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Lucio Pozzi – Il Vento di Mercurio
Volutamente incoerente, zigzagante e al contempo aerea, la mostra Il Vento di Mercurio propone nuove possibilità di dialogo tra lavori di Lucio Pozzi a partire dalla sua produzione recente, ma senza rinunciare a punteggiarla con opere che appartengono a un passato, anche remoto, dell’artista.
Comunicato stampa
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Lucio Pozzi
Il Vento di Mercurio
dal 1 Ottobre al 30 Novembre
Inaugurazione 1 Ottobre, h. 12.00
A cura di Davide Ferri
Volutamente incoerente e zigzagante, sincopata e al contempo aerea, la mostra Il Vento di Mercurio propone nuove possibilità di dialogo tra lavori di Lucio Pozzi a partire dalla sua produzione recente, ma senza rinunciare a punteggiarla con opere che appartengono a un passato, anche remoto, dell’artista. Il titolo sottolinea e rilancia questo carattere apparentemente “cangevole” di tutta la sua ricerca: Mercurio è il dio della volubilità e della leggerezza (qualità riscontrabili anche all’interno della pratica di Pozzi), il vento prodotto dai suoi spostamenti è “tempesta o brezza”, come i movimenti del pensiero da cui si sprigionano processi di azione e reazione tra lavori che, pur contigui, sembrano apparentemente molto diversi tra loro.
Così, in mostra, può capitare che nella stessa sala si fronteggino un dittico appartenente alla serie dei Level Group (dove coppie di dipinti, apparentemente simili, attivano uno scambio energetico che si fonda sul gesto, sulla direzione delle pennellate, sull’incidenza della luce, sul rapporto tra spessore dei bordi e superfici); un grande lavoro di derivazione fotografica (ancora una coppia di immagini) in cui poche essenziali pennellate seguono i movimenti, fin quasi a confondersi con essi, di un cumulo di cassette di legno trovate per caso e fotografate in una discarica; uno Scatter Painting basato sullo “sparpagliamento” di linee, segni e campiture sulla superficie, su un’agilità di forme e colori capace di generare un non- finito perpetuo. E ancora: può accadere, in mostra, che un grande lavoro figurativo come Storia, in cui forme e contorni di cose riconducibili al reale e altre più difficilmente riconoscibili compongono una partitura di narrazioni ipotetiche e un’infinita gamma di cambiamenti di scala e punti di vista, sia in dialogo con una serie recente di Overlap Paintings, ancora sovrapposizioni tra forme e piani dell’immagine, ma rigorosamente organizzati in una partitura astratta dai toni pastello; o che l’ultimo, grande “fiore” realizzato dall’artista, un’immagine monumentale e al contempo iridescente, si trovi accanto a una costellazione di piccoli dipinti astratti appartenenti ad alcune delle sue serie più emblematiche.
Il Vento di Mercurio ribadisce dunque come al centro del lavoro di Pozzi, più che un’affinità o una compattezza stilistica e formale, ci sia quello che l’artista ha più volte definito come “il gioco dell’inventario”: il tentativo di fare pittura attraverso una pratica dalle potenzialità inesauribili, a partire cioè degli ingredienti fondamentali della pittura - il togliere e il mettere, il sopra e il sotto, il dualismo, i quattro colori fondamentali – che generano una gamma infinita di segni e forme, combinazioni e rapporti tra questi. La mostra, inoltre, solleva alcune domande fondamentali sulla ricerca dell’artista e sulla pittura in generale. Il lavoro di Pozzi, ad esempio, è astratto o figurativo? Valgono ancora queste due categorie per definire la pittura? Che cos’è l’autorialità in pittura se non si traduce in uno stile definito? Come passato e presente stabiliscono un rapporto all’interno del lavoro di un artista in cui le serie non si chiudono mai, procedono parallelamente, o si incastrano l’una nell’altra anche a distanza di molto tempo? È possibile definire il suo lavoro all’interno di un qualche periodo o storicizzazione? Esiste, ad esempio, un periodo analitico dell’artista? E se esiste, come definire il lavoro di Lucio Pozzi al di fuori di questo momento del suo percorso, tutto sommato brevissimo? La mostra, più che rispondere a queste domande, le fa risuonare lasciandole senza risposte. Così anche la lettura di un comunicato stampa, come questo, diventa una delle tante possibili letture, uno dei fili conduttori che si intreccia con quelli sviluppati dall’autore, dal curatore, dal gallerista, e dagli spettatori della mostra, ancora da tracciare.
