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Luca Rebecchini – Avanatar
In mostra una selezione di opere che l’artista ha realizzato in Italia usando il materiale fotografico scattato a Cuba. L’esperienza umana e sensoriale traspare dalle persone, dalle scene vissute, dalle automobili, dai muri, dai colori, da tutto ciò che delinea la fisionomia antropologica di un Paese con molte vite e altrettante nature
Comunicato stampa
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Interno Ventidue Arte Contemporanea presenta
LUCA REBECCHINI: AVANATAR
Immagini e immaginari tra materia e fotografia
Opening Mercoledì 7 maggio 2008 ore 19:00 Palazzo Taverna
L’AVANA: capitale della Repubblica di Cuba
AVATAR: nel gergo del web - persona reale che sceglie di mostrarsi attraverso una propria rappresentazione - incarnazione virtuale dalle fisionomie infinite
AVANATAR è il titolo del progetto di Luca Rebecchini
In mostra una selezione di opere che l’artista ha realizzato in Italia usando il materiale fotografico scattato a Cuba. L’esperienza umana e sensoriale traspare dalle persone, dalle scene vissute, dalle automobili, dai muri, dai colori, da tutto ciò che delinea la fisionomia antropologica di un Paese con molte vite e altrettante nature.
Lo scatto fotografico è l’elemento di partenza, la materia plasmabile su cui l’artista interviene in maniera fisica, usando l’impaginazione e il ritocco come scatti determinanti del progetto. La seconda fase (impaginazione) riguarda l’impressione su tela grezza, un passaggio definitivo che intinge la purezza oggettiva della foto sul materiale più vivo, e al contempo più simbolico, della pittura e dell’arte in generale. Nella terza fase (ritocco) l’artista inizia il lavoro pittorico con pittura acrilica, intervenendo per creare lo stadio emotivo dell’immagine, dando pathos e qualità evocativa agli scenari riprodotti. Il quarto livello riguarda l’emersione del metallo su cui è stata montata la fotografia, una sorta di contraltare che bilancia la natura calda della juta.
AVANATAR è un limbo narrativo che l’artista replica con rappresentazioni soggettive ma speculari rispetto al vero. Permane la riconoscibilità dello scatto fotografico, la tensione meccanica del riprodurre, che fissa la memoria di un’esperienza. Al contempo le azioni pittoriche e i materiali concreti aggiungono il pathos di un percorso interiore, una geografia emozionale in cui l’autore mette il contrappunto dell’interpretazione, della sensazione, della propria storia sopra una vicenda più o meno lontana.
AVANATAR è l’esperienza umana che si imprime su una memoria vissuta
AVANATAR è il viaggio interiore che si plasma attorno al viaggio reale
Luca Rebecchini vive e lavora tra Roma e Miami.
Dal 1995 opera come fotografo professionista di moda, televisione e riviste. Dagli stessi anni sperimenta la fotografia in ambito artistico, creando progetti in cui mescola i linguaggi alla ricerca di nuovi immaginari. Lo scorso dicembre, durante la programmazione di Art Basel Miami, ha presentato il suo recente progetto nel monomarca Poltrona Frau.
La mostra per Interno Ventidue segna il suo ingresso ufficiale nel panorama delle gallerie italiane.
Lo scatto fotografico è l’elemento di partenza, la materia plasmabile su cui l’artista interverrà in maniera fisica, usando l’impaginazione e il ritocco come fasi determinanti del progetto. La seconda fase (impaginazione) riguarda l’impressione su tela grezza, un passaggio definitivo che intinge la purezza oggettiva della foto sul materiale più vivo, e al contempo più simbolico, della pittura e dell’arte in generale. Nella terza fase (ritocco) Rebecchini inizia il lavoro pittorico con pittura acrilica, intervenendo per creare lo stadio emotivo dell’immagine, dando pathos e qualità evocativa agli scenari riprodotti. Il quarto livello riguarda, infine, l’emersione del metallo su cui è stata montata la fotografia, una sorta di contraltare che bilancia la natura calda della juta.
