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Liù, mon amour
omaggio a Giacomo Piccini
Comunicato stampa
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Perché Liù
Liù è una farfalla che può far volare i nostri sogni e il suo volteggiare leggero e apparentemente insicuro può stimolare il gioco insieme alla curiosità e alla creatività. Liù ci vuol ricordare anche il grande Giacomo Puccini che si è nutrito dei colori, dei profumi e dei segni architettonici della sua terra. Della Liù pucciniana rimane il ricordo di un finale operistico diverso e Toscanini, il 25 aprile 1926, al Teatro alla Scala di Milano interruppe l’esecuzione della Turandot nel punto in cui il maestro toscano aveva posato per sempre la penna sul foglio segnato dalle righe vuote del pentagramma.
Liù avrebbe cambiato le regole consolidate del melodramma italiano attraverso un canto d‘amore, uno snodo, un’apertura diversa; aperture che sono avvenute e fortunatamente continueranno ad accadere in arte. Liù, mon amour per non dimenticare questo magnifico foglio non scritto perché racchiude il sogno di una vita, o solamente la volontà di cambiamento, nella fortezza di Finale marina, nella luce solare che dal mare penetra dalle finestre creando giochi di ombre che si stemperano nell’indimenticabile musica di colori pucciniani, mentre alcuni gabbiani volteggiano dal mare fino quassù alla rocca che dominava il mondo sottostante.
L’arte ama giocare sia con carte scritte d’inchiostro, o macchiate da colori forti, o con lacerazioni sul ferro rugginoso, cambiando le regole per scoprire nuove vie da percorrere, magari nuove libertà.
Liù per volare alla ricerca del nostro fiore.
La mostra
La fortezza di Castelfranco si presenta in tutta la sua robusta monumentalità difensiva. Il vicolo principale ci porta dentro la cittadella fortificata: è un viaggio nel tempo, fino alla piazza sul mare dove c’è l’ingresso alla mostra che si articola sui due piani di un antico edificio.
Sculture, opere a tutto tondo, si sono impadronite dei suggestivi spazi e delle ombre di alcune nicchie, che rompono la monotonia di quelle antiche pareti. Il dialogo tra le forme della materia, che si modella sotto la luce marina, è iniziato e le tele, con il canto dei loro colori, sono come la brezza mattutina che entra dalle finestre aperte su quell’infinito azzurro, rinnovando così il gioco stimolante e colto che è da sempre prerogativa dell’arte.
Gli artisti di Liù
Liù, mon amour è un viaggio tra segni, colori e materia elaborati da: Roberto Agnoletti, Bruno Benelli, Andrea Dami, Amerigo Folchi, Mario Girolami, Luigi Russo Papotto, Silvia Percussi, Giordano Pini
e suoni elettronici di: Emanuele Nistri.
In mostra ci sono anche alcuni strumenti musicali della collezione Luigi Tronci.
Pittori, scultori, musicisti il cui lavoro si è intrecciato perché questi artisti credono che non debbano esserci confini tra le discipline, come non ci devono essere tra gli uomini, precisa Dami. Insomma ridefinire le invarianti del sistema linguistico delle arti, aggiunge Agnoletti, con la volontà di dialogare con il quotidiano, con i non addetti ai lavori, per ribadire che ancora oggi l’arte svolge un ruolo sociale, perché la memoria visiva associa velocemente segni e concetti in relazioni variabili, la conoscenza è un continuo fluire, ma questa è la dimensione dell’arte e della cultura contemporanea; dopo gli sperimentalismi, le oscillazioni tra interdisciplinarietà ed opera d’arte globale, siamo oggi nella fortunata condizione di poter percorrere contemporaneamente ricerche diverse con linguaggi fra loro anche alternativi, ma di volta in volta necessari al progetto artistico. L’operatore visivo può essere linguisticamente eclettico, può operare una sintesi annettendo materiali diversi, appartenenti a categorie dai limiti variabili, può costruire un diagramma ipertestuale a mappa modificabile in funzione della parola-chiave, perché il tema della ricerca artistica non è più essenzialmente linguistico né tantomeno tecnico, il tema è l’essere individuo nella società, trovare equilibrio tra individualismi e globalizzazione.
