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Makis Vovlas – Fiore di Cuba
Il lavoro nasce da un suo soggiorno all’Avana e sta circolando in una mostra itinerante.
Comunicato stampa
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Makis Vovlas, fotografo.
Makis Vovlas è un uomo d’indole curiosa, una mia vecchia conoscenza fatta tra i trulli di Alberobello, che si può dire passi l’esistenza per metà con l’occhio sul microscopio a sbirciare il mondo dell’invisibile, e per l’altra metà, con l’occhio nel mirino di una fotocamera, a indagare l’umano; il frutto della sua prima occupazione si rivolge ad una fascia limitata di specialisti nell’ambiente universitario in cui svolge il mestiere di ricercatore e Docente Ordinario di Patologia Vegetale; il frutto della seconda invece, è diventato accessibile a tutti, almeno in parte, grazie alla pubblicazione di un libro fotografico dal titolo “Fiore di Cuba” (Claudio Grenzi Editore). Il lavoro nasce da un suo soggiorno all’Avana e sta circolando in una mostra itinerante che dal 9 maggio al 14 giugno sarà ospitata nello spazio d’arte “il Chiodo di Sermoneta”. Le fotografie sono in bianco e nero, stampate su carta baritata di formato medio grande. E’ chiaro che stiamo parlando di fotografia intesa come un linguaggio preciso e assolutamente poetico, artigianale, già un po’ arcaico, novecentesco; della fotografia come processo articolato che muove dallo stato psicologico del momento dello scatto, quando il fotografo ha creato il vuoto dentro di sé, si è reso sensibile e teso nel suo ruolo di tramite, pronto a scattare quando la magia ha luogo; passa attraverso l’incognita dello sviluppo della pellicola, quando, convinto di aver catturato una goccia di verità, ancora non è sicuro che questa potrà svelarsi. C’è l’ansia dell’attesa, il dubbio che qualcosa potrebbe essere andato storto; si risolve infine nell’attimo in cui l’immagine appare nella bacinella chimica (il buio della camera oscura, l’odore di iposolfito di sodio nelle narici e sulle mani), liberando nuovamente quella magia, che si era svelata. Questa ora torna a far vibrare l’animo come nel momento incommensurabilmente breve e preciso dello scatto ma questa volta, dopo il bagno nella bacinella di fissaggio, per “sempre” e non più solo per il fotografo. Ritengo che “Fiore di Cuba” sia un lavoro condotto con grande proprietà di linguaggio, il cui messaggio, puramente visivo, non è mediato né ragionato, ma, ribadisco, poetico. In queste immagini succede qualcosa che riattiva la discussione, mettendo in dubbio la convenzione; l’imprevisto entra in scena al momento giusto determinando ambiguità, il contrappunto si fa trovare puntuale ad ogni scatto o quasi, come succede talvolta in modo inconsapevole nelle foto di fotografi dilettanti e sempre in quelle dei maestri. Quasi mai, purtroppo, in quelle di una certa fascia intermedia, prezzolata e al servizio del messaggio equivoco o banale, che si fa passare per “verità” solo in virtù della verosimiglianza tra immagine e “realtà”, tipica del mezzo.
Sabato 9 maggio alle h.18,30 c'è stata, nello spazio d'arte di Piazza del Popolo, a Sermoneta (LT), l'apertura della mostra; lo scultore Mario de Luca, che domenica 3 maggio ha chiuso la sua apprezzata personale,ha passato idealmente a Vovlas il testimone per questo secondo appuntamento della rassegna "Arte al Chiodo 2009".
Sono intervenuti: l'attrice cubana Carmen Dibut, la musicista Anna Maria Gentile con la sua viola da gamba, Reginaldo Falconi alla chitarra, Marcello Parravano con la sua voce roca al canto. Tra le foto, le lampade artistiche dello studio maRAMEo.
