Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
L’utopia praticabile. Ipertesti metropolitani
progetto itinerante di interazione tra arte e architettura
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Con L’Utopia Praticabile, “Understudio” – progetto itinerante all’insegna delle interazioni fra arte e architettura- si addentra nelle problematiche e nella complessità relazionale degli ambiti metropolitani, mantenendo fede, così, al proprio assunto iniziale di attivare sinergie e collaborazioni non solo tra autori, ma anche fra campi disciplinari diversi, teorici ed operativi secondo un principio che ispiri un’arte ed un’architettura come processo e qualità diffusa.
L’iniziativa si incentra su Roma, città da sempre in bilico tra passato e presente, articolandosi in due momenti: il primo, al MAXXI, con gli autori e la presentazione diretta dei progetti da loro elaborati; il secondo in un evento espositivo con sede nel Museo H. C. Andersen (artista che con la collaborazione dell’architetto E. Hèbrand lavorò sul concetto di utopia in termini realizzabili con l’idea di una città come luogo permanente di confronto di varie realtà nazionali dove confluissero necessità produttive e bisogni umani).
Il termine di utopia che la manifestazione vuole rilanciare si addice, quindi, sia al sogno di Andersen, sia alle operazioni degli artisti e degli architetti, nonché dei mediatori culturali che vi partecipano, secondo la sua ambigua etimologia: ovvero come “non luogo” e luogo del compimento della felicità, dove, come in ogni realtà pianificata, il tutto e la parte dovrebbero essere pensati per il bene del singolo e della comunità insieme.
L’utopia praticabile pone l’attenzione su quelle problematiche e dinamiche generate dal continuo modificarsi dell’identità urbana, guardando ad auspicabili trasformazioni sociali responsabili nella prospettiva di una nuova estetica urbana capace di incidere realisticamente su una riprogettazione delle politiche culturali nei termini di una nuova sperimentazione urbana. La manifestazione è un confronto a vari livelli (attraverso installazioni, progetti,video, fotografie, performance, documentazioni…) che disegna un’ipotesi di attraversamento tra vari campi disciplinari attraverso otto gruppi di ricerca che hanno elaborato proposte che vanno dalla periferia più estrema a agli spazi interstiziali o di cerniera fino al centro della città che di fatto non ha più un centro, nelle quali il teorico si interfaccia con l’artista e l’architetto e ne media la relazione: si determina cosi un serrato confronto che ha dato luogo a progetti, analisi, letture, interpretazioni, ascolti, ipotesi più o meno percorribili nei termini della realizzazione ma tutte praticabili come dispositivi di trasformazione o parametri di consapevolezza della complessa e problematica realtà metropolitana.
L’attenzione si focalizza sulla plausibilità dello scambio comunicativo, sul concetto di interazione testato sul campo nelle sue effettive possibilità che si giocano sul terreno comune di una città concepita non solo come ultima trincea di sopravvivenza ma come luogo emblematico di relazione per nuovi orizzonti urbani alla luce della molteplicità irriducibile della vita e del mondo contemporaneo.
L’obiettivo de L’utopia Praticabile è quello di attivare, attraverso l’auspicabile anche se complessa integrazione dialettica fra architetto e artista, veri e propri laboratori di ricerca sul campo, che assordino le varie ottiche e letture (sociologiche, urbanistiche, estetiche, antropologiche, poetiche , strutturali…..) della città; di contribuire alla definizione e ridefinizione di spazio urbano, vale a dire occuparsi concretamente dei contesti del vivere secondo modalità e termini flessibili ed in divenire. Un approccio senza modelli o soluzioni astratte , che non intende imporre né proporre macrosegni “moderni” arroganti e solipsistici, artistici o architettonici, ma soprattutto proporre soluzioni senza confini in assoluto ed in particolare fra arte e architettura e urban design. La caduta delle categorie in quanto tali, ma non delle funzioni, potrebbe fornire indicazioni per una pacifica rivoluzione socio-spaziale, per una sorta di “eco-design” globale e molteplice che tenga conto tuttavia delle diverse identità storico culturali e delle nuove differenze che spesso sono interne ad una stessa città.
