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Luce Metropolitana / Metropolitan Light
Una collettiva fotografica il cui tema scorre sui binari paralleli della luce e del buio.
E di quello chi vi accade nel mezzo. La città viene esplorata attraverso i suoi riflessi, i suoi bagliori, le sue opacità. Una mostra fotografica con alti rimandi poetici e artistici, rivista con occhi diversi.
Comunicato stampa
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Partecipare quest’anno alla quindicesima edizione del Milano Photofestival ha un valore doppio:
siamo riusciti a portare a compimento una mostra collettiva nonostante le mille difficoltà e rinvii, abbiamo deciso di parlare di Luce Metropolitana, prima di sapere che cosa sarebbe accaduto.
Rivedere le fotografie che andranno in mostra è un tuffo al cuore.
Ci sono mostre evocative e la nostra, è sicuramente una di queste.
Il titolo potrebbe essere fuorviante, in realtà, è denso e colmo di significato, riletto oggi, dopo quello che sta colpendo non solo l’Italia ma il mondo intero, assume un altro sapore.
Milano, e non solo, ci offre continuamente lo spunto di parlare di grandi sfide, di realtà aumentata, di nuovi orizzonti e quello che, quest’anno, è accaduto ha fatto si che i pensieri, rivolti a questi grandi quesiti, riemergessero in noi più forte che mai.
Avevamo scelto di parlare e quindi di fotografare, tra luce e ombre, quello che non riusciamo a vedere, volevamo indagare sulle infinite possibilità che il buio lascia e permette ai fotografi di utilizzare a proprio piacimento, e cosa più importante, ci premeva, fotograficamente parlando, rendere delle atmosfere particolari legate alla città, all’architettura, a quella parte oscura che ogni città possiede.
Poi lo scenario, come tutti sappiamo, è cambiato, tutto, ancora adesso, tranne l’avere pensato ad un progetto fotografico che rimane attuale, che ha mantenuto l’idea portante, e le fotografie in mostra svelano proprio questa identità.
Milano o Roma o Palermo, o Venezia, “Uno, nessuno, centomila” citando Pirandello, non è la città identificativa del nostro progetto ma la capacità a rispondere agli stimoli, ai problemi, a quello che la realtà quotidiana ti porta ad affrontare.
Le fotografie di Daniela Borsari, sono premonitrici di quello che sarebbe davvero accaduto in questo 2020:
grandi donne anziane, ritratte da sole nelle loro case, ancora prima che accadesse il lockdown, che si verificasse la pandemia, e un brivido reale lo creano; oppure le fotografie di Fabio De Sandi, che porta in luce proprio una città notturna, completamente svuotata da persone, nessuno, la città ed il suo deserto.
Esattamente come nel periodo di chiusura totale.
Anche queste straordinarie immagini sono state scattate ben prima ma, mai come ora sono attualissime, e guardarle ci porta a riflettere.
Mauro Mariani, con una serie di fotografie che interpretano la luce, il buio, l’ombra, la penombra di una città che sembra voglia rinascere: l’architettura accennata, quei chiaro scuri che tanto ci fanno immaginare cosa possa essere accaduto, quella fila di bicchieri, ordinati, pronti per essere utilizzati di nuovo oppure lasciati puliti, lavati dopo una “ultima cena”… quante similitudini riusciamo a trovare in questo progetto che è nato con altri intenti, tra cui quello di mettere in “luce” la realtà che ci circonda.
Le fotografie di Fiorella Vair, pensieri vaganti in un esterno, che illuminano e lasciano intravedere, quello che abbiamo lasciato per mesi, ci saranno ancora? Dal buio, alla luce, solcando il cielo stellato, ci lascia riflettere sul’’ineluttabilità dell’esistenza umana, come le scie lasciate da una macchina (forse?).
Il progetto fotografico di Marilena Vita, riassume poi quello che ciascuno di noi ha attraversato, magari da solo, anelando la ricerca di un’altra persona, di un doppio da sé, la maschera utilizzata è la rappresentazione dell’animo umano e della capacità di “dare vita” ad una figura che ci possa portare conforto, aiuto, solidarietà, anche nei momenti più bui.
Questa mostra fotografica contiene moltissimi elementi poetici, non solo elementi fotografici, è molto di più di quello che ci si dovrebbe aspettare da una esposizione fotografica.
