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Luigi Tazzari – Mare d’inverno
Una serie scatti eseguiti da Tazzari durante l’inverno 2011/12 sulle spiagge innevate della riviera romagnola.
Contrariamente ad altri fotografi contemporanei, Tazzari non ci mostra paesaggi finti che sembrano veri, oppure ambienti reali che appaiono come artificiali…
Comunicato stampa
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SVELAMENTO DI UN PAESAGGIO
Luca Panaro
Nella ricerca fotografica degli ultimi anni la visione del paesaggio e la sua fedele documentazione sembrano avere gradualmente lasciato il posto alla ripresa di situazioni ingannevoli, rimanendo però ancorati alla registrazione del dato reale. Il mondo che ci circonda propone ripetutamente condizioni fuorvianti, dove ormai la percezione di ciò che sta intorno vacilla. Molti fotografi sembrano non sottrarsi all’evidenza di questa condizione, alimentando interrogativi all’interno delle proprie immagini e stimolandone così la fruizione. Il dubbio è infatti l’atteggiamento critico che genera una maggiore consapevolezza della realtà, per questo motivo il lavoro dei fotografi si interroga sul presente e sulle minori certezze percettive che riesce a garantirci.
Le fotografie realizzate da Luigi Tazzari per questo nuovo progetto si distinguono rispetto alla sua produzione precedente in quanto meno esplicite, questa volta prendono infatti le distanze dalla conoscenza pregressa del luogo, tolgono inizialmente al fruitore ogni elemento utile alla collocazione geografica del paesaggio. L’area fotografata è quella che l’autore ha documentato più volte nel corso della sua carriera, in questa occasione però ne risulta difficile la riconoscibilità. Soltanto dopo un graduale svelamento si rende possibile l’identificazione di elementi codificabili. Tazzari ci mette in una condizione visiva in cui la linea dell’orizzonte e il candore dell’immagine diventano gli elementi predominanti. Queste enormi distese di neve che contrastano con il grigiore del cielo lasciano pensare a un paesaggio artico. Inizialmente non si percepisce alcuna forma, nessuna presenza umana, poi qualche elemento geometrico affiora, lascia pensare all’intervento dell’uomo, ma la sua figura compare in una sola immagine. Poco a poco aumentano gli indizi che portano a riconoscere nel paesaggio misterioso le tracce di quelle spiagge romagnole che Tazzari ha ampiamente esplorato in Un’estate al mare (2005), di cui si è occupato in Visual Echoes (2007) e che ha poi ripreso lungo l’intero corso dell’anno in Four Seasons (2009).
Contrariamente ad altri fotografi contemporanei, Tazzari non ci mostra paesaggi finti che sembrano veri, oppure ambienti reali che appaiono come artificiali, le immagini di Mare d’inverno sono tratte dalla realtà senza artifici, è proprio questo a renderle interessanti. L’unico “effetto speciale” lo ha prodotto la natura regalando quella bianca coltre di neve che astrae il paesaggio marino. Ma è l’ambiguità del mezzo fotografico a completare l’opera, inquadrando, sotto la guida di Tazzari, solamente alcune porzioni di realtà, quelle spoglie di elementi architettonici identificabili. E’ solamente con il susseguirsi delle immagini che aumenta il grado di riconoscibilità del paesaggio, in modo particolare nelle fotografie che mostrano le cabine-spogliatoio in muratura dalla cromia accesa e contrastante, qui l’atmosfera rarefatta ed equivoca delle prime fotografie precipita nella più tangibile realtà del luogo.
Lo sguardo di Tazzari si rivolge prevalentemente al territorio di appartenenza, oltre ai già citati lavori aventi come soggetto la spiaggia e il mare della riviera emiliano-romagnola, si ricordano due progetti dedicati alla sua città, Ravenna: un reportage di documentazione sociale sul porto intitolato Lat. 44° 29’ Nord Long. 12° 17’ Est (2006) e le zone umide del comprensorio costituito dalla Pialassa della Baiona e del Piombone che si possono apprezzare nella recente serie Villa Acquadella (2011). Risulta interessante notare come dopo anni di esplorazione di un paesaggio di affezione, in seguito a vari progetti in cui ha indagato in modo diretto luoghi conosciuti, Tazzari, in questo ultimo progetto, decida di non interpretare il mare d’inverno come se fosse “un film in bianco e nero visto alla tv” riprendendo “stanche parabole di vecchi gabbiani”. Contrariamente alle parole malinconiche scritte da Enrico Ruggeri nella canzone Il mare d’inverno (1983), i luoghi fotografati da Tazzari non sono in preda alla desolazione provocata dalla stagione invernale, anzi, sembrano compiacersi di questa momentanea condizione di abbandono. Il fotografo gioca sull’assenza dell’uomo e la parziale cancellazione dei segni architettonici e ambientali tipici del luogo che affiorano progressivamente dallo scorrere delle immagini, fieri di quello che rappresentano in quel momento e non di ciò che saranno alla riapertura della stagione quando “passerà il freddo e la spiaggia lentamente si colorerà”.
