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L’occhio del nemico. Fotografie austro-ungariche della Grande Guerra
Nell’Archivio dell’Istituto per la storia del Risorgimento italiano, recentemente è stato trovato un fondo di circa 3.000 fotografie scattate sul fronte e nelle retrovie austro-ungariche durante la Grande Guerra. Sono in mostra nell’Ala Brasini del Museo Centrale del Risorgimento di Roma al Vittoriano
Comunicato stampa
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Nel corso dell'attuale riordino dei documenti custoditi nell'Archivio dell'Istituto per la storia del Risorgimento italiano, recentemente è stato trovato un fondo di circa 3.000 fotografie scattate sul fronte e nelle retrovie austro-ungariche durante la Grande Guerra. Schedate e riordinate, prima di essere ricollocate in archivio, sono presentate al grande pubblico con una mostra, dal titolo: “L'occhio del nemico. Fotografie austro-ungariche della Grande Guerra”.
Curata da Marco Pizzo e allestita nell'Ala Brasini del Museo Centrale del Risorgimento di Roma al Vittoriano, in esposizione una selezione di oltre 150 fotografie (scelte tra le più significative) segue un percorso articolato in quattro sezioni: Ritratti; Paesaggi; Particolari; Città. Le quattro sezioni prendono spunto dai diversi soggetti ritratti: ufficiali e semplici soldati; momenti di riposo e svago; attività di sussistenza nelle retrovie; donne al lavoro; scorci di città, panorami.
Dell'autore purtroppo non si ha nessun dato ma, accertato l'alto livello utilizzato per le tecniche di ripresa e la scelta dei soggetti fotografati è certo che fosse un professionista e, molto probabilmente, inquadrato nelle file dell'esercito austro-ungarico.
Veri e propri documenti visivi che si prestano a una doppia lettura: come viveva al fronte il soldato austro-ungarico (organizzazione, tempo libero, riti, abitudini) e come questi, attraverso l'obiettivo di un fotografo, vedeva la guerra. Un'inedita pagina di storia che, a distanza di novanta anni, ritorna per documentare e far riflettere. La mostra consente, inoltre, di vedere come, sulla fotografia, possa sommarsi al valore estetico-artistico sempre quello storico-documentario.
***
PUÒ LA FOTOGRAFIA “DI GUERRA” DIVENTARE UNO STRUMENTO ARTISTICO?
di Marco Pizzo
Questo nucleo di fotografie realizzate da reparti specializzati dell'esercito austro-ungarico sembra poter rispondere in senso affermativo a questa domanda. L'elegante semplicità delle inquadrature, la classicità degli atteggiamenti e delle pose, la nitidezza della luce che scolpisce i particolari quasi lenticolari della natura, lo sguardo partecipato e solenne, presuppongono una cultura estetica non comune specie se raffrontato con le fotografie realizzate dai reparti italiani dove prevale un taglio più documentaristico e di reportage fotografico. Nelle fotografie italiane lo scopo è quello di fare cronaca, di documentare i luoghi, le attività, dare il senso del tutto, evitando sempre il particolare, che là dove affiora è del tutto casuale. In queste fotografie al contrario è sempre evidente la preoccupazione di analizzare con precisione il dettaglio. E anche lì dove il soggetto sembra indistinto e confuso, come nel caso di alcune fatte nel buio delle trincee o delle camerate, avanza prepotente il senso emotivo del luogo, del momento, della condivisa partecipazione hic et nunc.Le fotografie diventano perciò il filtro attraverso il quale confrontarsi con una diversa concezione dell'arte, un modo di vedere il reale.
Ritratti: Una serie di ritratti fotografici. Si tratta di soggetti non identificati. Il fotografo si sofferma sui volti, sulle espressioni dei singoli soldati, sulle divise, cogliendo il tutto con esatta nitidezza. I soldati sono descritti all'interno di stanze o in quinte arboree messe a fuoco con analitica precisione. L'uomo ritorna ad essere un elemento della natura, parte integrante del paesaggio. Viene così recuperata una tradizione estetica che affonda le sue radici in Dürer e nei fiamminghi. La guerra sembra lontana e se ne coglie un meditato riverbero sono osservando le armi, le medaglie sulle divise, i pugnali. La fotografia incornicia vedute, apre finestre sul fronte della prima guerra mondiale, inquadra gli scatti.
