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Luigi Poiaghi – Ritratto per assenza
Mostra personale
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Luigi Poiaghi è artista di grande levatura, apolide come lo sono per definizione tutti gli
artisti, e tuttavia profondamente radicato nel suo territorio d’adozione, la verde collina di
Verucchio che ha scelto, oramai trenta anni fa, eleggendola a patria d’adozione dopo le
prime esperienze di vita e di pittura negli ambienti milanesi degli anni ’60 e ’70. Poiaghi ha
vinto concorsi d’arte e ha esposto in numerose collettive e personali, segno che, nonostante
l’apparente chiusura nella dimensione intima e rassicurante della casa-laboratorio
verucchiese, vive pienamente nella dimensione presente e dalla Contemporaneità è anche
apprezzato e stimato.
Dall’esperienza pittorica tout-court, Poiaghi è passato con il trascorrere del tempo a forme
meno legate alla figurazione del quotidiano e, apparentemente, sempre più vicine alla
immaterialità del pensiero: pitture, sculture, ricami, poesie, e ora fotografie: lungi dall’essere
un ritorno alle forme del passato, Poiaghi approda ad una nuova tappa del suo percorso di
ricerca, nel suo instancabile studio di forme espressive che soddisfino, almeno in parte, la
necessità di comunicare all’esterno le riflessioni più intime e personali.
Questa prima serie di splendide fotografie ritrae il privato di Poiaghi, la sua casa-studio
verucchiese e persone care, del proprio passato, come l’amata madre, e del presente,
come Girolamo Geri, instancabile collaboratore e motivatore delle sue creazioni artistiche.
L’apparente semplicità dei contenuti viene esaltata dalla qualità della fotografia dalle
istantanee che nulla hanno del documentario: al contrario, si spingono oltre la superficie
del visibile sino a divenire una sorta di nuove forme di pittura neorealista che, ritraendo il
quotidiano, in realtà lo trasfigurano, cogliendone appieno l’anima, il senso più intimo e
profondo.
Traspare dalle immagini così evocative l’attaccamento e l’amore per gli oggetti che
rappresentano se stessi e, contemporaneamente, magicamente, ritraggono anche Altro
Altro.
Dalle fotografie muovono echi, sospiri e pensieri che pare di avvertire anche al visitatore che
così entra, per un istante, a far parte del mondo interiore dell’artista.
Un tentativo felice e riuscito di catturare l’anima degli oggetti conosciuti e amati, che
raccontano di sentimenti unici e contemporaneamente universali.
A trenta anni esatti, era il 1981, dal trasferimento di Poiaghi a Verucchio, l’Assessorato
comunale alla Cultura è orgoglioso e lieto di poter dedicare per la prima volta uno spazio
ad un artista così significativo, con la speranza di poter dare inizio ad una serie di numerose
e proficue collaborazioni.
Lisetta Bernardi
Assessore a cultura e turismo
Comune di Verucchio
Breve nota biografica.
Luigi Poiaghi, nasce a Corsico, (Milano) nel 1947, si diploma all’Accademia
di Brera e a Milano vive ed opera fino al 1978 partecipando attivamente alle intense
vicende artistiche di quegli anni esponendo il suo lavoro in gallerie pubbliche e private. In
particolare la collaborazione con lo Studio Gastaldelli, la Eros galleria, la Galleria De Marco
gli consentono di accostare il proprio lavoro a quello dei grandi artisti del momento, di
conoscere lo scultore Fausto Melotti e di frequentarne lo studio.
Nel 1978, per la realizzazione, a Bellaria, di una grande scultura dedicata alla
Resistenza, si trasferisce in Romagna, dove tuttora vive, svolgendo l’attività di artista, a
Verucchio. Anche se la provincia induce Poiaghi a riflessioni più intime, la sua attività e
i rapporti si fanno più serrati e intensi. Infatti, tra l’altro, nel 1993 crea il grande dittico
dell’Angelo coi baffi che, liberamente ispirato a una poesia di Tonino Guerra, costituisce a
Pennabilli “il museo con un quadro solo”. Nel 1996, chiamato da Dino Gavina, allestisce
una personale nel negozio progettato da Carlo Scarpa in via Altabella a Bologna. Nel 1998
è invitato ad esporre lavori degli anni settanta alla mostra 53/85 “Ricerche Artistiche a Rimini
nel secondo novecento” e nel 2001 ad esporre nella mostra di Cesena “La pittura del
novecento in Romagna” a cura di Claudio Spadoni. Nello stesso anno è invitato, ancora
da Dino Gavina, alla collettiva “A. Bonalumi, P Gallerani, C. Olivieri, L. Poiaghi, E. Ricci”,
.
nella rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro. Tra le sue ultime personali quella del 2010
presso i Musei Comunali di Rimini. e del 2011 presso Amarte Galleria di Ravenna. Dopo
aver vinto un concorso, bandito dalla Repubblica di San Marino, nel 2011 realizza, davanti
all’Ospedale di Stato, “come un volo di colombe”: una scultura di grandi dimensioni,
ispirata ai valori della solidarietà, della pace e della libertà.
