conoscenza dell’intelletto, l’io è umano, naturale; esso, quindi, non può riuscire, così come non lo si può con qualsiasi altro linguaggio terreno, spiegare i misteri esistenziali, le verità assolute, la bellezza, l’armonia, l’eternità. L’unica possibilità a disposizione degli artisti cristiani è quella di partire, appunto, da Cristo e dalla sua realtà umana, dall’amore di
Dio verso l’uomo, per gli altri dalla bellezza e dall'armonia che li circonda. La perfezione estetica, così, perde la sua connotazione meramente formale e supera il limite di essere fine a se stessa: essa è contenuto, è messaggio,
è espressione di sentimenti, sempre che sia sorretta da una forma di alta qualità e di alto livello. Anche un artista ateo può cogliere l’elevata spiritualità nel descrivere episodi terreni ma, a differenza dell’artista cristiano,
lo fa inconsciamente, senza il consapevole tentativo di ricercare il divino nell’umanità; il risultato può appagarlo appieno ed esaltarlo dal mero punto di vista estetico ma, certamente, non avrà mai (finché rimane nel suo credo
materialista) la consapevolezza dell’energia che ha donato alla sua stessa opera e del ponte da lui teso verso il trascendente.
Papa Giovanni Paolo II, nell’esaltare la figura dell’artista cattolico nella succitata lettera agli artisti, ha affermato: “Nessuno meglio di voi artisti, geniali costruttori di bellezza, può intuire qualcosa del pathos con cui Dio,
all’alba della creazione, guardò l’opera delle sue mani. … Dio ha chiamato l’uomo, trasmettendogli il compito di essere artefice … Il tema della bellezza è qualificante per un discorso sull’arte … La bellezza è in un certo senso l’espressione visibile del bene, come il bene è la condizione metafisica della
bellezza”. Il valore artistico e sociale di questa esposizione di Arte contemporanea
su un tema così profondo risiede nel tentativo di confrontare le diverse espressività, in particolari di alcuni giovani artisti emergenti, nella loro ricerca di bellezza e di verità; è un'Arte vera, che racconta la vita, individua “l’altro” in noi, ci rapporta con il trascendente, è conoscenza, è ricerca di assolutezza in un discorso autentico ed attuale.
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L’IO e IL TRASCENDENTE
L’Io dell’artista nell’io-me delle circostanze
Una meditazione di
Carmen De Stasio
Nell’inoltrarsi nei meandri dell’opera d’arte ciascun artista effettua un viaggio
che, lasciando trasparire un alito di verticalismo, trascende la concretezza del
reale, le percezioni immediate per inoltrarsi in condizioni che abbandonano i criteri del visibile e penetrare gli anfratti dell’immaginazione.
Nell’essere nelle cose e nell’altrove, egli - anello di congiunzione con stati di pensiero che si tingono delle cromie del possibile e dell’impossibile - trasmigra dalla materia pur mantenendo con questa un legame indissolubile.
Egli supera se stesso andando a confondersi con gli argomenti; scavalca il limite considerabile, il ponderabile, il razionale per inarcarsi in nuove situazioni che si trasformano in momenti in cui la creatività si incunea nella creazione medesima, l’idea di colore diviene colore esso stesso e l’atmosfera si connota di una nuova esemplare e soggettiva figurazione. Punto di slancio e chiave di lettura a nuove interpretazioni che si dipartono dalla singola
impressione e varcano il confine del tangibile, anche quando l’artista va a configurare una circostanza solo in apparenza correlata pienamente ad
un’azione comprensibile a ciascuno.
Protagonisti in ogni caso sono la differenziazione-diffusione del punto di vista e quanto l’artista consegni del suo pensiero con la sua opera, che é identificativa, auto riferibile, sebbene non auto referenziale in quanto in questo procedimento l’artista si distacca nel momento successivo dal sé per assumere una connotazione pari ad una parola universale. Gestualità ed impegno poetico, abilità di traslazione. L’arte non è apodittica: al contrario, essa si allontana da qualsiasi temeraria dimostrazione,
giacché non è all’affermazione di assunti dgmatici che essa ricorre, ma ad un’affermazione che elimina altresì la dualità per concentrare la percezione nell’immaginario, in una nuova realtà fantastica ma non evanescente, entro la quale l’unica affermazione risulta essere nella metafora di un punto che si inoltra nella configurazione di una retta che prosegue all’infinito.
E’ in tutto ciò l’arte? Essa è questo e insieme il contrario di tutto; è l’insieme olistico e l’ontologica sensibilità verso le cose, tanto da penetrarle fino in fondo e proporre una rivisitazione dall’interno, con il quale l’artista stesso si immedesima fino ad assumere le essenze stesse. Qualsiasi sia la sua natura. Si parla spesso di io nell’arte, ma ciò che mi piace sottolineare è la concezione whitmaniana della dimensione dell’essere distribuito nella
sua meditazione con l’altro, nel suo continuo procedere ad incastri sensibili con la dimensione oggettiva, oltre che egotistico-soggettiva e questo per sottolineare quanto l’artista si misuri in ogni circostanza con intenzioni
coniugate con la dimensione esterna, che é tale solo nella situazione prospettica, ma non come azione, poiché egli prosegue e persegue le sue
indagini lungo un percorso sempre accidentato, sussultorio, frammentario, non implicando mai sicurezze che altrimenti farebbero scadere la sua
operazione nel dogmatismo, nell’assoluto, là dove di assoluti non si parla.
