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Luigi Mainolfi – Favole di paesaggi
con questa mostra, si vuole porre l’attenzione e approfondire la conoscenza del pubblico sulla figura di un artista presente già nella collezione del Centro per la documentazione dell’ARTe contemporanea come Luigi Mainolfi, protagonista delle più importanti vicende dell’arte contemporanea e presente nella collezione del CART.
Comunicato stampa
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Continua con la grafica la stagione espositiva 2011 promossa dal CART di Falconara Marittima (An) con la mostra dei disegni di LUIGI MAINOLFI dal titolo Favole di paesaggi. In particolare, con questa mostra, si vuole porre l’attenzione e approfondire la conoscenza del pubblico sulla figura di un artista presente già nella collezione del Centro per la documentazione dell'ARTe contemporanea come Luigi Mainolfi, protagonista delle più importanti vicende dell’arte contemporanea e presente nella collezione del CART.
Il Centro è pressoché l’unico esempio nel territorio marchigiano di museo interessato a proporre un dialogo costante e dinamico sull'arte contemporanea del secondo Novecento ponendo un'attenzione particolare all’aspetto divulgativo e didattico. In questo senso s’iscrive la mostra di Mainolfi, con la stessa presenza dell’autore all’inaugurazione come fonte di conoscenza del dibattito artistico e utile strumento e veicolo di approfondimento su aspetti delle tematiche più attuali in campo artistico.
“Vorrei sostenere in questo testo come il disegno ed il tema della favola, all’interno del tradizionale genere pittorico del paesaggio, siano elementi originali e costanti negli strumenti di lavoro e nella poetica artistica di Luigi Mainolfi.
Il primo, inteso nel ventaglio di tutti i suoi possibili aspetti, come elemento di espressione legato alla tradizione o come strumento progettuale o interpretativo, il secondo come esigenza di trasferire nel racconto e nell’esperienza poetica dell’artista un vero e proprio atto di affabulazione concepito sia letteralmente, in qualità di narrazione fantasiosa (direi pure fantastica), sia come procedimento tecnico – stilistico di sviluppo di un argomento in una vicenda da rappresentare in scena, dove per scena si deve intendere l’ambiente per l’azione performativa, l’installazione, così come la dimensione della scultura, o lo spazio limitato del foglio e della carta. Infine, il genere del paesaggio come elemento scenografico che ospita l’esito della tecnica nell’elemento poetico della fiaba.
Di ciò ne è testimonianza il percorso artistico di Mainolfi, quando negli anni Settanta egli traduce a vantaggio del disegno le prime sperimentazioni sulla fotografia e, nel successivo orizzonte della sua ricerca (che nasce dapprima silenzioso all’interno dell’attività torinese), quando avviene la riappropriazione tramite azione e trascrizione in disegni con commento della tecnica scultorea per giungere alla duplicazione di se stessi tramite calco, messa a punto nei 99 fogli de MDLXIV, del 1976. Di lì a poco, nel momento storico in cui tra gli anni Settanta e Ottanta l’arte contemporanea sfocia in una inevitabile riappropriazione degli strumenti tradizionali dell'operare artistico, Mainolfi anticipa l’esigenza della dimensione disegnativo – pittorica della Transavanguardia e traduce l’esperienza del tema Arte / Ambiente (protagonista di quegli anni) cogliendone i maggiori margini di libertà stilistica e poetica per giungere con un progetto grafico concepito mentalmente alla sua Campana, in preparazione del grande salto verso la terracotta, dove alla base dei temi e della pratica artistica c’è un disegno progettuale di concezione leonardesca tradotto nella grande forma costruita fisicamente con le mani e pronta, allo stesso tempo, ad accogliere il colore, i graffiti, la scrittura.
Linguaggio e temi innovativi tradotti nella serie dei Paesaggi, che scaturiscono sin dal 1980 con l’approdo esplicito ai richiami fiabeschi (Nascita di Orco ed Elefantessa, ecc.), nell’uso della terracotta policroma, o del bronzo per gli stessi soggetti, dove l’impronta della favola e della leggenda (come sostiene anche Giorgio Cortenova) risulta essere come fosse estratta dalla forma della superficie dell’opera sotto la sollecitazione dell’intervento dell’artista.
È ciò che accade anche per le grandi e affabulanti installazioni in ferro degli anni Novanta (che Marco Meneguzzo definisce “disegni in ferro”), nella rigorosità stilistica di un segno grafico, allo stesso tempo libero quanto essenzialmente accademico e severo, che raccontano il dipanarsi di una storia immaginata e fantastica nella rappresentazione di metamorfosi di soggetti animali (per tutti Solcavallo, 1988) attraverso una sintassi grafica della struttura scheletrica che si staglia nella trasparenza del paesaggio per sostenere il libero dipanarsi del racconto immaginifico.