Particolari: Le fotografie ritraggono particolari di stanze, di corsie di ospedali, di trincee. L'obiettivo del fotografo si sofferma su particolari: una stufa, un letto, una catasta di legna, una scala, una feritoia nella roccia, il riflesso di una medaglia. La volontà è quella di descrivere, analiticamente, selezionando i particolari, facendo posare lo sguardo con insistenza su aspetti meno evidenti, che affiorano solo se diventano i protagonisti della fotografia. Gli scatti sono solo apparentante casuali. Si tratta di inquadrature posate con studiata meticolosità: sui letti non si increspano pieghe, le stufe sono ben pulite e nuove e suggeriscono ambienti caldi e confortevoli. La fotografia inventaria e descrive, registra il reale.
Città: Alcune fotografie ritraggono vie e piazze di città. Per un unico soggetto due orientamenti. Da una parte la volontà di illustrare la vita quotidiana che trascorre durante la guerra in assenza della guerra: le occupazioni sono quelle usuali, le vie e le piazze sono ritratte affollate di persone intente a passeggiare, ad oziare sulle porte o a chiacchierare. La normalità. Altre fotografie indugiano invece nei disastri dei bombardamenti, nelle case distrutte, nell'invasione dei militari che modifica lo spazio urbano. Le vie sono deserte di civili, si vedono solo soldati, autoveicoli, cavalli e cannoni. La guerra. Una immagine su tutte: il cielo sopra la città di Trieste.
Attività: Quali sono le attività illustrate da queste fotografie? La risposta potrebbe essere: il prima e il dopo. Prima: la truppa negli alloggi e sui pagliericci stretti delle trincee; l'austerità borghese delle stanze degli ufficiali; pittori e scultori intenti a ritrarre i protagonisti - e per traslato i soldati ritratti dal fotografo -; il taglio dei capelli; le docce e gli svaghi del bagno ristoratore; la fumata di una sigaretta stesi sulla branda; le attività di lavoro nelle retrovie (la preparazione del pane, la macellazione, la falegnameria). Dopo: le corsie dell'infermeria, i campi di prigionia, i cimiteri.
Curata da Marco Pizzo e allestita nell'Ala Brasini del Museo Centrale del Risorgimento di Roma al Vittoriano, in esposizione una selezione di oltre 150 fotografie (scelte tra le più significative) segue un percorso articolato in quattro sezioni: Ritratti; Paesaggi; Particolari; Città. Le quattro sezioni prendono spunto dai diversi soggetti ritratti: ufficiali e semplici soldati; momenti di riposo e svago; attività di sussistenza nelle retrovie; donne al lavoro; scorci di città, panorami.
Dell'autore purtroppo non si ha nessun dato ma, accertato l'alto livello utilizzato per le tecniche di ripresa e la scelta dei soggetti fotografati è certo che fosse un professionista e, molto probabilmente, inquadrato nelle file dell'esercito austro-ungarico.
Veri e propri documenti visivi che si prestano a una doppia lettura: come viveva al fronte il soldato austro-ungarico (organizzazione, tempo libero, riti, abitudini) e come questi, attraverso l'obiettivo di un fotografo, vedeva la guerra. Un'inedita pagina di storia che, a distanza di novanta anni, ritorna per documentare e far riflettere. La mostra consente, inoltre, di vedere come, sulla fotografia, possa sommarsi al valore estetico-artistico sempre quello storico-documentario.
