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Luana Romano – Altus Aquae
Lo strumento è la pittura; l’artista non vuole lasciare unicamente
agli anacronisti il monopolio della difesa della pittura dagli assalti delle Neoavanguardie e di tutti
coloro che dichiarano la pittura stessa morta e sepolta.
Comunicato stampa
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LUANA ROMANO E LA CHIMERA DELLE ACQUE
“Io abbisogno di una storia che sia
contemporaneamente verosimile e impossibile”
G. Manganelli
Da che mondo è mondo, gli artisti fanno uso di modelle e di modelli; ovviamente costoro servono
come punto di partenza per portare avanti un discorso che poi si dimentica di loro e che punta
diretto alla creazione di una realtà che è solo quella che vive all’interno del delirio dell’autore. E’
accaduto così che Luana Romano si lasciasse affascinare da Il Risveglio, video di Yaprak Akinci,
immediatamente dopo la pittrice si è imbarcata per la sua Citera, per l’isola che è solo sua e di
nessun altro. Il modello ha però costretto la Romano ad abbandonare per un attimo
l’intransigenza astratta per una scelta magnificamente ambigua che vede figurazione ed
astrazione giocare una partita ricca e complessa. Una partita che contempla però, alla fine,
l’apoteosi della totale liberazione dalla dittatura dell’oggetto. Perché Luana Romano si è
avvicinata al suo modello, al lavoro della Akinci?
All’artista non interessa l’ordine bensì il caos; l’acqua e gli
oggetti creati dall’uomo non sono ormai più distinguibili. Non ricorda l’atto dell’esondazione, ma
ciò che si stabilisce dopo; appunto la confusione utopicamente realizzata del tutto. Ancora,
perché il caos? È presto detto; il caos pone termine alle gabbie, alle gerarchie, alle definizioni, ai
paletti, ai destini imposti e subiti. In più il caos abolisce la reciproca distanza delle cose; il Sartre
esistenzialista può essere un utile grimaldello per penetrare nell’universo artistico e culturale della
nostra. Osserva il filosofo francese che la coscienza è invasa dal dramma di assistere all’essere
che è dappertutto, che pesa sull’uomo e che l’assedia da ogni lato. Così noi siamo rimandati da
un essere all’altro in un’infernale catena di soggezione. Per Luana Romano l’arte può arginare,
anche se solo magicamente, questo stato di cose. Il caos, lo ripetiamo, pone fine, grazie al suo
intrinseco rifiuto del logos, a questo infinito andare e sospende così l’egemonia dell’isolato, del
separato e del determinato: in una parola celebra l’apoteosi della libertà. Veniamo ora allo
strumento scelto per celebrare il caos e la libertà.
Lo strumento è la pittura; l’artista non vuole lasciare unicamente
agli anacronisti il monopolio della difesa della pittura dagli assalti delle Neoavanguardie e di tutti
coloro che dichiarano la pittura stessa morta e sepolta. Per lei poi la celebrazione della libertà
non può essere disgiunta dalla dichiarazione della bellezza; va quindi respinto Marcel Duchamp
quando riduce l’arte a concetto ed esorcizza l’emozione e il piacere fisico che sono legati alla
carnalità dello “sporcarsi le mani”. Il concetto, conclude Luana Romano, non è certo da
escludere, tant’è che si occupa della libertà. Il concetto, per essere vivo e vitale, è però da
intendersi come permanentemente incarnato; contrariamente rischiamo di perderci nei ghiacci
dell’intellettualismo. Possiamo definire “romantica” una tale posizione? Senz’altro; d’altra parte
l’intera cultura contemporanea è attraversata da potenti striature romantiche; da parte nostra
l’eventuale “accusa” di Romanticismo risulta essere un complimento rivolto all’artista. Come
sappiamo, la scelta astratta trae, non a caso, la sua radice ultima dalla visione romantica del
mondo. La caduta della mimesi dà trionfalmente forma pertanto ad un cosmo inesistente di cui
abbiamo assolutamente bisogno dato che Luana Romano condivide pienamente con Fernando
Pessoa l’idea secondo la quale la realtà non basta e dobbiamo fare appello a quella realtà
seconda e supplementare che solo l’arte può realizzare grazie all’intervento di quelle chimere
che, come l’acqua, si infilano dappertutto e che riducono ogni cosa al meraviglioso
Robertomaria Siena
“Io abbisogno di una storia che sia
contemporaneamente verosimile e impossibile”
G. Manganelli
Da che mondo è mondo, gli artisti fanno uso di modelle e di modelli; ovviamente costoro servono
come punto di partenza per portare avanti un discorso che poi si dimentica di loro e che punta
diretto alla creazione di una realtà che è solo quella che vive all’interno del delirio dell’autore. E’
accaduto così che Luana Romano si lasciasse affascinare da Il Risveglio, video di Yaprak Akinci,
immediatamente dopo la pittrice si è imbarcata per la sua Citera, per l’isola che è solo sua e di
nessun altro. Il modello ha però costretto la Romano ad abbandonare per un attimo
l’intransigenza astratta per una scelta magnificamente ambigua che vede figurazione ed
astrazione giocare una partita ricca e complessa. Una partita che contempla però, alla fine,
l’apoteosi della totale liberazione dalla dittatura dell’oggetto. Perché Luana Romano si è
avvicinata al suo modello, al lavoro della Akinci?
