Omaggio al pittore che ha dato il nome al centro culturale mestrino in occasione del centenario della nascita
“La vicenda umana e professionale di Candiani riunisce in modo esemplare l’identità della Mestre contemporanea con l’illustre tradizione artistica veneziana”, scrive Tiziana Agostini, presidente della commissione Cultura e Turismo del Comune, che curerà con Enzo Di Martino il catalogo. “Candiani si era formato alla scuola d’arte “Ticozzi” sotto la guida di Urbani de Gheltof. Nel 1926 aveva partecipato alla prima mostra d’arte mestrina; nel 1929 espone per la prima volta alla Bevilacqua La Masa di Venezia; a partire da questa data e fino al 1961 i suoi quadri sono presenti alle collettive dell’istituzione veneziana. I quadri di Candiani sono esposti anche alla Biennale del 1938, del 1948 e del 1950; dal 1957, grazie anche al conseguimento di vari premi, il valore della sua pittura è un dato acquisito. La morte, nel 1963, interrompe prematuramente la sua carriera”. “Gigi Candiani è pittore di paesaggi, dove appare in modo evidente come sia stata assimilata la più grande arte moderna , da Cézanne, agli impressionisti, a Van Gogh. Gi azzurri e i rosa, che sono i colori con cui struttura le sue figurazioni, mentre trasmettono una luce intensa e diffusa, nel contempo comunicano una malinconia senza tempo, chiusa nella dimensione onirica di un’infanzia mai abbandonata”, aggiunge Agostini. “Da Mazzorbo a Burano, da Brondolo a Teolo, a Monfumo, a Breganze, dalle fabbriche di Marghera a Malcontenta, paesaggi disabitati della laguna e della campagna veneta diventano protagonisti delle sue tele. Quelli in cui dipinge sono gli anni che preparano rotture e ribellioni, rifiuto dell’immagine che rappresenta le cose. Dalle tele di Candiani riceviamo invece la sensazione che il dramma si è già consumato e resta, più forte di tutti, il bisogno ancestrale, esistenziale, di sicurezza, di fedeltà alle nostre radici, non certo un nostalgico attardarsi a raffigurazioni tradizionali e dunque rassicuranti, rifiutando di fare i conti con il presente. Luigi ricompone le ferite della modernità, ma le ricorda con un tono grigio che smorza il rosa e l’azzurro”.