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Living/Waiting Room – Mette Edvardsen / Alice Guareschi
Time will show (detail) 2004, performance della norvegese Mette Edvardsen, una creazione per Living Room, preceduta dal video Behind words. Artist Richard Nonas measuring the space of an idea di Alice Guareschi per Waiting Room
Comunicato stampa
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Martedi 15 novembre alle 22.00 Raum, in via Ca' Selvatica 4/d, presenta la performance Time will show (detail) 2004, performance della norvegese Mette Edvardsen, una creazione per Living Room, preceduta dal video Behind words. Artist Richard Nonas measuring the space of an idea di Alice Guareschi per Waiting Room.
La danzatrice norvegese Mette Edvardsen (collaboratrice a Bruxelles di Les Ballets C.de la B., Christine de Smedt, Thomas Hauert/Zoo, Mårten Spångberg ed altri) presenta il solo Time will show (detail) 2004, performance. L'azione, che nasce appositamente per gli spazi di Raum, ridisegna temporalmente e spazialmente i luoghi a noi noti introducendo il concetto di 'perturbante'. Il perturbante è qualcosa di familiare che si nasconde in casa e che venendo alla luce suscita turbamento. Quindi allo stesso tempo domestico, strano e straniero.
L'universo contenuto nel luogo si fluidifica in una trasformazione continua, misurandosi con il corpo della performer, lo spazio e le immagini captate dal video, in un'invisibile ricostruzione drammaturgica, al limite tra presenza e assenza.
Time will show (detail) 2004, performance ha avuto una prima esecuzione negli spazi del Kaaitheater Studio a Bruxelles nel 2004.
Nelle favole, per ritrovare la strada di casa, i bambini furbi si portano sempre delle briciole di pane, e i principi saggi un gomitolo di lana. E' una questione di socializzazione. I bambini e tutti gli altri dovrebbero voler trovare la strada di casa. Le briciole di pane sono per gli adulti come una seduta psicanalitica. Un filo attraverso cui un giorno si possa orgogliosamente andare a ritroso sino alle proprie origini e pensare 'Accidenti, quanto sono migliorato!'. La psicanalisi può trovare solo quello che la società vuole che tu sia.
Viaggiare con l'ausilio di una mappa porta solo in posti che avremmo già potuto visitare. La cartografia implica che un paesaggio - o qualunque oggetto che possa essere introdotto in una griglia - diventa un territorio neutro. Svaligiare una banca è solo una questione di precisione dal momento che si hanno in mano le planimetrie. Ecco perchè l'attico è sempre il posto più eccitante: non c'è una pianta. Sugli attici siamo tutti esploratori.
Freud confessa ai suoi lettori in 'Il Perturbante' (Das Unheimliche) che in uno stesso giorno era ritornato in volontariamente almeno tre volte nel distretto a luci rosse di una città sconosciuta che aveva visitato. Freud probabilmente non era un bambino furbo, sennò avrebbe portato con sè delle briciole di pane. Ma accadde. Lo volevano proprio (leggi: la Rappresentazione) far ritornare esattamente sul luogo in cui avrebbe potuto già essere.
Il lavoro di Mette Edvardsen parte là dove Freud si era preoccupato, dove il non-conosciuto smette di essere uno stato di eccezione. Ai limiti della mappa, sulla parte che è stata ripiegata molte volte, sembra non sia rimasto nient'altro. Mette Edvardsen raduna un po' di briciole, ripulisce il luogo di partenza e crea un acronimo per il Far Far Away (Molto Molto Lontano) o il Close Up (Vicinissimo). Nel suo labirinto, il filo di Arianna è senza-fili e il Minotauro è un anziano architetto che non ha mai disegnato degli angoli dritti.
Sia in 'Private Collection' che in 'Time will show' il motivo è quello di creare la possibilità di uno spazio, e quindi di un tempo, senza coordinate. Uno spazio e un tempo che sono sempre stati qui, attorno a noi, o da qualche parte vicino, e che semplicemente sono stati dimenticati o non vengono più usati. Spazi e tempi che devono essere ancora 'catturati' e nominati nella rappresentazione, e che in realtà non esistono neanche per noi che percepiamo la loro struttura poligonale e misteriosamente complessa rivelarsi ai nostri occhi in tutte le direzioni, senza meta, senza avanti e indietro, senza dimensioni.
Fare l'esperienza del lavoro di Mette Edvardsen significa sapere che ci sei, senza sapere dove, nè tantomeno quando. E' prendersi un momento di novità, di attenzione a sè. Qualcosa che può accadere solo laddove non conosciamo.
