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Ludovico Maria Gilberti – Tra i cieli di New York
La mostra riunisce quaranta opere del fotografo italiano apparso agli occhi della critica italiana come una delle più interessanti e propositive figure dell’arte nuova contemporanea e per una fotografia che spazia diaristicamente sulla città di New York.
Comunicato stampa
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Ha preso il via, all’interno dell’Anfiteatro della Cultura del “CENTRALE” di Roma il nuovo progetto, annate 2008/2009/2010, dal titolo “BALCONATA ROMANA”, un percorso artistico internazionale ideato e diretto dall’illustre storico dell’arte di piano internazionale Prof. Carlo Franza, che segue i precedenti progetti “Strade d‘Europa” (2004), “Belvedere” (2005) e “Icone Contemporanee” (2006-2007). Questa mostra dal titolo “Tra i cieli di New York” è la sedicesima del nuovo percorso, ed è già una novità in quanto si veicolano a Roma nomi dell’arte contemporanea di significativo rilievo, ma essi evidenziano e mettono in luce gli svolgimenti più intriganti del fare arte nel terzo millennio.
L’esposizione curata dall’illustre Storico dell’Arte Contemporanea di fama internazionale, Prof. Carlo Franza, che firma anche il testo in catalogo dal titolo “Tra i cieli di New York”, riunisce quaranta opere del fotografo italiano Ludovico Maria Gilberti, apparso agli occhi della critica italiana come una delle più interessanti e propositive figure dell’arte nuova contemporanea e per una fotografia che spazia diaristicamente sulla città di New York.
Scrive Carlo Franza nel testo:
La rivoluzione operata in arte negli anni Settanta del Novecento ha dato modo di capire che non è solo arte ciò che è fatto a mano, per cui la stampa su cibachrome (stampa a colori a partire da diapositive) e la possibilità date dall'uso del computer hanno reso sempre maggiore la qualità di stampa, così che si è potuto via via scattare e stampare fotografie spettacolari per dimensione, e portarle nei musei che hanno iniziato a collezionarle, ufficializzandone così il loro statuto di opere d'arte di significativo valore, estetico e commerciale. Tra i maestri della Fotografia Italiana, attivi tra gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del Novecento ci sono Paolo Monti, Federico Patellani, Mario Dondero, Pepi Merisio, Mario Cresci, Mario Giacomelli, Tazio Secchiaroli, Ferdinando Scianna. Ci hanno consegnato scatti che sono una combinazione di realtà e magia, come “Il traghetto di sam Tom” di Berengo Gardin che ha fermato eternamente Venezia, una Piazza del Duomo di De Biasi a Milano innevata e attraversata da una geometria di stradine, una “Pasqua a Tricarico” di Branzi, un ritratto di “Haydèe” di Monti, scultorei corpi nudi della Cerati, e perfino “ombre” di Tokio fermate da D'Agostin. Capolavori in stampe originali, che sono non solo un documento storico, ma autentiche opere d'arte ottenute con scatti d'autore, e che hanno raggiunto anche quotazioni eccezionali. I nomi di questi fotografi, le cui foto sono proprio invecchiate bene come il vino - lo diceva anche negli anni Ottanta il grande fotografo francese Edouard Boubat (1923-1999) - sono quelli di professionisti d'eccellenza, poeti dello scatto e della luce. Ora tra i grandi fotografi italiani va inserito anche il nome di Ludovico Maria Gilberti, monzese giramondo, il quale è stato capace di consegnarci in fotografia, in bianco nero e a colori, capitoli essenziali legati a documentare terre e continenti, costumi e riti, dimensioni poetiche legate al ritratto della natura, e squarci su luoghi e città, non ultimo l'affondo su New York. La costruzione lenta dello scatto, preceduta dall'osservazione lenticolare di un luogo, fa assumere a queste fotografie di Ludovico Maria Gilberti uno status paritario similare a molte opere pittoriche; sicchè è proprio questo indirizzo pittorico inserito nel clima di un punto di vista narrativo, a portare questo fotografo di versatile eccellenza a sviluppare ciò che io chiamerei “fotografia cinematografica”. Il tema newyorkese ci presenta una città, un luogo come bagaglio di immagini pressochè infinito, e le istantanee, spesso in serie, sono presentate come uno slide show (in sequenza), una sorta di diario personale che ricostruisce tutto l'universo affettivo. Ecco allora paesaggi e cieli stellati, strade e scorci, poi la bellezza formale degli edifici, le fervide attività umane, i loro esiti e le loro tracce, grandezza e quantità di dettagli. New York appare come il tempio del sistema mondiale con i grattacieli, gli hotel, le vetrine, i parchi. Persino le grandi dimensioni che Gilberti affronta nella fotografia sono trappole visive, nel senso che mirano a far entrare nella composizione lo spettatore. Ci porge una New York città del duemila ancora ricca e opulenta, mondana, patinata e kitsch, città alla moda, eccessiva e costosa, ostentata e volgare, dove la dialettica dei pieni e dei vuoti non fa che conferire una monumentalità. Gilberti è un fotografo, cronista del nostro tempo, giacchè prima indaga con l'occhio, poi sceglie l'immagine, infine scatta. Tematiche del più generale mondo newyorkese, come la documentarietà, le più originali sperimentazioni ingegneristiche e architettoniche del mondo, l'architettura, il consumo, la comunicazione, la vita relazionale di New York, svelano l'idea della rete, ossia la preparazione intellettuale che precede il linguaggio fotografico per dare un volto d'America secondo un punto di vista che non è solo un'infilata di finestre e di suggestivi giochi di luci e di ombre. Gli sfondi delle immagini consistono in uno scenario architettonico reale e simulato, tramite la fotografia di uno spazio la cui artificialità è resa evidente dagli effetti di luce.
