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Luca Lischetti – Buz Baz
Buz Baz di Luca Lischetti alla Galleria Punto Due di Calice Ligure
Comunicato stampa
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BuzBaz
Il magmatico materiale umano che anima l'arte di Lischetti sembra indifferente, impegnato com'è in danze orgiastiche dove il vermiglio predomina la scena, a quanto accade al di fuori della tela. Sembra, perchè in realtà è incontenibile.
A turno i suoi eclettici personaggi, rifiutando di lasciarsi costringere nella razionalità di una cornice, evadono: il supporto come "finestra aperta"? Non proprio; la fuga viene portata a termine con doloroso vigore: le loro mani sortiscono quasi a lacerare la materia per farsi largo sulla realtà "esterna" e lasciarsi alle spalle il loro mondo schizofrenico.
Ma una volta raggiunto l'intento questi "esseri che nascono altrove" compiono una scelta etica ed estetica: indossano una maschera, una maschera bianca.
E tanto basta per trasformarli: cancellato, per lo meno dal viso, il rosso - "colore che si ribella alla perfezione" come sosteneva Fellini "si ubriaca, si rotola per terra e anima, perciò, una contestazione perpetua" – le creature di Luca si acchetano, trasformandosi in spettatori muti della "nostra" dimensione. Sta qui, secondo me, il centro dirompente e dirimente del suo lavoro: immobili ma inquite presenze che, grazie ai volti resi candidi da maschere - del teatro giapponese o "Mukudji" magiche dell'art-negre o del circense clown bianco – vengono elette, con sintesi personalissima e particolarissima, ad essere non solo realisticamente suggestive ma plausibilmente critiche testimoni del mondo contemporaneo.
L'impressione di serietà e di armonia data da semichiusi occhi a mandorla -con pesanti palpebre evocanti il "dormire sognando"- e dalle labbra carnose, queste sculture contestualmente non-vive e non-morte sublimano il mistero che le circonda tramite il candore del loro volto assorto: il bianco dell'intelligenza, della lucidità e dell'equilibrio. Qui fulcro e spirito dell'arte di Lischetti: la lotta tra libertà dell’istinto, rivelata alla tela, ed il culto superbo della ragione, al suo esterno. Ma la spinta "verso il basso" e quella "verso l’alto" non sono separate: utilizzando un estetismo proposto con prepotente maestria, l'artista-ricercatore le fa "scontrare" in uno stadio, l'una coi colori della passione, l'altra con quelli dell'intelletto, a rappresentare l'affascinante mistero di umane evoluzioni ed involuzioni.
Il magmatico materiale umano che anima l'arte di Lischetti sembra indifferente, impegnato com'è in danze orgiastiche dove il vermiglio predomina la scena, a quanto accade al di fuori della tela. Sembra, perchè in realtà è incontenibile.
A turno i suoi eclettici personaggi, rifiutando di lasciarsi costringere nella razionalità di una cornice, evadono: il supporto come "finestra aperta"? Non proprio; la fuga viene portata a termine con doloroso vigore: le loro mani sortiscono quasi a lacerare la materia per farsi largo sulla realtà "esterna" e lasciarsi alle spalle il loro mondo schizofrenico.
Ma una volta raggiunto l'intento questi "esseri che nascono altrove" compiono una scelta etica ed estetica: indossano una maschera, una maschera bianca.
E tanto basta per trasformarli: cancellato, per lo meno dal viso, il rosso - "colore che si ribella alla perfezione" come sosteneva Fellini "si ubriaca, si rotola per terra e anima, perciò, una contestazione perpetua" – le creature di Luca si acchetano, trasformandosi in spettatori muti della "nostra" dimensione. Sta qui, secondo me, il centro dirompente e dirimente del suo lavoro: immobili ma inquite presenze che, grazie ai volti resi candidi da maschere - del teatro giapponese o "Mukudji" magiche dell'art-negre o del circense clown bianco – vengono elette, con sintesi personalissima e particolarissima, ad essere non solo realisticamente suggestive ma plausibilmente critiche testimoni del mondo contemporaneo.
L'impressione di serietà e di armonia data da semichiusi occhi a mandorla -con pesanti palpebre evocanti il "dormire sognando"- e dalle labbra carnose, queste sculture contestualmente non-vive e non-morte sublimano il mistero che le circonda tramite il candore del loro volto assorto: il bianco dell'intelligenza, della lucidità e dell'equilibrio. Qui fulcro e spirito dell'arte di Lischetti: la lotta tra libertà dell’istinto, rivelata alla tela, ed il culto superbo della ragione, al suo esterno. Ma la spinta "verso il basso" e quella "verso l’alto" non sono separate: utilizzando un estetismo proposto con prepotente maestria, l'artista-ricercatore le fa "scontrare" in uno stadio, l'una coi colori della passione, l'altra con quelli dell'intelletto, a rappresentare l'affascinante mistero di umane evoluzioni ed involuzioni.
14
aprile 2012
Luca Lischetti – Buz Baz
Dal 14 aprile al 12 maggio 2012
arte contemporanea
Location
PUNTO DUE
Calice Ligure, IV novembre, 7, (Savona)
Calice Ligure, IV novembre, 7, (Savona)
Orario di apertura
dalle 18.oo
Vernissage
14 Aprile 2012, dalle ore 18.oo
Autore
Curatore