Da Luigi Tazzari “mare d’inverno” Damiani editore Bologna 2012
Luca Panaro
Nella ricerca fotografica degli ultimi anni la visione del paesaggio e la sua fedele documentazione sembrano avere gradualmente lasciato il posto alla ripresa di situazioni ingannevoli, rimanendo però ancorati alla registrazione del dato reale. Il mondo che ci circonda propone ripetutamente condizioni fuorvianti, dove ormai la percezione di ciò che sta intorno vacilla. Molti fotografi sembrano non sottrarsi all’evidenza di questa condizione, alimentando interrogativi all’interno delle proprie immagini e stimolandone così la fruizione. Il dubbio è infatti l’atteggiamento critico che genera una maggiore consapevolezza della realtà, per questo motivo il lavoro dei fotografi si interroga sul presente e sulle minori certezze percettive che riesce a garantirci.
Le fotografie realizzate da Luigi Tazzari per questo nuovo progetto si distinguono rispetto alla sua produzione precedente in quanto meno esplicite, questa volta prendono infatti le distanze dalla conoscenza pregressa del luogo, tolgono inizialmente al fruitore ogni elemento utile alla collocazione geografica del paesaggio. L’area fotografata è quella che l’autore ha documentato più volte nel corso della sua carriera, in questa occasione però ne risulta difficile la riconoscibilità. Soltanto dopo un graduale svelamento si rende possibile l’identificazione di elementi codificabili. Tazzari ci mette in una condizione visiva in cui la linea dell’orizzonte e il candore dell’immagine diventano gli elementi predominanti. Queste enormi distese di neve che contrastano con il grigiore del cielo lasciano pensare a un paesaggio artico. Inizialmente non si percepisce alcuna forma, nessuna presenza umana, poi qualche elemento geometrico affiora, lascia pensare all’intervento dell’uomo, ma la sua figura compare in una sola immagine. Poco a poco aumentano gli indizi che portano a riconoscere nel paesaggio misterioso le tracce di quelle spiagge romagnole che Tazzari ha ampiamente esplorato in Un’estate al mare (2005), di cui si è occupato in Visual Echoes (2007) e che ha poi ripreso lungo l’intero corso dell’anno in Four Seasons (2009).
Contrariamente ad altri fotografi contemporanei, Tazzari non ci mostra paesaggi finti che sembrano veri, oppure ambienti reali che appaiono come artificiali, le immagini di Mare d’inverno sono tratte dalla realtà senza artifici, è proprio questo a renderle interessanti. L’unico “effetto speciale” lo ha prodotto la natura regalando quella bianca coltre di neve che astrae il paesaggio marino. Ma è l’ambiguità del mezzo fotografico a completare l’opera, inquadrando, sotto la guida di Tazzari, solamente alcune porzioni di realtà, quelle spoglie di elementi architettonici identificabili. E’ solamente con il susseguirsi delle immagini che aumenta il grado di riconoscibilità del paesaggio, in modo particolare nelle fotografie che mostrano le cabine-spogliatoio in muratura dalla cromia accesa e contrastante, qui l’atmosfera rarefatta ed equivoca delle prime fotografie precipita nella più tangibile realtà del luogo.
Lo sguardo di Tazzari si rivolge prevalentemente al territorio di appartenenza, oltre ai già citati lavori aventi come soggetto la spiaggia e il mare della riviera emiliano-romagnola, si ricordano due progetti dedicati alla sua città, Ravenna: un reportage di documentazione sociale sul porto intitolato Lat. 44° 29’ Nord Long. 12° 17’ Est (2006) e le zone umide del comprensorio costituito dalla Pialassa della Baiona e del Piombone che si possono apprezzare nella recente serie Villa Acquadella (2011). Risulta interessante notare come dopo anni di esplorazione di un paesaggio di affezione, in seguito a vari progetti in cui ha indagato in modo diretto luoghi conosciuti, Tazzari, in questo ultimo progetto, decida di non interpretare il mare d’inverno come se fosse “un film in bianco e nero visto alla tv” riprendendo “stanche parabole di vecchi gabbiani”. Contrariamente alle parole malinconiche scritte da Enrico Ruggeri nella canzone Il mare d’inverno (1983), i luoghi fotografati da Tazzari non sono in preda alla desolazione provocata dalla stagione invernale, anzi, sembrano compiacersi di questa momentanea condizione di abbandono. Il fotografo gioca sull’assenza dell’uomo e la parziale cancellazione dei segni architettonici e ambientali tipici del luogo che affiorano progressivamente dallo scorrere delle immagini, fieri di quello che rappresentano in quel momento e non di ciò che saranno alla riapertura della stagione quando “passerà il freddo e la spiaggia lentamente si colorerà”.
Da Luigi Tazzari “mare d’inverno” Damiani editore Bologna 2012
02
maggio 2013
Luigi Tazzari – Mare d’inverno
Dal 02 maggio al 05 giugno 2013
fotografia
Location
PAOLO TONIN ARTE CONTEMPORANEA
Torino, Via San Tommaso, 6, (Torino)
Torino, Via San Tommaso, 6, (Torino)
Orario di apertura
dalle 10,30 alle 13 e dalle 14,30 alle 19 dal lunedì al venerdì, sabato su appuntamento
Vernissage
2 Maggio 2013, dalle 19 alle 22
Autore
Curatore