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Luca Pancrazzi – Meditabondi, barcamenanti, fuori registro e buchi bianchi
“Questa mostra dal titolo cacofonico è esplicativa della pratica e del campo d’azione dell’artista che vuole sottrarre all’interpretazione dello sguardo e alla dittatura della ragione l’opera per portarla ad essere protagonista…”
Comunicato stampa
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RizzutoGallery è orgogliosa di presentare la mostra personale di Luca Pancrazzi (Figline Valdarno, Firenze, 1961. Vive e lavora a Milano) dal titolo Meditabondi, barcamenanti, fuori registro e buchi bianchi. “Questa mostra dal titolo cacofonico è esplicativa della pratica e del campo d’azione dell’artista che vuole sottrarre all’interpretazione dello sguardo e alla dittatura della ragione l’opera per portarla ad essere protagonista di test quantistici dove gli obbiettivi sono simultanei e la costituzione del quadro è il risultato di più incidenti di percorso calcolati e non.” La mostra sarà inaugurata sabato 11 maggio 2024 alle ore 18, e resterà visitabile fino al 22 giugno, dal martedì al sabato, dalle 16 alle 20.
“La materia si assottiglia sempre più e subisce dei leggeri traumi, degli scarti come dei sussurri che incidono sul risultato finale. Tutto influisce e niente può interferire.
Questa mostra non prova a cucire le opere con un filo conduttore o con un tema di fondo che aiuti un racconto.
Opero dei saggi, dei prelievi, dei campionamenti, su tutto ciò che mi circonda, soprattutto sulle immagini che si radicano profondamente nello spazio necessario, in quello spazio di attesa saturo di materiale gassoso e liquido di conservazione e maturazione.
Fuori Registro è lo spazio che trova lo scarto ogni volta che si sale uno scalino ulteriore, la ruota gira e lo step successivo è uguale al precedente, ma spostato di qualche attimo.
La ripetizione di tale attimo è, sia durata, sia materia, e porta la pratica ad evolversi rimanendo sempre la stessa.
Il fuori registro è semplicemente lo slittamento di questo spazio in una direzione, poi in un’altra e poi in un’altra ancora.
L’intuizione invece prova ad avere un ruolo, gioca appoggiata su una griglia di fondo sulla quale si parametrano gli spostamenti e gli errori che slittano in uno spazio dovuto allo sforzo prolungato dell’occhio, della mano e della mente.
Il tempo è proiettato sulla parete verticale dove l’immagine si sgretola rimanendo al suo posto apparentemente, ma inesorabilmente prosegue nella sua metamorfosi linguistica.
La pittura lavora nel costruire e nel distruggere, crea momenti di azione e di riflessione, sposta l’osservazione dal soggetto raffigurato alla metamorfosi astratta della materia.
Le forme si assomigliano per simulazione, ma evitano di essere uguali per le proprie collocazioni temporali.
Questa mostra dal titolo cacofonico è esplicativa della pratica e del campo d’azione dell’artista che vuole sottrarre all’interpretazione dello sguardo e alla dittatura della ragione l’opera per portarla ad essere protagonista di test quantistici dove gli obbiettivi sono simultanei e la costituzione del quadro è il risultato di più incidenti di percorso calcolati e non.
La materia è attraversata da micro-particelle che la trasformano, la forano, la segnano, la cambiano, la negano e la accettano, è sia supporto sia ostacolo, non c’è modo migliore per trattarla se non negarla e poi ritrovarla al suo posto mutata.
Caos stocastico programmatico la pittura genera pause e progressioni, si innalza a spazio privilegiato e contemporaneamente si piega a ritrovare la gioia di un segno. Il disegno di fondo si confonde con la produzione di fotoni particolari e soggettivi proiettati dall’osservatore che distratto spara ovunque senza mirare troppo.
La natura delle cose cambia in continuazione, la presenza stessa di un osservatore determina l’esistenza dell’oggetto osservato e nello stesso momento ne modifica la materia.
Porto la rappresentazione ad assottigliarsi, ed alcune volte a sparire dietro una fitta rete caotica di puntini bianchi, altre volte dietro una rete.
Questo filtro non è che la riaffermazione della pittura, uno strato ulteriore che fora il quadro ed appare per sottrazione divenendo talvolta anche materico.
Infine la negazione di tutto questo è un atto liberatorio che riafferma un diverso modo di fare disordine, i battaglioni del caos si allineano per la prima volta, per essere contati e sfilare su un quaderno cantonese svizzero.”