Non reportage tout court, né travaso di realismo assoluto di paesaggi naturali o luoghi della mondializzazione e della multietnicità, ma New York qui vive come megalopoli in presa diretta, dove gli scatti d'autore raccontano la contiguità tra realtà e poesia. Ecco spaziosi, grigi e astratti cieli di New York insieme a vedute della stessa diurne e notturne; luci fascicolari e variopinte da apparire coriandoli, ed architetture che sono la forma primaria più potente della comunicazione di massa. Non è poco se Gilberti ci presenta le architetture, con i suoi tagli, come specchio del potere e delle sue strategie. Gli elementi verticali dei grattacieli, bilanciati dalla lunga costruzione delle avenues, il rigore minimalista appena infiltrito di romantiche atmosfere,il formato panoramico e accattivante gli scatti più movimentati e meno controllati, modulati sulla storia pittorica, il desiderio di raccontare l'essenza sociologica di un luogo attraverso i suoi elementi caratterizzanti, portano a cogliere più città nella città, più cieli nel cielo di New York. Si osservino gli scatti dove la bandiera americana che sventola è un tutt'uno con il pulviscolo atmosferico che fluttua nell'aria e si frappone, con quella cadenza di luci e di toni, rendendo queste immagini quasi astratte, portandole al limite della leggibilità e della stessa visibilità, e tematizzando il grado di oggettività che la fotografia può raggiungere. L'artista ha sperimentato un'amplissima gamma di nuovi mezzi fotografici (foto a colori, stampa su tela, stampa inkjet su dibond e plastificata, canvas, acciaio, alluminio, carte speciali) portandosi in una dimensione classica e senza tempo, carpendo a ogni inquadratura sia l'anima che i sentimenti, e catturando soprattutto anche quell'esplorazione del confine tra autenticità e simulazione che ne svela il vero stile del protagonista sorpreso dalla densità e dal sapore della vita,del fotografo ormai celebre che ha interesse per la fotografia pura, mai inautentica.
Biografia dell'artista
Ludovico Maria Gilberti è nato a Monza nel 1951 dove vive e lavora. Fotografo per passione, dal 2009 decide di esporre i propri scatti fotografici dedicando al pubblico milanese una mostra intitolata “CittàDiNote”. Quadri Fotografici e proiezioni sono liberamente ispirati alle musiche dei Domingueros. Entra così a far parte di DescargaLab, progetto musicale e crocevia di differenti esperienze e culture, creando un originale percorso artistico caratterizzato dalla contaminazione culturale, stilistica ed emotiva. Sue mostre personali nel 2009 a Milano, Bario’s Café, “CittàDiNote”; Monza, Fagianaia Reale del Parco di Monza, “Monza da scoprire”; Milano, Teatro Frigia, proiezioniFotografiche per “Chiamami Arturo, Arturo Bandini!”. Nel 2010 a Monza, Autodromo Nazionale, anteprima “TerrAmareCielo”; Monza, TeatroVilloresi, incursioniFotografiche per rassegna culturale “Sentieri per l’infinito”;Monza, Fagianaia Reale del Parco di Monza, “MarEparole: il dialogo”;Monza, CheBanca!, “NYCielo”; Lissone, GGranetto, “TerrAmare”; Monza, Teatro Binario7, proiezioniFotografiche per “Chiamami Arturo, Arturo Bandini!”; Monza, Sala espositiva Binario7, “fil rouge TerrAmareCielo”. Ancora nel 2010 è presentato dall'illustre Prof. Carlo Franza al Centrale Ristotheatre di Roma con una mostra dal titolo “Tra i cieli di New York”. Invitato nel 2010 sempre dal Prof. Carlo Franza alla Rassegna “L'arte della Pace e la pace dell'arte” che si è tenuta al MIMAC della Fondazione Don Tonino Bello in Alessano (Lecce). E ancora nel 2010 risulta vincitore per la Fotografia, al Circolo della Stampa di Milano, del Premio delle Arti Premio della Cultura edizione XXII. Nel 2011 terrà a Palazzo Borghese a Firenze, sempre presentato dal Prof. Carlo Franza nel Progetto “il Museo dei Musei”, una sua grande mostra.