Scatto fotografico
Nel primo livello l’artista mette in campo le proprie competenze professionali. Da oltre vent’anni, infatti, Rebecchini lavora per aziende, marchi e riviste, focalizzando nel ritratto uno dei suoi canali privilegiati. Non dimentichiamo come l’allenamento tecnico determini qualità di progettazione e struttura visuale, contribuendo al risultato con soluzioni che supportano la giusta idea. In tal senso l’autore riesce a dividersi tra mestiere e ricerca artistica, lasciando che le due cose si influenzino senza sovrapporsi. Il tecnicismo traspare dalle inquadrature, dal controllo luminoso, dai contrasti tonali. Al contempo, si percepisce una sensibilità aggiuntiva che riguarda l’occhio d’autore, l’uso asciutto di un contributo percettivo ed emozionale. La fotografia resta tale all’interno del processo manipolatorio, lo scheletro del quadro può dirsi fotografico a prescindere dai successivi interventi. Tutto inizia con lo scatto, tutto passa attraverso la superficie condizionante dell’immagine fotografica.
Impaginazione
Il secondo livello riguarda il passaggio dell’immagine fotografica su tela grezza. Da qui si avvia il processo metabolico che porterà, con la fase del ritocco, ad elaborare definitivamente lo scatto oggettivo. Diciamo che già il trasferimento su un materiale caldo sottolinea la natura combinatoria del progetto. Parliamo di una juta pesante e grezza, grossa nella trama, primordiale nel colore terroso con cui viene utilizzata. La tela significa molto in termini simbolici, quasi superfluo raccontarne la storia durante secoli di pittura. Qui diventa il materiale del contrasto sanato, proprio perché unisce il cortocircuito con la fotografia alla storia materica di Cuba. Qualche particolare curioso ma non casuale. La capitale cubana, L’Avana, porta nel nome il colore della juta. Diverse materie prime, famose nelle tradizioni export di Cuba, vengono raccolte dentro sacche di juta grezza. La stessa pittura su tela è un passione cubana con molti affezionati, svariati professionisti ma soprattutto amatori che si dilettano con il pennello in maniera passionale. Un legame forte, insomma, quello tra Cuba e le materie usate de Rebecchini. Un legame che l’artista sperimenta anche con altri soggetti e situazioni, a conferma di un modo iconografico che si adatta ai vari contesti prescelti, sempre con lo spirito di afferrare il cuore nascosto di una realtà, il pathos dietro l’apparenza, l’energia della vera bellezza.
Ritocco
Al terzo livello avviene lo scatto linguistico del progetto. La pittura entra in campo con la sua sensibilità policroma, quasi una seconda pelle che parzializza zone, guidando lo sguardo sensoriale tra le qualità emotive dell’immagine. Qui l’artista rompe il realismo fotografico per creare una rappresentazione del vero. La vita di Cuba si trasforma in un teatro silenzioso dai colori morbidi e solari, talvolta più lancinanti per il pathos che contengono. Il ritoccare non è violento o maldestro, al contrario dialoga con l’originale per evidenziare la virtù pittorica del quotidiano. L’opera si accende nella sua fermezza bidimensionale, dando alle forme un peso onirico, una vitalità sospesa e inafferrabile. La pittura che reinventa la fotografia riesce a fare cose insospettabili: si unisce la pelle della stampa con la seconda pelle del gesto fisico, due approcci a contrasto che si ritrovano a parlare la stessa lingua visiva.
Emersione del metallo
Il quarto livello ristabilisce i pesi specifici dell’opera. Siamo partiti con lo scatto fotografico (livello freddo), passati per un trasferimento su tela grezza (livello caldo) e una rielaborazione con pittura acrilica (livello caldo). Lo step successivo immette un altro livello freddo attraverso l’emersione graduale del metallo, come se l’opera non volesse perdere la sua natura fotografica. Piano meccanico e manuale si mescolano nei vari passaggi, prendono la strada comune delle ibridazioni, dando l’identità definitiva con cui rendere l’opera una geografia riconoscibile. Il metallo, al dunque, diventa un diapason di connessione, l’elemento catalizzante delle attuali opere ma anche delle ulteriori sperimentazioni di Rebecchini. I nuovi lavori, infatti, diradano la presenza della juta e favoriscono la crescita del metallo, talvolta con strutture installative che aggiungono una valenza più volumetrica al quadro. Al metallo, poi, si stanno affiancando materiali come la gomma nera, le resine, il plexiglas: elementi che amplificano il rapporto tra l’opera e il mondo esterno, come se l’immagine fotografica chiedesse l’ossigeno delle forme vissute.