Ed è la stessa fiaba e lo stesso paesaggio che Mainolfi narra nelle sue figurazioni fantastiche protagoniste dei disegni su carta esposti in questa mostra. Tutte le carte disegnate a matita, riprendendo temi e modalità compositive care soprattutto ai più recenti aspetti del suo percorso tecnico - stilistico, sono vedute urbane o paesaggi, o elementi di esso (montagne, vulcani, isole, ecc.), che si trasformano in figure di animali ed allo stesso tempo tornano ad essere trasfigurate in una contemporanea percezione di tutte queste visioni assieme.
La città, disegnata, è inscritta a sua volta nella forma antropomorfa animale del disegno complessivo, all’interno del quale, o contestualmente, ma sapientemente integrati in questa forma, compaiono elementi caratteristici della figurazione dell’artista come conchiglie, sassi, foglie, cerchi, occhi, ed effetti di vuoti scultorei disegnati, che si ritrovano nelle sue installazioni o nelle sue terrecotte.
Tornano le strutture scheletriche, qui disegnate al tratto, dove il paesaggio non è più rivelato in trasparenza, ma dipanato attorno ad esse, o meglio esse stesse diventano elementi quasi essenziali della veduta urbana e del paesaggio fantastico.
Veduta e paesaggio, partorite dalla fantasia dell’artista, risultano allo stesso tempo irreali quanto concrete, come rievocate dal proprio immaginario mentale, che autorizza lo spettatore ad inventare o ritrovare allo stesso tempo interpretazioni e visioni di propri paesaggi reali o dell’anima. L’immaginazione dell’artista tende a corrispondere ed a confondersi con quella del pubblico.
Se, per Giovanni Castagnoli, Mainolfi è scultore di "paesaggi" io direi Mainolfi è disegnatore di fiabe, o meglio ancora è l’artefice di paesaggi da favola, indubbiamente, di favole di paesaggi.
Come è certo dover concepire una lettura di questi disegni di Mainolfi in termini mitici, fiabeschi, inconsci, così è lecito collegare la sua opera al mito dell'artista creatore. Mainolfi è semplicemente come colui che fà, in un rapporto di profonda complicità con le materie che usa, che gli permettono «di riprodurre nel fare artistico gli stessi processi naturali, primari di generazione formale, quasi a volere carpire il segreto magico della nascita». Quella di Mainolfi è una «fisionomia vagamente titanica di «faber», di artefice di opere compiute».
Se, infine, non si può etichettare un artista nemmeno in base alle esperienze di appartenenza a movimenti all’interno dei quali si è stati protagonisti e si è ottenuto il riconoscimento estetico del proprio contributo all’arte contemporanea, Mainolfi, dopo l’esperienza dell’arte povera, è uno tra i più tempestivi a cogliere con sensibilità le indicazioni dell'arte contemporanea post-concettuale. In queste, attraverso un percorso autonomo ed individuale egli ha il merito di riaffermarsi in una personale interpretazione della ripresa della pratica artistica della tradizione, nella capace previsione di un nuovo concettualismo, in una condizione artistica peculiare e caratteristica di unicità nella quale egli “non tradisce”, ma trasforma ed attualizza, ancora oggi, le origini comportamentali - concettuali della propria esperienza artistica.” (Stefano Tonti, 2011, dal catalogo della mostra)
Luigi Mainolfi nasce nel 1948 a Rotondi Valle Caudina, in provincia di Avellino. La sua formazione artistica si compie prima al Liceo Artistico di Benevento poi all'Accademia delle Belle Arti di Napoli. Nel 1973 decide di partire alla volta di Torino, attratto dal panorama artistico e culturale del capoluogo piemontese . L'attività artistica di Mainolfi in questi anni è prevalentemente incentrata sullo studio del corpo e del gesto attraverso la performance, assunta come veicolo privilegiato di espressione. Si affiancano nel frattempo altri orizzonti di ricerca: quello della pittura, della fotografia e, sopratutto, della scultura. Sin dagli esordi realizza sculture utilizzando materiali poveri e naturali come terracotta, gesso, legno, pietra lavica e le fusioni in bronzo.
Agli anni Ottanta risalgono le sue grandi terracotte, opere contenenti paesaggi e soggetti di ispirazione fiabesca come la Nascita di Orco e Elefantessa (1980).