All’artista non interessa l’ordine bensì il caos; l’acqua e gli
oggetti creati dall’uomo non sono ormai più distinguibili. Non ricorda l’atto dell’esondazione, ma
ciò che si stabilisce dopo; appunto la confusione utopicamente realizzata del tutto. Ancora,
perché il caos? È presto detto; il caos pone termine alle gabbie, alle gerarchie, alle definizioni, ai
paletti, ai destini imposti e subiti. In più il caos abolisce la reciproca distanza delle cose; il Sartre
esistenzialista può essere un utile grimaldello per penetrare nell’universo artistico e culturale della
nostra. Osserva il filosofo francese che la coscienza è invasa dal dramma di assistere all’essere
che è dappertutto, che pesa sull’uomo e che l’assedia da ogni lato. Così noi siamo rimandati da
un essere all’altro in un’infernale catena di soggezione. Per Luana Romano l’arte può arginare,
anche se solo magicamente, questo stato di cose. Il caos, lo ripetiamo, pone fine, grazie al suo
intrinseco rifiuto del logos, a questo infinito andare e sospende così l’egemonia dell’isolato, del
separato e del determinato: in una parola celebra l’apoteosi della libertà. Veniamo ora allo
strumento scelto per celebrare il caos e la libertà.
Lo strumento è la pittura; l’artista non vuole lasciare unicamente
agli anacronisti il monopolio della difesa della pittura dagli assalti delle Neoavanguardie e di tutti
coloro che dichiarano la pittura stessa morta e sepolta. Per lei poi la celebrazione della libertà
non può essere disgiunta dalla dichiarazione della bellezza; va quindi respinto Marcel Duchamp
quando riduce l’arte a concetto ed esorcizza l’emozione e il piacere fisico che sono legati alla
carnalità dello “sporcarsi le mani”. Il concetto, conclude Luana Romano, non è certo da
escludere, tant’è che si occupa della libertà. Il concetto, per essere vivo e vitale, è però da
intendersi come permanentemente incarnato; contrariamente rischiamo di perderci nei ghiacci
dell’intellettualismo. Possiamo definire “romantica” una tale posizione? Senz’altro; d’altra parte
l’intera cultura contemporanea è attraversata da potenti striature romantiche; da parte nostra
l’eventuale “accusa” di Romanticismo risulta essere un complimento rivolto all’artista. Come
sappiamo, la scelta astratta trae, non a caso, la sua radice ultima dalla visione romantica del
mondo. La caduta della mimesi dà trionfalmente forma pertanto ad un cosmo inesistente di cui
abbiamo assolutamente bisogno dato che Luana Romano condivide pienamente con Fernando
Pessoa l’idea secondo la quale la realtà non basta e dobbiamo fare appello a quella realtà
seconda e supplementare che solo l’arte può realizzare grazie all’intervento di quelle chimere
che, come l’acqua, si infilano dappertutto e che riducono ogni cosa al meraviglioso
Robertomaria Siena
04
aprile 2013
Luana Romano – Altus Aquae
Dal 04 al 20 aprile 2013
arte contemporanea
Location
GALLERIA LE OPERE
Roma, Via Di Monte Giordano, 27, (Roma)
Roma, Via Di Monte Giordano, 27, (Roma)
Orario di apertura
dal mercoledi' al sabato 16.00 - 20.00
Vernissage
4 Aprile 2013, h 18.30
Autore
Curatore