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Luca Gastaldo – Tra suggestioni romantiche e vibrazioni contemporanee
Mostra personale
Comunicato stampa
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Testo di Alessandra Redaelli
Il cielo è pesante, ingombro di nuvole gravide di temporale. Incombe sul paesaggio scosso da una vibrazione sorda ma incessante, una sorta di ribollire cupo che va inghiottendo tutti gli altri suoni. La natura appare paradossalmente immobile, forse vittima di un incantesimo che ne ha congelato i respiri prima che la investa, inesorabile e fatale, la potente folata di vento che annuncerà il temporale e piegherà le fronde.
E’ l’attimo prima della catastrofe. L’istante ineffabile e sublime che precede lo scatenarsi, la furia. In questo brandello di tempo si colloca l’opera di Luca Gastaldo. La sua è poetica dell’attesa, dell’emozione contratta nell’aspettativa, della tensione spasmodica e della paura che si stempera nella speranza. L’atmosfera che si respira nei suoi lavori è puro Sturm und Drang. Sono le nebbie di Turner e le ombre di Friedrich. E in qualche modo anche le vie fumose di Londra, quella della rivoluzione industriale cantata nelle poesie di William Blake.
Le sue paludi deserte e silenziose sono state abbandonate da qualsiasi forma di vita. Forse non sono mai state abitate. Non ancora. Scorci di un’intatta natura primordiale. Se vi si scorge traccia di umanità, si tratta di un’umanità più evocata che reale. Ombre fantasmatiche, forse solamente illusioni ottiche pronte a scomparire al prossimo battito di ciglia. O magari dell’umanità rimangono solo i segnali di un passaggio fugace: due mollette su un filo che vibra nel vento oppure profili di edifici che potrebbero anche essere rovine, illuminate soltanto nel breve attimo in cui la scarica del fulmine si abbatte sul terreno. E poi, subito, precipitate nell’oblio.
Ma di tanto in tanto, con il sapore del miracolo, all’improvviso il cielo si spalanca. E dall’orizzonte si fanno strada squarci di sereno inondati di un azzurro intenso, cangiante e ultraterreno.
Ora, negli ultimissimi lavori, è proprio il cielo a dominare incontrastato lo spazio della tela. Il punto di vista appare ribassato e la massa ribollente delle nuvole sembra pronta a rovesciarsi sullo spettatore, per travolgerlo insieme a tutta la realtà che lo circonda. Alla terra è lasciata solo una striscia, in basso, in fondo al quadro. A volte è poco più di un orlo su cui gli alberi, gli edifici, le persone sono ridotti a pura ombra. Altrove la sensazione è quella di un orizzonte sterminato, dentro il quale la strada si tuffa verso un viaggio infinito.
Romantico, anacronista e al tempo stesso modernissimo nel suo pensare l’arte come crogiuolo di emozioni, Luca Gastaldo ha scelto una tecnica complessa e originale in cui procede per sottrazione. Materia prima è il bitume, che lui stende dapprima sulla tela tagliato con acquaragia per ottenere un tono marrone chiaro. Su questa base crea il disegno con matite e gessetti, e il dipinto nasce quando usando acquaragia, stracci e pennelli l’artista leva strati di bitume e apre qua e là spiragli di luce.
Rifinito con nuove applicazioni di bitume, acrilici, incisioni e graffi, il lavoro, al termine del processo, si rivela agli occhi dello spettatore come qualcosa di concluso ma in qualche modo ancora in divenire, qualcosa che non avrà mai l’aria di essere davvero finito. La sensazione è quella di un sussurro costante, sottopelle. Una sorta di vibrazione febbrile giocata su sofisticatissimi equilibri chiaroscurali.
Il cielo è pesante, ingombro di nuvole gravide di temporale. Incombe sul paesaggio scosso da una vibrazione sorda ma incessante, una sorta di ribollire cupo che va inghiottendo tutti gli altri suoni. La natura appare paradossalmente immobile, forse vittima di un incantesimo che ne ha congelato i respiri prima che la investa, inesorabile e fatale, la potente folata di vento che annuncerà il temporale e piegherà le fronde.