La tela grezza come una carne consunta, ferita, segnata dalle lacerazioni che il tempo e l’esperienza rendono un fatto visibile. Il metallo come confine varcabile oltre la carne, orizzonte aperto in cui lasciar scivolare lo sguardo mercuriale. La tela incarna il corpo, la natura prosaica del quotidiano, il vissuto che si consuma nel ritmo seriale dei gesti. Il metallo, al contrario, incarna l’anima dietro il visibile, la componente interiore che rende plausibile l’esperienza oltre la pura immagine.
AVANATAR è un limbo narrativo che l’artista replica con rappresentazioni soggettive ma speculari rispetto al vero. Permane la riconoscibilità dello scatto fotografico, la tensione meccanica del riprodurre che fissa la memoria di un’esperienza. Al contempo le azioni pittoriche e i materiali concreti aggiungono il pathos di un percorso interiore, una geografia emozionale in cui l’autore mette il contrappunto dell’interpretazione, della sensazione, della propria storia sopra una vicenda più o meno lontana.
La vita sembra spingere in avanti l’immagine fotografica, come se la realtà riprodotta volesse fuoriuscire dal metallo e dalla tela grezza. L’esperienza umana (juta) e il supporto tecnologico (metalllo) convivono nella storia di ogni quadro, fino a bilanciare la coesistenza tra energie opposte.
AVANATAR è l’esperienza umana che si imprime su una memoria vissuta
AVANATAR è il viaggio interiore che si plasma attorno al viaggio reale
LUCA REBECCHINI: AVANATAR
Immagini e immaginari tra materia e fotografia
Opening Mercoledì 7 maggio 2008 ore 19:00 Palazzo Taverna
L’AVANA: capitale della Repubblica di Cuba
AVATAR: nel gergo del web - persona reale che sceglie di mostrarsi attraverso una propria rappresentazione - incarnazione virtuale dalle fisionomie infinite
AVANATAR è il titolo del progetto di Luca Rebecchini
In mostra una selezione di opere che l’artista ha realizzato in Italia usando il materiale fotografico scattato a Cuba. L’esperienza umana e sensoriale traspare dalle persone, dalle scene vissute, dalle automobili, dai muri, dai colori, da tutto ciò che delinea la fisionomia antropologica di un Paese con molte vite e altrettante nature.
Lo scatto fotografico è l’elemento di partenza, la materia plasmabile su cui l’artista interviene in maniera fisica, usando l’impaginazione e il ritocco come scatti determinanti del progetto. La seconda fase (impaginazione) riguarda l’impressione su tela grezza, un passaggio definitivo che intinge la purezza oggettiva della foto sul materiale più vivo, e al contempo più simbolico, della pittura e dell’arte in generale. Nella terza fase (ritocco) l’artista inizia il lavoro pittorico con pittura acrilica, intervenendo per creare lo stadio emotivo dell’immagine, dando pathos e qualità evocativa agli scenari riprodotti. Il quarto livello riguarda l’emersione del metallo su cui è stata montata la fotografia, una sorta di contraltare che bilancia la natura calda della juta.
AVANATAR è un limbo narrativo che l’artista replica con rappresentazioni soggettive ma speculari rispetto al vero. Permane la riconoscibilità dello scatto fotografico, la tensione meccanica del riprodurre, che fissa la memoria di un’esperienza. Al contempo le azioni pittoriche e i materiali concreti aggiungono il pathos di un percorso interiore, una geografia emozionale in cui l’autore mette il contrappunto dell’interpretazione, della sensazione, della propria storia sopra una vicenda più o meno lontana.