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PUÒ LA FOTOGRAFIA “DI GUERRA” DIVENTARE UNO STRUMENTO ARTISTICO?
di Marco Pizzo
Questo nucleo di fotografie realizzate da reparti specializzati dell'esercito austro-ungarico sembra poter rispondere in senso affermativo a questa domanda. L'elegante semplicità delle inquadrature, la classicità degli atteggiamenti e delle pose, la nitidezza della luce che scolpisce i particolari quasi lenticolari della natura, lo sguardo partecipato e solenne, presuppongono una cultura estetica non comune specie se raffrontato con le fotografie realizzate dai reparti italiani dove prevale un taglio più documentaristico e di reportage fotografico. Nelle fotografie italiane lo scopo è quello di fare cronaca, di documentare i luoghi, le attività, dare il senso del tutto, evitando sempre il particolare, che là dove affiora è del tutto casuale. In queste fotografie al contrario è sempre evidente la preoccupazione di analizzare con precisione il dettaglio. E anche lì dove il soggetto sembra indistinto e confuso, come nel caso di alcune fatte nel buio delle trincee o delle camerate, avanza prepotente il senso emotivo del luogo, del momento, della condivisa partecipazione hic et nunc.Le fotografie diventano perciò il filtro attraverso il quale confrontarsi con una diversa concezione dell'arte, un modo di vedere il reale.
Ritratti: Una serie di ritratti fotografici. Si tratta di soggetti non identificati. Il fotografo si sofferma sui volti, sulle espressioni dei singoli soldati, sulle divise, cogliendo il tutto con esatta nitidezza. I soldati sono descritti all'interno di stanze o in quinte arboree messe a fuoco con analitica precisione. L'uomo ritorna ad essere un elemento della natura, parte integrante del paesaggio. Viene così recuperata una tradizione estetica che affonda le sue radici in Dürer e nei fiamminghi. La guerra sembra lontana e se ne coglie un meditato riverbero sono osservando le armi, le medaglie sulle divise, i pugnali. La fotografia incornicia vedute, apre finestre sul fronte della prima guerra mondiale, inquadra gli scatti.
Particolari: Le fotografie ritraggono particolari di stanze, di corsie di ospedali, di trincee. L'obiettivo del fotografo si sofferma su particolari: una stufa, un letto, una catasta di legna, una scala, una feritoia nella roccia, il riflesso di una medaglia. La volontà è quella di descrivere, analiticamente, selezionando i particolari, facendo posare lo sguardo con insistenza su aspetti meno evidenti, che affiorano solo se diventano i protagonisti della fotografia. Gli scatti sono solo apparentante casuali. Si tratta di inquadrature posate con studiata meticolosità: sui letti non si increspano pieghe, le stufe sono ben pulite e nuove e suggeriscono ambienti caldi e confortevoli. La fotografia inventaria e descrive, registra il reale.
Città: Alcune fotografie ritraggono vie e piazze di città. Per un unico soggetto due orientamenti. Da una parte la volontà di illustrare la vita quotidiana che trascorre durante la guerra in assenza della guerra: le occupazioni sono quelle usuali, le vie e le piazze sono ritratte affollate di persone intente a passeggiare, ad oziare sulle porte o a chiacchierare. La normalità. Altre fotografie indugiano invece nei disastri dei bombardamenti, nelle case distrutte, nell'invasione dei militari che modifica lo spazio urbano. Le vie sono deserte di civili, si vedono solo soldati, autoveicoli, cavalli e cannoni. La guerra. Una immagine su tutte: il cielo sopra la città di Trieste.
Attività: Quali sono le attività illustrate da queste fotografie? La risposta potrebbe essere: il prima e il dopo. Prima: la truppa negli alloggi e sui pagliericci stretti delle trincee; l'austerità borghese delle stanze degli ufficiali; pittori e scultori intenti a ritrarre i protagonisti - e per traslato i soldati ritratti dal fotografo -; il taglio dei capelli; le docce e gli svaghi del bagno ristoratore; la fumata di una sigaretta stesi sulla branda; le attività di lavoro nelle retrovie (la preparazione del pane, la macellazione, la falegnameria). Dopo: le corsie dell'infermeria, i campi di prigionia, i cimiteri.
12
dicembre 2007
L’occhio del nemico. Fotografie austro-ungariche della Grande Guerra
Dal 12 dicembre 2007 al 30 aprile 2008
fotografia
Location
COMPLESSO DEL VITTORIANO
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Roma, Via Di San Pietro In Carcere, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì alla domenica 9.30 - 17.30
Vernissage
12 Dicembre 2007, ore 11
Sito web
www.risorgimento.it
Curatore