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L’Ottocento e il mito di Correggio
LOttocento e il mito di Correggio è innanzitutto un omaggio a due figure per molti versi fondamentali della storia parmense: Maria Luigia dAsburgo, Duchessa di Parma, e lincisore Paolo Toschi. Vuole anche essere una soluzione virtuosa di un problema allestitivo di lunghissima data con cui si sono confrontati tutti i direttori dellex Galleria Nazionale.
Comunicato stampa
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LOttocento e il mito di Correggio è innanzitutto un omaggio a due figure per molti versi fondamentali della storia parmense: Maria Luigia dAsburgo, Duchessa di Parma, e lincisore Paolo Toschi. Vuole anche essere una soluzione virtuosa di un problema allestitivo di lunghissima data con cui si sono confrontati tutti i direttori dellex Galleria Nazionale. La Rocchetta, teatro di questa mostra permanente, infatti è uno spazio importantissimo dal punto di vista storico ma di difficile musealizzazione. Vi si trovano le pale del Correggio in un allestimento ottocentesco storicizzato e quindi inamovibile. Esse sono alla fine del percorso, però, cronologicamente decontestualizzate dalla produzione coeva e vengono dopo le opere del Settecento, esposte negli antichi saloni dellAccademia.
Esiste da sempre un problema sul come giustificare tale collocazione che questo allestimento crede finalmente di aver risolto: il Correggio di questi spazi, in effetti, non è un Correggio pienamente rinascimentale, ma reinventato dal XIX secolo, a uso dei copisti dellAccademia. Tirato giù dagli altari delle chiese in cui si trovava, è un maestro ormai borghese che il visitatore trova allestito ad altezza docchio per un dialogo a tu per tu. Per spiegare il senso di questo stravolgimento culturale, è stato perciò creato un percorso ricomprensivo, tipico di un museo contemporaneo cui è al contempo richiesta la narrazione della storia dellarte e di quella delle collezioni. Con lOttocento e il mito di Correggio, quindi, il visitatore troverà spiegato il senso della rimozione delle opere dagli edifici sacri da cui provengono e grazie alla esposizione per la prima volta al pubblico della pittura ottocentesca della Pilotta il contesto artistico di questa reinvenzione.
Intorno ai quattro capolavori del Correggio La Madonna con la scodella e la Madonna di San Girolamo più le due tele provenienti dalla Cappella del Bono che con il Secondo Trattato di Parigi nel 1815 vennero restituiti a Parma dal Louvre dove erano confluiti per effetto delle requisizioni napoleoniche, la mostra presenta anche il meglio della produzione ottocentesca del Ducato, nellepoca in cui questo Correggio secolarizzato diventa leroe della pittura nazionale parmigiana.
Andando alle date, dopo il 1815 il Palazzo della Pilotta rappresentò un rifugio adatto per accogliere il patrimonio darte che doveva essere ricomposto e valorizzato e per tale motivo si rese necessario effettuare un rilievo delle sale della Rocchetta e dei locali dove aveva sede lAccademia di Belle Arti oltre che progettare lampliamento dello spazio espositivo nei vasti saloni adiacenti la Rocchetta, affidato agli architetti Nicolò Bettoli e Paolo Toschi, che con lesposizione delle opere del Correggio nelle salette piccole della Rocchetta le affidano il ruolo di sancta sanctorum della quadreria luigina.
I lavori di ampliamento iniziano nel 1821 e terminano tra il 1835 ed il 1838. Ad unire il grande maestro rinascimentale e i capolavori ottocenteschi è Paolo Toschi, incisore raffinato, architetto e direttore dellAccademia delle Belle Arti, fondata nel 1757 dal duca Filippo di Borbone, poi fortemente sostenuta dalla Duchessa. Toschi ottenne che le due pale e le due tele diventassero strumento di esercizio per gli allievi della sua Accademia che vennero quindi poste su strutture che le rendessero orientabili per favorirne lilluminazione, ovvero la visione con ogni luce. Toschi aveva diffuso, grazie alle incisioni su rame, lopera di Correggio in tutta Europa, contribuendo alla fama del maestro e della città. Suoi sono gli acquerelli che riproducono gli affreschi del Duomo e di San Giovanni che si ammirano in mostra tra le due pale, alcuni inviati alla Grande Esposizione di Londra del 1855 a rappresentare larte del Ducato. Molte delle sue opere e dei suoi allievi sono perciò esposte in queste sale in contrappunto con gli originali rinascimentali, restituendo al visitatore il senso di una reinvenzione culturale e artistica di primaria importanza per la storiografia dellarte italiana.