AVANATAR è l’esperienza umana che si imprime su una memoria vissuta
AVANATAR è il viaggio interiore che si plasma attorno al viaggio reale
Luca Rebecchini vive e lavora tra Roma e Miami.
Dal 1995 opera come fotografo professionista di moda, televisione e riviste. Dagli stessi anni sperimenta la fotografia in ambito artistico, creando progetti in cui mescola i linguaggi alla ricerca di nuovi immaginari. Lo scorso dicembre, durante la programmazione di Art Basel Miami, ha presentato il suo recente progetto nel monomarca Poltrona Frau.
La mostra per Interno Ventidue segna il suo ingresso ufficiale nel panorama delle gallerie italiane.
Lo scatto fotografico è l’elemento di partenza, la materia plasmabile su cui l’artista interverrà in maniera fisica, usando l’impaginazione e il ritocco come fasi determinanti del progetto. La seconda fase (impaginazione) riguarda l’impressione su tela grezza, un passaggio definitivo che intinge la purezza oggettiva della foto sul materiale più vivo, e al contempo più simbolico, della pittura e dell’arte in generale. Nella terza fase (ritocco) Rebecchini inizia il lavoro pittorico con pittura acrilica, intervenendo per creare lo stadio emotivo dell’immagine, dando pathos e qualità evocativa agli scenari riprodotti. Il quarto livello riguarda, infine, l’emersione del metallo su cui è stata montata la fotografia, una sorta di contraltare che bilancia la natura calda della juta.
Scatto fotografico
Nel primo livello l’artista mette in campo le proprie competenze professionali. Da oltre vent’anni, infatti, Rebecchini lavora per aziende, marchi e riviste, focalizzando nel ritratto uno dei suoi canali privilegiati. Non dimentichiamo come l’allenamento tecnico determini qualità di progettazione e struttura visuale, contribuendo al risultato con soluzioni che supportano la giusta idea. In tal senso l’autore riesce a dividersi tra mestiere e ricerca artistica, lasciando che le due cose si influenzino senza sovrapporsi. Il tecnicismo traspare dalle inquadrature, dal controllo luminoso, dai contrasti tonali. Al contempo, si percepisce una sensibilità aggiuntiva che riguarda l’occhio d’autore, l’uso asciutto di un contributo percettivo ed emozionale. La fotografia resta tale all’interno del processo manipolatorio, lo scheletro del quadro può dirsi fotografico a prescindere dai successivi interventi. Tutto inizia con lo scatto, tutto passa attraverso la superficie condizionante dell’immagine fotografica.
Impaginazione
Il secondo livello riguarda il passaggio dell’immagine fotografica su tela grezza. Da qui si avvia il processo metabolico che porterà, con la fase del ritocco, ad elaborare definitivamente lo scatto oggettivo. Diciamo che già il trasferimento su un materiale caldo sottolinea la natura combinatoria del progetto. Parliamo di una juta pesante e grezza, grossa nella trama, primordiale nel colore terroso con cui viene utilizzata. La tela significa molto in termini simbolici, quasi superfluo raccontarne la storia durante secoli di pittura. Qui diventa il materiale del contrasto sanato, proprio perché unisce il cortocircuito con la fotografia alla storia materica di Cuba. Qualche particolare curioso ma non casuale. La capitale cubana, L’Avana, porta nel nome il colore della juta. Diverse materie prime, famose nelle tradizioni export di Cuba, vengono raccolte dentro sacche di juta grezza. La stessa pittura su tela è un passione cubana con molti affezionati, svariati professionisti ma soprattutto amatori che si dilettano con il pennello in maniera passionale. Un legame forte, insomma, quello tra Cuba e le materie usate de Rebecchini. Un legame che l’artista sperimenta anche con altri soggetti e situazioni, a conferma di un modo iconografico che si adatta ai vari contesti prescelti, sempre con lo spirito di afferrare il cuore nascosto di una realtà, il pathos dietro l’apparenza, l’energia della vera bellezza.
