Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Luciana Loccioni – Ferite o Feritoie
Obelischi, scudi e composizioni astratte hanno in comune una materia torturata, lacerata, una materia che grazie alla sua abilità si fa carne e si offre, orgogliosa e spoglia, allo sguardo di chi l’osserva.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
"Cos’è la ferita se non quel dolore silenzioso che lacera dentro, che mette alla prova i ferri del coraggio per andare oltre.
Una a fianco all’altra, le ferite tracciano il cammino su binari che mai s’incontrano. Segni che narrano sul corpo memorie di abbandono.
Feritoie quando lasciano aperto un varco di speranza." (Luciana Loccioni)
"Nel 1935 Antonia Pozzi scriveva sul suo personale e riservatissimo diario: «ogni cosa è una ferita attraverso cui la mia personalità vorrebbe sgorgare per donarsi». Con queste poche parole, dense di cupe consapevolezze, la poetessa cercava di riassumere la sua visione del mondo, un mondo che le poneva dinanzi a sé solamente porte chiuse e rifiuti, causandole ferite emotive e spirituali che contribuirono in modo determinante a caratterizzare la sua intera produzione poetica.
Un po’ in questo senso vanno lette le opere realizzate da Luciana Loccioni in occasione di questo suo ultimo progetto; ciascun lavoro mostra infatti apertamente allo spettatore la ferita da cui si è originato, senza alcuna vergogna o filtro, inducendolo ad osservare da vicino quei veri e propri solchi che lacerano e fanno tremare il corpo (la materia) e lo spirito (il significato).
Simboli esoterici realizzati attraverso complesse procedure di fusione e saldatura prendono forma e vita davanti allo spettatore; obelischi, scudi e composizioni astratte hanno in comune una materia torturata, lacerata, una materia che grazie alla sua abilità si fa carne e si offre, orgogliosa e spoglia, allo sguardo di chi l’osserva. Colti sono i richiami all’arte di Alberto Burri, dove però era il fuoco ad infliggere alle sue superfici materiche bruciature ed ustioni così profonde da richiamare alla mente le antiche stimmate dei martiri cristiani. Qui è invece direttamente la mano dell’artista a torturare la materia, a squarciarla quasi con rabbia; quella stessa mano che prima plasma e poi lacera, alla fine la salva, la ricuce ed in questo modo la redime. Proprio in questo risiede buona parte del messaggio di Luciana Loccioni, che ci invita a riflettere sulla possibile rinascita che può sorgere da quelle lacerazioni, perché ogni ferita rappresenta anche una feritoia, una via per abbandonare la sofferenza patita e giungere a nuove e meritate consolazioni. Questo processo di comprensione viene realizzato con la luce, il colore e la materia; ogni squarcio è infatti attraversato da un raggio di luce che, penetrando all’interno delle forme, le illumina di nuove consapevolezze, così come le sfumature con cui sono realizzate le sue opere, capaci di creare colori che rifuggono il nero per giungere a originali e diverse affermazioni cromatiche, spesso permea te d’oro come forma di (rin)negazione del buio. La sua materia ha una voce propria; il filo di ferro con cui le ferite vengono ricucite dall’artista testimoniano quella sua capacità di estroflettere il proprio spirito verso il mondo esterno, la voglia di convogliare un messaggio attraverso una possibile redenzione.
Il messaggio finale dell’artista è comunque fatto di speranza e non di commiserazione, di luce e non di buio, e trova pieno e definitivo compimento nella figura dell’angelo, realizzato tramite sapienti saldature e fusioni che testimoniano tutta la sua profonda padronanza tecnica. Due ali dorate saldate ad una grande lancia, anch’essa dorata, rappresentano la più naturale ascesa ed elevazione dello spirito umano dopo le sofferenze patite nel corso della propria esistenza, divenendo in tal modo metafora universale che tutto raccoglie e accoglie in sé, compresa la storia dell’uomo. Isolata dal resto delle opere vive infatti Axis mundi, opera in cui la lancia simboleggia l’asse che unisce il cielo alla terra e un grande scudo viene squarciato dall’artista proprio nel punto in cui vi è la raffigurazione di una croce cristiana, emblema della sofferenza inferta dalla storia all’ordine templare. Come scrisse Leonard Cohen nel 1963, «una cicatrice è ciò che avviene quando la parola si fa carne». Ed è proprio in questo che risiede gran parte della bellezza di queste opere." (storico dell'arte Michele Servadio)
Una a fianco all’altra, le ferite tracciano il cammino su binari che mai s’incontrano. Segni che narrano sul corpo memorie di abbandono.