Note su alcuni dei lavori in mostra
Roberto Agnoletti presenta lo studio del musicista, nel senso d’applicazione dell’intelletto all’indagine e all’accrescimento della conoscenza della figura di Giacomo Puccini e della cultura della sua epoca, ma anche inteso come luogo ove si studia o si esercita un’attività intellettuale e quindi ricostruzione metaforica della stanza di Puccini. Uno spazio a misura di un solo uomo, in piedi, davanti al leggio con un libro aperto con i bozzetti per l’allestimento. Intorno fogli di-segnati definiscono le pareti di un vano ridotto a disegno.
Bruno Benelli presenta l’opera-spartito di ferro e ottone: l’orchestra ha già eseguito metà della composizione e nell’aria c’è ancora traccia del tema dolcissimo e dolente di Liù. Il musicista ha davanti il suo spartito, poggia la bacchetta e per un attimo confronta l’eternità della musica con la fragilità della vita.
Andrea Dami propone un lavoro di cocret’arte, come dice lui, nel senso che non astrae nulla dal Mondo, bensì crea di suo forme che seguono le leggi della natura, non la rappresentano. L’opera è a tutto tondo, di metallo e catenelle che, se mosse, provocano suono: una caratteristica dell’opera di Dami. Questa è una scultura che s’inserisce nella serie delle sue città sonanti; ha otto lame di metallo generate da un ottagono evocante la planimetria di Palmanova, che a sua volta è generato dalla sovrapposizione di due quadrati, in ricordo delle città ancora più antiche, così care a Dami. Gli elementi verticali diventano architetture e il centro é la piazza di questa città dell’utopia. Su uno degli otto elementi c’è una farfalla, che con il suo peso lo flette verso l’esterno, rovesciando la logica dei pesi specifici. Un monito sui nostri comportamenti nei riguardi della natura, dice l’autore, perché, se toglieremo la farfalla, quella lamina diventerà una molla che scaricherà l’energia accumulata su tutto quello che la circonda, per proseguire inesorabilmente come un’onda sismica.
Amerigo Folchi lavora su un gioco combinatorio di infinite varianti ritmiche, di elementi cromatici a rilievo generati da una logica matematica, formando un unicum omogeneo. L’opera, quindi, come riflessione sulla percezione attraverso gli elementi della linea, del piano e dei colori fondamentali, per rivelare poi la struttura della coscienza.
Mario Girolami presenta una serie di maschere policrome, ridotte a simulacro, che evocano una molteplicità di individui su un modulare reticolo di superfici riflettenti. Guardi e sei guardato da dietro la maschera comica del teatro greco, perché l’assunto morale è l’eliminazione del tragico dalla vita, dove tragico è tutto ciò che viene dai complessi di colpa o di potenza, d’inferiorità o di superiorità. Ci sono tutti gli elementi della rappresentazione scenica e il tutto è ordinato in un reticolo nel quale le variazioni di quantità di luce sono ridotte a diverse qualità di colore.
Luigi Russo Papotto recupera l’apparente inessenzialità del mondo circostante per restituire capacità espressiva a ciò che è residuale, che viene salvato dall’oblio e ricomposto in un nuovo significante. Si interagisce con l’opera, modificando la superficie sinuosa che contiene elementi mobili, spostandoli in direzioni diverse, in un gioco infinito, come suggerisce la linea dell’opera, che sembra avvitarsi nell’aria. Modificando gli elementi plastici l’immagine oscilla fra i due momenti: l’apertura e la chiusura, una stimolazione a dare delle risposte al senso della vita, perennemente sospesa fra bello e brutto, vero e falso; è la poetica di Papotto.
Silvia Percussi lavora su trame geometriche: specchio di un ordine interiore? Dissemina l’opera di elementi figurativi, tracce indiziali di un contingente fenomenico. Segnali di riconoscimento come i fogli di musica scritti e vuoti, la cenere di sigarette, macchie di caffè versato, un ventaglio fanno dello spettatore il testimone oculare di un dramma, quello personale di Puccini: l’impossibilità di un amore totalizzante. Il passato ritorna e si fonde con attualità e futuro in un tempo fermo, quello della tela, per farci raggiungere da quello rallentato della meditazione.