Ritocco
Al terzo livello avviene lo scatto linguistico del progetto. La pittura entra in campo con la sua sensibilità policroma, quasi una seconda pelle che parzializza zone, guidando lo sguardo sensoriale tra le qualità emotive dell’immagine. Qui l’artista rompe il realismo fotografico per creare una rappresentazione del vero. La vita di Cuba si trasforma in un teatro silenzioso dai colori morbidi e solari, talvolta più lancinanti per il pathos che contengono. Il ritoccare non è violento o maldestro, al contrario dialoga con l’originale per evidenziare la virtù pittorica del quotidiano. L’opera si accende nella sua fermezza bidimensionale, dando alle forme un peso onirico, una vitalità sospesa e inafferrabile. La pittura che reinventa la fotografia riesce a fare cose insospettabili: si unisce la pelle della stampa con la seconda pelle del gesto fisico, due approcci a contrasto che si ritrovano a parlare la stessa lingua visiva.
Emersione del metallo
Il quarto livello ristabilisce i pesi specifici dell’opera. Siamo partiti con lo scatto fotografico (livello freddo), passati per un trasferimento su tela grezza (livello caldo) e una rielaborazione con pittura acrilica (livello caldo). Lo step successivo immette un altro livello freddo attraverso l’emersione graduale del metallo, come se l’opera non volesse perdere la sua natura fotografica. Piano meccanico e manuale si mescolano nei vari passaggi, prendono la strada comune delle ibridazioni, dando l’identità definitiva con cui rendere l’opera una geografia riconoscibile. Il metallo, al dunque, diventa un diapason di connessione, l’elemento catalizzante delle attuali opere ma anche delle ulteriori sperimentazioni di Rebecchini. I nuovi lavori, infatti, diradano la presenza della juta e favoriscono la crescita del metallo, talvolta con strutture installative che aggiungono una valenza più volumetrica al quadro. Al metallo, poi, si stanno affiancando materiali come la gomma nera, le resine, il plexiglas: elementi che amplificano il rapporto tra l’opera e il mondo esterno, come se l’immagine fotografica chiedesse l’ossigeno delle forme vissute.
La tela grezza come una carne consunta, ferita, segnata dalle lacerazioni che il tempo e l’esperienza rendono un fatto visibile. Il metallo come confine varcabile oltre la carne, orizzonte aperto in cui lasciar scivolare lo sguardo mercuriale. La tela incarna il corpo, la natura prosaica del quotidiano, il vissuto che si consuma nel ritmo seriale dei gesti. Il metallo, al contrario, incarna l’anima dietro il visibile, la componente interiore che rende plausibile l’esperienza oltre la pura immagine.
AVANATAR è un limbo narrativo che l’artista replica con rappresentazioni soggettive ma speculari rispetto al vero. Permane la riconoscibilità dello scatto fotografico, la tensione meccanica del riprodurre che fissa la memoria di un’esperienza. Al contempo le azioni pittoriche e i materiali concreti aggiungono il pathos di un percorso interiore, una geografia emozionale in cui l’autore mette il contrappunto dell’interpretazione, della sensazione, della propria storia sopra una vicenda più o meno lontana.
La vita sembra spingere in avanti l’immagine fotografica, come se la realtà riprodotta volesse fuoriuscire dal metallo e dalla tela grezza. L’esperienza umana (juta) e il supporto tecnologico (metalllo) convivono nella storia di ogni quadro, fino a bilanciare la coesistenza tra energie opposte.
AVANATAR è l’esperienza umana che si imprime su una memoria vissuta
AVANATAR è il viaggio interiore che si plasma attorno al viaggio reale
07
maggio 2008
Luca Rebecchini – Avanatar
Dal 07 maggio al 19 giugno 2008
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
INTERNO VENTIDUE ARTE CONTEMPORANEA
Roma, ., ., (Roma)
Roma, ., ., (Roma)
Orario di apertura
Dal lunedì al venerdì dalle 15 alle 20 e su appuntamento
Vernissage
7 Maggio 2008, ore 19
Sito web
www.lucarebecchini.com
Ufficio stampa
STUDIO ORSINI
Curatore