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Luciano Ceschia (1926-1991)
Ogni medaglia è un capolavoro, che riflette nel piccolo formato l’ampio pensiero scultoreo di Luciano Ceschia. E’ questo il presupposto per una indagine sull’artista friulano e il suo operato a 20 anni dalla scomparsa
Comunicato stampa
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L’occasione è offerta dalla donazione da parte degli eredi di un nucleo di 40 pezzi che si
aggiungono ai 28 già presenti nel Museo d’Arte della medaglia di Buja (Ud).
Le medaglie costituiscono il dato di partenza: Ceschia dai primi anni Settanta sino
agli ultimi suoi giorni ne produsse oltre un centinaio, aprendo il piccolo formato
al suo grande pensiero scultoreo, mutando la dimensione, ma non i principi che
gorvernarono nella sua ricerca il rapporto tra forma e superficie, spazio e luce,
pieno e vuoto, concretezza materiale e tensione verso astratta idealità. Egli offrì
campo di sperimentazione nuova alle tensioni interne alla superficie medaglistica
in termini di equilibrio, ritmo, partitura. Si misurò con alterni risultati sulla “doppia
faccia” della medaglia talora accogliendo il canonico principio del dritto e rovescio,
talaltra insinuando l’ambivalenza dei lati attraverso una complementarietà di senso
imprescindibile. Utilizzò gli elementi epigrafici per giungere alla stereometria dell’oggetto
così da superare i valori di superficie in favore di conquiste continue in senso dinamico e
spaziale.
Di certo ogni medaglia di Luciano Ceschia è chiara trasposizione del principio, della
tensione e del risultato della scultura che l’artista andava elaborando in quegli anni
importanti, che lo condussero all’acmè di una vicenda umana e professionale capace di
riconoscimenti internazionali, come testimoniano le mostre che gli furono dedicate a
Vienna (1979), Lubiana (1983), Zagabria, New York (1984) Toronto (1985), Sumi, Kiev,
Riga, Leningrado, Mosca (1987).
Nel Museo della medaglia l’esposizione suggerisce rimando alle opere scultoree che
in modo più stringente creano assonanze con la produzione medaglistica: Gong, Dischi
e Sfere raccontano questo itinerario che si cala nel piccolo formato senza inibizioni ne’
soluzione di continuità, conducendo il genere a una innovazione sul terreno già fertile
dei grandi Maestri rappresentati all’interno del Museo e che hanno significato i più alti
parametri della medaglistica classica.
Gong, Dischi, Sfere e dunque Medaglie ci conducono a un viaggio ampio intorno alla
scultura di Luciano Ceschia, ripresa nella seconda sede espositiva che è l’antica Pieve di
San Lorenzo. Qui si accentua il legame con il territorio che diede i natali allo scultore
tarcentino e con un ambiente culturale, ove il profondo valore della radice conduce a
brani che divengono mito di un mondo contadino.
Dalle mani dello scultore presero vita personaggi della mitologia popolare, storie e umori
terragni scaturiti dal racconto e dalle serate intorno al fuoco. Sono brani in terracotta che
parlano di mondi legati alla terra madre, principio di ogni essere materiale e culturale e di
ogni dinamica e vitale trasformazione.
Questo senso universale dell’origine viene proposto nella Pieve per offrire un viaggio
a ritroso che giunge alle radici scultoree dell’artista, radici che fanno proprio il mito
popolare, per trarre dal senso del luogo spinta al nuovo. “Le cose sono intrecciate alla
mia vita e sono inseparabili” scriveva Luciano Ceschia. “prendetemi e prenderete un
paese, degli alberi, una vecchia civiltà e una nuova cultura”. E in questo senso credo
vadano “presi”, quei capolavori ceramici che raccontano un’anatomia dell’anima che
è anatomia del territorio, fatta di personaggi, alberi e colline, di galli in parata, tori,
cavalli, cinghiali e ancora teste di contadini, cacciatori e feste popolari. Ma che più
largamente raccontano un complesso itinerario che non costituisce solo moto per un
viaggio nell’arte del proprio tempo, ma che si offre quale pretesto per un più complesso
percorso umano ed esistenziale che si chiudeva con l’improvvisa e prematura scomparsa
dell’artista. Era il 1991.
aggiungono ai 28 già presenti nel Museo d’Arte della medaglia di Buja (Ud).