Giordano Pini lavora con le tecniche dell’arte fusoria, a cera persa, secondo composizioni orafe leggere e microscopiche. La natura è la sua musa ispiratrice. Alghe, conchiglie, cortecce di alberi che si fondono in sinuosi movimenti di sabbia appena toccata dall’acqua marina che lentamente si ritira dalla battigia che diventa il suono delle Sirene, mentre i colori delle pietre rimandano al tempo eterno della sedimentazione primordiale.
Emanuele Nistri ha usato le melodie e le armonie di Puccini come segni, che ha poi rivestito dei colori timbrici messi a disposizione dall’infinita tavolozza che la musica elettronica offre, creando così un’atmosfera emozionale attraverso la dilatazione spazio-temporale, riuscendo ad unire la visione onirica e la realtà uditiva dello spettatore per provocare la dilatazione del suo mondo interiore.
Luigi Tronci presenta alcuni strumenti che Giacomo Puccini ordinò a suo nonno, come il tam-tam, la campana tubolare, i campanelli giapponesi che compaiono nel primo atto quando viene cantato il duetto Tutti zitti. Strumenti eseguiti a mano, allora come oggi, a Pistoia, che sono ambiti sia dai musicisti (classici e contemporanei), sia da importanti teatri italiani ed esteri; una tradizione che rende orgogliosi gli artigiani che li realizzano, un lavoro che continua grazie alla passione e all’esperienza che si è accumulata nel tempo e che dovrebbe essere non solo salvaguardata, ma protetta, come qualsiasi altro prodotto di alta qualità.
La storia del progetto Liù
Tutto nasce a Groppoli, nel Giardino sonoro, ospiti degli Amici di Groppoli di Pistoia, il cui obiettivo è quello di promuovere le attività culturali da programmare sul territorio, nel senso non riduttivo dei confini comunali, ma di area, perché si possa riprendere quel cammino che in passato ha prodotto numerose opere d’arte.
Il Gruppo crede che sia ancora in atto un fermento di espressioni creative da far uscire allo scoperto per essere valutate, o rivalutate e dal momento che l’arte non è cosa facile sia da produrre, sia da leggere, ha pensato di dare il proprio contributo con questo progetto culturale dal nome Liù, mon amour, imperniato sul personaggio Giacomo Puccini, che appartiene al Mondo intero e che ci ha permesso di creare da subito una linea forte, ovviamente di lavoro, nell’area che da Lucca porta a Pistoia, o viceversa.
Liù ha iniziato il viaggio il 25 aprile 2007 da Villa Groppoli di Pistoia perché il 25 aprile (del 1926), al Teatro alla Scala di Milano, Toscanini interruppe l’esecuzione nel punto in cui Puccini aveva posato la penna: alla morte di Liù. Il 28 aprile sono stati inaugurati i lavori artistici nel giardino e nella Villa Schiff di Montignoso in provincia di Massa.
Il viaggio, per i pellegrini dell’arte, è continuato: dal Lago di Porta, ormai in provincia di Lucca, a Viareggio, per vedere la Villa del Maestro. Chi voleva poteva salire verso Celle di Puccini, nel comune di Pescaglia e continuare per Bagni di Lucca. A Torre del Lago Puccini, dopo aver visto la villa del musicista, si poteva proseguire per Lucca, terra natale di Puccini, per visitare così la casa-museo; da quel vicolo si vede uno spicchio della stupenda facciata della chiesa di S. Michele.
A Pescia, terra di fiori, al piano terra della Gipsoteca “Libero Andreotti”, altro artista toscano, si potevano toccare gli strumenti musicali della collezione Luigi Tronci, un cognome conosciuto dal 1700 per la costruzione degli organi da chiesa; il nonno di Luigi fece vari strumenti musicali per Giacomo Puccini, che aveva conosciuto a Montecatini Terme. Al piano superiore, nel grande salone, gli artisti hanno mostrato la loro creatività attraverso il legno, la carta e il ferro. È stato presentato un racconto poetico di Alessandra Borsetti Venier dedicato a Bohème, mentre Giovanni Commare, Fabrizio Dall’Aglio, Enzo Filosa e Leandro Piantini hanno fatto sentire le loro creazioni poetiche attraverso la voce dell’attore Daniele Bugelli.
Da Pescia si poteva salire verso Uzzano Castello, perché nella Villa del Castellaccio Puccini finì di comporre il secondo atto della Bohème e poi, continuare, verso la vicina Montecatini Terme dove, nel giardino dello Stabilimento Termale Excelsior, spiccavano le sculture ambientate nel verde; il percussionista Errore. Contatto non definito. ha poi tenuto un incontro-concerto dal titolo “Scultura-elettro-percussioni”.
