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Lo sguardo di Ulisse. Grandi fotografi rileggono grandi architetture
La A.A.M. Architettura Arte Moderna presenta all’interno della sezione FOTOGRAFIA & ARCHITETTURA, una mostra dedicata a sei grandi fotografi italiani, evidenziando degli stessi autori una specificità che è quella del loro sguardo nei confronti dell’architettura.
Comunicato stampa
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La stessa idea di architettura, viene intesa, in questa occasione espositiva nella sua più ampia interpretazione che va dall’idea di luogo a quella di contesto, di paesaggio, infine di territorio, dove per altro trovano spazio anche le mutazioni antropologiche e i sovvertimenti naturalistici, le “sollecitazioni”, le manipolazioni, le installazioni, come forma di intervento, reinterpretazione e stravolgimento dello spazio stesso. Con questa mostra la A.A.M. Architettura Arte Moderna, tende a sottolineare una propria perseguita impostazione espositiva all’insegna dello slogan: le “radici” e “oltre”, quasi a indicare in questo preciso momento storico e in una situazione così variegata e quasi indecifrabile, con la sua confusa poliedricità, come è quella del panorama attuale del Sistema dell’arte, la necessità indifferibile di ripensare, riguardando criticamente alla propria storia, anche quella più particolare, il cammino per proseguire, per andare “oltre”. Da qui la ritrovata attenzione nei confronti del mondo della fotografia, già avviata agli inizi dell’attività della A.A.M. Si confrontano così in Galleria le sei diverse poetiche degli autori a partire dalla vertigine visiva provocata dalle fotografie di Claudio Abate, delle installazioni di Anselm Kiefer con i suoi “Sette palazzi celesti”, che con la loro insinuazione di un equilibrio precario, se non di un imminente “crollo” provocano un vero e proprio “collasso visivo”, lo stesso che pare scaturire dal cupio dissolvi del “troppo piccolo” dell’opera di Marisa Merz, messa a reagire con l’imponente e incombente “eccesso di scrittura” di Villa Medici, con il suo manieristico “horror et amor vacui”. Gabriele Basilico, enfatizzando la monumentalità delle opere di Aldo Rossi tende a separarle dal loro preciso contesto, in questo evitando qualsiasi presenza umana che apparirebbe come troppo “vitale”: con lui, il fotografo, l’artista stesso si fa filosofo, c’è una apollinea distanza da cui questi frammenti architettonici sono contemplati nella convinzione “che non esiste futuro, che non esiste progresso”, nella lettura dello spazio del moderno come spazio labirintico della metropoli. Per Gianni Berengo Gardin, la serie di fotografie dedicate alle opere di Renzo Piano, tende a sottolineare la costante presenza dell’uomo intesso come “faber”, cui si debbono gli esiti sorprendenti delle invenzioni di Piano, ricondotte dal puro livello dell’intuizione geniale nella sua gestualità primigenia, ad una perseguita umanizzazione che sola rende possibile la concreta realizzazione dell’opera come opera condivisa, come opera corale. Con le opere di Luigi Ghirri, l’operazione del fotografo, sembra accentuare il carattere pop dell’immagine, isolando criticamente alcuni frammenti, quasi a sottolineare l’esperienza mistica della città, in particolare quella sensazione di smarrimento che caratterizza il perdersi nella città. Il tutto con un ricorso ad una gamma di colori che ne sottolinea le dissonanze e in modo altrettanto incantato coglie impietosamente gli aspetti della vita quotidiana, ferma nel suo essere senza tempo, non già della religiosità, bensì del sempre uguale, trattenuta nella ripetitività del rituale. Nella sequenza fotografica di Guido Guidi, il frammento architettonico si presenta quasi sempre come documento del tempo trascorso, se non in una condizione di un presagio di degrado, ossessivamente narrato nella sua ineluttabilità. Ma questo degrado non allude a valori perduti ma si espone semplicemente come forma di una inarrestabile caduta, dove lo spirito del tempo allude alle inevitabili consunzioni. Per Francesco Zizola, viaggiatore nei più disparati scenari di guerra, negli universi del dolore, della sofferenza e del degrado, l’attenzione alle condizioni del disagio universale, agli oltraggi di una parte dell’umanità, quella più dolente, non impedisce di soffermarsi ogni tanto in veri e propri privati “cantucci poetici”, sulla bellezza imprevista, che anche tra le macerie può improvvisamente affiorare, con una regalità ed una sontuosità che la drammaticità del contesto non riesce a stemperare.
29
febbraio 2008
Lo sguardo di Ulisse. Grandi fotografi rileggono grandi architetture
Dal 29 febbraio al 03 maggio 2008
architettura
fotografia
arte contemporanea
fotografia
arte contemporanea
Location
A.A.M. – ARCHITETTURA ARTE MODERNA
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Roma, Via Dei Banchi Vecchi, 61, (Roma)
Orario di apertura
tutti i giorni ore 16-20 festivi compresi
Vernissage
29 Febbraio 2008, ore 18.00
Autore
Curatore