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Los Angeles Arcabuceros
Arte cuzqueña del XXI secolo
Comunicato stampa
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Los Angeles Arcabuceros
Trasvolando l’Atlantico, uno stormo di angeli
è calato dalle altitudini andine per esibire
agli occhi stupefatti degli italiani
trine fruscianti e ali screziate come arcobaleni.
Armata d’archibugi e d’alabarde,
questa milizia celeste reclutata
per scacciare a fucilate i dèmoni
del paganesimo dalle vette d’America,
sfila in parata con la fastosa bellicosità degli eserciti barocchi.
Tra le iconografie più amate e caratteristiche della pittura andina sin dal periodo vicereale, gli angeli boliviani e peruviani appaiono unici per resa e soggetto. I testi che ne influenzano le sembianze sono quelli di Antonio Ruiz de Montoya di Lima e di Dionigi l’Areopagita che, nel De coelesti hierarchia, suddivide gli angeli in tre gruppi: serafini, cherubini e troni; dominazioni, virtù e potenze; principati, angeli e arcangeli. A qualsivoglia gerarchia appartengano, che siano vestiti con costumi da soldati seicenteschi e muniti di armi da fuoco o che au contraire indossino indumenti femminili corti e calzino coturni romani, ciò che li accomuna è l’apparenza asessuata e giovanile. Le serie di angeli, paladini di quella devozione popolare che avrebbe visto gli esseri celesti scalzare i fenomeni naturali, compaiono nel vecchio continente nella prima metà del Seicento e migrano intorno al 1660 verso l’America del Sud, con destino il territorio che si estende dal nord del Perù all’Argentina settentrionale; La Paz e Cuzco diventano loro patrie d’elezione, centri di maggiore diffusione. La tendenza in voga all’epoca era quella di presentarli in compagnia di santi e Madonne.
Sebbene il Concilio tenutosi a Roma nel 745 e quello di Aquisgrana del 789 respinsero l’uso dei nomi degli angeli - tranne Michele, Gabriele e Raffaele, citati nella Bibbia -, la religione andina ne comprese un lungo elenco, tratto dal Libro dei vigilanti dell’apocrifo di Enoc; reincarnazioni creole dei terribili angeli dell’antico testamento, agli antipodi rispetto agli angioletti che invadevano le volte e le facciate del Barocco italiano, erano Jahiel, Teadquiel, Zadquiel, Osiel, e ancora – solo per citarne alcuni - Alamiel, Laeiel, Baradiel, Baraquiel, Galgadiel, Kokbiel, Laylahel, Matariel, Ofaniel, Raamiel, Raaziel, Rhatiel, Ruthiel, Salgiel, Samziel, Zaamael, Zaafiel, Zawael e Ziquiel. Nonostante l’improbabile parentela delle schiere angeliche del Bel Paese e di quelle andine, fu proprio un episodio italiano a riportare in auge la credenza in tali esseri celesti: nel 1516, a Palermo, dall’intonaco della chiesa di Sant’Angelo emerse un affresco che rappresentava sette arcangeli. La scoperta destò scalpore, contribuendo a dar vita alle serie angeliche spagnole e poi a quelle sud americane.
Tuttavia in Italia non solo non sussiste una simile iconografia, ma è anche poco nota. Intento dell’esposizione è colmare tale lacuna proponendo una selezione accurata e completa dei lavori provenienti dalla Escuela Cuzqueña, con i suoi maestosi angeli e le sue splendide Madonne.
La mostra prevede in particolare l’esposizione di un’intera compagnia di incantevoli Angeles Arcabuceros: vestiti con indumenti militari, impugnano fucili in disparate posizioni. Il loro costume è quello dei fanti della soldatesca spagnola dell’epoca: colletto in stile Van Dyck e veste a maniche corte, cotta lunga, calze, calzini e scarpe. Il capo è adornato di un grande cappello con piume e nastri. Agli Archibugieri si accompagneranno arcangeli e serafini e, come vuole la tradizione, alcune celebri Virgen, quali la Filandera e le sfarzose Madonne de Cocharcas e de Belen.
Allegra Alacevich
Trasvolando l’Atlantico, uno stormo di angeli
è calato dalle altitudini andine per esibire
agli occhi stupefatti degli italiani
trine fruscianti e ali screziate come arcobaleni.