L’utopia praticabile è una mostra che non vuole esporre la città, ma essere città e funzionare in quanto tale e per cui l’atto artistico ed estetico diventano metafore dell’esperienza urbana e della sua condizione plurale, frammentata, desultoria della vita che si manifesta con tratti di alterità spesso inesplicabile e disorientante. Lo sforzo di scavare in questa alterità, di farla propria e di farci i conti, accomuna artisti ed architetti portandoli a scavalcare barriere disciplinari e rispettivi campi di azione, che normalmente propongono due tipologie d’intervento diverse: l’esplorazione in termini etnografici o romantici flaneriani e situazionistici e l’esperienza collettiva, la città come luogo di erranza e fantasticheria; e la città come luogo dell’incontro e dello scontro, lo spazio dell’immaginario e lo spazio sociale comprendente in sé varie possibilità di incroci e sovrapposizioni.
L’utopia praticabile, rispetto a ciò, non da soluzioni chiavi in mano, ma fornisce indicazioni, in qualche caso ribaltando in positivo realtà negative, attenendosi alla realtà cruda. Indicazioni tutte da verificare per lo più temporanee e in transito per una città in cui si addensano conflitti e tensioni che hanno fatto saltare direi logiche e parametri ora da riconsiderare alla luce di una città che sta diventando qualcosa di “altro”, di difficile riconoscimento e collocazione del nuovo in categorie precise, che siano di sviluppo oppure di degenerazione.
La rivisitazione poetica, la rilettura concettuale dello spazio deve sintonizzarsi con la trasformazione della geografia metropolitana, con l’energie e le esigenze di chi vi abita e vive quotidianamente, secondo un atteggiamento in linea con le esperienze europee all’avanguardia che interpretano la città come estensione dello spazio del vivere umano.
L’iniziativa si incentra su Roma, città da sempre in bilico tra passato e presente, articolandosi in due momenti: il primo, al MAXXI, con gli autori e la presentazione diretta dei progetti da loro elaborati; il secondo in un evento espositivo con sede nel Museo H. C. Andersen (artista che con la collaborazione dell’architetto E. Hèbrand lavorò sul concetto di utopia in termini realizzabili con l’idea di una città come luogo permanente di confronto di varie realtà nazionali dove confluissero necessità produttive e bisogni umani).
Il termine di utopia che la manifestazione vuole rilanciare si addice, quindi, sia al sogno di Andersen, sia alle operazioni degli artisti e degli architetti, nonché dei mediatori culturali che vi partecipano, secondo la sua ambigua etimologia: ovvero come “non luogo” e luogo del compimento della felicità, dove, come in ogni realtà pianificata, il tutto e la parte dovrebbero essere pensati per il bene del singolo e della comunità insieme.
L’utopia praticabile pone l’attenzione su quelle problematiche e dinamiche generate dal continuo modificarsi dell’identità urbana, guardando ad auspicabili trasformazioni sociali responsabili nella prospettiva di una nuova estetica urbana capace di incidere realisticamente su una riprogettazione delle politiche culturali nei termini di una nuova sperimentazione urbana. La manifestazione è un confronto a vari livelli (attraverso installazioni, progetti,video, fotografie, performance, documentazioni…) che disegna un’ipotesi di attraversamento tra vari campi disciplinari attraverso otto gruppi di ricerca che hanno elaborato proposte che vanno dalla periferia più estrema a agli spazi interstiziali o di cerniera fino al centro della città che di fatto non ha più un centro, nelle quali il teorico si interfaccia con l’artista e l’architetto e ne media la relazione: si determina cosi un serrato confronto che ha dato luogo a progetti, analisi, letture, interpretazioni, ascolti, ipotesi più o meno percorribili nei termini della realizzazione ma tutte praticabili come dispositivi di trasformazione o parametri di consapevolezza della complessa e problematica realtà metropolitana.
