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Luciano Cottini – Omaggio al Maestro
Per ricordare l’amico Luciano Cottini, scomparso il 25 aprile scorso, la Galleria “Arianna Sartori” presenta in suo onore una importante mostra di opere su carta, dodici disegni eseguiti tra il 1969 ed il 1970, realizzati a carboncino e di grande formato, inoltre un raro “Autoritratto”.
Comunicato stampa
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Per ricordare l’amico Luciano Cottini, scomparso il 25 aprile scorso, la Galleria “Arianna Sartori” presenta in suo onore una importante mostra di opere su carta.
La retrospettiva “Omaggio al Maestro Luciano Cottini”, curata da Adalberto Sartori, si inaugura sabato 8 maggio alle ore 17.00 nella Galleria in Via Cappello 17 a Mantova.
La storia della collaborazione artistico-culturale, dell’amicizia e della reciproca stima tra Adalberto Sartori e Luciano Cottini inizia nel 1991. Lo stesso anno Adalberto gli dedica un’ampia recensione della sua attività artistica, sul numero di aprile del mensile d’arte e cultura “ARCHIVIO”; da allora si sono susseguite molte importanti collaborazioni sia in campo editoriale (cataloghi, monografie, e tirature di acqueforti) che in campo espositivo (mostre personali, collettive e rassegne).
In mostra sono esposti dodici disegni eseguiti tra il 1969 ed il 1970, tutti realizzati a carboncino e di grande formato (cm 66x77,5), inoltre un raro “Autoritratto” (tecnica mista su cartoncino, cm 60x80) eseguito appositamente su invito di Adalberto Sartori nel 2003, per la rassegna “Autoritratto… con modella”.
Aperta al pubblico fino al 20 maggio 2021, l’esposizione segue gli orari: tutti giorni 10.00-12.30 / 15.30-19.30, chiuso i festivi.
La naturale coerenza di Luciano Cottini
“La compagnia di Luciano Cottini è sempre molto piacevole; affabile, sicuramente schietto e diretto è artista autentico, di solida formazione, ha attirato ormai da decenni l’attenzione della migliore critica d’arte nazionale raggiungendo livelli di fama notevoli. Ogni qual volta vado a trovarlo, con quel suo modo di fare, riservato e mai invadente, riesce a trasmettermi preziose conoscenze di sé e del suo mondo artistico.
Cottini, da sempre diviso tra la natia Calvisano, che di volta in volta lo attrae o lo respinge, e la metropoli milanese, amata e allo stesso modo odiata, nonostante le importanti amicizie e relazioni di rilievo, per trent’anni è stato insegnante di Figura Disegnata al Liceo Artistico di Brera a Milano.
Durante il nostro ultimo incontro, nella casa di Calvisano, mi mostra una serie di suoi disegni, in realtà carboncini, ancora arrotolati: “…li ho portati così dallo studio di Milano, ma in realtà li avevo eseguiti tra il 1968 e il 1971, quando pur abitando in una camera ammobiliata in via Pontaccio 7, avevo lo studio in Piazza Sant’Agostino vicino a San Vittore. E pur avendo iniziato da poco a insegnare, avevo fatto solo alcune supplenze, il grande desiderio di stare a Milano mi obbligava così a pagare tre affitti, pagavo, infatti, anche quello dell’abitazione di Calvisano. Da allora - riprende Luciano - non ho mai più guardato questi disegni, sono ventotto, … e non li ho mai mostrati!” mi dice. Li sfogliamo insieme, di grandi dimensioni, usano tutti la stessa carta, del medesimo formato (“…da pacco perché la più economica…”), caratterizzati da un segno sagace e drammatico, nati evidentemente dalla stessa idea, dalla stessa emozione, da quella necessità di denuncia che tanto ha caratterizzato la società ed il mondo dell’arte di quegli anni.
Intellettuale raffinato e disegnatore completo, Cottini è capace di dare vita ad un mondo ricco di personaggi in genere legati alla sua terra e al mondo agreste, ma in questo caso, la tematica delle problematiche sociali ha coinvolto i personaggi metropolitani, ripresi nelle situazioni tra le più varie.