E’ l’attimo prima della catastrofe. L’istante ineffabile e sublime che precede lo scatenarsi, la furia. In questo brandello di tempo si colloca l’opera di Luca Gastaldo. La sua è poetica dell’attesa, dell’emozione contratta nell’aspettativa, della tensione spasmodica e della paura che si stempera nella speranza. L’atmosfera che si respira nei suoi lavori è puro Sturm und Drang. Sono le nebbie di Turner e le ombre di Friedrich. E in qualche modo anche le vie fumose di Londra, quella della rivoluzione industriale cantata nelle poesie di William Blake.
Le sue paludi deserte e silenziose sono state abbandonate da qualsiasi forma di vita. Forse non sono mai state abitate. Non ancora. Scorci di un’intatta natura primordiale. Se vi si scorge traccia di umanità, si tratta di un’umanità più evocata che reale. Ombre fantasmatiche, forse solamente illusioni ottiche pronte a scomparire al prossimo battito di ciglia. O magari dell’umanità rimangono solo i segnali di un passaggio fugace: due mollette su un filo che vibra nel vento oppure profili di edifici che potrebbero anche essere rovine, illuminate soltanto nel breve attimo in cui la scarica del fulmine si abbatte sul terreno. E poi, subito, precipitate nell’oblio.
Ma di tanto in tanto, con il sapore del miracolo, all’improvviso il cielo si spalanca. E dall’orizzonte si fanno strada squarci di sereno inondati di un azzurro intenso, cangiante e ultraterreno.
Ora, negli ultimissimi lavori, è proprio il cielo a dominare incontrastato lo spazio della tela. Il punto di vista appare ribassato e la massa ribollente delle nuvole sembra pronta a rovesciarsi sullo spettatore, per travolgerlo insieme a tutta la realtà che lo circonda. Alla terra è lasciata solo una striscia, in basso, in fondo al quadro. A volte è poco più di un orlo su cui gli alberi, gli edifici, le persone sono ridotti a pura ombra. Altrove la sensazione è quella di un orizzonte sterminato, dentro il quale la strada si tuffa verso un viaggio infinito.
Romantico, anacronista e al tempo stesso modernissimo nel suo pensare l’arte come crogiuolo di emozioni, Luca Gastaldo ha scelto una tecnica complessa e originale in cui procede per sottrazione. Materia prima è il bitume, che lui stende dapprima sulla tela tagliato con acquaragia per ottenere un tono marrone chiaro. Su questa base crea il disegno con matite e gessetti, e il dipinto nasce quando usando acquaragia, stracci e pennelli l’artista leva strati di bitume e apre qua e là spiragli di luce.
Rifinito con nuove applicazioni di bitume, acrilici, incisioni e graffi, il lavoro, al termine del processo, si rivela agli occhi dello spettatore come qualcosa di concluso ma in qualche modo ancora in divenire, qualcosa che non avrà mai l’aria di essere davvero finito. La sensazione è quella di un sussurro costante, sottopelle. Una sorta di vibrazione febbrile giocata su sofisticatissimi equilibri chiaroscurali.
25
febbraio 2010
Luca Gastaldo – Tra suggestioni romantiche e vibrazioni contemporanee
Dal 25 febbraio al 03 aprile 2010
arte contemporanea
Location
GALLERIA BIANCA MARIA RIZZI
Milano, Via Molino Delle Armi, 3, (Milano)
Milano, Via Molino Delle Armi, 3, (Milano)
Orario di apertura
Mar, gio, ven, dalle 15 alle 19.30
Mer dalle 13 alle 19.30
Sab dalle ore 11 alle 13 e dalle ore 15 alle 19.30
Lunedì e al mattino su appuntamento
Vernissage
25 Febbraio 2010, dalle 18 alle 22
Autore