Hanno scritto di lui illustri critici tra cui Carlo Franza, Pierfranco Bertazzini ed Eraldo Di Vita
Biografia del curatore
Carlo Franza, nato nel 1949, è uno Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, italiano. Critico d’Arte. E’ vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (Lettere, Filosofia e Sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e Assistente. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore Straordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana. Visiting Professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose Università estere. Docente nel Master Universitario “Management e Valorizzazione dei Beni Culturali” allo IED di Milano. E’ stato indicato dal “Times” fra i dieci Critici d’Arte più importanti d’Europa. Giornalista, critico d’arte dal 1974 a Il Giornale di Indro Montanelli, oggi a Libero fondato da Vittorio Feltri e diretto da Maurizio Belpietro. E’ fondatore e direttore del MIMAC della Fondazione Don Tonino Bello. Ha al suo attivo decine di libri fondamentali e migliaia di pubblicazioni e cataloghi con presentazioni di mostre. Si è interessato dei più importanti artisti del mondo dei quali ne ha curato prestigiosissime mostre. Dal 2001 al 2007 è stato Consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Ha vinto per il Giornalismo e la Critica d’Arte, il Premio Città di Alassio nel 1980, il Premio Barocco-Città di Gallipoli nel 1990, il Premio Cortina nel 1994, il Premio Saint Vincent nel 1995, il Premio Bormio nel 1996, il Premio Milano nel 1998, e il Premio delle Arti Premio della Cultura nel 2000 (di cui è presidente di giuria dal 2001) e il Premio Città di Tricase nel 2008.
L’esposizione curata dall’illustre Storico dell’Arte Contemporanea di fama internazionale, Prof. Carlo Franza, che firma anche il testo in catalogo dal titolo “Tra i cieli di New York”, riunisce quaranta opere del fotografo italiano Ludovico Maria Gilberti, apparso agli occhi della critica italiana come una delle più interessanti e propositive figure dell’arte nuova contemporanea e per una fotografia che spazia diaristicamente sulla città di New York.
Scrive Carlo Franza nel testo:
La rivoluzione operata in arte negli anni Settanta del Novecento ha dato modo di capire che non è solo arte ciò che è fatto a mano, per cui la stampa su cibachrome (stampa a colori a partire da diapositive) e la possibilità date dall'uso del computer hanno reso sempre maggiore la qualità di stampa, così che si è potuto via via scattare e stampare fotografie spettacolari per dimensione, e portarle nei musei che hanno iniziato a collezionarle, ufficializzandone così il loro statuto di opere d'arte di significativo valore, estetico e commerciale. Tra i maestri della Fotografia Italiana, attivi tra gli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta del Novecento ci sono Paolo Monti, Federico Patellani, Mario Dondero, Pepi Merisio, Mario Cresci, Mario Giacomelli, Tazio Secchiaroli, Ferdinando Scianna. Ci hanno consegnato scatti che sono una combinazione di realtà e magia, come “Il traghetto di sam Tom” di Berengo Gardin che ha fermato eternamente Venezia, una Piazza del Duomo di De Biasi a Milano innevata e attraversata da una geometria di stradine, una “Pasqua a Tricarico” di Branzi, un ritratto di “Haydèe” di Monti, scultorei corpi nudi della Cerati, e perfino “ombre” di Tokio fermate da D'Agostin. Capolavori in stampe originali, che sono non solo un documento storico, ma autentiche opere d'arte ottenute con scatti d'autore, e che hanno raggiunto anche quotazioni eccezionali. I nomi di questi fotografi, le cui foto sono proprio invecchiate bene come il vino - lo diceva anche negli anni Ottanta il grande fotografo francese Edouard Boubat (1923-1999) - sono quelli di professionisti d'eccellenza, poeti dello scatto e della luce. Ora tra i grandi fotografi italiani va inserito anche il nome di Ludovico Maria Gilberti, monzese giramondo, il quale è stato capace di consegnarci in fotografia, in bianco nero e a colori, capitoli essenziali legati a documentare terre e continenti, costumi e riti, dimensioni poetiche legate al ritratto della natura, e squarci su luoghi e