È il disegno ad accompagnare parallelamente tutta la produzione di Mainolfi. Si può dire, infatti, che Mainolfi sia un artista che ha cominciato a disegnare pressoché bambino e ha continuato a farlo anche nei momenti in cui le correnti artistiche predominanti degli anni sessanta tendevano ad etichettare la pratica del disegno, come sorpassata e anacronistica.
A conferma della critica del suo percorso artistico riceve diversi riconoscimenti ufficiali tra cui: Il Superior Prixe al Fifth Henry Moore G.P. in Giappone con Città Gigante (1986) e il Premio Michelangelo per la scultura (2007) conferitogli dalla città di Carrara. E' membro dell'Accademia Nazionale di San Luca dal 2007.
Il suo curriculum espositivo è fittissimo con esposizioni in diverse tra le più importanti rassegne in Italia e all'estero tra cui le Biennali di San Paolo del Brasile (1981) e di Venezia (1982, 1986), dove torna con sala personale (1990), Dokumenta di Kassel (1982), la Biennale di Parigi (1982), la Quadriennale d'Arte Nazionale di Roma, Ouverture al Castello di Rivoli a Torino (1984), la Biennale di Scultura di Gubbio (1992), Sculture in Villa a Villa d'Este a Tivoli (2006). Negli anni che seguono presenta numerose personali: alla Galleria d'Arte Contemporanea di Rimini (1992), al GAM di Bologna (1994), alla Galerie Hlavniho Mèsta Prahy di Praga (1994), al GAM di Torino (1995), al Maschio Angioino e al Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes di Napoli (1997), a Salerno (2005), a Treviso (2006), a Reggio Emilia (2007), alla Galleria Nicola Ricci Artecontemporanea a Carrara (2009). Tra le opere permanenti in spazi pubblici realizza Mainolfi swims in the water of Hokkaydo e Colonne di Sapporo per il parco del Museo d'Arte Contemporanea di Sapporo (2001); Ballerine al parco della Padula a Carrara (2002); Il sole del Buon vento a Benevento (2004); Città e Sole a Rovereto (2006).
In questi giorni, in occasione dei 150° anniversario dell'Unità d'Italia, Palazzo Madama a Roma sono esposti i suoi 200 busti con il titolo Torino che guarda il mare.
Il Centro è pressoché l’unico esempio nel territorio marchigiano di museo interessato a proporre un dialogo costante e dinamico sull'arte contemporanea del secondo Novecento ponendo un'attenzione particolare all’aspetto divulgativo e didattico. In questo senso s’iscrive la mostra di Mainolfi, con la stessa presenza dell’autore all’inaugurazione come fonte di conoscenza del dibattito artistico e utile strumento e veicolo di approfondimento su aspetti delle tematiche più attuali in campo artistico.
“Vorrei sostenere in questo testo come il disegno ed il tema della favola, all’interno del tradizionale genere pittorico del paesaggio, siano elementi originali e costanti negli strumenti di lavoro e nella poetica artistica di Luigi Mainolfi.
Il primo, inteso nel ventaglio di tutti i suoi possibili aspetti, come elemento di espressione legato alla tradizione o come strumento progettuale o interpretativo, il secondo come esigenza di trasferire nel racconto e nell’esperienza poetica dell’artista un vero e proprio atto di affabulazione concepito sia letteralmente, in qualità di narrazione fantasiosa (direi pure fantastica), sia come procedimento tecnico – stilistico di sviluppo di un argomento in una vicenda da rappresentare in scena, dove per scena si deve intendere l’ambiente per l’azione performativa, l’installazione, così come la dimensione della scultura, o lo spazio limitato del foglio e della carta. Infine, il genere del paesaggio come elemento scenografico che ospita l’esito della tecnica nell’elemento poetico della fiaba.
Di ciò ne è testimonianza il percorso artistico di Mainolfi, quando negli anni Settanta egli traduce a vantaggio del disegno le prime sperimentazioni sulla fotografia e, nel successivo orizzonte della sua ricerca (che nasce dapprima silenzioso all’interno dell’attività torinese), quando avviene la riappropriazione tramite azione e trascrizione in disegni con commento della tecnica scultorea per giungere alla duplicazione di se stessi tramite calco, messa a punto nei 99 fogli de MDLXIV, del 1976. Di lì a poco, nel momento storico in cui tra gli anni Settanta e Ottanta l’arte contemporanea sfocia in una inevitabile riappropriazione degli strumenti tradizionali dell'operare artistico, Mainolfi anticipa l’esigenza della dimensione disegnativo – pittorica della Transavanguardia e traduce l’esperienza del tema Arte / Ambiente (protagonista di quegli anni) cogliendone i maggiori margini di libertà stilistica e poetica per giungere con un progetto grafico concepito mentalmente alla sua Campana, in preparazione del grande salto verso la terracotta, dove alla base dei temi e della pratica artistica c’è un disegno progettuale di concezione leonardesca tradotto nella grande forma costruita fisicamente con le mani e pronta, allo stesso tempo, ad accogliere il colore, i graffiti, la scrittura.