Lucio Pozzi (Milano, 1935), dopo aver vissuto alcuni anni a Roma, città in cui studiava architettura, nel 1962 si reca negli Stati Uniti come ospite del Seminario Internazionale di Harvard. Si trasferisce poi a New York, prendendo la cittadinanza Americana. Ora divide il suo tempo fra Hudson, cittadina a nord di New York, e Valeggio sul Mincio, borgo situato fra Mantova e Verona.
Nel 1978 Il Museum of Modern Art gli dedica una delle prime mostre personali della serie Projects Video. Ha insegnato alla Cooper Union, al master di scultura della Yale University, alla Princeton University, al Maryland Institute of Art, all’accademia di Brera.
Il suo lavoro è stato presentato a Documenta 6 (1977) e nel padiglione Americano della Biennale di Venezia (1980). Le sue opere sono incluse nelle collezioni permanenti del Museum of Modern Art e in molte altre collezioni pubbliche e private.
Pozzi è un artista segretamente sovversivo: usa l’Arte Concettuale come punto di partenza per mettere in discussione i presupposti dell’arte e andare in cerca dell’intensità e dell’ispirazione in una struttura di continuo avvicendamento di esperienze artistiche differenziate. Crede che la coerenza di stile e significato non dipendano dalle formule ma si rivelino senza calcoli preliminari nella pratica dell’artista. La sua pratica è organizzata secondo certi princìpi - schemi, mappe, liste - che vengono poi sempre trasformati in mere probabilità eterogenee.
La Galleria Michela Rizzo collabora ormai da di- versi anni con Lucio Pozzi. Nel 2018 la galleria ha ospitato la collettiva Due o Tre Dimensioni Infinite, curata da Davide Ferri, in cui sono stati allestiti i Level Group Paintings di Lucio Pozzi, coppie di dipinti appesi alla stessa altezza che si attivano per via dei loro dualismi: pennellate verticali e orizzontali, spessori delle superfici diversi, differenze di peso.
Il Vento di Mercurio
dal 1 Ottobre al 30 Novembre
Inaugurazione 1 Ottobre, h. 12.00
A cura di Davide Ferri
Volutamente incoerente e zigzagante, sincopata e al contempo aerea, la mostra Il Vento di Mercurio propone nuove possibilità di dialogo tra lavori di Lucio Pozzi a partire dalla sua produzione recente, ma senza rinunciare a punteggiarla con opere che appartengono a un passato, anche remoto, dell’artista. Il titolo sottolinea e rilancia questo carattere apparentemente “cangevole” di tutta la sua ricerca: Mercurio è il dio della volubilità e della leggerezza (qualità riscontrabili anche all’interno della pratica di Pozzi), il vento prodotto dai suoi spostamenti è “tempesta o brezza”, come i movimenti del pensiero da cui si sprigionano processi di azione e reazione tra lavori che, pur contigui, sembrano apparentemente molto diversi tra loro.
Così, in mostra, può capitare che nella stessa sala si fronteggino un dittico appartenente alla serie dei Level Group (dove coppie di dipinti, apparentemente simili, attivano uno scambio energetico che si fonda sul gesto, sulla direzione delle pennellate, sull’incidenza della luce, sul rapporto tra spessore dei bordi e superfici); un grande lavoro di derivazione fotografica (ancora una coppia di immagini) in cui poche essenziali pennellate seguono i movimenti, fin quasi a confondersi con essi, di un cumulo di cassette di legno trovate per caso e fotografate in una discarica; uno Scatter Painting basato sullo “sparpagliamento” di linee, segni e campiture sulla superficie, su un’agilità di forme e colori capace di generare un non- finito perpetuo. E ancora: può accadere, in mostra, che un grande lavoro figurativo come Storia, in cui forme e contorni di cose riconducibili al reale e altre più difficilmente riconoscibili compongono una partitura di narrazioni ipotetiche e un’infinita gamma di cambiamenti di scala e punti di vista, sia in dialogo con una serie recente di Overlap Paintings, ancora sovrapposizioni tra forme e piani dell’immagine, ma rigorosamente organizzati in una partitura astratta dai toni pastello; o che l’ultimo, grande “fiore” realizzato dall’artista, un’immagine monumentale e al contempo iridescente, si trovi accanto a una costellazione di piccoli dipinti astratti appartenenti ad alcune delle sue serie più emblematiche.
