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Maia Sambonet – Vivo con fuoco
La pratica artistica di Maia Sambonet si espande e dopo due mostre a Londra e Parigi con questo intervento site-specific spazia verso scultura e installazione con una dichiarata attrazione per la letteratura e il teatro.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Esiste una tradizione formale nel lavoro di Maia Sambonet
dichiaratamente aperta verso argomenti dell?anima. I suoi disegni
misurano i propri slanci, lottano per contenere la tensione a
esplodere, vivono letteralmente di fonti letterarie sublimi e giungono
a evocare mondi fantastici dove la gravitas convive con accadimenti
recenti, personali e non. In questo modo i temi portanti dell?artista
mostrano una grande enfasi in contrasto a un anelato ideale di
primitiva purezza e virtù.
Ogni nuovo lavoro dell?artista è una estensione inedita verso
direzioni non previste. Il movimento fondato sui piani cartesiani
richiede altri teoremi e l?esplorazione della ?quarta parete? che
separa lo spettatore dalla scena è soltanto uno dei possibili
attraversamenti.
L?installazione ?Vivo con Fuoco? nella sede transitoria di Aka in
Largo Richini 14, presenta otto piccoli disegni, una serie di light
box e scatole lenticolari, dosati nelle due stanze affacciate sulla
Statale. La prima a sinistra ospita un intreccio site-specific di
maschere di ferro in dialogo fra loro, un ribaltamento del classico
schema ?non vedo, non sento, non parlo? con triplice invito allo
scambio e alla relazione attraverso un concerto di fili sospesi
uscenti come voci, talmente articolate da evocare la sinfonia delle
parole. L?installazione chiama in causa le distanze da abolire, le
corde sospese nello spazio contrastano le regole, sovvertono l?ordine
supremo di un pentagramma e riportano l?immagine al titolo, rubato
alle partiture musicali ?Vivo con fuoco? risuona come una
dichiarazione e sembra ribadito nella seconda stanza dal ferro
possente sopra il quale per contrasto aleggiano i disegni. L?incedere
di altre voci affiora dai light box e dalle scatole lenticolari dentro
cui la soavità di un cerbiatto si alterna alle atrocità della guerra.
Tre serie di lavori su carta esprimono il senso dell?intera mostra
come una riflessione sull?entrata, sull?idea di porta da varcare per
approdare alla conoscenza. La location, per via della sua planimetria
squadrata con due stanze affacciate su strada, unite e divise tra
loro, possiede un carattere speciale che ben si presta a discorrere
del simbolo dell?uscio, dell?ingresso, dell?idea di salita e discesa,
del significato reale della via di fuga, se sopraffatti dai dubbi
delle nostre scelte. Due sono le stanze e doppio è il tema dello
specchio, della lente, del rovescio di un pensiero, e dunque della
possibilità di esplorare i due lati della stessa medaglia quando si
esamina un differente punto di vista. Il filo rosso che lega tutti i
lavori è l?amore come momento della ricerca filosofica: l?unico
istante in cui la verità accade è l?avvicinamento. In questo senso è
uno strumento di apertura incondizionata e in questa consegna della
verità inafferrabile, uno dei moti del processo è la metamorfosi.
L?artista elabora la lezione del codice di James Hillmann e sembra
dire ?Si cambia solo attraverso un costante uscire da sé. La tensione,
a volte, si risolve nel mantenere la tensione?. Basta saperlo. La
ricerca è indirizzata nel calibrare la distanza, i disegni sono
astratti e concreti insieme e descrivono una diversità delle vedute,
una volontà di cercare l?elemento che muta. E nella traduzione del
verbo inglese to long l?artista individua il desiderio estremo che in
qualche modo non potrà mai venir esaudito. Una sorta di Saudade
portoghese tradotta nell?immedesimazione di un istante vissuto da
altri è il punto di partenza. Il fatto reale è una cartolina ricevuta
dalla nonna negli anni ?70, quando Maia ancora non era nata. La
distanza diviene margine di sorpresa e permette di elaborarne
l?assenza. Le scatole lenticolari sono stanze della memoria e
dell?immaginazione dentro le quali i disegni capovolti vengono letti
soltanto da uno sguardo attento dello spettatore. Creano verità e
fanno ombra al contempo. C?è solo un punto in cui vedi perfettamente a
fuoco. Puoi spiare ma la magia è data e tolta, e accade solo in un
determinato luogo. La riflessione è sull?idea di dare e sottrarre,
come nel teatro di Brecht dove l?illusione è rivelata. Qui sono
richiesti tempo e pazienza, materiali ormai in estinzione e pertanto
necessari più che mai all?evoluzione.
dichiaratamente aperta verso argomenti dell?anima. I suoi disegni
misurano i propri slanci, lottano per contenere la tensione a
esplodere, vivono letteralmente di fonti letterarie sublimi e giungono
a evocare mondi fantastici dove la gravitas convive con accadimenti
recenti, personali e non. In questo modo i temi portanti dell?artista
mostrano una grande enfasi in contrasto a un anelato ideale di
primitiva purezza e virtù.