Linguaggio e temi innovativi tradotti nella serie dei Paesaggi, che scaturiscono sin dal 1980 con l’approdo esplicito ai richiami fiabeschi (Nascita di Orco ed Elefantessa, ecc.), nell’uso della terracotta policroma, o del bronzo per gli stessi soggetti, dove l’impronta della favola e della leggenda (come sostiene anche Giorgio Cortenova) risulta essere come fosse estratta dalla forma della superficie dell’opera sotto la sollecitazione dell’intervento dell’artista.
È ciò che accade anche per le grandi e affabulanti installazioni in ferro degli anni Novanta (che Marco Meneguzzo definisce “disegni in ferro”), nella rigorosità stilistica di un segno grafico, allo stesso tempo libero quanto essenzialmente accademico e severo, che raccontano il dipanarsi di una storia immaginata e fantastica nella rappresentazione di metamorfosi di soggetti animali (per tutti Solcavallo, 1988) attraverso una sintassi grafica della struttura scheletrica che si staglia nella trasparenza del paesaggio per sostenere il libero dipanarsi del racconto immaginifico.
Ed è la stessa fiaba e lo stesso paesaggio che Mainolfi narra nelle sue figurazioni fantastiche protagoniste dei disegni su carta esposti in questa mostra. Tutte le carte disegnate a matita, riprendendo temi e modalità compositive care soprattutto ai più recenti aspetti del suo percorso tecnico - stilistico, sono vedute urbane o paesaggi, o elementi di esso (montagne, vulcani, isole, ecc.), che si trasformano in figure di animali ed allo stesso tempo tornano ad essere trasfigurate in una contemporanea percezione di tutte queste visioni assieme.
La città, disegnata, è inscritta a sua volta nella forma antropomorfa animale del disegno complessivo, all’interno del quale, o contestualmente, ma sapientemente integrati in questa forma, compaiono elementi caratteristici della figurazione dell’artista come conchiglie, sassi, foglie, cerchi, occhi, ed effetti di vuoti scultorei disegnati, che si ritrovano nelle sue installazioni o nelle sue terrecotte.
Tornano le strutture scheletriche, qui disegnate al tratto, dove il paesaggio non è più rivelato in trasparenza, ma dipanato attorno ad esse, o meglio esse stesse diventano elementi quasi essenziali della veduta urbana e del paesaggio fantastico.
Veduta e paesaggio, partorite dalla fantasia dell’artista, risultano allo stesso tempo irreali quanto concrete, come rievocate dal proprio immaginario mentale, che autorizza lo spettatore ad inventare o ritrovare allo stesso tempo interpretazioni e visioni di propri paesaggi reali o dell’anima. L’immaginazione dell’artista tende a corrispondere ed a confondersi con quella del pubblico.
Se, per Giovanni Castagnoli, Mainolfi è scultore di "paesaggi" io direi Mainolfi è disegnatore di fiabe, o meglio ancora è l’artefice di paesaggi da favola, indubbiamente, di favole di paesaggi.
Come è certo dover concepire una lettura di questi disegni di Mainolfi in termini mitici, fiabeschi, inconsci, così è lecito collegare la sua opera al mito dell'artista creatore. Mainolfi è semplicemente come colui che fà, in un rapporto di profonda complicità con le materie che usa, che gli permettono «di riprodurre nel fare artistico gli stessi processi naturali, primari di generazione formale, quasi a volere carpire il segreto magico della nascita». Quella di Mainolfi è una «fisionomia vagamente titanica di «faber», di artefice di opere compiute».