Le medaglie costituiscono il dato di partenza: Ceschia dai primi anni Settanta sino
agli ultimi suoi giorni ne produsse oltre un centinaio, aprendo il piccolo formato
al suo grande pensiero scultoreo, mutando la dimensione, ma non i principi che
gorvernarono nella sua ricerca il rapporto tra forma e superficie, spazio e luce,
pieno e vuoto, concretezza materiale e tensione verso astratta idealità. Egli offrì
campo di sperimentazione nuova alle tensioni interne alla superficie medaglistica
in termini di equilibrio, ritmo, partitura. Si misurò con alterni risultati sulla “doppia
faccia” della medaglia talora accogliendo il canonico principio del dritto e rovescio,
talaltra insinuando l’ambivalenza dei lati attraverso una complementarietà di senso
imprescindibile. Utilizzò gli elementi epigrafici per giungere alla stereometria dell’oggetto
così da superare i valori di superficie in favore di conquiste continue in senso dinamico e
spaziale.
Di certo ogni medaglia di Luciano Ceschia è chiara trasposizione del principio, della
tensione e del risultato della scultura che l’artista andava elaborando in quegli anni
importanti, che lo condussero all’acmè di una vicenda umana e professionale capace di
riconoscimenti internazionali, come testimoniano le mostre che gli furono dedicate a
Vienna (1979), Lubiana (1983), Zagabria, New York (1984) Toronto (1985), Sumi, Kiev,
Riga, Leningrado, Mosca (1987).
Nel Museo della medaglia l’esposizione suggerisce rimando alle opere scultoree che
in modo più stringente creano assonanze con la produzione medaglistica: Gong, Dischi
e Sfere raccontano questo itinerario che si cala nel piccolo formato senza inibizioni ne’
soluzione di continuità, conducendo il genere a una innovazione sul terreno già fertile
dei grandi Maestri rappresentati all’interno del Museo e che hanno significato i più alti
parametri della medaglistica classica.
Gong, Dischi, Sfere e dunque Medaglie ci conducono a un viaggio ampio intorno alla
scultura di Luciano Ceschia, ripresa nella seconda sede espositiva che è l’antica Pieve di
San Lorenzo. Qui si accentua il legame con il territorio che diede i natali allo scultore
tarcentino e con un ambiente culturale, ove il profondo valore della radice conduce a
brani che divengono mito di un mondo contadino.
Dalle mani dello scultore presero vita personaggi della mitologia popolare, storie e umori
terragni scaturiti dal racconto e dalle serate intorno al fuoco. Sono brani in terracotta che
parlano di mondi legati alla terra madre, principio di ogni essere materiale e culturale e di
ogni dinamica e vitale trasformazione.
Questo senso universale dell’origine viene proposto nella Pieve per offrire un viaggio
a ritroso che giunge alle radici scultoree dell’artista, radici che fanno proprio il mito
popolare, per trarre dal senso del luogo spinta al nuovo. “Le cose sono intrecciate alla
mia vita e sono inseparabili” scriveva Luciano Ceschia. “prendetemi e prenderete un
paese, degli alberi, una vecchia civiltà e una nuova cultura”. E in questo senso credo
vadano “presi”, quei capolavori ceramici che raccontano un’anatomia dell’anima che
è anatomia del territorio, fatta di personaggi, alberi e colline, di galli in parata, tori,
cavalli, cinghiali e ancora teste di contadini, cacciatori e feste popolari. Ma che più
largamente raccontano un complesso itinerario che non costituisce solo moto per un
viaggio nell’arte del proprio tempo, ma che si offre quale pretesto per un più complesso
percorso umano ed esistenziale che si chiudeva con l’improvvisa e prematura scomparsa
dell’artista. Era il 1991.
20
maggio 2011
Luciano Ceschia (1926-1991)
Dal 20 maggio al 15 ottobre 2011
arte contemporanea
Location
MUSEO D’ARTE DELLA MEDAGLIA
Buja, Piazza San Lorenzo, (Udine)
Buja, Piazza San Lorenzo, (Udine)
Orario di apertura
Sabato e domenica 10-12; 16-19. Visite infrasettimanali su prenotazione
Vernissage
20 Maggio 2011, ore 18.30
Autore