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Luca Baioni / Jonny Briggs – Dalle soglie del sonno alle prime luci diurne
La fotografia diventa una terapia, capace di valicare le inquietudini attraverso un viaggio performativo ed onirico.
Baioni e Briggs, con metodologie diverse ma ugualmente simili nella necessità di affrontare i propri demoni, ci propongono un viaggio nel subconscio che diventa collettivo.
Comunicato stampa
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DALLE SOGLIE DEL SONNO ALLE PRIME LUCI DIURNE è una doppia personale presentata nello spazio di Mucho Mas in collaborazione con Ncontemporary di Milano.
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Cosa c’è dietro ad una fotografia? Quali sono gli istinti dell’uomo che lo spingono ad esprimersi, direttamente o indirettamente, tramite la produzione di un’immagine?
Spesso siamo guidati da esperienze personali o da qualcosa di profondo presente all’interno del nostro inconscio. La fotografia nel contemporaneo ha valicato la rappresentazione e viene utilizzata come strumento che ci permette di navigare negli abissi degli ambiti espressivi. Vergogna, traumi e paure vengono riformulati per essere visualizzati, per diventare immagini.
Jonny Briggs e Luca Baioni possiedono la capacità comune di utilizzare il mezzo fotografico come strumento per raccontarci qualcosa di sé, di profondo e indefinito, intrinseco in ciascuno di noi. Qualcosa che neghiamo perché perturbante, disallineato, caotico.
Mani che bucano immagini e deformazioni di volti ci guardano, traghettandoci come Caronte in un inferno di sensazioni a cui spesso non diamo sfogo ma che ora siamo chiamati a guardare in faccia.
La fotografia così diventa una terapia, capace di valicare le inquietudini attraverso un viaggio performativo ed onirico.
Baioni e Briggs, con metodologie diverse ma ugualmente simili nella necessità di affrontare i propri demoni, ci propongono un viaggio nel subconscio che diventa collettivo. L’uno attraverso l’appropriazione di immagini distorte, deformate e poi riassemblate, all’inseguimento di una visione profonda che cerca di materializzarsi a tutti i costi e con ogni mezzo, l’altro tramite la mise en place del proprio inconscio svelato, ricreato meticolosamente nella realtà e poi riportato nuovamente alla bidimensionali dell’immagine.
Il dialogo proposto in questa mostra tra la serie Polyptych (Lysergik funeral procession) di Baioni ed il corpus di lavori di Briggs è sia un percorso personale che una riflessione collettiva sulle immagini, così pervasive nella nostra vita da costituire ormai la parte fondante della nostra identità. Gli autori smantellano le vecchie modalità visive della fotografia, trasmutando i suoi valori ideali da quelli di rappresentazione di realtà a quelli post-fotografici di costruzione del sé.
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LUCA BAIONI
Polyptych (Lysergik funeral procession)
La vita è il coacervo buio, inestricabile, misterioso, caotico e incomprensibile di sensazioni sovrapposte e mischiate. I demoni appaiono nelle cose, invitano a procedere oltre esse, nel loro lato “eccedente”, per scoprirne la natura. Sono i volti del terrore panico, contenuto sensoriale implicito nell’esperienza del mondo. Sono espressione del trauma, del lampo che scuote e sventra la realtà, mostrando la sua vera dimensione, infinita, irrisolvibile, incomprensibile.
Il grottesco e il violento, come caratteri raffigurativi di questi demoni, sono legati ad una forma espressiva propria delle sensazioni di terrore derivanti dall’essere partecipi di un’esperienza che ci sommerge, ci butta in un caos irrevocabile e incontrollabile, ci fa sentire parte di qualcosa di incredibilmente più grande, complesso, profondo e vivo di quanto la nostra singola coscienza possa elaborare, capire, chiarire.
