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L’ossessione della normalità
Il complesso rapporto tra arte e follia
Comunicato stampa
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Follia: un termine frequentato e, purtroppo, spesso abusato anche nella critica d’arte. Di artisti definiti matti,
chiusi in manicomio, studiati per i loro disturbi psichici (e talvolta creduti interessanti proprio perché
osservati da quest’ottica particolare) se ne contano a centinaia nella storia dell’arte; un motivo ricorrente –
quasi un luogo comune, direi – che ha finito con il perdere di vista il vero nocciolo della questione: la portata
della lezione, la forza espressiva, la personalità di uomini che innanzi tutto erano artisti, talvolta artisti
straordinari.
La nostra mostra vuole evitare il comune percorso che identifica come “folli” alcuni nomi della storia
dell’arte, sfuggire anche alle maglie dell’Art Brut, definizione che, peraltro, apre a lidi ancora più distanti. In
occasione della permanenza al MUST, Museo del Territorio di Vimercate, di alcune opere di Antonio Ligabue
(il “pazzo” per eccellenza della pittura italiana), heart propone un progetto che ripensa il concetto di follia e
il suo legame con la creatività artistica da un punto di vista diverso. Quale artista non è folle? Quale
sognatore non lo è? E poi cos’è la follia se non il nome che la “mediocrità del quotidiano” attribuisce a ciò
che sfugge alla sua comprensione? Quella per la normalità è un’ossessione che genera una fobia: il terrore
del diverso o, semplicemente, di chi nega gli schemi e vola un po’ più in là.
Ma la questione che merita di essere approfondita è anche un’altra, e altrettanto complessa. Ci sono artisti
che hanno passato periodi (anche lunghi) della loro vita in strutture specializzate nelle cure psichiatriche.
Quanto conta questo dettaglio biografico nella lettura del loro lavoro? Quanto la loro ricerca può e deve
essere letta alla luce di questa permanenza? Nella grande storia dell’arte il pensiero corre a Van Gogh,
troppo spesso raccontato come il “folle che dipinge”, oggi finalmente ritrovato come artista dalla
sconvolgente lucidità, dalla straordinaria preparazione tecnica… grande artista al di là di qualsiasi
definizione, soprattutto lontanissimo dall’immagine del matto che dipinge d’istinto, gettando coloro sulla
tela, seguendo la sola logica della sua pazzia, che in passato qualcuno ha voluto cucirgli addosso.
Per la nostra riflessione abbiamo scelto quattro artisti tra loro molto distanti: Filippo de Pisis, Tancredi
Parmeggiani, Carlo Zinelli e Edoardo Fraquelli. Quattro storie, quattro personalità ben distinte; ad
accomunarli è proprio la loro presunta “diversità”, l’essere stati giudicati in virtù di comportamenti ritenuti
fuori dal normale, fino a essere internati in strutture specializzate per la cura di patologie psichiche. Qual è
il rapporto tra la produzione pittorica di questi grandi artisti e la loro cosiddetta follia? Quanto ha influito
sulla loro creatività questa diversa percezione delle cose che ha finito con il farli considerare psichicamente
instabili?
A parlare di loro – del loro talento e della loro straordinaria personalità artistica – sono innanzi tutto le
opere. E sarà proprio attraverso i loro lavori che la nostra mostra racconterà come la diversità, la
complessità di pensiero e una spiccata sensibilità siano condizioni che appartengono al senso più profondo
del fare arte.
Simona Bartolena
(Curatrice della mostra e presidente di heart – PULSAZIONI CULTURALI)
chiusi in manicomio, studiati per i loro disturbi psichici (e talvolta creduti interessanti proprio perché
osservati da quest’ottica particolare) se ne contano a centinaia nella storia dell’arte; un motivo ricorrente –
quasi un luogo comune, direi – che ha finito con il perdere di vista il vero nocciolo della questione: la portata
della lezione, la forza espressiva, la personalità di uomini che innanzi tutto erano artisti, talvolta artisti
straordinari.
La nostra mostra vuole evitare il comune percorso che identifica come “folli” alcuni nomi della storia
dell’arte, sfuggire anche alle maglie dell’Art Brut, definizione che, peraltro, apre a lidi ancora più distanti. In
occasione della permanenza al MUST, Museo del Territorio di Vimercate, di alcune opere di Antonio Ligabue
(il “pazzo” per eccellenza della pittura italiana), heart propone un progetto che ripensa il concetto di follia e
il suo legame con la creatività artistica da un punto di vista diverso. Quale artista non è folle? Quale
sognatore non lo è? E poi cos’è la follia se non il nome che la “mediocrità del quotidiano” attribuisce a ciò
che sfugge alla sua comprensione? Quella per la normalità è un’ossessione che genera una fobia: il terrore
del diverso o, semplicemente, di chi nega gli schemi e vola un po’ più in là.
Ma la questione che merita di essere approfondita è anche un’altra, e altrettanto complessa. Ci sono artisti
che hanno passato periodi (anche lunghi) della loro vita in strutture specializzate nelle cure psichiatriche.
Quanto conta questo dettaglio biografico nella lettura del loro lavoro? Quanto la loro ricerca può e deve
essere letta alla luce di questa permanenza? Nella grande storia dell’arte il pensiero corre a Van Gogh,
troppo spesso raccontato come il “folle che dipinge”, oggi finalmente ritrovato come artista dalla
sconvolgente lucidità, dalla straordinaria preparazione tecnica… grande artista al di là di qualsiasi
definizione, soprattutto lontanissimo dall’immagine del matto che dipinge d’istinto, gettando coloro sulla
tela, seguendo la sola logica della sua pazzia, che in passato qualcuno ha voluto cucirgli addosso.
Per la nostra riflessione abbiamo scelto quattro artisti tra loro molto distanti: Filippo de Pisis, Tancredi
Parmeggiani, Carlo Zinelli e Edoardo Fraquelli. Quattro storie, quattro personalità ben distinte; ad
accomunarli è proprio la loro presunta “diversità”, l’essere stati giudicati in virtù di comportamenti ritenuti
fuori dal normale, fino a essere internati in strutture specializzate per la cura di patologie psichiche. Qual è
il rapporto tra la produzione pittorica di questi grandi artisti e la loro cosiddetta follia? Quanto ha influito
sulla loro creatività questa diversa percezione delle cose che ha finito con il farli considerare psichicamente
instabili?
A parlare di loro – del loro talento e della loro straordinaria personalità artistica – sono innanzi tutto le
opere. E sarà proprio attraverso i loro lavori che la nostra mostra racconterà come la diversità, la
complessità di pensiero e una spiccata sensibilità siano condizioni che appartengono al senso più profondo
del fare arte.
Simona Bartolena
(Curatrice della mostra e presidente di heart – PULSAZIONI CULTURALI)
28
novembre 2014
L’ossessione della normalità
Dal 28 novembre al 21 dicembre 2014
arte contemporanea
Location
HEART SPAZIO VIVO
Vimercate, Via Trezzo, (Monza E Brianza)
Vimercate, Via Trezzo, (Monza E Brianza)
Orario di apertura
sabato e domenica dalle 16.00 alle 19.00
e in occasione degli eventi in calendario
Vernissage
28 Novembre 2014, ore 21.00
Autore
Curatore