Mårten Spångberg
Mette Edvardsen, performer norvegese, ha danzato a Bruxelles con Les Ballets C.de la B. e con i coreografi Hans Van den Broeck e Christine de Smedt nel progetto 9x9 dal 2000 al 2005. Ha partecipato a creazioni di Mårten Spångberg, Thomas Hauert/ Zoo, e altri. Oltre i suoi lavori Stills (video, 2002), Private collection (2002), Time will show (detail) 2004, performance (2004), e Opening (2005), ha realizzato due creazioni in collaborazione con la coreografa portoghese Lilia Mestre e ha ideato il progetto Sauna in Exile, una performance/installazione con Heine R. Avdal, Liv Hanne Haugen e Lawrence Malstaf. Nel 2004 ha partecipato a Schreibstuck di Thomas Lehmen assieme a Christine de Smedt e Mårten Spångberg.
Behind words. Artist Richard Nonas measuring the space of an idea Nel luglio del 2003 l'artista americano Richard Nonas è stato invitato a realizzare un'installazione site-specific nella sala della Fondazione Ratti a Como. Il video di Alice Guareschi mostra uno di quei momenti privatissimi e segreti che accompagnano ilfarsi di un’opera, quando lo spazio è ancora vuoto, ma perl’artista che lo attraversa è già un universo denso, segnato dainfinite traiettorie.
Alice Guareschi è nata a Parma nel 1976, vive e lavora a Milano. Ha partecipato a mostre collettive in Italia e all’estero, tra cui Exit alla Fondazione Re Rebaudengo a Torino, Assab One alle Ex tipografie Gea a Milano, Wanderers all’Impakt Festival di Utrecht, Air Cambodia al Centre Culturel Français di Phnom Penh, The Final Cut al Palais de Tokyo di Parigi, Aperto per lavori in corso al Pac di Milano. Per dicembre 2005 prepara una mostra personale presso la Galleria Alessandro De March a Milano.
Living Room, a cura di Silvia Fanti, è uno sguardo sulla produzione di performer, coreografi, artisti visivi e plastici. In Living Room convergono una serie di eventi performativi realizzati per uno spazio ridotto, a stretto contatto con il pubblico, aperti nel formato e nell'ideazione. Un format anomalo che nasce per sperimentare forme di presentazione scenica non classiche, alla ricerca di prototipi e tipologie performative attuali e colloquiali.
Living Room è una camera di decompressione per artisti affermati; e un luogo di verifica per chi ha ricerche in corso: ricerche sui formati, sulle forme della rappresentazione, di cui condividere i processi e non solo gli esiti.
A Living Room si affianca lo spazio Waiting Room, spazio intercapedine in cui vengono presentate brevi opere video.
La danzatrice norvegese Mette Edvardsen (collaboratrice a Bruxelles di Les Ballets C.de la B., Christine de Smedt, Thomas Hauert/Zoo, Mårten Spångberg ed altri) presenta il solo Time will show (detail) 2004, performance. L'azione, che nasce appositamente per gli spazi di Raum, ridisegna temporalmente e spazialmente i luoghi a noi noti introducendo il concetto di 'perturbante'. Il perturbante è qualcosa di familiare che si nasconde in casa e che venendo alla luce suscita turbamento. Quindi allo stesso tempo domestico, strano e straniero.
L'universo contenuto nel luogo si fluidifica in una trasformazione continua, misurandosi con il corpo della performer, lo spazio e le immagini captate dal video, in un'invisibile ricostruzione drammaturgica, al limite tra presenza e assenza.
Time will show (detail) 2004, performance ha avuto una prima esecuzione negli spazi del Kaaitheater Studio a Bruxelles nel 2004.
Nelle favole, per ritrovare la strada di casa, i bambini furbi si portano sempre delle briciole di pane, e i principi saggi un gomitolo di lana. E' una questione di socializzazione. I bambini e tutti gli altri dovrebbero voler trovare la strada di casa. Le briciole di pane sono per gli adulti come una seduta psicanalitica. Un filo attraverso cui un giorno si possa orgogliosamente andare a ritroso sino alle proprie origini e pensare 'Accidenti, quanto sono migliorato!'. La psicanalisi può trovare solo quello che la società vuole che tu sia.
Viaggiare con l'ausilio di una mappa porta solo in posti che avremmo già potuto visitare. La cartografia implica che un paesaggio - o qualunque oggetto che possa essere introdotto in una griglia - diventa un territorio neutro. Svaligiare una banca è solo una questione di precisione dal momento che si hanno in mano le planimetrie. Ecco perchè l'attico è sempre il posto più eccitante: non c'è una pianta. Sugli attici siamo tutti esploratori.
Freud confessa ai suoi lettori in 'Il Perturbante' (Das Unheimliche) che in uno stesso giorno era ritornato in volontariamente almeno tre volte nel distretto a luci rosse di una città sconosciuta che aveva visitato. Freud probabilmente non era un bambino furbo, sennò avrebbe portato con sè delle briciole di pane. Ma accadde. Lo volevano proprio (leggi: la Rappresentazione) far ritornare esattamente sul luogo in cui avrebbe potuto già essere.