L’attenzione si focalizza sulla plausibilità dello scambio comunicativo, sul concetto di interazione testato sul campo nelle sue effettive possibilità che si giocano sul terreno comune di una città concepita non solo come ultima trincea di sopravvivenza ma come luogo emblematico di relazione per nuovi orizzonti urbani alla luce della molteplicità irriducibile della vita e del mondo contemporaneo.
L’obiettivo de L’utopia Praticabile è quello di attivare, attraverso l’auspicabile anche se complessa integrazione dialettica fra architetto e artista, veri e propri laboratori di ricerca sul campo, che assordino le varie ottiche e letture (sociologiche, urbanistiche, estetiche, antropologiche, poetiche , strutturali…..) della città; di contribuire alla definizione e ridefinizione di spazio urbano, vale a dire occuparsi concretamente dei contesti del vivere secondo modalità e termini flessibili ed in divenire. Un approccio senza modelli o soluzioni astratte , che non intende imporre né proporre macrosegni “moderni” arroganti e solipsistici, artistici o architettonici, ma soprattutto proporre soluzioni senza confini in assoluto ed in particolare fra arte e architettura e urban design. La caduta delle categorie in quanto tali, ma non delle funzioni, potrebbe fornire indicazioni per una pacifica rivoluzione socio-spaziale, per una sorta di “eco-design” globale e molteplice che tenga conto tuttavia delle diverse identità storico culturali e delle nuove differenze che spesso sono interne ad una stessa città.
L’utopia praticabile è una mostra che non vuole esporre la città, ma essere città e funzionare in quanto tale e per cui l’atto artistico ed estetico diventano metafore dell’esperienza urbana e della sua condizione plurale, frammentata, desultoria della vita che si manifesta con tratti di alterità spesso inesplicabile e disorientante. Lo sforzo di scavare in questa alterità, di farla propria e di farci i conti, accomuna artisti ed architetti portandoli a scavalcare barriere disciplinari e rispettivi campi di azione, che normalmente propongono due tipologie d’intervento diverse: l’esplorazione in termini etnografici o romantici flaneriani e situazionistici e l’esperienza collettiva, la città come luogo di erranza e fantasticheria; e la città come luogo dell’incontro e dello scontro, lo spazio dell’immaginario e lo spazio sociale comprendente in sé varie possibilità di incroci e sovrapposizioni.
L’utopia praticabile, rispetto a ciò, non da soluzioni chiavi in mano, ma fornisce indicazioni, in qualche caso ribaltando in positivo realtà negative, attenendosi alla realtà cruda. Indicazioni tutte da verificare per lo più temporanee e in transito per una città in cui si addensano conflitti e tensioni che hanno fatto saltare direi logiche e parametri ora da riconsiderare alla luce di una città che sta diventando qualcosa di “altro”, di difficile riconoscimento e collocazione del nuovo in categorie precise, che siano di sviluppo oppure di degenerazione.
La rivisitazione poetica, la rilettura concettuale dello spazio deve sintonizzarsi con la trasformazione della geografia metropolitana, con l’energie e le esigenze di chi vi abita e vive quotidianamente, secondo un atteggiamento in linea con le esperienze europee all’avanguardia che interpretano la città come estensione dello spazio del vivere umano.
26
giugno 2007
L’utopia praticabile. Ipertesti metropolitani
26 giugno 2007
architettura
arte contemporanea
presentazione
arte contemporanea
presentazione
Location
MUSEO HENDRIK CHRISTIAN ANDERSEN
Roma, Via Pasquale Stanislao Mancini, 20, (Roma)
Roma, Via Pasquale Stanislao Mancini, 20, (Roma)
Vernissage
26 Giugno 2007, ore 17
Curatore