Del suo lavoro hanno scritto, tra gli altri: Adriano Altamira, Guido Almansi, Dede
Auregli, M.Virginia Cardi, Luca Cesari, Vittoria Coen, Alberto Colognato, Enzo Dall’Ara,
Roberto Daolio, Gerardo Filiberto Dasi, Alberta Fabbri, Dino Gavina, Rita Giannini, Ivo Gigli,
Sidney Gilbert, Tonino Guerra, Rosita Lappi , Gian Lorenzo Mellini, Silvia Pegoraro, Aldo
Rostagno, Giorgio Seveso, Claudio Spadoni.
lpoiaghi@libero.it
Luigi Poiaghi. Voci del silenzio
Si dice che una casa amata respiri. Voci di austero silenzio respirano attraverso i muri della
casa antica di Luigi Poiaghi a Verucchio, all’unisono con lui. Lo possiamo immaginare su
quella sedia modellata dal suo corpo, mentre accarezza con lo sguardo la glabra pelle
del muro, le escoriazioni e le crepe che il tempo ha disegnato. Giorno dopo giorno in un
silenzio secolare, viaggiando nella mappa misteriosa di un orizzonte di pietra, in punta di
dita la percorre e vi si immerge; dissolvendosi nella sua trama, la sua presenza si fa via via
rarefatta fino all’assenza.
Il lungo viaggio nella vita e nell’arte di Luigi Poiaghi si è depositato in questi spazi e rivive
nelle memorie di un altrove senza tempo. Da oltre venti anni lo sguardo dell’artista accarezza
le ruvide superfici scortecciate, interroga le macchie, le oltrepassa come fossero trasparenti
quinte, raggiungendo altri scenari, quelli del sogno e delle memorie generatrici di idee
artistiche.
L’arte ha forgiato le forme del suo pensiero ed il suo personale linguaggio. Da lontano,
dice Poiaghi, si vedono meglio le cose: l’infanzia vissuta in una Milano sironiana con le
case di ringhiera, le ciminiere e i monumenti impregnati di smog, è divenuta cifra stilistica
pervasiva, cristallizzata come in una composizione morandiana di atonia metafisica.
In questa osmosi il processo meditativo forgia l’opera, la libera dal suo involucro impalpabile,
respira col corpo le sue forme; l’opera esce dal petto dell’artista, avviandosi a nascere nella
sua fisica materialità, autoritratto conforme con l’immagine interna di infinite esperienze che
hanno costituito il mosaico di una singolare esistenza.
Il buio è rischiarato da una fiamma che emana dalla mano amica, una luce commovente
che conforta la solitudine nella notte della vita. La luce fioca e discreta illumina questo
viaggio interiore sempre pulsante di ricerca, per andare oltre l’apparenza. La fotografia è
allora documento di un viaggio a ritroso, specchio dotato di memoria, dispositivo afasico e
svuotante, viatico di meditazione. In attesa che qualcosa si riveli.
Gli oggetti accompagnano il viaggio estetico dell’artista, la loro trasparenza allude all’assenza
assenza
pur nella materialità della loro presenza. Orme arcaiche, forme di un autoritratto. Oggetti
intimamente heimlich, devoti e umili, bicchieri e bottiglie declinati per due, opere interrotte,
opere in attesa, care immagini, sono fotografati sulla quinta della loro presenza familiare
come visioni interiori e come constatazione di un lungo inesausto cercare.
Mi smarrisco, mi cerco, mi trovo perso
Collegate alla inesorabilità della perdita e alla sua continua intima ricerca, sono la piccola
fotografia della madre che galleggia nel liquido della bottiglia o nella geografia di segni del
muro, scrigno che ne preserva la magia del ricordo, o l’immagine sacra che discretamente
accompagna il sonno e il sogno.
Lo scenario del dopo, in absentia, è già in queste immagini immote e silenziose. Nella
decantazione degli innumerevoli sedimenti di una vita, la verità di queste vanitas è scabrosa
vanitas
e insieme calmante, uno scavo nella propria immagine, un levare che arriva al nulla, alla
essenza più nucleare della vita, alla inevitabile e necessaria sua dissoluzione.