Il Vento di Mercurio ribadisce dunque come al centro del lavoro di Pozzi, più che un’affinità o una compattezza stilistica e formale, ci sia quello che l’artista ha più volte definito come “il gioco dell’inventario”: il tentativo di fare pittura attraverso una pratica dalle potenzialità inesauribili, a partire cioè degli ingredienti fondamentali della pittura - il togliere e il mettere, il sopra e il sotto, il dualismo, i quattro colori fondamentali – che generano una gamma infinita di segni e forme, combinazioni e rapporti tra questi. La mostra, inoltre, solleva alcune domande fondamentali sulla ricerca dell’artista e sulla pittura in generale. Il lavoro di Pozzi, ad esempio, è astratto o figurativo? Valgono ancora queste due categorie per definire la pittura? Che cos’è l’autorialità in pittura se non si traduce in uno stile definito? Come passato e presente stabiliscono un rapporto all’interno del lavoro di un artista in cui le serie non si chiudono mai, procedono parallelamente, o si incastrano l’una nell’altra anche a distanza di molto tempo? È possibile definire il suo lavoro all’interno di un qualche periodo o storicizzazione? Esiste, ad esempio, un periodo analitico dell’artista? E se esiste, come definire il lavoro di Lucio Pozzi al di fuori di questo momento del suo percorso, tutto sommato brevissimo? La mostra, più che rispondere a queste domande, le fa risuonare lasciandole senza risposte. Così anche la lettura di un comunicato stampa, come questo, diventa una delle tante possibili letture, uno dei fili conduttori che si intreccia con quelli sviluppati dall’autore, dal curatore, dal gallerista, e dagli spettatori della mostra, ancora da tracciare.
Lucio Pozzi (Milano, 1935), dopo aver vissuto alcuni anni a Roma, città in cui studiava architettura, nel 1962 si reca negli Stati Uniti come ospite del Seminario Internazionale di Harvard. Si trasferisce poi a New York, prendendo la cittadinanza Americana. Ora divide il suo tempo fra Hudson, cittadina a nord di New York, e Valeggio sul Mincio, borgo situato fra Mantova e Verona.
Nel 1978 Il Museum of Modern Art gli dedica una delle prime mostre personali della serie Projects Video. Ha insegnato alla Cooper Union, al master di scultura della Yale University, alla Princeton University, al Maryland Institute of Art, all’accademia di Brera.
Il suo lavoro è stato presentato a Documenta 6 (1977) e nel padiglione Americano della Biennale di Venezia (1980). Le sue opere sono incluse nelle collezioni permanenti del Museum of Modern Art e in molte altre collezioni pubbliche e private.
Pozzi è un artista segretamente sovversivo: usa l’Arte Concettuale come punto di partenza per mettere in discussione i presupposti dell’arte e andare in cerca dell’intensità e dell’ispirazione in una struttura di continuo avvicendamento di esperienze artistiche differenziate. Crede che la coerenza di stile e significato non dipendano dalle formule ma si rivelino senza calcoli preliminari nella pratica dell’artista. La sua pratica è organizzata secondo certi princìpi - schemi, mappe, liste - che vengono poi sempre trasformati in mere probabilità eterogenee.
La Galleria Michela Rizzo collabora ormai da di- versi anni con Lucio Pozzi. Nel 2018 la galleria ha ospitato la collettiva Due o Tre Dimensioni Infinite, curata da Davide Ferri, in cui sono stati allestiti i Level Group Paintings di Lucio Pozzi, coppie di dipinti appesi alla stessa altezza che si attivano per via dei loro dualismi: pennellate verticali e orizzontali, spessori delle superfici diversi, differenze di peso.
01
ottobre 2022
Lucio Pozzi – Il Vento di Mercurio
Dal primo ottobre al 30 novembre 2022
arte contemporanea
Location
GALLERIA MICHELA RIZZO
Venezia, Giudecca, 800Q, (Venezia)
Venezia, Giudecca, 800Q, (Venezia)
Orario di apertura
Dal martedì al sabato, 11.00 - 18.00
Autore
Curatore
Autore testo critico