Le fotografie di Isabella Quaranta, infatti, racchiudono proprio gli elementi poetici di cui dicevamo, e ci portano ad entrare in atmosfere rarefatte, quasi intangibili.
Ciascuno di noi, nei momenti più tristi, ha desiderato di uscire di notte da casa, per vedere, per osservare, quasi per mettersi in ascolto di un qualcosa che non sapevamo descrivere, le fotografie di Isabella Quaranta sono esattamente il nostro desiderio non espresso ma solo immaginato.
Consci di questo e di quanto proposto ai fotografi, dai quali non volevamo una lettura didascalica del progetto, abbiamo ottenuto molto di più di quello che in realtà ci aspettassimo.
Casualità, coincidenza, sesto senso? A noi piace pensare che essendo degli artisti, siano riusciti a cogliere prima che accadesse, un qualcosa che allora, mentre scattavano, non aveva ancora un nome, ma dentro di loro, si era già mosso qualcosa.
Completamente diversi tra loro, accumunati dallo stesso destino.
Le fotografie di Antonio Pipia, in totale bianco e nero, esaltano aspetti che spesso ritroviamo dentro noi stessi, il deserto che ha attraversato le nostre città, è lo stesso deserto che viviamo anche noi, non c’è alcuna distinzione o linea che separa quello che guardiamo fotografato, da chi lo ha invece fotografato davvero.
Valentina Baldin, che in una notte intera ha dato vita al progetto “Night City Lights”, all’interno del nostro progetto, scattando attraverso una Milano si deserta ma ancora illuminata, esattamente come è sempre stata prima di essere “spenta” per l’ultima volta.
Ci sorprende guardare queste fotografie così piene di gioia, di vita, di movimento, di frenesia, che si percepiscono anche in una Milano notturna.
Ed è proprio guardando queste immagini che ripensiamo alle nostre città, e tanto desideriamo che quello che tornerà sarà migliore di quello di un tempo.
Volutamente tenute, le fotografie di Mario Washington, per ultime, non perché meno importanti ma perché, tutte scattate alcune prima altre dopo il lockdown, sono tutte attualissime, colme di uno sguardo quasi intenerito, uno sguardo che cerca un qualcosa, quel qualcosa di cui abbiamo già detto ma che per la maggior parte di noi non si è manifestato.
“Matrimonio sospeso” è emblematica di quanto accaduto, anche i matrimoni così come i funerali si sono fermati. Per un attimo anche il nostro battito ha dovuto cambiare il ritmo, lo stesso accade guardando le fotografie di tutti i fotografi in mostra. Ciascuno di essi accelera, o fa diminuire il nostro battito, il nostro respiro segue un andamento crescente o decrescente a seconda di ciò che guardiamo.
Non è facile fotografare, già di per sé, seguendo un progetto, accantonando per un momento la propria ricerca, il proprio stile fotografico usuale e calarsi in un altro contesto, figuriamoci scattare per un progetto che ambiziosamente vuole indagare sulla luce e sul buio, e su cosa accade nel mezzo, ecco, i nostri fotografi sono stati in grado di compiere proprio questo, hanno fotografato quello che accade nel mezzo.
“Carpe diem”. Hanno colto l’attimo, consci o meno che tutto quello che si fotografa non rimarrà immutato, con la consapevolezza che è importante rendere eterno quel momento, quell’istante, perché un attimo dopo non avrà più lo stesso significato.
Per quell’attimo sono stati nella “terra di mezzo”.
La location, è la stessa dell’anno scorso, e anche questo elemento ha il sapore di una duplice vittoria, lo spazio dove esporremo è rimasto, ha subito duri colpi, ma è sopravvissuto e per noi è fondamentale avere comunque un luogo del “cuore”, dove poter riparare dopo una terribile tempesta.
Questa edizione del Photofestival ed in particolare per noi, questa mostra rimarrà la testimonianza non solo fotografica ma soprattutto umana di quello che ci è accaduto, dobbiamo farne tesoro, custodirla dentro di noi, e fare si che non siano solo vane “parole”, perché queste fotografie un brivido lo mettono davvero.
Il mio grazie va tutti i fotografi che ci hanno creduto, che non si sono tirati indietro, che nonostante l’impossibilità di lavorare durante il periodo totale di fermo, hanno comunque deciso che Luce Metropolitana dovesse esistere. Grazie!