Se, infine, non si può etichettare un artista nemmeno in base alle esperienze di appartenenza a movimenti all’interno dei quali si è stati protagonisti e si è ottenuto il riconoscimento estetico del proprio contributo all’arte contemporanea, Mainolfi, dopo l’esperienza dell’arte povera, è uno tra i più tempestivi a cogliere con sensibilità le indicazioni dell'arte contemporanea post-concettuale. In queste, attraverso un percorso autonomo ed individuale egli ha il merito di riaffermarsi in una personale interpretazione della ripresa della pratica artistica della tradizione, nella capace previsione di un nuovo concettualismo, in una condizione artistica peculiare e caratteristica di unicità nella quale egli “non tradisce”, ma trasforma ed attualizza, ancora oggi, le origini comportamentali - concettuali della propria esperienza artistica.” (Stefano Tonti, 2011, dal catalogo della mostra)
Luigi Mainolfi nasce nel 1948 a Rotondi Valle Caudina, in provincia di Avellino. La sua formazione artistica si compie prima al Liceo Artistico di Benevento poi all'Accademia delle Belle Arti di Napoli. Nel 1973 decide di partire alla volta di Torino, attratto dal panorama artistico e culturale del capoluogo piemontese . L'attività artistica di Mainolfi in questi anni è prevalentemente incentrata sullo studio del corpo e del gesto attraverso la performance, assunta come veicolo privilegiato di espressione. Si affiancano nel frattempo altri orizzonti di ricerca: quello della pittura, della fotografia e, sopratutto, della scultura. Sin dagli esordi realizza sculture utilizzando materiali poveri e naturali come terracotta, gesso, legno, pietra lavica e le fusioni in bronzo.
Agli anni Ottanta risalgono le sue grandi terracotte, opere contenenti paesaggi e soggetti di ispirazione fiabesca come la Nascita di Orco e Elefantessa (1980).
È il disegno ad accompagnare parallelamente tutta la produzione di Mainolfi. Si può dire, infatti, che Mainolfi sia un artista che ha cominciato a disegnare pressoché bambino e ha continuato a farlo anche nei momenti in cui le correnti artistiche predominanti degli anni sessanta tendevano ad etichettare la pratica del disegno, come sorpassata e anacronistica.
A conferma della critica del suo percorso artistico riceve diversi riconoscimenti ufficiali tra cui: Il Superior Prixe al Fifth Henry Moore G.P. in Giappone con Città Gigante (1986) e il Premio Michelangelo per la scultura (2007) conferitogli dalla città di Carrara. E' membro dell'Accademia Nazionale di San Luca dal 2007.
Il suo curriculum espositivo è fittissimo con esposizioni in diverse tra le più importanti rassegne in Italia e all'estero tra cui le Biennali di San Paolo del Brasile (1981) e di Venezia (1982, 1986), dove torna con sala personale (1990), Dokumenta di Kassel (1982), la Biennale di Parigi (1982), la Quadriennale d'Arte Nazionale di Roma, Ouverture al Castello di Rivoli a Torino (1984), la Biennale di Scultura di Gubbio (1992), Sculture in Villa a Villa d'Este a Tivoli (2006). Negli anni che seguono presenta numerose personali: alla Galleria d'Arte Contemporanea di Rimini (1992), al GAM di Bologna (1994), alla Galerie Hlavniho Mèsta Prahy di Praga (1994), al GAM di Torino (1995), al Maschio Angioino e al Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes di Napoli (1997), a Salerno (2005), a Treviso (2006), a Reggio Emilia (2007), alla Galleria Nicola Ricci Artecontemporanea a Carrara (2009). Tra le opere permanenti in spazi pubblici realizza Mainolfi swims in the water of Hokkaydo e Colonne di Sapporo per il parco del Museo d'Arte Contemporanea di Sapporo (2001); Ballerine al parco della Padula a Carrara (2002); Il sole del Buon vento a Benevento (2004); Città e Sole a Rovereto (2006).
In questi giorni, in occasione dei 150° anniversario dell'Unità d'Italia, Palazzo Madama a Roma sono esposti i suoi 200 busti con il titolo Torino che guarda il mare.
29
aprile 2011
Luigi Mainolfi – Favole di paesaggi
Dal 29 aprile al 29 maggio 2011
arte contemporanea
Location
CART – CENTRO DOCUMENTAZIONE ARTE CONTEMPORANEA – PALAZZO PERGOLI
Falconara Marittima, Piazza Giuseppe Mazzini, (Ancona)
Falconara Marittima, Piazza Giuseppe Mazzini, (Ancona)
Biglietti
Visite guidate su prenotazione mostre e museo: gruppi € 2.50.
Orario di apertura
martedì e giovedì 9.30 - 18.30 • mercoledì 14.30 - 19.30 • venerdì 9.30 - 13.30
sabato e domenica 17.00 - 19.30 • gli altri giorni su prenotazione
Vernissage
29 Aprile 2011, ore 18
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