Feritoie quando lasciano aperto un varco di speranza." (Luciana Loccioni)
"Nel 1935 Antonia Pozzi scriveva sul suo personale e riservatissimo diario: «ogni cosa è una ferita attraverso cui la mia personalità vorrebbe sgorgare per donarsi». Con queste poche parole, dense di cupe consapevolezze, la poetessa cercava di riassumere la sua visione del mondo, un mondo che le poneva dinanzi a sé solamente porte chiuse e rifiuti, causandole ferite emotive e spirituali che contribuirono in modo determinante a caratterizzare la sua intera produzione poetica.
Un po’ in questo senso vanno lette le opere realizzate da Luciana Loccioni in occasione di questo suo ultimo progetto; ciascun lavoro mostra infatti apertamente allo spettatore la ferita da cui si è originato, senza alcuna vergogna o filtro, inducendolo ad osservare da vicino quei veri e propri solchi che lacerano e fanno tremare il corpo (la materia) e lo spirito (il significato).
Simboli esoterici realizzati attraverso complesse procedure di fusione e saldatura prendono forma e vita davanti allo spettatore; obelischi, scudi e composizioni astratte hanno in comune una materia torturata, lacerata, una materia che grazie alla sua abilità si fa carne e si offre, orgogliosa e spoglia, allo sguardo di chi l’osserva. Colti sono i richiami all’arte di Alberto Burri, dove però era il fuoco ad infliggere alle sue superfici materiche bruciature ed ustioni così profonde da richiamare alla mente le antiche stimmate dei martiri cristiani. Qui è invece direttamente la mano dell’artista a torturare la materia, a squarciarla quasi con rabbia; quella stessa mano che prima plasma e poi lacera, alla fine la salva, la ricuce ed in questo modo la redime. Proprio in questo risiede buona parte del messaggio di Luciana Loccioni, che ci invita a riflettere sulla possibile rinascita che può sorgere da quelle lacerazioni, perché ogni ferita rappresenta anche una feritoia, una via per abbandonare la sofferenza patita e giungere a nuove e meritate consolazioni. Questo processo di comprensione viene realizzato con la luce, il colore e la materia; ogni squarcio è infatti attraversato da un raggio di luce che, penetrando all’interno delle forme, le illumina di nuove consapevolezze, così come le sfumature con cui sono realizzate le sue opere, capaci di creare colori che rifuggono il nero per giungere a originali e diverse affermazioni cromatiche, spesso permea te d’oro come forma di (rin)negazione del buio. La sua materia ha una voce propria; il filo di ferro con cui le ferite vengono ricucite dall’artista testimoniano quella sua capacità di estroflettere il proprio spirito verso il mondo esterno, la voglia di convogliare un messaggio attraverso una possibile redenzione.
Il messaggio finale dell’artista è comunque fatto di speranza e non di commiserazione, di luce e non di buio, e trova pieno e definitivo compimento nella figura dell’angelo, realizzato tramite sapienti saldature e fusioni che testimoniano tutta la sua profonda padronanza tecnica. Due ali dorate saldate ad una grande lancia, anch’essa dorata, rappresentano la più naturale ascesa ed elevazione dello spirito umano dopo le sofferenze patite nel corso della propria esistenza, divenendo in tal modo metafora universale che tutto raccoglie e accoglie in sé, compresa la storia dell’uomo. Isolata dal resto delle opere vive infatti Axis mundi, opera in cui la lancia simboleggia l’asse che unisce il cielo alla terra e un grande scudo viene squarciato dall’artista proprio nel punto in cui vi è la raffigurazione di una croce cristiana, emblema della sofferenza inferta dalla storia all’ordine templare. Come scrisse Leonard Cohen nel 1963, «una cicatrice è ciò che avviene quando la parola si fa carne». Ed è proprio in questo che risiede gran parte della bellezza di queste opere." (storico dell'arte Michele Servadio)
02
marzo 2024
Luciana Loccioni – Ferite o Feritoie
Dal 02 al 17 marzo 2024
arte contemporanea
Location
Associazione Culturale Galleria Papini
Ancona, Via Lazzaro Bernabei, 39, (AN)
Ancona, Via Lazzaro Bernabei, 39, (AN)
Orario di apertura
dal giovedì alla domenica 17,30-19,30
Vernissage
2 Marzo 2024, 18.00
Autore
Curatore
Autore testo critico
Patrocini