Armata d’archibugi e d’alabarde,
questa milizia celeste reclutata
per scacciare a fucilate i dèmoni
del paganesimo dalle vette d’America,
sfila in parata con la fastosa bellicosità degli eserciti barocchi.
Tra le iconografie più amate e caratteristiche della pittura andina sin dal periodo vicereale, gli angeli boliviani e peruviani appaiono unici per resa e soggetto. I testi che ne influenzano le sembianze sono quelli di Antonio Ruiz de Montoya di Lima e di Dionigi l’Areopagita che, nel De coelesti hierarchia, suddivide gli angeli in tre gruppi: serafini, cherubini e troni; dominazioni, virtù e potenze; principati, angeli e arcangeli. A qualsivoglia gerarchia appartengano, che siano vestiti con costumi da soldati seicenteschi e muniti di armi da fuoco o che au contraire indossino indumenti femminili corti e calzino coturni romani, ciò che li accomuna è l’apparenza asessuata e giovanile. Le serie di angeli, paladini di quella devozione popolare che avrebbe visto gli esseri celesti scalzare i fenomeni naturali, compaiono nel vecchio continente nella prima metà del Seicento e migrano intorno al 1660 verso l’America del Sud, con destino il territorio che si estende dal nord del Perù all’Argentina settentrionale; La Paz e Cuzco diventano loro patrie d’elezione, centri di maggiore diffusione. La tendenza in voga all’epoca era quella di presentarli in compagnia di santi e Madonne.
Sebbene il Concilio tenutosi a Roma nel 745 e quello di Aquisgrana del 789 respinsero l’uso dei nomi degli angeli - tranne Michele, Gabriele e Raffaele, citati nella Bibbia -, la religione andina ne comprese un lungo elenco, tratto dal Libro dei vigilanti dell’apocrifo di Enoc; reincarnazioni creole dei terribili angeli dell’antico testamento, agli antipodi rispetto agli angioletti che invadevano le volte e le facciate del Barocco italiano, erano Jahiel, Teadquiel, Zadquiel, Osiel, e ancora – solo per citarne alcuni - Alamiel, Laeiel, Baradiel, Baraquiel, Galgadiel, Kokbiel, Laylahel, Matariel, Ofaniel, Raamiel, Raaziel, Rhatiel, Ruthiel, Salgiel, Samziel, Zaamael, Zaafiel, Zawael e Ziquiel. Nonostante l’improbabile parentela delle schiere angeliche del Bel Paese e di quelle andine, fu proprio un episodio italiano a riportare in auge la credenza in tali esseri celesti: nel 1516, a Palermo, dall’intonaco della chiesa di Sant’Angelo emerse un affresco che rappresentava sette arcangeli. La scoperta destò scalpore, contribuendo a dar vita alle serie angeliche spagnole e poi a quelle sud americane.
Tuttavia in Italia non solo non sussiste una simile iconografia, ma è anche poco nota. Intento dell’esposizione è colmare tale lacuna proponendo una selezione accurata e completa dei lavori provenienti dalla Escuela Cuzqueña, con i suoi maestosi angeli e le sue splendide Madonne.
La mostra prevede in particolare l’esposizione di un’intera compagnia di incantevoli Angeles Arcabuceros: vestiti con indumenti militari, impugnano fucili in disparate posizioni. Il loro costume è quello dei fanti della soldatesca spagnola dell’epoca: colletto in stile Van Dyck e veste a maniche corte, cotta lunga, calze, calzini e scarpe. Il capo è adornato di un grande cappello con piume e nastri. Agli Archibugieri si accompagneranno arcangeli e serafini e, come vuole la tradizione, alcune celebri Virgen, quali la Filandera e le sfarzose Madonne de Cocharcas e de Belen.
Allegra Alacevich
18
novembre 2005
Los Angeles Arcabuceros
Dal 18 novembre al 06 dicembre 2005
arte contemporanea
Location
CATARTICA ARTE CONTEMPORANEA
Torino, Via Giuseppe Garibaldi, 9/BIS, (Torino)
Torino, Via Giuseppe Garibaldi, 9/BIS, (Torino)
Orario di apertura
martedì, giovedì e venerdì 15-19 (altri giorni e orari su appuntamento)
Vernissage
18 Novembre 2005, ore 18-21
Curatore