Pensando al periodo Liberty, si consigliava di vedere i lavori di un grande dello “stile nuovo” e amico di Giacomo, Galileo Chini, nel Municipio, nelle Terme Tettuccio e nell’Hotel La Pace di Montecatini Terme.
Non poteva mancare la musica di Puccini e, per l’occasione, nella suggestiva cornice del restaurato castello Aghinolfi-Giorgini di Montignoso due giovani soprano hanno dato voce alle donne di Giacomo Puccini, quelle delle sue opere liriche. Chiara Manese e Veronica Senserini si sono alternate nell’interpretazione dei vari personaggi, accompagnate al pianoforte dal maestro Daniele Biagini. La prima eroina: Magda de Civry, dell’opera La Rondine; poi Floria Tosca; Mimì e Musetta, le due donne dell’opera La Bohème; la geisha Butterfly e Lauretta, figlia di Gianni Schicchi; Giorgetta del Il Tabarro e Suor Angelica; Minnie della Fanciulla del West, Manon Lescaut, Turandot e infine la nostra Liù.
Nel salone della Villa di Groppoli a Pistoia, sede degli Amici organizzatori di questo viaggio, si sono ascoltate le poesie dei contemporanei di Puccini, lette da Errore. Contatto non definito. e Daniele Bugelli e accompagnate al pianoforte da Emanuele Nistri. Sempre a Pistoia, nel cortile dell’ex Conservatorio degli Orfani - palazzo Puccini (l’altro Puccini, Niccolò, il filantropo pistoiese) erano installate due grandi sculture di Agnoletti e di Dami; per poi passare in una cornice inconsueta, ma suggestiva e ricca di fascino in quanto luogo di lavoro: il Vivaio Piante Mati, dove i percussionisti Marcello Magliocchi e Vincenzo Mazzone hanno tenuto il loro concerto, mentre tra un brano e l’altro Luigi Tronci leggeva alcune poesie di Fucini, un altro amico del nostro Giacomo Puccini.
Il viaggio è terminato il 9 agosto 2007 a Villa Patrizia, a Cutigliano, ridente stazione climatica. In questa bella casa ottocentesca soggiornò Giacomo Puccini, ospite della famiglia Magrini, e qui corresse le partiture musicali inerenti a La Rondine; l’opera il giorno seguente è stata presentata, dopo molti anni, a Torre del Lago Puccini.
Gli artisti, ospiti dei Tonarelli gestori dell'omonimo hotel, hanno presentato il cofanetto-catalogo nel quale sono raccolte tutte le manifestazioni da loro organizzate e che li hanno visti protagonisti.
Nell'occasione il Gruppo Progetto Karibu, un percorso editoriale fatto di piccoli libri a tiratura limitata, ha presentato Gianfranco Greco autore del libro: Giacomo Puccini (sinistrato matrimoniale insigne), il racconto di un'esistenza familiare disastrosa che ci ha reso ancora più umano il grande compositore lucchese.
Proprio da questa villa, era l'estate del 1922, Giacomo Puccini partì, con il figlio Tonio e i Magrini, per i mari del Nord. Voleva visitare la Svizzera, la Germania, l'Olanda, ma a Ingolstadt finì il viaggio perché un frammento d'osso d'oca arrosto rimase conficcato nella gola di Puccini, che rischiò il soffocamento. Un presagio? O la malattia stava avanzando? L'anno dopo il dolore alla gola si manifestò sempre più forte. Nel 1924 andò in Belgio per curarsi: entrò in agonia il mattino del 29 novembre dopo aver riordinato le ultime trentasei pagine della Turandot; mancavano le note del duetto dell'ultimo atto e del finale.
Liù era rimasta sospesa nell'aria gelida di quella stanza d'ospedale, ormai immortale. Noi l'abbiamo voluta raffigurare come una farfallina che ritorna a svolazzare libera sui mille prati fioriti grazie alla creatività che ognuno di noi ha la forza di coltivare.