LUCA PANCRAZZI (Figline Valdarno, Firenze, 1961. Vive e lavora a Milano)
Dopo gli studi accademici a Firenze, nella seconda metà degli anni Ottanta inizia ad esporre e viaggia negli Stati Uniti, dove lavora presso Jo Watanabe Studio alla realizzazione di grafiche e wall drawings di Sol Lewitt e poi a Roma nello studio di Alighiero Boetti.
Dagli anni Novanta è autore di una ricerca basata sull’analisi del medium artistico, sulle possibilità creative dell’errore e dell’uso composito di tecniche e materiali. Esplora le immagini come linguaggio manipolabile e trova nella archiviazione una pratica essenziale del suo fare artistico. Indaga la correlazione tra ripetitività e mutamento e utilizza con rigore differenti tecniche, materiali e processi per soddisfare i suoi obiettivi. Si esprime attraverso la pittura, il disegno, la fotografia, il video, l’installazione ambientale, la scultura, azioni in condivisione con altri artisti e progetti editoriali.
Pancrazzi realizza i suoi lavori con un senso globale ciclico interpretabile attraverso serie di opere che in maniera autonoma si intrecciano e si dipanano nel tempo e che individualmente sono protagoniste di una trama interpretativa più ampia. Lo spazio metropolitano e il paesaggio sono i temi trattati con più assiduità; paesaggi-archetipo, ampi spazi vuoti senza narrazione, orizzonti tra cielo e terra da cui emergono minute infrastrutture architettoniche, luoghi di passaggio, paesaggi meta-moderni solitari dove luoghi reali perdono la connotazione propriamente geografica per diventare simboli.
Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive in sedi pubbliche tra cui: Biennale di Venezia (1997), Triennale di New Dehli (1997), Biennal of Cetinje (1997), Triennale di Vilnius (2000), Whitney Museum of American Art at Champion (1998), Biennal of Valencia (2001), Moscow Biennal of Contemporary Art (2007), Quadriennale di Roma (2008). P.S.1 Contemporary Art Center (1999), Galleria Civica di Modena (1999), Museo Marino Marini (2000), Palazzo delle Papesse (2001), Museo Revoltella (2001), Galerie Lenbachhaus und Kunstbau (2001), GAMEC (2001), Museo Cantonale d’Arte di Lugano (2002), Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci (2002), Zentrum Fur Kunst und Medientechnologie (2003), PAC (2004), MAN (2004), MART Trento e Rovereto (2005), MAMbo (2006), Macro (2007), Vietnam National Museum of Fine Arts (2007), Fondazione Pomodoro (2010), Museo per Bambini di Siena (2010), Palazzo Te, (2016). Dal 2019 è tra gli artisti rappresentati dalla RizzutoGallery.
“La materia si assottiglia sempre più e subisce dei leggeri traumi, degli scarti come dei sussurri che incidono sul risultato finale. Tutto influisce e niente può interferire.
Questa mostra non prova a cucire le opere con un filo conduttore o con un tema di fondo che aiuti un racconto.
Opero dei saggi, dei prelievi, dei campionamenti, su tutto ciò che mi circonda, soprattutto sulle immagini che si radicano profondamente nello spazio necessario, in quello spazio di attesa saturo di materiale gassoso e liquido di conservazione e maturazione.
Fuori Registro è lo spazio che trova lo scarto ogni volta che si sale uno scalino ulteriore, la ruota gira e lo step successivo è uguale al precedente, ma spostato di qualche attimo.
La ripetizione di tale attimo è, sia durata, sia materia, e porta la pratica ad evolversi rimanendo sempre la stessa.
Il fuori registro è semplicemente lo slittamento di questo spazio in una direzione, poi in un’altra e poi in un’altra ancora.
L’intuizione invece prova ad avere un ruolo, gioca appoggiata su una griglia di fondo sulla quale si parametrano gli spostamenti e gli errori che slittano in uno spazio dovuto allo sforzo prolungato dell’occhio, della mano e della mente.
Il tempo è proiettato sulla parete verticale dove l’immagine si sgretola rimanendo al suo posto apparentemente, ma inesorabilmente prosegue nella sua metamorfosi linguistica.
La pittura lavora nel costruire e nel distruggere, crea momenti di azione e di riflessione, sposta l’osservazione dal soggetto raffigurato alla metamorfosi astratta della materia.
Le forme si assomigliano per simulazione, ma evitano di essere uguali per le proprie collocazioni temporali.
Questa mostra dal titolo cacofonico è esplicativa della pratica e del campo d’azione dell’artista che vuole sottrarre all’interpretazione dello sguardo e alla dittatura della ragione l’opera per portarla ad essere protagonista di test quantistici dove gli obbiettivi sono simultanei e la costituzione del quadro è il risultato di più incidenti di percorso calcolati e non.