città, non ultimo l'affondo su New York. La costruzione lenta dello scatto, preceduta dall'osservazione lenticolare di un luogo, fa assumere a queste fotografie di Ludovico Maria Gilberti uno status paritario similare a molte opere pittoriche; sicchè è proprio questo indirizzo pittorico inserito nel clima di un punto di vista narrativo, a portare questo fotografo di versatile eccellenza a sviluppare ciò che io chiamerei “fotografia cinematografica”. Il tema newyorkese ci presenta una città, un luogo come bagaglio di immagini pressochè infinito, e le istantanee, spesso in serie, sono presentate come uno slide show (in sequenza), una sorta di diario personale che ricostruisce tutto l'universo affettivo. Ecco allora paesaggi e cieli stellati, strade e scorci, poi la bellezza formale degli edifici, le fervide attività umane, i loro esiti e le loro tracce, grandezza e quantità di dettagli. New York appare come il tempio del sistema mondiale con i grattacieli, gli hotel, le vetrine, i parchi. Persino le grandi dimensioni che Gilberti affronta nella fotografia sono trappole visive, nel senso che mirano a far entrare nella composizione lo spettatore. Ci porge una New York città del duemila ancora ricca e opulenta, mondana, patinata e kitsch, città alla moda, eccessiva e costosa, ostentata e volgare, dove la dialettica dei pieni e dei vuoti non fa che conferire una monumentalità. Gilberti è un fotografo, cronista del nostro tempo, giacchè prima indaga con l'occhio, poi sceglie l'immagine, infine scatta. Tematiche del più generale mondo newyorkese, come la documentarietà, le più originali sperimentazioni ingegneristiche e architettoniche del mondo, l'architettura, il consumo, la comunicazione, la vita relazionale di New York, svelano l'idea della rete, ossia la preparazione intellettuale che precede il linguaggio fotografico per dare un volto d'America secondo un punto di vista che non è solo un'infilata di finestre e di suggestivi giochi di luci e di ombre. Gli sfondi delle immagini consistono in uno scenario architettonico reale e simulato, tramite la fotografia di uno spazio la cui artificialità è resa evidente dagli effetti di luce.
Non reportage tout court, né travaso di realismo assoluto di paesaggi naturali o luoghi della mondializzazione e della multietnicità, ma New York qui vive come megalopoli in presa diretta, dove gli scatti d'autore raccontano la contiguità tra realtà e poesia. Ecco spaziosi, grigi e astratti cieli di New York insieme a vedute della stessa diurne e notturne; luci fascicolari e variopinte da apparire coriandoli, ed architetture che sono la forma primaria più potente della comunicazione di massa. Non è poco se Gilberti ci presenta le architetture, con i suoi tagli, come specchio del potere e delle sue strategie. Gli elementi verticali dei grattacieli, bilanciati dalla lunga costruzione delle avenues, il rigore minimalista appena infiltrito di romantiche atmosfere,il formato panoramico e accattivante gli scatti più movimentati e meno controllati, modulati sulla storia pittorica, il desiderio di raccontare l'essenza sociologica di un luogo attraverso i suoi elementi caratterizzanti, portano a cogliere più città nella città, più cieli nel cielo di New York. Si osservino gli scatti dove la bandiera americana che sventola è un tutt'uno con il pulviscolo atmosferico che fluttua nell'aria e si frappone, con quella cadenza di luci e di toni, rendendo queste immagini quasi astratte, portandole al limite della leggibilità e della stessa visibilità, e tematizzando il grado di oggettività che la fotografia può raggiungere. L'artista ha sperimentato un'amplissima gamma di nuovi mezzi fotografici (foto a colori, stampa su tela, stampa inkjet su dibond e plastificata, canvas, acciaio, alluminio, carte speciali) portandosi in una dimensione classica e senza tempo, carpendo a ogni inquadratura sia l'anima che i sentimenti, e catturando soprattutto anche quell'esplorazione del confine tra autenticità e simulazione che ne svela il vero stile del protagonista sorpreso dalla densità e dal sapore della vita,del fotografo ormai celebre che ha interesse per la fotografia pura, mai inautentica.