Internet
www.liumonamour.net
Liù è una farfalla che può far volare i nostri sogni e il suo volteggiare leggero e apparentemente insicuro può stimolare il gioco insieme alla curiosità e alla creatività. Liù ci vuol ricordare anche il grande Giacomo Puccini che si è nutrito dei colori, dei profumi e dei segni architettonici della sua terra. Della Liù pucciniana rimane il ricordo di un finale operistico diverso e Toscanini, il 25 aprile 1926, al Teatro alla Scala di Milano interruppe l’esecuzione della Turandot nel punto in cui il maestro toscano aveva posato per sempre la penna sul foglio segnato dalle righe vuote del pentagramma.
Liù avrebbe cambiato le regole consolidate del melodramma italiano attraverso un canto d‘amore, uno snodo, un’apertura diversa; aperture che sono avvenute e fortunatamente continueranno ad accadere in arte. Liù, mon amour per non dimenticare questo magnifico foglio non scritto perché racchiude il sogno di una vita, o solamente la volontà di cambiamento, nella fortezza di Finale marina, nella luce solare che dal mare penetra dalle finestre creando giochi di ombre che si stemperano nell’indimenticabile musica di colori pucciniani, mentre alcuni gabbiani volteggiano dal mare fino quassù alla rocca che dominava il mondo sottostante.
L’arte ama giocare sia con carte scritte d’inchiostro, o macchiate da colori forti, o con lacerazioni sul ferro rugginoso, cambiando le regole per scoprire nuove vie da percorrere, magari nuove libertà.
Liù per volare alla ricerca del nostro fiore.
La mostra
La fortezza di Castelfranco si presenta in tutta la sua robusta monumentalità difensiva. Il vicolo principale ci porta dentro la cittadella fortificata: è un viaggio nel tempo, fino alla piazza sul mare dove c’è l’ingresso alla mostra che si articola sui due piani di un antico edificio.
Sculture, opere a tutto tondo, si sono impadronite dei suggestivi spazi e delle ombre di alcune nicchie, che rompono la monotonia di quelle antiche pareti. Il dialogo tra le forme della materia, che si modella sotto la luce marina, è iniziato e le tele, con il canto dei loro colori, sono come la brezza mattutina che entra dalle finestre aperte su quell’infinito azzurro, rinnovando così il gioco stimolante e colto che è da sempre prerogativa dell’arte.
Gli artisti di Liù
Liù, mon amour è un viaggio tra segni, colori e materia elaborati da: Roberto Agnoletti, Bruno Benelli, Andrea Dami, Amerigo Folchi, Mario Girolami, Luigi Russo Papotto, Silvia Percussi, Giordano Pini
e suoni elettronici di: Emanuele Nistri.
In mostra ci sono anche alcuni strumenti musicali della collezione Luigi Tronci.
Pittori, scultori, musicisti il cui lavoro si è intrecciato perché questi artisti credono che non debbano esserci confini tra le discipline, come non ci devono essere tra gli uomini, precisa Dami. Insomma ridefinire le invarianti del sistema linguistico delle arti, aggiunge Agnoletti, con la volontà di dialogare con il quotidiano, con i non addetti ai lavori, per ribadire che ancora oggi l’arte svolge un ruolo sociale, perché la memoria visiva associa velocemente segni e concetti in relazioni variabili, la conoscenza è un continuo fluire, ma questa è la dimensione dell’arte e della cultura contemporanea; dopo gli sperimentalismi, le oscillazioni tra interdisciplinarietà ed opera d’arte globale, siamo oggi nella fortunata condizione di poter percorrere contemporaneamente ricerche diverse con linguaggi fra loro anche alternativi, ma di volta in volta necessari al progetto artistico. L’operatore visivo può essere linguisticamente eclettico, può operare una sintesi annettendo materiali diversi, appartenenti a categorie dai limiti variabili, può costruire un diagramma ipertestuale a mappa modificabile in funzione della parola-chiave, perché il tema della ricerca artistica non è più essenzialmente linguistico né tantomeno tecnico, il tema è l’essere individuo nella società, trovare equilibrio tra individualismi e globalizzazione.
Note su alcuni dei lavori in mostra
Roberto Agnoletti presenta lo studio del musicista, nel senso d’applicazione dell’intelletto all’indagine e all’accrescimento della conoscenza della figura di Giacomo Puccini e della cultura della sua epoca, ma anche inteso come luogo ove si studia o si esercita un’attività intellettuale e quindi ricostruzione metaforica della stanza di Puccini. Uno spazio a misura di un solo uomo, in piedi, davanti al leggio con un libro aperto con i bozzetti per l’allestimento. Intorno fogli di-segnati definiscono le pareti di un vano ridotto a disegno.