La materia è attraversata da micro-particelle che la trasformano, la forano, la segnano, la cambiano, la negano e la accettano, è sia supporto sia ostacolo, non c’è modo migliore per trattarla se non negarla e poi ritrovarla al suo posto mutata.
Caos stocastico programmatico la pittura genera pause e progressioni, si innalza a spazio privilegiato e contemporaneamente si piega a ritrovare la gioia di un segno. Il disegno di fondo si confonde con la produzione di fotoni particolari e soggettivi proiettati dall’osservatore che distratto spara ovunque senza mirare troppo.
La natura delle cose cambia in continuazione, la presenza stessa di un osservatore determina l’esistenza dell’oggetto osservato e nello stesso momento ne modifica la materia.
Porto la rappresentazione ad assottigliarsi, ed alcune volte a sparire dietro una fitta rete caotica di puntini bianchi, altre volte dietro una rete.
Questo filtro non è che la riaffermazione della pittura, uno strato ulteriore che fora il quadro ed appare per sottrazione divenendo talvolta anche materico.
Infine la negazione di tutto questo è un atto liberatorio che riafferma un diverso modo di fare disordine, i battaglioni del caos si allineano per la prima volta, per essere contati e sfilare su un quaderno cantonese svizzero.”
LUCA PANCRAZZI (Figline Valdarno, Firenze, 1961. Vive e lavora a Milano)
Dopo gli studi accademici a Firenze, nella seconda metà degli anni Ottanta inizia ad esporre e viaggia negli Stati Uniti, dove lavora presso Jo Watanabe Studio alla realizzazione di grafiche e wall drawings di Sol Lewitt e poi a Roma nello studio di Alighiero Boetti.
Dagli anni Novanta è autore di una ricerca basata sull’analisi del medium artistico, sulle possibilità creative dell’errore e dell’uso composito di tecniche e materiali. Esplora le immagini come linguaggio manipolabile e trova nella archiviazione una pratica essenziale del suo fare artistico. Indaga la correlazione tra ripetitività e mutamento e utilizza con rigore differenti tecniche, materiali e processi per soddisfare i suoi obiettivi. Si esprime attraverso la pittura, il disegno, la fotografia, il video, l’installazione ambientale, la scultura, azioni in condivisione con altri artisti e progetti editoriali.
Pancrazzi realizza i suoi lavori con un senso globale ciclico interpretabile attraverso serie di opere che in maniera autonoma si intrecciano e si dipanano nel tempo e che individualmente sono protagoniste di una trama interpretativa più ampia. Lo spazio metropolitano e il paesaggio sono i temi trattati con più assiduità; paesaggi-archetipo, ampi spazi vuoti senza narrazione, orizzonti tra cielo e terra da cui emergono minute infrastrutture architettoniche, luoghi di passaggio, paesaggi meta-moderni solitari dove luoghi reali perdono la connotazione propriamente geografica per diventare simboli.
Il suo lavoro è stato esposto in mostre personali e collettive in sedi pubbliche tra cui: Biennale di Venezia (1997), Triennale di New Dehli (1997), Biennal of Cetinje (1997), Triennale di Vilnius (2000), Whitney Museum of American Art at Champion (1998), Biennal of Valencia (2001), Moscow Biennal of Contemporary Art (2007), Quadriennale di Roma (2008). P.S.1 Contemporary Art Center (1999), Galleria Civica di Modena (1999), Museo Marino Marini (2000), Palazzo delle Papesse (2001), Museo Revoltella (2001), Galerie Lenbachhaus und Kunstbau (2001), GAMEC (2001), Museo Cantonale d’Arte di Lugano (2002), Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci (2002), Zentrum Fur Kunst und Medientechnologie (2003), PAC (2004), MAN (2004), MART Trento e Rovereto (2005), MAMbo (2006), Macro (2007), Vietnam National Museum of Fine Arts (2007), Fondazione Pomodoro (2010), Museo per Bambini di Siena (2010), Palazzo Te, (2016). Dal 2019 è tra gli artisti rappresentati dalla RizzutoGallery.
11
maggio 2024
Luca Pancrazzi – Meditabondi, barcamenanti, fuori registro e buchi bianchi
Dall'undici maggio al 22 giugno 2024
arte contemporanea
personale
personale
Location
RIZZUTO GALLERY
Palermo, Via Maletto, 5, (Palermo)
Palermo, Via Maletto, 5, (Palermo)
Orario di apertura
da martedì a sabato ore 16-20
Vernissage
11 Maggio 2024, ore 18
Autore