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Lorenzo Pezzatini
opere 1977-2006
Comunicato stampa
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Da una trentina d’anni a questa parte, nell’immaginazione di Lorenzo Pezzatini, ha operato un duplice processo di ricerca d’espressione di una propria identità, di sé e del proprio fare nel mondo, e dunque nel confronto con questo. La duplicità del processo consiste nel fatto di contenere internamente due aspetti orientati in direzioni inverse.
Una prima direzione è quella che lo ha portato all’emblema di un’identità di sé attraverso un proprio fare del tutto manuale, ma di orientamento concettualizzato, esattamente nella costruzione di un filo continuo di pittura, di acrilico. Di una pittura meramente filata, che dalla fine degli anni Settanta si fa linguaggio basico del suo esprimersi, medium personalissimo del suo agire, suo logo immaginativo distintivo e cellula di una propria ulteriore progettualità operativa.
Chiaramente si tratta di un processo di riduzione, d’una manualità che riflette una presupposta valenza concettuale di tale reductio. Di riduzione da una pratica della pittura quale modalità tradizionalmente omologata, alla costruzione di una oggettualità duttile quanto totale, quasi ininterrompibile, del colore, che risulta dunque imprevedibilmente reificato, e in modo attualistico, attraverso un processo appunto di riduzione in una sua filatura. Il colore filato, il colore che si fa filo, non più aggettivo di una superficie, ma oggetto di per sé; insomma, un inesauribile filo di colore, fatto dell’iterazione della successione elementare di acrilico blu, giallo, rosso, filati, in continuità e per un’estensione ciascuno pari alle braccia aperte dell’autore. Un filo di materia cromatica, a corpo, tangibile, modulabile e modellabile, ininterrotto ma punteggiato di prominenze, di punte composte dei tre colori, intese quali elementi, segni di qualità entro la continuità iterativa del mezzo. Colore liberato dalla madre tela, dice Pezzatini; con un singolare effetto finale di filo spinato cromatico, elementare, primario, ma certo di disposizione sostanzialmente ludica.
Una possibilità di pittura che si configura a partire dalla separazione del colore dalla tela, tradizionalmente l’indispensabile supporto (almeno moderno) del poter farsi il colore appunto pittura.
Attraverso il suo personalissimo gesto-azione-durata del filare il puro colore, del reificare filarmente il puro colore, Pezzatini si è creato lo strumento unico in cui interamente si riconosce, come in una introspezione operativa, in un’introiettamento del senso del fare, infine di traguardo liberatorio, in quanto gli permette appunto una ripartenza di possibilità d’espressione in modi del tutto propri. Gli permette infatti l’estroversione di una massima duttilità operativa, comportamentale, installativa, ambientale, d’appropriazione oggettuale, ma dunque originariamente una sollecitazione riflessiva, introspettiva, appunto introiettiva, rispetto proprio a ciò che costituisce l’universo mondo, lo spazio dello scambio sociale, del comunicare. Liberato il colore dallo statuto tipologico tradizionale della pittura, il divenire meramente filo di questa approssima il colore alla mano che lo manipola e crea soltanto filarmente, e al tempo stesso alla mente che ne ha immaginato il traguardo e ne programma l’utilizzo, come possibile strumento operativo a tutto campo, di segnalazione, d’appropriazione, di costruzione. Il processo del filo segna dunque, inizialmente appunto, una direzione introiettiva, introspettiva, una occasione sostanzialmente anche di catarsi, di catarsi emotiva, di riduzione a logica, a una filo-logica, che non ha uguali.
Una seconda direzione del processo è al contrario disposto in direzione espansiva, a partire cioè dal raggiunto traguardo della costituzione della pittura in filo, anziché dunque riduzionista del raggiungimento di un tale traguardo. Perché, come dice Pezzatini, quel filo costituisce il medium personalissimo con il quale egli agisce sul mondo, nel mondo, negli spazi della comunicazione, negli spazi urbani, nella dimensione dei comportamenti. Il filo infatti, archetipo immaginativo infine tipico del suo operare, esattamente delle proprie possibilità immaginative, emblema personalissimo di una raggiunta decantazione di elementarità attraverso la quale ha definito una sua identità in quella dimensione particolarissima del proprio fare arte, archetipo di riscontro antropologico, è anche lo strumento fisico attraverso il quale queste si realizzano operando nel mondo, costituendovi trame, sottolineandovi situazioni. È il filo colorato che connette, che evidenzia, che provoca, che richiama. Ma in un orizzonte che non è più soltanto privato, intimo, ma anzi si fa in modo sempre più determinante, collettivo, corale, urbano. Non è più insomma una trama di riferimento privato, sgranata attorno a sensazioni e a ricordi anche intimi, ma diviene lo strumento per operare segno fra i segni, segno particolarissimo, criptico, a suo modo archetipo, implicante.
Dal testo di Enrico Crispolti, “Un destino di filo-logica” in catalogo Lorenzo Pezzatini, a cura di A. Borsetti Venier, Firenze, Morgana Edizioni, 2006.
Lorenzo Pezzatini ha studiato negli Stati Uniti presso l’University of Massachussets di Amherst ottenendo un B.F.A in Pittura nel 1978 e un Master in Scultura nel 1981. Vive e lavora a Firenze dove insegna presso la S.A.C.I. Studio Art Centers International.