Claudia Migliore
siamo riusciti a portare a compimento una mostra collettiva nonostante le mille difficoltà e rinvii, abbiamo deciso di parlare di Luce Metropolitana, prima di sapere che cosa sarebbe accaduto.
Rivedere le fotografie che andranno in mostra è un tuffo al cuore.
Ci sono mostre evocative e la nostra, è sicuramente una di queste.
Il titolo potrebbe essere fuorviante, in realtà, è denso e colmo di significato, riletto oggi, dopo quello che sta colpendo non solo l’Italia ma il mondo intero, assume un altro sapore.
Milano, e non solo, ci offre continuamente lo spunto di parlare di grandi sfide, di realtà aumentata, di nuovi orizzonti e quello che, quest’anno, è accaduto ha fatto si che i pensieri, rivolti a questi grandi quesiti, riemergessero in noi più forte che mai.
Avevamo scelto di parlare e quindi di fotografare, tra luce e ombre, quello che non riusciamo a vedere, volevamo indagare sulle infinite possibilità che il buio lascia e permette ai fotografi di utilizzare a proprio piacimento, e cosa più importante, ci premeva, fotograficamente parlando, rendere delle atmosfere particolari legate alla città, all’architettura, a quella parte oscura che ogni città possiede.
Poi lo scenario, come tutti sappiamo, è cambiato, tutto, ancora adesso, tranne l’avere pensato ad un progetto fotografico che rimane attuale, che ha mantenuto l’idea portante, e le fotografie in mostra svelano proprio questa identità.
Milano o Roma o Palermo, o Venezia, “Uno, nessuno, centomila” citando Pirandello, non è la città identificativa del nostro progetto ma la capacità a rispondere agli stimoli, ai problemi, a quello che la realtà quotidiana ti porta ad affrontare.
Le fotografie di Daniela Borsari, sono premonitrici di quello che sarebbe davvero accaduto in questo 2020:
grandi donne anziane, ritratte da sole nelle loro case, ancora prima che accadesse il lockdown, che si verificasse la pandemia, e un brivido reale lo creano; oppure le fotografie di Fabio De Sandi, che porta in luce proprio una città notturna, completamente svuotata da persone, nessuno, la città ed il suo deserto.
Esattamente come nel periodo di chiusura totale.
Anche queste straordinarie immagini sono state scattate ben prima ma, mai come ora sono attualissime, e guardarle ci porta a riflettere.
Mauro Mariani, con una serie di fotografie che interpretano la luce, il buio, l’ombra, la penombra di una città che sembra voglia rinascere: l’architettura accennata, quei chiaro scuri che tanto ci fanno immaginare cosa possa essere accaduto, quella fila di bicchieri, ordinati, pronti per essere utilizzati di nuovo oppure lasciati puliti, lavati dopo una “ultima cena”… quante similitudini riusciamo a trovare in questo progetto che è nato con altri intenti, tra cui quello di mettere in “luce” la realtà che ci circonda.
Le fotografie di Fiorella Vair, pensieri vaganti in un esterno, che illuminano e lasciano intravedere, quello che abbiamo lasciato per mesi, ci saranno ancora? Dal buio, alla luce, solcando il cielo stellato, ci lascia riflettere sul’’ineluttabilità dell’esistenza umana, come le scie lasciate da una macchina (forse?).
Il progetto fotografico di Marilena Vita, riassume poi quello che ciascuno di noi ha attraversato, magari da solo, anelando la ricerca di un’altra persona, di un doppio da sé, la maschera utilizzata è la rappresentazione dell’animo umano e della capacità di “dare vita” ad una figura che ci possa portare conforto, aiuto, solidarietà, anche nei momenti più bui.
Questa mostra fotografica contiene moltissimi elementi poetici, non solo elementi fotografici, è molto di più di quello che ci si dovrebbe aspettare da una esposizione fotografica.
Le fotografie di Isabella Quaranta, infatti, racchiudono proprio gli elementi poetici di cui dicevamo, e ci portano ad entrare in atmosfere rarefatte, quasi intangibili.
Ciascuno di noi, nei momenti più tristi, ha desiderato di uscire di notte da casa, per vedere, per osservare, quasi per mettersi in ascolto di un qualcosa che non sapevamo descrivere, le fotografie di Isabella Quaranta sono esattamente il nostro desiderio non espresso ma solo immaginato.
