Lavorare l’argento è straordinario.

L’argento possiede un insieme di proprietà fisiche assolutamente straordinaria che consente una molteplicità di possibilità di applicazioni tecniche, superiore a qualsiasi altra materia.

L’argento inoltre si manifesta in quel fascino segreto emanato dal potere della sua lucentezza, sempre incluso nel calibro dell’eleganza e nel prestigio della sua calda sobrietà acromatica.

Disegnare l’argento, a fronte di questo carattere, diventa di straordinario interesse: si ha la possibilità di concepire e ottenere forme tramite soluzioni impensabili se non impossibili in altri metalli, forme che vengono nobilitate da quella pacata e inconfondibile limpidezza che ne ha da sempre determinato un universale apprezzamento.

Il contenuto della mostra rispecchia la trentennale ricerca specifica dell’autore: un impegno progettuale teso ad attualizzare l’esistenza dell’argenteria, che da molto tempo è generalmente afflitta da mancanza di “contemporaneità”. Si tratta di definire l’argenteria nella modernità con soluzioni di design, ovvero funzionalmente rispondenti a concetti di vita presenti, quindi senza alcuna rielaborazione stilistica ma come categorica innovazione.

La particolarità forse unica dell’opera dell’Autore riguarda la tecnica adottata nelle realizzazioni che è quella della più antica tradizione artigiana, fatta solo di quei pochi normali attrezzi, fuoco e tanta manualità, quasi a voler dimostrare come la modernità espressa dalla nitida linearità del disegno possa essere raggiunta all’esterno delle tecnologie: ne deriva un fascino estetico incluso nella logica della semplicità.

La mostra presenta una selezione di 20 opere disegnate e realizzate dall’autore dal 1968 ad oggi : oggetti che assumono uno spiccata identità per la loro inedita plasticità: caraffe, vassoi, vasi, posate e oggetti d’uso concepiti per poter essere usati, ma che allo stesso tempo si propongono come forme che comunicano “…un linguaggio espressivo immediato, fatto di un’estetica mai preordinata ma conseguenziale e interamente giustificata da una visione progettuale suggerita da processi costruttivi …” (Nelson Di Maggio, 1998)