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JONNY BRIGGS
Le opere di Jonny non lasciano indifferenti invece provocano attenzione, stupore e sgomento. Contengono qualcosa di inconsueto ed estraneo al nostro immaginario, che non lascia adito all’imparzialità emotiva dell’osservatore il quale si trova necessariamente messo di fronte, in modo più o meno consapevole, ad una scelta di campo che attraversa l’estetica e arriva ad una sfera più intima.
Se osserviamo bene le sue fotografie notiamo questa continua ironia che mette in discussione, non solo formalmente, il confine tra la realtà e la finzione, tra il bambino e l’adulto, tra il sè e l’altro creando una situazione in cui si uniscono caratteristiche di estraneità e familiarità in una sorta di dualismo affettivo.
Proprio attraverso questo dualismo l’artista tenta di rompere e uscire fuori dalla bolla familiare in cui è cresciuto traducendo lo Unheimliches freudiano in immagini fotografiche dalle quali riaffiora tutto ciò che è stato tenuto nascosto, tenuto in casa. Non più celato. Ciò che rende perturbanti le sue fotografie è l’utilizzo della figura del nonno, del papà da bambino, delle mani della mamma o della sorellina; elementi attraverso cui l’artista tenta di indagare la relazione con l’inganno, e ri-costruire la natura dell’infanzia attraverso occhi adulti. Tutto ciò ci mostra qualcosa di estremamente intimo, e confortevole ma nello stesso tempo ciò che ci appare di fronte agli occhi è qualcosa di inconsueto, di sconosciuto, sistemi di credenze represse e rimosse provenienti dall'infanzia, forse, di ognuno di noi. Qualcosa di ancestrale che abita o che ha abitato nelle mura domestiche. E' proprio nella casa (heimlich) dei propri genitori che accade e prende corpo la produzione di Jonny. La casa, è infatti, anche il tema centrale della teoria freudiana, luogo principale della minaccia. L'aggettivo sostantivato che lo psicologo usa per definire queste sensazioni è das Unheimliche, letteralmente il «non-di-casa». Ma è veramente fuori dalla casa? No, in realtà sta ancora lì, giace dentro la casa, sepolto sotto la pesante architettura di abitudini e credenze.
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Cosa c’è dietro ad una fotografia? Quali sono gli istinti dell’uomo che lo spingono ad esprimersi, direttamente o indirettamente, tramite la produzione di un’immagine?
Spesso siamo guidati da esperienze personali o da qualcosa di profondo presente all’interno del nostro inconscio. La fotografia nel contemporaneo ha valicato la rappresentazione e viene utilizzata come strumento che ci permette di navigare negli abissi degli ambiti espressivi. Vergogna, traumi e paure vengono riformulati per essere visualizzati, per diventare immagini.
Jonny Briggs e Luca Baioni possiedono la capacità comune di utilizzare il mezzo fotografico come strumento per raccontarci qualcosa di sé, di profondo e indefinito, intrinseco in ciascuno di noi. Qualcosa che neghiamo perché perturbante, disallineato, caotico.
Mani che bucano immagini e deformazioni di volti ci guardano, traghettandoci come Caronte in un inferno di sensazioni a cui spesso non diamo sfogo ma che ora siamo chiamati a guardare in faccia.
La fotografia così diventa una terapia, capace di valicare le inquietudini attraverso un viaggio performativo ed onirico.
Baioni e Briggs, con metodologie diverse ma ugualmente simili nella necessità di affrontare i propri demoni, ci propongono un viaggio nel subconscio che diventa collettivo. L’uno attraverso l’appropriazione di immagini distorte, deformate e poi riassemblate, all’inseguimento di una visione profonda che cerca di materializzarsi a tutti i costi e con ogni mezzo, l’altro tramite la mise en place del proprio inconscio svelato, ricreato meticolosamente nella realtà e poi riportato nuovamente alla bidimensionali dell’immagine.
Il dialogo proposto in questa mostra tra la serie Polyptych (Lysergik funeral procession) di Baioni ed il corpus di lavori di Briggs è sia un percorso personale che una riflessione collettiva sulle immagini, così pervasive nella nostra vita da costituire ormai la parte fondante della nostra identità. Gli autori smantellano le vecchie modalità visive della fotografia, trasmutando i suoi valori ideali da quelli di rappresentazione di realtà a quelli post-fotografici di costruzione del sé.