Consci di questo e di quanto proposto ai fotografi, dai quali non volevamo una lettura didascalica del progetto, abbiamo ottenuto molto di più di quello che in realtà ci aspettassimo.
Casualità, coincidenza, sesto senso? A noi piace pensare che essendo degli artisti, siano riusciti a cogliere prima che accadesse, un qualcosa che allora, mentre scattavano, non aveva ancora un nome, ma dentro di loro, si era già mosso qualcosa.
Completamente diversi tra loro, accumunati dallo stesso destino.
Le fotografie di Antonio Pipia, in totale bianco e nero, esaltano aspetti che spesso ritroviamo dentro noi stessi, il deserto che ha attraversato le nostre città, è lo stesso deserto che viviamo anche noi, non c’è alcuna distinzione o linea che separa quello che guardiamo fotografato, da chi lo ha invece fotografato davvero.
Valentina Baldin, che in una notte intera ha dato vita al progetto “Night City Lights”, all’interno del nostro progetto, scattando attraverso una Milano si deserta ma ancora illuminata, esattamente come è sempre stata prima di essere “spenta” per l’ultima volta.
Ci sorprende guardare queste fotografie così piene di gioia, di vita, di movimento, di frenesia, che si percepiscono anche in una Milano notturna.
Ed è proprio guardando queste immagini che ripensiamo alle nostre città, e tanto desideriamo che quello che tornerà sarà migliore di quello di un tempo.
Volutamente tenute, le fotografie di Mario Washington, per ultime, non perché meno importanti ma perché, tutte scattate alcune prima altre dopo il lockdown, sono tutte attualissime, colme di uno sguardo quasi intenerito, uno sguardo che cerca un qualcosa, quel qualcosa di cui abbiamo già detto ma che per la maggior parte di noi non si è manifestato.
“Matrimonio sospeso” è emblematica di quanto accaduto, anche i matrimoni così come i funerali si sono fermati. Per un attimo anche il nostro battito ha dovuto cambiare il ritmo, lo stesso accade guardando le fotografie di tutti i fotografi in mostra. Ciascuno di essi accelera, o fa diminuire il nostro battito, il nostro respiro segue un andamento crescente o decrescente a seconda di ciò che guardiamo.
Non è facile fotografare, già di per sé, seguendo un progetto, accantonando per un momento la propria ricerca, il proprio stile fotografico usuale e calarsi in un altro contesto, figuriamoci scattare per un progetto che ambiziosamente vuole indagare sulla luce e sul buio, e su cosa accade nel mezzo, ecco, i nostri fotografi sono stati in grado di compiere proprio questo, hanno fotografato quello che accade nel mezzo.
“Carpe diem”. Hanno colto l’attimo, consci o meno che tutto quello che si fotografa non rimarrà immutato, con la consapevolezza che è importante rendere eterno quel momento, quell’istante, perché un attimo dopo non avrà più lo stesso significato.
Per quell’attimo sono stati nella “terra di mezzo”.
La location, è la stessa dell’anno scorso, e anche questo elemento ha il sapore di una duplice vittoria, lo spazio dove esporremo è rimasto, ha subito duri colpi, ma è sopravvissuto e per noi è fondamentale avere comunque un luogo del “cuore”, dove poter riparare dopo una terribile tempesta.
Questa edizione del Photofestival ed in particolare per noi, questa mostra rimarrà la testimonianza non solo fotografica ma soprattutto umana di quello che ci è accaduto, dobbiamo farne tesoro, custodirla dentro di noi, e fare si che non siano solo vane “parole”, perché queste fotografie un brivido lo mettono davvero.
Il mio grazie va tutti i fotografi che ci hanno creduto, che non si sono tirati indietro, che nonostante l’impossibilità di lavorare durante il periodo totale di fermo, hanno comunque deciso che Luce Metropolitana dovesse esistere. Grazie!
Claudia Migliore
30
settembre 2020
Luce Metropolitana / Metropolitan Light
Dal 30 settembre al 16 ottobre 2020
fotografia
Location
BOOKSHOP FRANCO ANGELI BICOCCA
Milano, Viale Dell'innovazione, (Milano)
Milano, Viale Dell'innovazione, (Milano)
Orario di apertura
da lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 18.30; Sabato dalle 9 alle 13
Vernissage
1 Ottobre 2020, h 17.30
Editore
Migliore Mariani Edizioni
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Studio CM CD
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