Ogni nuovo lavoro dell?artista è una estensione inedita verso
direzioni non previste. Il movimento fondato sui piani cartesiani
richiede altri teoremi e l?esplorazione della ?quarta parete? che
separa lo spettatore dalla scena è soltanto uno dei possibili
attraversamenti.
L?installazione ?Vivo con Fuoco? nella sede transitoria di Aka in
Largo Richini 14, presenta otto piccoli disegni, una serie di light
box e scatole lenticolari, dosati nelle due stanze affacciate sulla
Statale. La prima a sinistra ospita un intreccio site-specific di
maschere di ferro in dialogo fra loro, un ribaltamento del classico
schema ?non vedo, non sento, non parlo? con triplice invito allo
scambio e alla relazione attraverso un concerto di fili sospesi
uscenti come voci, talmente articolate da evocare la sinfonia delle
parole. L?installazione chiama in causa le distanze da abolire, le
corde sospese nello spazio contrastano le regole, sovvertono l?ordine
supremo di un pentagramma e riportano l?immagine al titolo, rubato
alle partiture musicali ?Vivo con fuoco? risuona come una
dichiarazione e sembra ribadito nella seconda stanza dal ferro
possente sopra il quale per contrasto aleggiano i disegni. L?incedere
di altre voci affiora dai light box e dalle scatole lenticolari dentro
cui la soavità di un cerbiatto si alterna alle atrocità della guerra.
Tre serie di lavori su carta esprimono il senso dell?intera mostra
come una riflessione sull?entrata, sull?idea di porta da varcare per
approdare alla conoscenza. La location, per via della sua planimetria
squadrata con due stanze affacciate su strada, unite e divise tra
loro, possiede un carattere speciale che ben si presta a discorrere
del simbolo dell?uscio, dell?ingresso, dell?idea di salita e discesa,
del significato reale della via di fuga, se sopraffatti dai dubbi
delle nostre scelte. Due sono le stanze e doppio è il tema dello
specchio, della lente, del rovescio di un pensiero, e dunque della
possibilità di esplorare i due lati della stessa medaglia quando si
esamina un differente punto di vista. Il filo rosso che lega tutti i
lavori è l?amore come momento della ricerca filosofica: l?unico
istante in cui la verità accade è l?avvicinamento. In questo senso è
uno strumento di apertura incondizionata e in questa consegna della
verità inafferrabile, uno dei moti del processo è la metamorfosi.
L?artista elabora la lezione del codice di James Hillmann e sembra
dire ?Si cambia solo attraverso un costante uscire da sé. La tensione,
a volte, si risolve nel mantenere la tensione?. Basta saperlo. La
ricerca è indirizzata nel calibrare la distanza, i disegni sono
astratti e concreti insieme e descrivono una diversità delle vedute,
una volontà di cercare l?elemento che muta. E nella traduzione del
verbo inglese to long l?artista individua il desiderio estremo che in
qualche modo non potrà mai venir esaudito. Una sorta di Saudade
portoghese tradotta nell?immedesimazione di un istante vissuto da
altri è il punto di partenza. Il fatto reale è una cartolina ricevuta
dalla nonna negli anni ?70, quando Maia ancora non era nata. La
distanza diviene margine di sorpresa e permette di elaborarne
l?assenza. Le scatole lenticolari sono stanze della memoria e
dell?immaginazione dentro le quali i disegni capovolti vengono letti
soltanto da uno sguardo attento dello spettatore. Creano verità e
fanno ombra al contempo. C?è solo un punto in cui vedi perfettamente a
fuoco. Puoi spiare ma la magia è data e tolta, e accade solo in un
determinato luogo. La riflessione è sull?idea di dare e sottrarre,
come nel teatro di Brecht dove l?illusione è rivelata. Qui sono
richiesti tempo e pazienza, materiali ormai in estinzione e pertanto
necessari più che mai all?evoluzione.
13
gennaio 2009
Maia Sambonet – Vivo con fuoco
Dal 13 gennaio al 07 febbraio 2009
arte contemporanea
Location
AKA
Milano, Largo Francesco Richini, 14, (Milano)
Milano, Largo Francesco Richini, 14, (Milano)
Orario di apertura
martedì venerdì 15-19
Vernissage
13 Gennaio 2009, ore 18-21
Autore
Curatore