Rosita Lappi
artisti, e tuttavia profondamente radicato nel suo territorio d’adozione, la verde collina di
Verucchio che ha scelto, oramai trenta anni fa, eleggendola a patria d’adozione dopo le
prime esperienze di vita e di pittura negli ambienti milanesi degli anni ’60 e ’70. Poiaghi ha
vinto concorsi d’arte e ha esposto in numerose collettive e personali, segno che, nonostante
l’apparente chiusura nella dimensione intima e rassicurante della casa-laboratorio
verucchiese, vive pienamente nella dimensione presente e dalla Contemporaneità è anche
apprezzato e stimato.
Dall’esperienza pittorica tout-court, Poiaghi è passato con il trascorrere del tempo a forme
meno legate alla figurazione del quotidiano e, apparentemente, sempre più vicine alla
immaterialità del pensiero: pitture, sculture, ricami, poesie, e ora fotografie: lungi dall’essere
un ritorno alle forme del passato, Poiaghi approda ad una nuova tappa del suo percorso di
ricerca, nel suo instancabile studio di forme espressive che soddisfino, almeno in parte, la
necessità di comunicare all’esterno le riflessioni più intime e personali.
Questa prima serie di splendide fotografie ritrae il privato di Poiaghi, la sua casa-studio
verucchiese e persone care, del proprio passato, come l’amata madre, e del presente,
come Girolamo Geri, instancabile collaboratore e motivatore delle sue creazioni artistiche.
L’apparente semplicità dei contenuti viene esaltata dalla qualità della fotografia dalle
istantanee che nulla hanno del documentario: al contrario, si spingono oltre la superficie
del visibile sino a divenire una sorta di nuove forme di pittura neorealista che, ritraendo il
quotidiano, in realtà lo trasfigurano, cogliendone appieno l’anima, il senso più intimo e
profondo.
Traspare dalle immagini così evocative l’attaccamento e l’amore per gli oggetti che
rappresentano se stessi e, contemporaneamente, magicamente, ritraggono anche Altro
Altro.
Dalle fotografie muovono echi, sospiri e pensieri che pare di avvertire anche al visitatore che
così entra, per un istante, a far parte del mondo interiore dell’artista.
Un tentativo felice e riuscito di catturare l’anima degli oggetti conosciuti e amati, che
raccontano di sentimenti unici e contemporaneamente universali.
A trenta anni esatti, era il 1981, dal trasferimento di Poiaghi a Verucchio, l’Assessorato
comunale alla Cultura è orgoglioso e lieto di poter dedicare per la prima volta uno spazio
ad un artista così significativo, con la speranza di poter dare inizio ad una serie di numerose
e proficue collaborazioni.
Lisetta Bernardi
Assessore a cultura e turismo
Comune di Verucchio
Breve nota biografica.
Luigi Poiaghi, nasce a Corsico, (Milano) nel 1947, si diploma all’Accademia
di Brera e a Milano vive ed opera fino al 1978 partecipando attivamente alle intense
vicende artistiche di quegli anni esponendo il suo lavoro in gallerie pubbliche e private. In
particolare la collaborazione con lo Studio Gastaldelli, la Eros galleria, la Galleria De Marco
gli consentono di accostare il proprio lavoro a quello dei grandi artisti del momento, di
conoscere lo scultore Fausto Melotti e di frequentarne lo studio.
Nel 1978, per la realizzazione, a Bellaria, di una grande scultura dedicata alla
Resistenza, si trasferisce in Romagna, dove tuttora vive, svolgendo l’attività di artista, a
Verucchio. Anche se la provincia induce Poiaghi a riflessioni più intime, la sua attività e
i rapporti si fanno più serrati e intensi. Infatti, tra l’altro, nel 1993 crea il grande dittico
dell’Angelo coi baffi che, liberamente ispirato a una poesia di Tonino Guerra, costituisce a
Pennabilli “il museo con un quadro solo”. Nel 1996, chiamato da Dino Gavina, allestisce
una personale nel negozio progettato da Carlo Scarpa in via Altabella a Bologna. Nel 1998
è invitato ad esporre lavori degli anni settanta alla mostra 53/85 “Ricerche Artistiche a Rimini
nel secondo novecento” e nel 2001 ad esporre nella mostra di Cesena “La pittura del
novecento in Romagna” a cura di Claudio Spadoni. Nello stesso anno è invitato, ancora
da Dino Gavina, alla collettiva “A. Bonalumi, P Gallerani, C. Olivieri, L. Poiaghi, E. Ricci”,
.
nella rocca Ubaldinesca di Sassocorvaro. Tra le sue ultime personali quella del 2010
presso i Musei Comunali di Rimini. e del 2011 presso Amarte Galleria di Ravenna. Dopo
aver vinto un concorso, bandito dalla Repubblica di San Marino, nel 2011 realizza, davanti
all’Ospedale di Stato, “come un volo di colombe”: una scultura di grandi dimensioni,
ispirata ai valori della solidarietà, della pace e della libertà.