Bruno Benelli presenta l’opera-spartito di ferro e ottone: l’orchestra ha già eseguito metà della composizione e nell’aria c’è ancora traccia del tema dolcissimo e dolente di Liù. Il musicista ha davanti il suo spartito, poggia la bacchetta e per un attimo confronta l’eternità della musica con la fragilità della vita.
Andrea Dami propone un lavoro di cocret’arte, come dice lui, nel senso che non astrae nulla dal Mondo, bensì crea di suo forme che seguono le leggi della natura, non la rappresentano. L’opera è a tutto tondo, di metallo e catenelle che, se mosse, provocano suono: una caratteristica dell’opera di Dami. Questa è una scultura che s’inserisce nella serie delle sue città sonanti; ha otto lame di metallo generate da un ottagono evocante la planimetria di Palmanova, che a sua volta è generato dalla sovrapposizione di due quadrati, in ricordo delle città ancora più antiche, così care a Dami. Gli elementi verticali diventano architetture e il centro é la piazza di questa città dell’utopia. Su uno degli otto elementi c’è una farfalla, che con il suo peso lo flette verso l’esterno, rovesciando la logica dei pesi specifici. Un monito sui nostri comportamenti nei riguardi della natura, dice l’autore, perché, se toglieremo la farfalla, quella lamina diventerà una molla che scaricherà l’energia accumulata su tutto quello che la circonda, per proseguire inesorabilmente come un’onda sismica.
Amerigo Folchi lavora su un gioco combinatorio di infinite varianti ritmiche, di elementi cromatici a rilievo generati da una logica matematica, formando un unicum omogeneo. L’opera, quindi, come riflessione sulla percezione attraverso gli elementi della linea, del piano e dei colori fondamentali, per rivelare poi la struttura della coscienza.
Mario Girolami presenta una serie di maschere policrome, ridotte a simulacro, che evocano una molteplicità di individui su un modulare reticolo di superfici riflettenti. Guardi e sei guardato da dietro la maschera comica del teatro greco, perché l’assunto morale è l’eliminazione del tragico dalla vita, dove tragico è tutto ciò che viene dai complessi di colpa o di potenza, d’inferiorità o di superiorità. Ci sono tutti gli elementi della rappresentazione scenica e il tutto è ordinato in un reticolo nel quale le variazioni di quantità di luce sono ridotte a diverse qualità di colore.
Luigi Russo Papotto recupera l’apparente inessenzialità del mondo circostante per restituire capacità espressiva a ciò che è residuale, che viene salvato dall’oblio e ricomposto in un nuovo significante. Si interagisce con l’opera, modificando la superficie sinuosa che contiene elementi mobili, spostandoli in direzioni diverse, in un gioco infinito, come suggerisce la linea dell’opera, che sembra avvitarsi nell’aria. Modificando gli elementi plastici l’immagine oscilla fra i due momenti: l’apertura e la chiusura, una stimolazione a dare delle risposte al senso della vita, perennemente sospesa fra bello e brutto, vero e falso; è la poetica di Papotto.
Silvia Percussi lavora su trame geometriche: specchio di un ordine interiore? Dissemina l’opera di elementi figurativi, tracce indiziali di un contingente fenomenico. Segnali di riconoscimento come i fogli di musica scritti e vuoti, la cenere di sigarette, macchie di caffè versato, un ventaglio fanno dello spettatore il testimone oculare di un dramma, quello personale di Puccini: l’impossibilità di un amore totalizzante. Il passato ritorna e si fonde con attualità e futuro in un tempo fermo, quello della tela, per farci raggiungere da quello rallentato della meditazione.
Giordano Pini lavora con le tecniche dell’arte fusoria, a cera persa, secondo composizioni orafe leggere e microscopiche. La natura è la sua musa ispiratrice. Alghe, conchiglie, cortecce di alberi che si fondono in sinuosi movimenti di sabbia appena toccata dall’acqua marina che lentamente si ritira dalla battigia che diventa il suono delle Sirene, mentre i colori delle pietre rimandano al tempo eterno della sedimentazione primordiale.