Negli anni di cui sopra Luciano aveva già esposto alle importanti rassegne artistiche di Roma, Venezia, Mosca, ed aveva già ottenuto importanti consensi critici. Aveva già conosciuto il critico Testori che in lui ravvisava la mano di un discendente dei realisti ed espressionisti lombardi; Testori, per la mostra del ’68, alla Piccola Galleria di Brescia, riconosceva in lui “…un erede di Romanino, capace con la sua violenza dialettale di dare vita a un mondo campagnolo, materico e allucinato…”. È stato, questo, un pezzo importante, che ha costituito il punto d’avvio del discorso sul pittore di Calvisano che altri critici hanno proseguito: da Oreste Marini a Elvira Cassa Salvi, da Roberto Tassi a Giorgio Cusatelli, da Giuseppe Tonna a Vanni Scheiwiller, da Elda Fezzi ad Aurora Scotti, da Franco Loi a Stefano Crespi, padre Turoldo, Franco Sciardelli, Mario De Micheli, Federico Zeri, Raffaele De Grada…
Dunque, questi ventotto disegni di Cottini… palesano un certo gusto nordico, caratterizzato da una satira acre e logorante e, proprio questa loro esclusiva caratteristica che con il tempo è diventata peculiarità, sono assolutamente riconoscibili. Trattasi per la quasi totalità dei fogli di una serie di figure, molto spesso ragazze, donne attonite, sconvolte e disperate, che vivono in una dimensione atemporale, colte nelle situazioni di routiniera quotidianità, con particolari inquadrature. Tra i molti, in un unico disegno sono raffigurate le teste di alcuni cavalli, mentre in alcuni altri alle figure femminili si propongono e si affiancano, sornione, talune inquietanti figure paniche di tradizione mitologica, disegnate con grande efficacia con piedi e corna di capro. La mente vola immediatamente a panico, a quel timore o sgomento che nasce senza una effettiva motivazione ma che non può essere superato con il solo uso della ragione. Così sono nate le situazioni di difficoltà e di disagio e, in quegli anni, anche di terrore, raffigurate da Luciano che, oggi, non ricorda più quale fosse il preciso senso di quelle raffigurazioni (o forse non lo dice per quel piacere di lasciar dire e interpretare gli altri).
Con i disegni, caratterizzati da un’infinita serie di brevi e veloci segni volutamente intricati, realizzati con il carboncino che torto e ritorto tra le dita rilascia un segno più o meno spesso, ma nero, sempre freddo, crudo, così caratteristico e personale, Cottini, attraverso l’uso del deforme e dello sgraziato, trasferisce drammaticità al raffigurato, denuncia e partecipazione al dolore umano; non vuole raffigurare i lineamenti, non vuole eseguire ritratti bensì fissare la drammaticità, la precarietà e la provvisorietà della vita.
È chiaro che tutta la sua tematica rispecchia lo stato d’animo dell’artista; dall’esecuzione di questi disegni sono passati quarant’anni, molte cose sono cambiate, ma il segno di Luciano Cottini non è cambiato, semmai, a parer mio è a tutt’oggi più forte, graffiante e doloroso.
Cottini è coerente, interroga se stesso, guarda gli altri, si rivolge alla società con un profondo senso di nostalgia, la sua è da sempre provocazione... non solo denuncia delle angosce evocate, ma testimonianza del fluire del tempo, della paura del diverso, della paura della morte, una denuncia del dramma che rabbiosamente ciascun uomo può vivere...
In tutti questi anni il maestro bresciano non si è perso per via, non ha scelto la strada del “mercato”, ma ha continuato a proporre tematiche difficili e di non facile comprensione, ma la critica d’arte più raffinata e colta lo ha celebrato come uno dei massimi artisti dell’arte italiana contemporanea.
Da allora Cottini con logica costanza porta avanti il suo discorso”.
Maria Gabriella Savoia
(dal catalogo “Luciano Cottini. Disegni 1968-1971”, Arianna Sartori Editore, 2008)
Luciano Cottini nasce a Brescia il 28 luglio 1932.
Ha compiuto gli studi all’Accademia di Belle Arti Carrara di Bergamo e all’Accademia di Brera a Milano.
In seguito ha insegnato “figura disegnata” al Liceo Artistico di Brera per venticinque anni. Da sempre pendolare tra Calvisano - paese che abitò fin dall’infanzia - e Milano, dove ha vissuto per quarant’anni, non si è mai integrato nel capoluogo lombardo, dove pure contava numerosi amici ed estimatori.
Numerosissime le sue partecipazioni pubbliche, personali e collettive, in Italia e all’estero.
Ha avuto lo studio a Milano ed a Calvisano (BS).
Ha iniziato l’attività incisoria nel 1959 prediligendo la tecnica dell’acquaforte. Ha all’attivo più di 200 incisioni.
Nel 1998, in concomitanza con l’uscita del volume “Luciano Cottini - Acqueforti”, l’editrice Arianna Sartori di Mantova cura le mostre personali presso il Comune di Quistello (MN), il Comune di Tenno (TN) e la Galleria Civica di Montichiari (BS).
Inserito nel “Dizionario degli incisori bresciani” e nel volume “Incisori moderni e contemporanei. Raccolta di monografie illustrate. Libro primo” a cura di Adalberto e Arianna Sartori (2008), i suoi fogli sono conservati nel “Museo della Grafica” del Comune di Ostiglia e nella “Raccolta delle Stampe Adalberto Sartori” di Mantova (www.raccoltastampesartori.it).
