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Luigi Viti – Luoghi di Toscana
Personale di pittura
Comunicato stampa
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Il Caffè Principe di Firenze ospita dal 12 maggio al 12 giugno una personale del pittore certaldese Luigi Viti, dal titolo “Luoghi di Toscana”.
Viti, allievo dell’apprezzato xilografo, pittore e scultore Gino Terreni, presenta una sintesi della sua produzione artistica, composta da opere realizzate con svariate tecniche.
Largo spazio è dedicato all’acquerello, un mezzo che notoriamente non consente pentimenti e che richiede prontezza e sicurezza di esecuzione per il rapido essiccamento delle tinte. A torto, soprattutto in Italia, è stata spesso considerata la “cenerentola” fra le discipline pittoriche mentre rappresenta uno dei territori più impervi dell’espressione artistica, assimilabile forse all’incisione dove difficilmente c’è spazio per l’improvvisazione. Delicati e di grande freschezza espressiva, gli acquerelli sul paesaggio toscano di Viti raccontano con immediatezza la realtà della natura e la sua poesia, così come è colta all’istante. Spesso descrivono luoghi esistenti in contemplato silenzio. Non essendo suscettibili per ragioni tecniche a rimaneggiamenti successivi, conservano e comunicano lo stato d’animo originale dell’artista nel momento della creazione.
L’acquerello per Luigi Viti non è una tappa intermedia verso un’opera più matura, un bozzetto per un dipinto ad olio più grande da realizzare in studio. L’acquerello è lo strumento necessario per catturare certe luminosità, quali ad esempio il bianco abbagliante della neve.
Osservando i soggetti e le atmosfere delle opere ad olio e degli strappi d’affresco si ha come l’impressione che Luigi Viti voglia propugnare l'idea del ritorno allo stato di natura, rifacendosi al pensiero di Jean-Jacques Rousseau che su questa idea aveva fondato la sua filosofia. Le sue opere sembrano ecloghe e idilli in cui si cantano le lodi della vita rustica con l’intento di superare e vincere il forte disagio di cui è vittima l’uomo contemporaneo. Come nell'idillio secentista, in cui i dati naturalistici erano ripetuti e variati all'infinito in un gioco elegiaco e voluttuoso, od anche nell'idillio arcadico della prima metà del Settecento, dove si cantava il riposo e l'innocenza della vita campestre in antitesi alla vita mondana, troppo discordante da quella naturale, e che risvegliava negli animi degli Arcadi un'inquietudine sorda, alla quale si cercava di sottrarsi nell'aspirazione alla pace dei campi e della vita bucolica.
Viti, allievo dell’apprezzato xilografo, pittore e scultore Gino Terreni, presenta una sintesi della sua produzione artistica, composta da opere realizzate con svariate tecniche.
Largo spazio è dedicato all’acquerello, un mezzo che notoriamente non consente pentimenti e che richiede prontezza e sicurezza di esecuzione per il rapido essiccamento delle tinte. A torto, soprattutto in Italia, è stata spesso considerata la “cenerentola” fra le discipline pittoriche mentre rappresenta uno dei territori più impervi dell’espressione artistica, assimilabile forse all’incisione dove difficilmente c’è spazio per l’improvvisazione. Delicati e di grande freschezza espressiva, gli acquerelli sul paesaggio toscano di Viti raccontano con immediatezza la realtà della natura e la sua poesia, così come è colta all’istante. Spesso descrivono luoghi esistenti in contemplato silenzio. Non essendo suscettibili per ragioni tecniche a rimaneggiamenti successivi, conservano e comunicano lo stato d’animo originale dell’artista nel momento della creazione.
L’acquerello per Luigi Viti non è una tappa intermedia verso un’opera più matura, un bozzetto per un dipinto ad olio più grande da realizzare in studio. L’acquerello è lo strumento necessario per catturare certe luminosità, quali ad esempio il bianco abbagliante della neve.
Osservando i soggetti e le atmosfere delle opere ad olio e degli strappi d’affresco si ha come l’impressione che Luigi Viti voglia propugnare l'idea del ritorno allo stato di natura, rifacendosi al pensiero di Jean-Jacques Rousseau che su questa idea aveva fondato la sua filosofia. Le sue opere sembrano ecloghe e idilli in cui si cantano le lodi della vita rustica con l’intento di superare e vincere il forte disagio di cui è vittima l’uomo contemporaneo. Come nell'idillio secentista, in cui i dati naturalistici erano ripetuti e variati all'infinito in un gioco elegiaco e voluttuoso, od anche nell'idillio arcadico della prima metà del Settecento, dove si cantava il riposo e l'innocenza della vita campestre in antitesi alla vita mondana, troppo discordante da quella naturale, e che risvegliava negli animi degli Arcadi un'inquietudine sorda, alla quale si cercava di sottrarsi nell'aspirazione alla pace dei campi e della vita bucolica.
12
maggio 2007
Luigi Viti – Luoghi di Toscana
Dal 12 maggio al 12 giugno 2007
arte contemporanea
Location
CAFFE’ PRINCIPE
Firenze, Viale Giacomo Matteotti, 17, (Firenze)
Firenze, Viale Giacomo Matteotti, 17, (Firenze)
Vernissage
12 Maggio 2007, ore 18,30
Autore