La sua era una visione dellarte di Maria Luigia, che risentiva di un gusto neoclassico di ascendenza ancora imperiale, aperta però al nascente gusto romantico per i soggetti storici e per la natura. In mostra, appartiene al primo filone lopera di Francesco Scaramuzza rappresentata da una monumentale Silvia e Aminta, inviata nel 1862 ad illustrare Parma allEsposizione Universale di Londra. Più accondiscendenti al gusto romantico sono i due magnifici Rebel acquistati direttamente da Maria Luigia, le due monumentali tele di Giuseppe Molteni, altro pittore ufficiale del ducato luigino mentre la piccola opera di Ferdinando Storelli rappresenta lestetica di quella che la duchessa volle una longeva e significativa scuola parmense di pittura di paesaggio.
Uno degli ambiti in cui si espresse maggiormente la committenza luigina fu senzaltro quello della pittura religiosa, improntata a una concezione paternalista dello Stato. Le iconografie misericordiose, infatti, o celebranti le attività di elemosina o le elargizioni sovrane si moltiplicarono a dismisura e videro attivi gli artisti ufficiali della corte. Valgano per tutti il San Giovanni Battista di Francesco Scaramuzza e il David con la testa di Golia di Enrico Barbieri. In diverse opere il riferimento ai maestri della pittura emiliana appare declinato in chiave nazionalistica di esaltazione del genio parmigiano. Che è anche genio e celebrazione dellartista, come esprime la fioritura del genere dellautoritratto. Ma la contemporaneità irrompe anche nellantico Ducato costringendo la cultura accademica parmigiana ad emanciparsi. Ecco che la pittura di paesaggio risulta focalizzata ormai sulle forze naturali e quindi scientifiche che caratterizzano la universale vastità del reale. Le spettacolari tele di Alberto Pasini, come i diaporama del tempo, riproducono in chiave immersiva i paesaggi esotici in cui si svolgeva la vita dei popoli più remoti. Cecrope Barilli intanto ricerca lesotico nascosto nel primitivo di classi popolari dedite a forme di esistenza analoghe a quelle delle terre colonizzate, mentre un universo tutto nuovo è quello introdotto da Amedeo Bocchi. Ed è già un entrare nel nuovo secolo.
Per precisa scelta strategica del Direttore Simone Verde, questa mostra, dopo il lungo periodo espositivo si trasformerà in sezione definitiva della grande pinacoteca della Nuova Pilotta. Alle pareti resteranno le opere con i relativi pannelli espositivi, mentre lampio corredo documentario di approfondimento e confronto proposto dalla mostra temporanea resterà documentato dal catalogo scientifico dellesposizione.
Esiste da sempre un problema sul come giustificare tale collocazione che questo allestimento crede finalmente di aver risolto: il Correggio di questi spazi, in effetti, non è un Correggio pienamente rinascimentale, ma reinventato dal XIX secolo, a uso dei copisti dellAccademia. Tirato giù dagli altari delle chiese in cui si trovava, è un maestro ormai borghese che il visitatore trova allestito ad altezza docchio per un dialogo a tu per tu. Per spiegare il senso di questo stravolgimento culturale, è stato perciò creato un percorso ricomprensivo, tipico di un museo contemporaneo cui è al contempo richiesta la narrazione della storia dellarte e di quella delle collezioni. Con lOttocento e il mito di Correggio, quindi, il visitatore troverà spiegato il senso della rimozione delle opere dagli edifici sacri da cui provengono e grazie alla esposizione per la prima volta al pubblico della pittura ottocentesca della Pilotta il contesto artistico di questa reinvenzione.
Intorno ai quattro capolavori del Correggio La Madonna con la scodella e la Madonna di San Girolamo più le due tele provenienti dalla Cappella del Bono che con il Secondo Trattato di Parigi nel 1815 vennero restituiti a Parma dal Louvre dove erano confluiti per effetto delle requisizioni napoleoniche, la mostra presenta anche il meglio della produzione ottocentesca del Ducato, nellepoca in cui questo Correggio secolarizzato diventa leroe della pittura nazionale parmigiana.
Andando alle date, dopo il 1815 il Palazzo della Pilotta rappresentò un rifugio adatto per accogliere il patrimonio darte che doveva essere ricomposto e valorizzato e per tale motivo si rese necessario effettuare un rilievo delle sale della Rocchetta e dei locali dove aveva sede lAccademia di Belle Arti oltre che progettare lampliamento dello spazio espositivo nei vasti saloni adiacenti la Rocchetta, affidato agli architetti Nicolò Bettoli e Paolo Toschi, che con lesposizione delle opere del Correggio nelle salette piccole della Rocchetta le affidano il ruolo di sancta sanctorum della quadreria luigina.