Biografia dell'artista
Ludovico Maria Gilberti è nato a Monza nel 1951 dove vive e lavora. Fotografo per passione, dal 2009 decide di esporre i propri scatti fotografici dedicando al pubblico milanese una mostra intitolata “CittàDiNote”. Quadri Fotografici e proiezioni sono liberamente ispirati alle musiche dei Domingueros. Entra così a far parte di DescargaLab, progetto musicale e crocevia di differenti esperienze e culture, creando un originale percorso artistico caratterizzato dalla contaminazione culturale, stilistica ed emotiva. Sue mostre personali nel 2009 a Milano, Bario’s Café, “CittàDiNote”; Monza, Fagianaia Reale del Parco di Monza, “Monza da scoprire”; Milano, Teatro Frigia, proiezioniFotografiche per “Chiamami Arturo, Arturo Bandini!”. Nel 2010 a Monza, Autodromo Nazionale, anteprima “TerrAmareCielo”; Monza, TeatroVilloresi, incursioniFotografiche per rassegna culturale “Sentieri per l’infinito”;Monza, Fagianaia Reale del Parco di Monza, “MarEparole: il dialogo”;Monza, CheBanca!, “NYCielo”; Lissone, GGranetto, “TerrAmare”; Monza, Teatro Binario7, proiezioniFotografiche per “Chiamami Arturo, Arturo Bandini!”; Monza, Sala espositiva Binario7, “fil rouge TerrAmareCielo”. Ancora nel 2010 è presentato dall'illustre Prof. Carlo Franza al Centrale Ristotheatre di Roma con una mostra dal titolo “Tra i cieli di New York”. Invitato nel 2010 sempre dal Prof. Carlo Franza alla Rassegna “L'arte della Pace e la pace dell'arte” che si è tenuta al MIMAC della Fondazione Don Tonino Bello in Alessano (Lecce). E ancora nel 2010 risulta vincitore per la Fotografia, al Circolo della Stampa di Milano, del Premio delle Arti Premio della Cultura edizione XXII. Nel 2011 terrà a Palazzo Borghese a Firenze, sempre presentato dal Prof. Carlo Franza nel Progetto “il Museo dei Musei”, una sua grande mostra.
Hanno scritto di lui illustri critici tra cui Carlo Franza, Pierfranco Bertazzini ed Eraldo Di Vita
Biografia del curatore
Carlo Franza, nato nel 1949, è uno Storico dell’Arte Moderna e Contemporanea, italiano. Critico d’Arte. E’ vissuto a Roma dal 1959 al 1980 dove ha studiato e conseguito tre lauree all’Università Statale La Sapienza (Lettere, Filosofia e Sociologia). Si è laureato con Giulio Carlo Argan di cui è stato allievo e Assistente. Dal 1980 è a Milano dove tuttora risiede. Professore Straordinario di Storia dell’Arte Moderna e Contemporanea, Ordinario di Lingua e Letteratura Italiana. Visiting Professor nell’Accademia di Belle Arti di Brera a Milano e in altre numerose Università estere. Docente nel Master Universitario “Management e Valorizzazione dei Beni Culturali” allo IED di Milano. E’ stato indicato dal “Times” fra i dieci Critici d’Arte più importanti d’Europa. Giornalista, critico d’arte dal 1974 a Il Giornale di Indro Montanelli, oggi a Libero fondato da Vittorio Feltri e diretto da Maurizio Belpietro. E’ fondatore e direttore del MIMAC della Fondazione Don Tonino Bello. Ha al suo attivo decine di libri fondamentali e migliaia di pubblicazioni e cataloghi con presentazioni di mostre. Si è interessato dei più importanti artisti del mondo dei quali ne ha curato prestigiosissime mostre. Dal 2001 al 2007 è stato Consulente del Ministero per i Beni e le Attività Culturali. Ha vinto per il Giornalismo e la Critica d’Arte, il Premio Città di Alassio nel 1980, il Premio Barocco-Città di Gallipoli nel 1990, il Premio Cortina nel 1994, il Premio Saint Vincent nel 1995, il Premio Bormio nel 1996, il Premio Milano nel 1998, e il Premio delle Arti Premio della Cultura nel 2000 (di cui è presidente di giuria dal 2001) e il Premio Città di Tricase nel 2008.
11
dicembre 2010
Ludovico Maria Gilberti – Tra i cieli di New York
Dall'undici dicembre 2010 al 04 marzo 2011
arte contemporanea
Location
TEATRO RICCARDI
Roma, Via Celsa, 6, (Roma)
Roma, Via Celsa, 6, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì ore 9-18
Vernissage
11 Dicembre 2010, ore 18.00
Autore
Curatore