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Luciano Ventrone – Xenia
Ventrone non ha semplicemente creato un’emulazione della pittura antica, ma ne ha dato alla luce una diretta discendente, figlia del mondo contemporaneo. Prova evidente ne è la luce, quella fredda e impersonale luce elettrica della lampadina o degli spot
Comunicato stampa
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“Perché non prendi questi frutti che sembrano fuoriuscire dai due cesti? Non sai che se aspetti anche soltanto un poco non li troverai più come sono ora, con la loro trina di rugiada?”
Così Filostrato nel secondo secolo d.c. elogiava le qualità realistiche dei dipinti e la capacità della pittura di fermare sulla tela la bellezza fuggente del reale confondendo l'arte, la realtà e la sua rappresentazione. Queste parole, distanti quasi duemila anni, risultano ancora attuali e perfettamente riconducibili all’opera di Luciano Ventrone (Roma, 1942), un artista che ha eletto la natura morta a genere principe della sua poetica. Avvalendosi di tecniche raffinate mutuate dagli antichi maestri, ha perseguito con grande tenacia i propri obbiettivi: portare fino all’estremo i principi della “mimesis”, nel “folle” tentativo di superare in perfezione ed armonia la stessa natura.
I dipinti in questione, non sono però mirabili soltanto dal punto di vista formale, ma anche dal punto di vista del contenuto. Ventrone non ha semplicemente creato un’emulazione della pittura antica, ma ne ha dato alla luce una diretta discendente, figlia del mondo contemporaneo. Prova evidente ne è la luce, quella fredda e impersonale luce elettrica della lampadina o degli spot, così lontana dalle tremule fiammelle degli antichi, che inonda i soggetti senza pietà, svelandone ogni particolare. Anche il significato di “vanitas” contenuto nelle nature morte del passato è svanito, lasciando il posto al tentativo di fissare per sempre un momento sottraendolo all’inflessibile scorrere del tempo.
I soggetti prediletti sono frutti o foglie, disposti spesso all’interno di cesti o ciotole di legno o pietra, contro uno sfondo neutro, nero o grigio, che esclude qualunque tipo di suggestione di spazio facendo concentrare lo sguardo del pubblico sul centro della composizione, occupata da elementi di mirabile perfezione.
Così Filostrato nel secondo secolo d.c. elogiava le qualità realistiche dei dipinti e la capacità della pittura di fermare sulla tela la bellezza fuggente del reale confondendo l'arte, la realtà e la sua rappresentazione. Queste parole, distanti quasi duemila anni, risultano ancora attuali e perfettamente riconducibili all’opera di Luciano Ventrone (Roma, 1942), un artista che ha eletto la natura morta a genere principe della sua poetica. Avvalendosi di tecniche raffinate mutuate dagli antichi maestri, ha perseguito con grande tenacia i propri obbiettivi: portare fino all’estremo i principi della “mimesis”, nel “folle” tentativo di superare in perfezione ed armonia la stessa natura.
I dipinti in questione, non sono però mirabili soltanto dal punto di vista formale, ma anche dal punto di vista del contenuto. Ventrone non ha semplicemente creato un’emulazione della pittura antica, ma ne ha dato alla luce una diretta discendente, figlia del mondo contemporaneo. Prova evidente ne è la luce, quella fredda e impersonale luce elettrica della lampadina o degli spot, così lontana dalle tremule fiammelle degli antichi, che inonda i soggetti senza pietà, svelandone ogni particolare. Anche il significato di “vanitas” contenuto nelle nature morte del passato è svanito, lasciando il posto al tentativo di fissare per sempre un momento sottraendolo all’inflessibile scorrere del tempo.
I soggetti prediletti sono frutti o foglie, disposti spesso all’interno di cesti o ciotole di legno o pietra, contro uno sfondo neutro, nero o grigio, che esclude qualunque tipo di suggestione di spazio facendo concentrare lo sguardo del pubblico sul centro della composizione, occupata da elementi di mirabile perfezione.
11
novembre 2004
Luciano Ventrone – Xenia
Dall'undici novembre 2004 all'otto gennaio 2005
arte contemporanea
Location
STUDIO FORNI
Milano, Via Fatebenefratelli, 13, (Milano)
Milano, Via Fatebenefratelli, 13, (Milano)
Orario di apertura
10/13 – 16/19,30
Chiuso domenica e lunedi’
Vernissage
11 Novembre 2004, ore 18.00