I lavori di ampliamento iniziano nel 1821 e terminano tra il 1835 ed il 1838. Ad unire il grande maestro rinascimentale e i capolavori ottocenteschi è Paolo Toschi, incisore raffinato, architetto e direttore dellAccademia delle Belle Arti, fondata nel 1757 dal duca Filippo di Borbone, poi fortemente sostenuta dalla Duchessa. Toschi ottenne che le due pale e le due tele diventassero strumento di esercizio per gli allievi della sua Accademia che vennero quindi poste su strutture che le rendessero orientabili per favorirne lilluminazione, ovvero la visione con ogni luce. Toschi aveva diffuso, grazie alle incisioni su rame, lopera di Correggio in tutta Europa, contribuendo alla fama del maestro e della città. Suoi sono gli acquerelli che riproducono gli affreschi del Duomo e di San Giovanni che si ammirano in mostra tra le due pale, alcuni inviati alla Grande Esposizione di Londra del 1855 a rappresentare larte del Ducato. Molte delle sue opere e dei suoi allievi sono perciò esposte in queste sale in contrappunto con gli originali rinascimentali, restituendo al visitatore il senso di una reinvenzione culturale e artistica di primaria importanza per la storiografia dellarte italiana.
La sua era una visione dellarte di Maria Luigia, che risentiva di un gusto neoclassico di ascendenza ancora imperiale, aperta però al nascente gusto romantico per i soggetti storici e per la natura. In mostra, appartiene al primo filone lopera di Francesco Scaramuzza rappresentata da una monumentale Silvia e Aminta, inviata nel 1862 ad illustrare Parma allEsposizione Universale di Londra. Più accondiscendenti al gusto romantico sono i due magnifici Rebel acquistati direttamente da Maria Luigia, le due monumentali tele di Giuseppe Molteni, altro pittore ufficiale del ducato luigino mentre la piccola opera di Ferdinando Storelli rappresenta lestetica di quella che la duchessa volle una longeva e significativa scuola parmense di pittura di paesaggio.
Uno degli ambiti in cui si espresse maggiormente la committenza luigina fu senzaltro quello della pittura religiosa, improntata a una concezione paternalista dello Stato. Le iconografie misericordiose, infatti, o celebranti le attività di elemosina o le elargizioni sovrane si moltiplicarono a dismisura e videro attivi gli artisti ufficiali della corte. Valgano per tutti il San Giovanni Battista di Francesco Scaramuzza e il David con la testa di Golia di Enrico Barbieri. In diverse opere il riferimento ai maestri della pittura emiliana appare declinato in chiave nazionalistica di esaltazione del genio parmigiano. Che è anche genio e celebrazione dellartista, come esprime la fioritura del genere dellautoritratto. Ma la contemporaneità irrompe anche nellantico Ducato costringendo la cultura accademica parmigiana ad emanciparsi. Ecco che la pittura di paesaggio risulta focalizzata ormai sulle forze naturali e quindi scientifiche che caratterizzano la universale vastità del reale. Le spettacolari tele di Alberto Pasini, come i diaporama del tempo, riproducono in chiave immersiva i paesaggi esotici in cui si svolgeva la vita dei popoli più remoti. Cecrope Barilli intanto ricerca lesotico nascosto nel primitivo di classi popolari dedite a forme di esistenza analoghe a quelle delle terre colonizzate, mentre un universo tutto nuovo è quello introdotto da Amedeo Bocchi. Ed è già un entrare nel nuovo secolo.
Per precisa scelta strategica del Direttore Simone Verde, questa mostra, dopo il lungo periodo espositivo si trasformerà in sezione definitiva della grande pinacoteca della Nuova Pilotta. Alle pareti resteranno le opere con i relativi pannelli espositivi, mentre lampio corredo documentario di approfondimento e confronto proposto dalla mostra temporanea resterà documentato dal catalogo scientifico dellesposizione.
02
ottobre 2020
L’Ottocento e il mito di Correggio
Dal 02 ottobre 2020 al 03 ottobre 2021
arte antica
Location
PILOTTA
Parma, Piazzale della Pilotta, 15, (PR)
Parma, Piazzale della Pilotta, 15, (PR)
Vernissage
2 Ottobre 2020, , su invito
Ufficio stampa
STUDIO ESSECI
Autore
Curatore