Del suo lavoro hanno scritto, tra gli altri: Adriano Altamira, Guido Almansi, Dede
Auregli, M.Virginia Cardi, Luca Cesari, Vittoria Coen, Alberto Colognato, Enzo Dall’Ara,
Roberto Daolio, Gerardo Filiberto Dasi, Alberta Fabbri, Dino Gavina, Rita Giannini, Ivo Gigli,
Sidney Gilbert, Tonino Guerra, Rosita Lappi , Gian Lorenzo Mellini, Silvia Pegoraro, Aldo
Rostagno, Giorgio Seveso, Claudio Spadoni.
lpoiaghi@libero.it
Luigi Poiaghi. Voci del silenzio
Si dice che una casa amata respiri. Voci di austero silenzio respirano attraverso i muri della
casa antica di Luigi Poiaghi a Verucchio, all’unisono con lui. Lo possiamo immaginare su
quella sedia modellata dal suo corpo, mentre accarezza con lo sguardo la glabra pelle
del muro, le escoriazioni e le crepe che il tempo ha disegnato. Giorno dopo giorno in un
silenzio secolare, viaggiando nella mappa misteriosa di un orizzonte di pietra, in punta di
dita la percorre e vi si immerge; dissolvendosi nella sua trama, la sua presenza si fa via via
rarefatta fino all’assenza.
Il lungo viaggio nella vita e nell’arte di Luigi Poiaghi si è depositato in questi spazi e rivive
nelle memorie di un altrove senza tempo. Da oltre venti anni lo sguardo dell’artista accarezza
le ruvide superfici scortecciate, interroga le macchie, le oltrepassa come fossero trasparenti
quinte, raggiungendo altri scenari, quelli del sogno e delle memorie generatrici di idee
artistiche.
L’arte ha forgiato le forme del suo pensiero ed il suo personale linguaggio. Da lontano,
dice Poiaghi, si vedono meglio le cose: l’infanzia vissuta in una Milano sironiana con le
case di ringhiera, le ciminiere e i monumenti impregnati di smog, è divenuta cifra stilistica
pervasiva, cristallizzata come in una composizione morandiana di atonia metafisica.
In questa osmosi il processo meditativo forgia l’opera, la libera dal suo involucro impalpabile,
respira col corpo le sue forme; l’opera esce dal petto dell’artista, avviandosi a nascere nella
sua fisica materialità, autoritratto conforme con l’immagine interna di infinite esperienze che
hanno costituito il mosaico di una singolare esistenza.
Il buio è rischiarato da una fiamma che emana dalla mano amica, una luce commovente
che conforta la solitudine nella notte della vita. La luce fioca e discreta illumina questo
viaggio interiore sempre pulsante di ricerca, per andare oltre l’apparenza. La fotografia è
allora documento di un viaggio a ritroso, specchio dotato di memoria, dispositivo afasico e
svuotante, viatico di meditazione. In attesa che qualcosa si riveli.
Gli oggetti accompagnano il viaggio estetico dell’artista, la loro trasparenza allude all’assenza
assenza
pur nella materialità della loro presenza. Orme arcaiche, forme di un autoritratto. Oggetti
intimamente heimlich, devoti e umili, bicchieri e bottiglie declinati per due, opere interrotte,
opere in attesa, care immagini, sono fotografati sulla quinta della loro presenza familiare
come visioni interiori e come constatazione di un lungo inesausto cercare.
Mi smarrisco, mi cerco, mi trovo perso
Collegate alla inesorabilità della perdita e alla sua continua intima ricerca, sono la piccola
fotografia della madre che galleggia nel liquido della bottiglia o nella geografia di segni del
muro, scrigno che ne preserva la magia del ricordo, o l’immagine sacra che discretamente
accompagna il sonno e il sogno.
Lo scenario del dopo, in absentia, è già in queste immagini immote e silenziose. Nella
decantazione degli innumerevoli sedimenti di una vita, la verità di queste vanitas è scabrosa
vanitas
e insieme calmante, uno scavo nella propria immagine, un levare che arriva al nulla, alla
essenza più nucleare della vita, alla inevitabile e necessaria sua dissoluzione.
Rosita Lappi
19
novembre 2011
Luigi Poiaghi – Ritratto per assenza
Dal 19 novembre al 04 dicembre 2011
arte contemporanea
Location
SALA ASSOCIAZIONI
Verucchio, Piazza Malatesta, (Rimini)
Verucchio, Piazza Malatesta, (Rimini)
Orario di apertura
dalle 16 alle 19
Vernissage
19 Novembre 2011, ore 17
Autore