L’arte è espressione di dinamismo, di movimento, di destrutturazione e ricostruzione secondo nuovi respiri del visto e del vissuto, ai quali l’artista conferisce la sua percezione, inanella ed imbastisce nuove trame su quanto viene concepito da quello che chiamo lo sguardo sfuggente del momento. Scava oltre la materia, diviene materia e dall’interno ricompone secondo
proprie considerazioni i silenzi che rimbombano attraverso l’ostacolo della crosta visibile.
Questo ritengo dell’arte e questo è quanto medito sia la forza della ragionevolezza dell’io che contribuisce alla formulazione progressiva e
spiraloide, vagante ed intermittente, sontuosa e sussurrata delle vivacità che dalla mente portano alla realizzazione di un atto artistico come il segno sintetico e minimale dell’interesse dell’artista per ciò che fa parte del suo
mondo che sempre si congiunge e si incastra con realtà solo a lui conosciute, giacché realizzate alla luce di percorsi identificativi. In tal senso l’arte ha sempre qualcosa a che fare con il trascendente, sebbene a questo si possa
concedere un’accezione non limitante o relativa alla mera spiritualità. L’artista vaga all’interno e al di fuori di sé per poi ricongiungersi nelle sue parti con una maggior consapevolezza (mai definitiva), riproponendosi secondo nuove sfaccettature e nuove vibrazioni, anteponendo la gestualità e il pensiero al di
sopra di tutto e dentro il tutto, determinando la prospettiva transitoria e nuova sempre rispetto a sé e configurando nuove forme che ripercorrono gli atti e i movimenti cerebrali e sensoriali, più che la matericità dell’elemento. Egli
gioca di fantasia, imbastisce continue conversazioni con la novità, riconduce
se stesso verso nuove macchinazioni come un itinerante alla ricerca di nuove significazioni ed un trascendere le cose per affidare alle cose stesse la giusta e rinnovabile, dinamica essenza di sé, rappresentando l’anima, il respiro enigmatico senza ricerca di soluzioni aritmetiche, giacché egli sconvolge l’idea di agglomerato e di armonia e condensa le minime verità che nell’arte trovano degna rappresentazione. La composizione che l’artista persegue si basa su criteri che coinvolgono
indistintamente sia la frantumazione della percezione-sensazione che lo
sconvolgimento prospettico consueto, riprendono l’ambiente e permettono all’ambiente stesso di coadiuvare l’attività di interpretazione dell’opera. In tal senso l’atmosfera è la risultante delle forze coinvolte, che agiscono in quanto elementi sensibili di una rappresentazione geometrica, le cui componenti sono esortazioni all’immaginazione a incedere su un territorio che appare continuamente destrutturato e rinnovato. Una sorta di percorso verso la deterritorializzazione dell’individuo-artista che si rifugia nel sé e riscopre sempre altro ed altro da sé, all’interno e contemporaneamente all’esterno da sé, con un lungimirante ed estemporaneo sguardo alla percezione che l’esteriore fatto acquisisce della sua azione artistica.
Si tratta di un movimento che ho già definito a spirale e che convoca le potenzialità verticali e un ridisegno orizzontale che così elimina limiti spazio-temporali e segue tracciati trasparenti pur in osservanza di punti fissi anche quando nella trattazione è protagonista il senso di un trascendente che anela a diventare incontro con l’infinito. Si tratta in ogni caso di rivedere e
riconfezionare considerazioni che permettono la costruzione di nuove logiche proiezioni simmetriche in una strutturazione che si divincola dalle costrizioni, ma che tiene in gran considerazione l’opportunità di assemblare concetti, visioni e visionarietà, realtà conclamare e proiezioni fantastiche od orfiche
all’insegna di un progetto che ha un inizio, si svolge secondo un disegno privatistico e consegue una caratterizzazione che è infinita in quanto mai
configurata come inizio e fine all’interno dell’opera stessa. La scomposizione delle maestose simmetrie in unità simmetriche minime
non prevede necessariamente la ricerca di certezze gongolanti e auto-concentriche, ma si amplifica come esso stesso spunto ed inizio rinnovato a nuove situazioni che alitano anche oltre i confini di una tela o di una scultura.
Dunque, il trascendente assume una figura indefinita nella struttura fisica,
ma ben delineata come progetto mentale dell’artista che rinnova le sue ipotesi nella definizione di ciò che in apparenza potrebbe risultare equivoco, ambiguo, assurdo perché inconcepibile alla vista-limite, ma che sfugge
all’avvilimento di una qualsiasi spiegazione. Ecco perché la rappresentazione scenica d’arte si collega in ogni caso ad una condizione di rascendenza ed in questo senso la vorticosità sotterranea od appena cennata di tanta eccellente arte propone una lettura tra le righe che oserei definire rotonda, mobile, vagante ad assimilare i momenti e le sospensioni in una navigazione
che unisce e frantuma in un processo traordinariamente dinamico, che lotta
contro l’appiattimento e la staticità di ciò che sorprendentemente appare lontano.
16
giugno 2011
L’io e il trascendente
Dal 16 giugno al 16 luglio 2011
arte contemporanea
Location
BASILICA MINORE DI MARIA SS. ASSUNTA
Santa Maria a Vico, - , (Caserta)
Santa Maria a Vico, - , (Caserta)
Vernissage
16 Giugno 2011, ore 18
Autore
Curatore