Il lavoro di Mette Edvardsen parte là dove Freud si era preoccupato, dove il non-conosciuto smette di essere uno stato di eccezione. Ai limiti della mappa, sulla parte che è stata ripiegata molte volte, sembra non sia rimasto nient'altro. Mette Edvardsen raduna un po' di briciole, ripulisce il luogo di partenza e crea un acronimo per il Far Far Away (Molto Molto Lontano) o il Close Up (Vicinissimo). Nel suo labirinto, il filo di Arianna è senza-fili e il Minotauro è un anziano architetto che non ha mai disegnato degli angoli dritti.
Sia in 'Private Collection' che in 'Time will show' il motivo è quello di creare la possibilità di uno spazio, e quindi di un tempo, senza coordinate. Uno spazio e un tempo che sono sempre stati qui, attorno a noi, o da qualche parte vicino, e che semplicemente sono stati dimenticati o non vengono più usati. Spazi e tempi che devono essere ancora 'catturati' e nominati nella rappresentazione, e che in realtà non esistono neanche per noi che percepiamo la loro struttura poligonale e misteriosamente complessa rivelarsi ai nostri occhi in tutte le direzioni, senza meta, senza avanti e indietro, senza dimensioni.
Fare l'esperienza del lavoro di Mette Edvardsen significa sapere che ci sei, senza sapere dove, nè tantomeno quando. E' prendersi un momento di novità, di attenzione a sè. Qualcosa che può accadere solo laddove non conosciamo.
Mårten Spångberg
Mette Edvardsen, performer norvegese, ha danzato a Bruxelles con Les Ballets C.de la B. e con i coreografi Hans Van den Broeck e Christine de Smedt nel progetto 9x9 dal 2000 al 2005. Ha partecipato a creazioni di Mårten Spångberg, Thomas Hauert/ Zoo, e altri. Oltre i suoi lavori Stills (video, 2002), Private collection (2002), Time will show (detail) 2004, performance (2004), e Opening (2005), ha realizzato due creazioni in collaborazione con la coreografa portoghese Lilia Mestre e ha ideato il progetto Sauna in Exile, una performance/installazione con Heine R. Avdal, Liv Hanne Haugen e Lawrence Malstaf. Nel 2004 ha partecipato a Schreibstuck di Thomas Lehmen assieme a Christine de Smedt e Mårten Spångberg.
Behind words. Artist Richard Nonas measuring the space of an idea Nel luglio del 2003 l'artista americano Richard Nonas è stato invitato a realizzare un'installazione site-specific nella sala della Fondazione Ratti a Como. Il video di Alice Guareschi mostra uno di quei momenti privatissimi e segreti che accompagnano ilfarsi di un’opera, quando lo spazio è ancora vuoto, ma perl’artista che lo attraversa è già un universo denso, segnato dainfinite traiettorie.
Alice Guareschi è nata a Parma nel 1976, vive e lavora a Milano. Ha partecipato a mostre collettive in Italia e all’estero, tra cui Exit alla Fondazione Re Rebaudengo a Torino, Assab One alle Ex tipografie Gea a Milano, Wanderers all’Impakt Festival di Utrecht, Air Cambodia al Centre Culturel Français di Phnom Penh, The Final Cut al Palais de Tokyo di Parigi, Aperto per lavori in corso al Pac di Milano. Per dicembre 2005 prepara una mostra personale presso la Galleria Alessandro De March a Milano.
Living Room, a cura di Silvia Fanti, è uno sguardo sulla produzione di performer, coreografi, artisti visivi e plastici. In Living Room convergono una serie di eventi performativi realizzati per uno spazio ridotto, a stretto contatto con il pubblico, aperti nel formato e nell'ideazione. Un format anomalo che nasce per sperimentare forme di presentazione scenica non classiche, alla ricerca di prototipi e tipologie performative attuali e colloquiali.
Living Room è una camera di decompressione per artisti affermati; e un luogo di verifica per chi ha ricerche in corso: ricerche sui formati, sulle forme della rappresentazione, di cui condividere i processi e non solo gli esiti.
A Living Room si affianca lo spazio Waiting Room, spazio intercapedine in cui vengono presentate brevi opere video.
15
novembre 2005
Living/Waiting Room – Mette Edvardsen / Alice Guareschi
15 novembre 2005
performance - happening
serata - evento
serata - evento
Location
RAUM
Bologna, Via Ca' Selvatica, 4/D, (Bologna)
Bologna, Via Ca' Selvatica, 4/D, (Bologna)
Vernissage
15 Novembre 2005, ore 22
Autore
Curatore