Emanuele Nistri ha usato le melodie e le armonie di Puccini come segni, che ha poi rivestito dei colori timbrici messi a disposizione dall’infinita tavolozza che la musica elettronica offre, creando così un’atmosfera emozionale attraverso la dilatazione spazio-temporale, riuscendo ad unire la visione onirica e la realtà uditiva dello spettatore per provocare la dilatazione del suo mondo interiore.
Luigi Tronci presenta alcuni strumenti che Giacomo Puccini ordinò a suo nonno, come il tam-tam, la campana tubolare, i campanelli giapponesi che compaiono nel primo atto quando viene cantato il duetto Tutti zitti. Strumenti eseguiti a mano, allora come oggi, a Pistoia, che sono ambiti sia dai musicisti (classici e contemporanei), sia da importanti teatri italiani ed esteri; una tradizione che rende orgogliosi gli artigiani che li realizzano, un lavoro che continua grazie alla passione e all’esperienza che si è accumulata nel tempo e che dovrebbe essere non solo salvaguardata, ma protetta, come qualsiasi altro prodotto di alta qualità.
La storia del progetto Liù
Tutto nasce a Groppoli, nel Giardino sonoro, ospiti degli Amici di Groppoli di Pistoia, il cui obiettivo è quello di promuovere le attività culturali da programmare sul territorio, nel senso non riduttivo dei confini comunali, ma di area, perché si possa riprendere quel cammino che in passato ha prodotto numerose opere d’arte.
Il Gruppo crede che sia ancora in atto un fermento di espressioni creative da far uscire allo scoperto per essere valutate, o rivalutate e dal momento che l’arte non è cosa facile sia da produrre, sia da leggere, ha pensato di dare il proprio contributo con questo progetto culturale dal nome Liù, mon amour, imperniato sul personaggio Giacomo Puccini, che appartiene al Mondo intero e che ci ha permesso di creare da subito una linea forte, ovviamente di lavoro, nell’area che da Lucca porta a Pistoia, o viceversa.
Liù ha iniziato il viaggio il 25 aprile 2007 da Villa Groppoli di Pistoia perché il 25 aprile (del 1926), al Teatro alla Scala di Milano, Toscanini interruppe l’esecuzione nel punto in cui Puccini aveva posato la penna: alla morte di Liù. Il 28 aprile sono stati inaugurati i lavori artistici nel giardino e nella Villa Schiff di Montignoso in provincia di Massa.
Il viaggio, per i pellegrini dell’arte, è continuato: dal Lago di Porta, ormai in provincia di Lucca, a Viareggio, per vedere la Villa del Maestro. Chi voleva poteva salire verso Celle di Puccini, nel comune di Pescaglia e continuare per Bagni di Lucca. A Torre del Lago Puccini, dopo aver visto la villa del musicista, si poteva proseguire per Lucca, terra natale di Puccini, per visitare così la casa-museo; da quel vicolo si vede uno spicchio della stupenda facciata della chiesa di S. Michele.
A Pescia, terra di fiori, al piano terra della Gipsoteca “Libero Andreotti”, altro artista toscano, si potevano toccare gli strumenti musicali della collezione Luigi Tronci, un cognome conosciuto dal 1700 per la costruzione degli organi da chiesa; il nonno di Luigi fece vari strumenti musicali per Giacomo Puccini, che aveva conosciuto a Montecatini Terme. Al piano superiore, nel grande salone, gli artisti hanno mostrato la loro creatività attraverso il legno, la carta e il ferro. È stato presentato un racconto poetico di Alessandra Borsetti Venier dedicato a Bohème, mentre Giovanni Commare, Fabrizio Dall’Aglio, Enzo Filosa e Leandro Piantini hanno fatto sentire le loro creazioni poetiche attraverso la voce dell’attore Daniele Bugelli.
Da Pescia si poteva salire verso Uzzano Castello, perché nella Villa del Castellaccio Puccini finì di comporre il secondo atto della Bohème e poi, continuare, verso la vicina Montecatini Terme dove, nel giardino dello Stabilimento Termale Excelsior, spiccavano le sculture ambientate nel verde; il percussionista Errore. Contatto non definito. ha poi tenuto un incontro-concerto dal titolo “Scultura-elettro-percussioni”.