Luciano Cottini si è spento a Calvisano il 25 aprile 2021.
La retrospettiva “Omaggio al Maestro Luciano Cottini”, curata da Adalberto Sartori, si inaugura sabato 8 maggio alle ore 17.00 nella Galleria in Via Cappello 17 a Mantova.
La storia della collaborazione artistico-culturale, dell’amicizia e della reciproca stima tra Adalberto Sartori e Luciano Cottini inizia nel 1991. Lo stesso anno Adalberto gli dedica un’ampia recensione della sua attività artistica, sul numero di aprile del mensile d’arte e cultura “ARCHIVIO”; da allora si sono susseguite molte importanti collaborazioni sia in campo editoriale (cataloghi, monografie, e tirature di acqueforti) che in campo espositivo (mostre personali, collettive e rassegne).
In mostra sono esposti dodici disegni eseguiti tra il 1969 ed il 1970, tutti realizzati a carboncino e di grande formato (cm 66x77,5), inoltre un raro “Autoritratto” (tecnica mista su cartoncino, cm 60x80) eseguito appositamente su invito di Adalberto Sartori nel 2003, per la rassegna “Autoritratto… con modella”.
Aperta al pubblico fino al 20 maggio 2021, l’esposizione segue gli orari: tutti giorni 10.00-12.30 / 15.30-19.30, chiuso i festivi.
La naturale coerenza di Luciano Cottini
“La compagnia di Luciano Cottini è sempre molto piacevole; affabile, sicuramente schietto e diretto è artista autentico, di solida formazione, ha attirato ormai da decenni l’attenzione della migliore critica d’arte nazionale raggiungendo livelli di fama notevoli. Ogni qual volta vado a trovarlo, con quel suo modo di fare, riservato e mai invadente, riesce a trasmettermi preziose conoscenze di sé e del suo mondo artistico.
Cottini, da sempre diviso tra la natia Calvisano, che di volta in volta lo attrae o lo respinge, e la metropoli milanese, amata e allo stesso modo odiata, nonostante le importanti amicizie e relazioni di rilievo, per trent’anni è stato insegnante di Figura Disegnata al Liceo Artistico di Brera a Milano.
Durante il nostro ultimo incontro, nella casa di Calvisano, mi mostra una serie di suoi disegni, in realtà carboncini, ancora arrotolati: “…li ho portati così dallo studio di Milano, ma in realtà li avevo eseguiti tra il 1968 e il 1971, quando pur abitando in una camera ammobiliata in via Pontaccio 7, avevo lo studio in Piazza Sant’Agostino vicino a San Vittore. E pur avendo iniziato da poco a insegnare, avevo fatto solo alcune supplenze, il grande desiderio di stare a Milano mi obbligava così a pagare tre affitti, pagavo, infatti, anche quello dell’abitazione di Calvisano. Da allora - riprende Luciano - non ho mai più guardato questi disegni, sono ventotto, … e non li ho mai mostrati!” mi dice. Li sfogliamo insieme, di grandi dimensioni, usano tutti la stessa carta, del medesimo formato (“…da pacco perché la più economica…”), caratterizzati da un segno sagace e drammatico, nati evidentemente dalla stessa idea, dalla stessa emozione, da quella necessità di denuncia che tanto ha caratterizzato la società ed il mondo dell’arte di quegli anni.
Intellettuale raffinato e disegnatore completo, Cottini è capace di dare vita ad un mondo ricco di personaggi in genere legati alla sua terra e al mondo agreste, ma in questo caso, la tematica delle problematiche sociali ha coinvolto i personaggi metropolitani, ripresi nelle situazioni tra le più varie.