Makis Vovlas è un uomo d’indole curiosa, una mia vecchia conoscenza fatta tra i trulli di Alberobello, che si può dire passi l’esistenza per metà con l’occhio sul microscopio a sbirciare il mondo dell’invisibile, e per l’altra metà, con l’occhio nel mirino di una fotocamera, a indagare l’umano; il frutto della sua prima occupazione si rivolge ad una fascia limitata di specialisti nell’ambiente universitario in cui svolge il mestiere di ricercatore e Docente Ordinario di Patologia Vegetale; il frutto della seconda invece, è diventato accessibile a tutti, almeno in parte, grazie alla pubblicazione di un libro fotografico dal titolo “Fiore di Cuba” (Claudio Grenzi Editore). Il lavoro nasce da un suo soggiorno all’Avana e sta circolando in una mostra itinerante che dal 9 maggio al 14 giugno sarà ospitata nello spazio d’arte “il Chiodo di Sermoneta”. Le fotografie sono in bianco e nero, stampate su carta baritata di formato medio grande. E’ chiaro che stiamo parlando di fotografia intesa come un linguaggio preciso e assolutamente poetico, artigianale, già un po’ arcaico, novecentesco; della fotografia come processo articolato che muove dallo stato psicologico del momento dello scatto, quando il fotografo ha creato il vuoto dentro di sé, si è reso sensibile e teso nel suo ruolo di tramite, pronto a scattare quando la magia ha luogo; passa attraverso l’incognita dello sviluppo della pellicola, quando, convinto di aver catturato una goccia di verità, ancora non è sicuro che questa potrà svelarsi. C’è l’ansia dell’attesa, il dubbio che qualcosa potrebbe essere andato storto; si risolve infine nell’attimo in cui l’immagine appare nella bacinella chimica (il buio della camera oscura, l’odore di iposolfito di sodio nelle narici e sulle mani), liberando nuovamente quella magia, che si era svelata. Questa ora torna a far vibrare l’animo come nel momento incommensurabilmente breve e preciso dello scatto ma questa volta, dopo il bagno nella bacinella di fissaggio, per “sempre” e non più solo per il fotografo. Ritengo che “Fiore di Cuba” sia un lavoro condotto con grande proprietà di linguaggio, il cui messaggio, puramente visivo, non è mediato né ragionato, ma, ribadisco, poetico. In queste immagini succede qualcosa che riattiva la discussione, mettendo in dubbio la convenzione; l’imprevisto entra in scena al momento giusto determinando ambiguità, il contrappunto si fa trovare puntuale ad ogni scatto o quasi, come succede talvolta in modo inconsapevole nelle foto di fotografi dilettanti e sempre in quelle dei maestri. Quasi mai, purtroppo, in quelle di una certa fascia intermedia, prezzolata e al servizio del messaggio equivoco o banale, che si fa passare per “verità” solo in virtù della verosimiglianza tra immagine e “realtà”, tipica del mezzo.
Sabato 9 maggio alle h.18,30 c'è stata, nello spazio d'arte di Piazza del Popolo, a Sermoneta (LT), l'apertura della mostra; lo scultore Mario de Luca, che domenica 3 maggio ha chiuso la sua apprezzata personale,ha passato idealmente a Vovlas il testimone per questo secondo appuntamento della rassegna "Arte al Chiodo 2009".
Sono intervenuti: l'attrice cubana Carmen Dibut, la musicista Anna Maria Gentile con la sua viola da gamba, Reginaldo Falconi alla chitarra, Marcello Parravano con la sua voce roca al canto. Tra le foto, le lampade artistiche dello studio maRAMEo.
09
maggio 2009
Makis Vovlas – Fiore di Cuba
Dal 09 maggio al 14 giugno 2009
fotografia
Location
IL CHIODO DI SERMONETA
Sermoneta, Piazza Del Popolo, 13, (Latina)
Sermoneta, Piazza Del Popolo, 13, (Latina)
Orario di apertura
da lunedì a venerdì 17-20, sabato e domenica 17-22
Vernissage
9 Maggio 2009, ore 18.30
Autore
Curatore