Pensando al periodo Liberty, si consigliava di vedere i lavori di un grande dello “stile nuovo” e amico di Giacomo, Galileo Chini, nel Municipio, nelle Terme Tettuccio e nell’Hotel La Pace di Montecatini Terme.
Non poteva mancare la musica di Puccini e, per l’occasione, nella suggestiva cornice del restaurato castello Aghinolfi-Giorgini di Montignoso due giovani soprano hanno dato voce alle donne di Giacomo Puccini, quelle delle sue opere liriche. Chiara Manese e Veronica Senserini si sono alternate nell’interpretazione dei vari personaggi, accompagnate al pianoforte dal maestro Daniele Biagini. La prima eroina: Magda de Civry, dell’opera La Rondine; poi Floria Tosca; Mimì e Musetta, le due donne dell’opera La Bohème; la geisha Butterfly e Lauretta, figlia di Gianni Schicchi; Giorgetta del Il Tabarro e Suor Angelica; Minnie della Fanciulla del West, Manon Lescaut, Turandot e infine la nostra Liù.
Nel salone della Villa di Groppoli a Pistoia, sede degli Amici organizzatori di questo viaggio, si sono ascoltate le poesie dei contemporanei di Puccini, lette da Errore. Contatto non definito. e Daniele Bugelli e accompagnate al pianoforte da Emanuele Nistri. Sempre a Pistoia, nel cortile dell’ex Conservatorio degli Orfani - palazzo Puccini (l’altro Puccini, Niccolò, il filantropo pistoiese) erano installate due grandi sculture di Agnoletti e di Dami; per poi passare in una cornice inconsueta, ma suggestiva e ricca di fascino in quanto luogo di lavoro: il Vivaio Piante Mati, dove i percussionisti Marcello Magliocchi e Vincenzo Mazzone hanno tenuto il loro concerto, mentre tra un brano e l’altro Luigi Tronci leggeva alcune poesie di Fucini, un altro amico del nostro Giacomo Puccini.
Il viaggio è terminato il 9 agosto 2007 a Villa Patrizia, a Cutigliano, ridente stazione climatica. In questa bella casa ottocentesca soggiornò Giacomo Puccini, ospite della famiglia Magrini, e qui corresse le partiture musicali inerenti a La Rondine; l’opera il giorno seguente è stata presentata, dopo molti anni, a Torre del Lago Puccini.
Gli artisti, ospiti dei Tonarelli gestori dell'omonimo hotel, hanno presentato il cofanetto-catalogo nel quale sono raccolte tutte le manifestazioni da loro organizzate e che li hanno visti protagonisti.
Nell'occasione il Gruppo Progetto Karibu, un percorso editoriale fatto di piccoli libri a tiratura limitata, ha presentato Gianfranco Greco autore del libro: Giacomo Puccini (sinistrato matrimoniale insigne), il racconto di un'esistenza familiare disastrosa che ci ha reso ancora più umano il grande compositore lucchese.
Proprio da questa villa, era l'estate del 1922, Giacomo Puccini partì, con il figlio Tonio e i Magrini, per i mari del Nord. Voleva visitare la Svizzera, la Germania, l'Olanda, ma a Ingolstadt finì il viaggio perché un frammento d'osso d'oca arrosto rimase conficcato nella gola di Puccini, che rischiò il soffocamento. Un presagio? O la malattia stava avanzando? L'anno dopo il dolore alla gola si manifestò sempre più forte. Nel 1924 andò in Belgio per curarsi: entrò in agonia il mattino del 29 novembre dopo aver riordinato le ultime trentasei pagine della Turandot; mancavano le note del duetto dell'ultimo atto e del finale.
Liù era rimasta sospesa nell'aria gelida di quella stanza d'ospedale, ormai immortale. Noi l'abbiamo voluta raffigurare come una farfallina che ritorna a svolazzare libera sui mille prati fioriti grazie alla creatività che ognuno di noi ha la forza di coltivare.
Internet
www.liumonamour.net
16
settembre 2007
Liù, mon amour
Dal 16 settembre al 14 ottobre 2007
arte contemporanea
Location
FORTEZZA CASTELFRANCO
Finale Ligure, Via Generale Enrico Caviglia, (Savona)
Finale Ligure, Via Generale Enrico Caviglia, (Savona)
Orario di apertura
da venerdì a domenica 15.30-19.30
Vernissage
16 Settembre 2007, ore 18.30
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