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LUCA BAIONI
Polyptych (Lysergik funeral procession)
La vita è il coacervo buio, inestricabile, misterioso, caotico e incomprensibile di sensazioni sovrapposte e mischiate. I demoni appaiono nelle cose, invitano a procedere oltre esse, nel loro lato “eccedente”, per scoprirne la natura. Sono i volti del terrore panico, contenuto sensoriale implicito nell’esperienza del mondo. Sono espressione del trauma, del lampo che scuote e sventra la realtà, mostrando la sua vera dimensione, infinita, irrisolvibile, incomprensibile.
Il grottesco e il violento, come caratteri raffigurativi di questi demoni, sono legati ad una forma espressiva propria delle sensazioni di terrore derivanti dall’essere partecipi di un’esperienza che ci sommerge, ci butta in un caos irrevocabile e incontrollabile, ci fa sentire parte di qualcosa di incredibilmente più grande, complesso, profondo e vivo di quanto la nostra singola coscienza possa elaborare, capire, chiarire.
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JONNY BRIGGS
Le opere di Jonny non lasciano indifferenti invece provocano attenzione, stupore e sgomento. Contengono qualcosa di inconsueto ed estraneo al nostro immaginario, che non lascia adito all’imparzialità emotiva dell’osservatore il quale si trova necessariamente messo di fronte, in modo più o meno consapevole, ad una scelta di campo che attraversa l’estetica e arriva ad una sfera più intima.
Se osserviamo bene le sue fotografie notiamo questa continua ironia che mette in discussione, non solo formalmente, il confine tra la realtà e la finzione, tra il bambino e l’adulto, tra il sè e l’altro creando una situazione in cui si uniscono caratteristiche di estraneità e familiarità in una sorta di dualismo affettivo.
Proprio attraverso questo dualismo l’artista tenta di rompere e uscire fuori dalla bolla familiare in cui è cresciuto traducendo lo Unheimliches freudiano in immagini fotografiche dalle quali riaffiora tutto ciò che è stato tenuto nascosto, tenuto in casa. Non più celato. Ciò che rende perturbanti le sue fotografie è l’utilizzo della figura del nonno, del papà da bambino, delle mani della mamma o della sorellina; elementi attraverso cui l’artista tenta di indagare la relazione con l’inganno, e ri-costruire la natura dell’infanzia attraverso occhi adulti. Tutto ciò ci mostra qualcosa di estremamente intimo, e confortevole ma nello stesso tempo ciò che ci appare di fronte agli occhi è qualcosa di inconsueto, di sconosciuto, sistemi di credenze represse e rimosse provenienti dall'infanzia, forse, di ognuno di noi. Qualcosa di ancestrale che abita o che ha abitato nelle mura domestiche. E' proprio nella casa (heimlich) dei propri genitori che accade e prende corpo la produzione di Jonny. La casa, è infatti, anche il tema centrale della teoria freudiana, luogo principale della minaccia. L'aggettivo sostantivato che lo psicologo usa per definire queste sensazioni è das Unheimliche, letteralmente il «non-di-casa». Ma è veramente fuori dalla casa? No, in realtà sta ancora lì, giace dentro la casa, sepolto sotto la pesante architettura di abitudini e credenze.
19
giugno 2019
Luca Baioni / Jonny Briggs – Dalle soglie del sonno alle prime luci diurne
Dal 19 giugno al 28 luglio 2019
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
MUCHO MAS! ARTIST RUN SPACE
Torino, Corso Brescia, 89, (Torino)
Torino, Corso Brescia, 89, (Torino)
Orario di apertura
lun.-ven. 15-18:30
sabato e domenica su appuntamento
Vernissage
19 Giugno 2019, ore 18:30
Autore
Curatore