Una prima direzione è quella che lo ha portato all’emblema di un’identità di sé attraverso un proprio fare del tutto manuale, ma di orientamento concettualizzato, esattamente nella costruzione di un filo continuo di pittura, di acrilico. Di una pittura meramente filata, che dalla fine degli anni Settanta si fa linguaggio basico del suo esprimersi, medium personalissimo del suo agire, suo logo immaginativo distintivo e cellula di una propria ulteriore progettualità operativa.
Chiaramente si tratta di un processo di riduzione, d’una manualità che riflette una presupposta valenza concettuale di tale reductio. Di riduzione da una pratica della pittura quale modalità tradizionalmente omologata, alla costruzione di una oggettualità duttile quanto totale, quasi ininterrompibile, del colore, che risulta dunque imprevedibilmente reificato, e in modo attualistico, attraverso un processo appunto di riduzione in una sua filatura. Il colore filato, il colore che si fa filo, non più aggettivo di una superficie, ma oggetto di per sé; insomma, un inesauribile filo di colore, fatto dell’iterazione della successione elementare di acrilico blu, giallo, rosso, filati, in continuità e per un’estensione ciascuno pari alle braccia aperte dell’autore. Un filo di materia cromatica, a corpo, tangibile, modulabile e modellabile, ininterrotto ma punteggiato di prominenze, di punte composte dei tre colori, intese quali elementi, segni di qualità entro la continuità iterativa del mezzo. Colore liberato dalla madre tela, dice Pezzatini; con un singolare effetto finale di filo spinato cromatico, elementare, primario, ma certo di disposizione sostanzialmente ludica.
Una possibilità di pittura che si configura a partire dalla separazione del colore dalla tela, tradizionalmente l’indispensabile supporto (almeno moderno) del poter farsi il colore appunto pittura.
Attraverso il suo personalissimo gesto-azione-durata del filare il puro colore, del reificare filarmente il puro colore, Pezzatini si è creato lo strumento unico in cui interamente si riconosce, come in una introspezione operativa, in un’introiettamento del senso del fare, infine di traguardo liberatorio, in quanto gli permette appunto una ripartenza di possibilità d’espressione in modi del tutto propri. Gli permette infatti l’estroversione di una massima duttilità operativa, comportamentale, installativa, ambientale, d’appropriazione oggettuale, ma dunque originariamente una sollecitazione riflessiva, introspettiva, appunto introiettiva, rispetto proprio a ciò che costituisce l’universo mondo, lo spazio dello scambio sociale, del comunicare. Liberato il colore dallo statuto tipologico tradizionale della pittura, il divenire meramente filo di questa approssima il colore alla mano che lo manipola e crea soltanto filarmente, e al tempo stesso alla mente che ne ha immaginato il traguardo e ne programma l’utilizzo, come possibile strumento operativo a tutto campo, di segnalazione, d’appropriazione, di costruzione. Il processo del filo segna dunque, inizialmente appunto, una direzione introiettiva, introspettiva, una occasione sostanzialmente anche di catarsi, di catarsi emotiva, di riduzione a logica, a una filo-logica, che non ha uguali.
Una seconda direzione del processo è al contrario disposto in direzione espansiva, a partire cioè dal raggiunto traguardo della costituzione della pittura in filo, anziché dunque riduzionista del raggiungimento di un tale traguardo. Perché, come dice Pezzatini, quel filo costituisce il medium personalissimo con il quale egli agisce sul mondo, nel mondo, negli spazi della comunicazione, negli spazi urbani, nella dimensione dei comportamenti. Il filo infatti, archetipo immaginativo infine tipico del suo operare, esattamente delle proprie possibilità immaginative, emblema personalissimo di una raggiunta decantazione di elementarità attraverso la quale ha definito una sua identità in quella dimensione particolarissima del proprio fare arte, archetipo di riscontro antropologico, è anche lo strumento fisico attraverso il quale queste si realizzano operando nel mondo, costituendovi trame, sottolineandovi situazioni. È il filo colorato che connette, che evidenzia, che provoca, che richiama. Ma in un orizzonte che non è più soltanto privato, intimo, ma anzi si fa in modo sempre più determinante, collettivo, corale, urbano. Non è più insomma una trama di riferimento privato, sgranata attorno a sensazioni e a ricordi anche intimi, ma diviene lo strumento per operare segno fra i segni, segno particolarissimo, criptico, a suo modo archetipo, implicante.
Dal testo di Enrico Crispolti, “Un destino di filo-logica” in catalogo Lorenzo Pezzatini, a cura di A. Borsetti Venier, Firenze, Morgana Edizioni, 2006.
Lorenzo Pezzatini ha studiato negli Stati Uniti presso l’University of Massachussets di Amherst ottenendo un B.F.A in Pittura nel 1978 e un Master in Scultura nel 1981. Vive e lavora a Firenze dove insegna presso la S.A.C.I. Studio Art Centers International.
28
ottobre 2006
Lorenzo Pezzatini
Dal 28 ottobre al 30 novembre 2006
arte contemporanea
performance - happening
performance - happening
Location
VILLA PACCHIANI
Santa Croce Sull'arno, Piazza Pier Paolo Pasolini, (Pisa)
Santa Croce Sull'arno, Piazza Pier Paolo Pasolini, (Pisa)
Orario di apertura
feriali e festivi ore 16,00 - 19,00. Chiuso il lunedì
Vernissage
28 Ottobre 2006, ore 17
Editore
MORGANA
Autore