Negli anni di cui sopra Luciano aveva già esposto alle importanti rassegne artistiche di Roma, Venezia, Mosca, ed aveva già ottenuto importanti consensi critici. Aveva già conosciuto il critico Testori che in lui ravvisava la mano di un discendente dei realisti ed espressionisti lombardi; Testori, per la mostra del ’68, alla Piccola Galleria di Brescia, riconosceva in lui “…un erede di Romanino, capace con la sua violenza dialettale di dare vita a un mondo campagnolo, materico e allucinato…”. È stato, questo, un pezzo importante, che ha costituito il punto d’avvio del discorso sul pittore di Calvisano che altri critici hanno proseguito: da Oreste Marini a Elvira Cassa Salvi, da Roberto Tassi a Giorgio Cusatelli, da Giuseppe Tonna a Vanni Scheiwiller, da Elda Fezzi ad Aurora Scotti, da Franco Loi a Stefano Crespi, padre Turoldo, Franco Sciardelli, Mario De Micheli, Federico Zeri, Raffaele De Grada…
Dunque, questi ventotto disegni di Cottini… palesano un certo gusto nordico, caratterizzato da una satira acre e logorante e, proprio questa loro esclusiva caratteristica che con il tempo è diventata peculiarità, sono assolutamente riconoscibili. Trattasi per la quasi totalità dei fogli di una serie di figure, molto spesso ragazze, donne attonite, sconvolte e disperate, che vivono in una dimensione atemporale, colte nelle situazioni di routiniera quotidianità, con particolari inquadrature. Tra i molti, in un unico disegno sono raffigurate le teste di alcuni cavalli, mentre in alcuni altri alle figure femminili si propongono e si affiancano, sornione, talune inquietanti figure paniche di tradizione mitologica, disegnate con grande efficacia con piedi e corna di capro. La mente vola immediatamente a panico, a quel timore o sgomento che nasce senza una effettiva motivazione ma che non può essere superato con il solo uso della ragione. Così sono nate le situazioni di difficoltà e di disagio e, in quegli anni, anche di terrore, raffigurate da Luciano che, oggi, non ricorda più quale fosse il preciso senso di quelle raffigurazioni (o forse non lo dice per quel piacere di lasciar dire e interpretare gli altri).
Con i disegni, caratterizzati da un’infinita serie di brevi e veloci segni volutamente intricati, realizzati con il carboncino che torto e ritorto tra le dita rilascia un segno più o meno spesso, ma nero, sempre freddo, crudo, così caratteristico e personale, Cottini, attraverso l’uso del deforme e dello sgraziato, trasferisce drammaticità al raffigurato, denuncia e partecipazione al dolore umano; non vuole raffigurare i lineamenti, non vuole eseguire ritratti bensì fissare la drammaticità, la precarietà e la provvisorietà della vita.
È chiaro che tutta la sua tematica rispecchia lo stato d’animo dell’artista; dall’esecuzione di questi disegni sono passati quarant’anni, molte cose sono cambiate, ma il segno di Luciano Cottini non è cambiato, semmai, a parer mio è a tutt’oggi più forte, graffiante e doloroso.
Cottini è coerente, interroga se stesso, guarda gli altri, si rivolge alla società con un profondo senso di nostalgia, la sua è da sempre provocazione... non solo denuncia delle angosce evocate, ma testimonianza del fluire del tempo, della paura del diverso, della paura della morte, una denuncia del dramma che rabbiosamente ciascun uomo può vivere...
In tutti questi anni il maestro bresciano non si è perso per via, non ha scelto la strada del “mercato”, ma ha continuato a proporre tematiche difficili e di non facile comprensione, ma la critica d’arte più raffinata e colta lo ha celebrato come uno dei massimi artisti dell’arte italiana contemporanea.
Da allora Cottini con logica costanza porta avanti il suo discorso”.
Maria Gabriella Savoia
(dal catalogo “Luciano Cottini. Disegni 1968-1971”, Arianna Sartori Editore, 2008)
Luciano Cottini nasce a Brescia il 28 luglio 1932.
Ha compiuto gli studi all’Accademia di Belle Arti Carrara di Bergamo e all’Accademia di Brera a Milano.
In seguito ha insegnato “figura disegnata” al Liceo Artistico di Brera per venticinque anni. Da sempre pendolare tra Calvisano - paese che abitò fin dall’infanzia - e Milano, dove ha vissuto per quarant’anni, non si è mai integrato nel capoluogo lombardo, dove pure contava numerosi amici ed estimatori.
Numerosissime le sue partecipazioni pubbliche, personali e collettive, in Italia e all’estero.
Ha avuto lo studio a Milano ed a Calvisano (BS).
Ha iniziato l’attività incisoria nel 1959 prediligendo la tecnica dell’acquaforte. Ha all’attivo più di 200 incisioni.
Nel 1998, in concomitanza con l’uscita del volume “Luciano Cottini - Acqueforti”, l’editrice Arianna Sartori di Mantova cura le mostre personali presso il Comune di Quistello (MN), il Comune di Tenno (TN) e la Galleria Civica di Montichiari (BS).
Inserito nel “Dizionario degli incisori bresciani” e nel volume “Incisori moderni e contemporanei. Raccolta di monografie illustrate. Libro primo” a cura di Adalberto e Arianna Sartori (2008), i suoi fogli sono conservati nel “Museo della Grafica” del Comune di Ostiglia e nella “Raccolta delle Stampe Adalberto Sartori” di Mantova (www.raccoltastampesartori.it).
Luciano Cottini si è spento a Calvisano il 25 aprile 2021.
08
maggio 2021
Luciano Cottini – Omaggio al Maestro
Dall'otto maggio al 20 aprile 2021
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
da Lunedì a Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30. Chiuso festivi
Vernissage
8 Maggio 2021, ore 17.00
Editore
Arianna Sartori Editore
Autore
Curatore
Autore testo critico