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Mannucci e il Novecento. L’immaginario atomico e cosmico
La città di Fabriano intende ricordare la figura di Edgardo Mannucci, un protagonista dell’arte plastica informale europea, nato a Fabriano nel 1904, attraverso 80 delle sue opere più importanti.
Comunicato stampa
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80 sculture documenteranno il suo intero percorso creativo nell’esposizione dal titolo MANNUCCI E IL NOVECENTO. L’immaginario atomico e cosmico.
Una sezione dedicata ai disegni sarà allestita a Cupramontana.
La città di Fabriano intende ricordare la figura di Edgardo Mannucci, un protagonista dell’arte plastica informale europea, nato a Fabriano nel 1904, attraverso 80 delle sue opere più importanti, raccolte nella mostra “Mannucci e il Novecento. L’immaginario atomico e cosmico”, in programma dal 29 maggio al 28 agosto nei suggestivi spazi della Galleria del Seminario Vecchio, e con una sezione dedicata ai disegni allestita nel paese di Cupramontana a 30 chilometri da Fabriano.
Questo collegamento sul territorio segue idealmente una parte della vita di Mannucci che dopo gli anni giovanili trascorsi nella sua città natale, si trasferisce a Roma, per poi decidere di rientrare nelle Marche e stabilirsi ad Arcevia.
L’iniziativa, promossa da Fabriano Incontra, Fondazione Carifac, Carifac spa, dal Comune di Fabriano e dall’UniFabriano, è curata da Enrico Crispolti che ha selezionato le 80 sculture che compongono l’itinerario espositivo diviso in tre sezioni.
Vengono ripercorsi gli esordi dapprima figurativi, influenzati dalla lezione del maestro novecentista Quirino Ruggeri, e poi neo cubisti, da cui l’artista approda successivamente a una originale scultura informale in un primo momento segnica e poi materico-gestuale. Scultore dell’energia, Mannucci dopo la guerra e soprattutto dopo la bomba di Hiroshima, fu attratto dalle possibilità della materia di esprimere emozioni profonde: con azione demiurgica, libera il materiale grezzo e grumoso dalla sua gravità mediante il movimento, cosicché l’energia imprigionata nella materia si svincola trasformandosi in moto. Alla fine della sua vita, l’artista recupera un certo modello di classicità ed equilibrio e, dalle forme guizzanti nello spazio, in fuga lungo veloci vettori rettilinei o spiralici, sempre aperti, si converte alla forma chiusa della circolarità, archetipo della perfezione e della misura.
L’esposizione si apre con la sezione intitolata Il Grande Stile (secondi anni Sessanta - Ottanta) composta da 38 sculture di Mannucci insieme ad altre di artisti dello stesso periodo quali Corrado Cagli, Fausto Melotti, Mino Trafeli, Nino Franchina, Valeriano Trubbiani, Giuseppe Uncini, Eliseo Mattiacci.
Si passerà poi a I Precedenti: Dal Primordio al Postcubismo (anni Trenta – Quaranta) con 14 sculture di Mannucci che dialogano con opere coeve, tra gli altri, di Arturo Martini, Quirino Ruggeri, Pericle Fazzini, Afro Basaldella, Giacomo Balla, Enrico Prampolini, Renato Guttuso.
Si terminerà poi con la sezione dedicata a L’Informale (anni Cinquanta – primi Sessanta) che accanto a sculture e dipinti presenta oggetti di oreficeria che saranno esposti presso le sedi Carifac di Fabriano, Ancona e Roma. Il tutto in relazione con opere di Pietro Consagra, Mirko Basaldella, Alberto Burri, Lucio Fontana, Roberto Crippa, Giuseppe Capogrossi, Leoncillo.
La mostra è accompagnata da un ricco catalogo pubblicato da Silvana Editoriale.
Edgardo Mannucci (Fabriano 1904 - Arcevia 1986) giunge a Roma nel 1927 dalla sua città natale, dove aveva già acquisito la conoscenza delle tecniche di lavorazione del marmo e del cemento, e si trova a stretto contatto col conterraneo, e suocero, Quirino Ruggeri dal quale riceve gli insegnamenti per l'elaborazione della pratica scultorea. Dopo l'iniziale adesione alla scultura di tipo figurativo, non ignara della grande influenza che in quegli anni esercita l'esemplare figura di Arturo Martini, l'arte di Mannucci compie una decisiva svolta.
La frequentazione di Enrico Prampolini, polemicamente rivolto a proclamare l'importanza della "realtà della materia" e l'amicizia con i Futuristi, maturano in lui la sfiducia nei valori plastici tradizionali della scultura, atteggiamento che raggiunge il suo apice in coincidenza con lo storico evento della seconda guerra mondiale. Reduce dall'esperienza bellica, Mannucci compie il radicale passaggio verso la dimensione astratta, derivata dal bisogno di esprimere, attraverso una mutata percezione del linguaggio artistico, una nuova verità.
Liberatosi dai condizionamenti della "figura umana", sul finire degli anni ‘40, la ricerca dello scultore marchigiano si rivolge ad esplorare le infinite possibilità della "forma" esteriormente chiusa in strutture geometriche euclidee, ma visibilmente animate da un'energia interna protesa verso la conquista dello spazio. Seriamente coinvolto dall'atomica di Hiroshima e consapevole della nuova forma di "energia" generata dalla disintegrazione dell'atomo, Mannucci giunge a forme rinnovate che si sviluppano attraverso l'intervento della tecnica della saldatura diretta, dove la materia incandescente dà vita a una forza immediata. Aboliti i materiali tradizionali, lo scultore sperimenta, attraverso l'alta qualità dell'operazione manuale, l'aggregazione di più tipi di materie, l'ottone, il rame, il bronzo, svolgendo un'operazione di parte affine alla contemporanea ricerca materica di Burri. È infatti con quest'ultimo unitamente a Capogrossi, Ballocco e Colla che Mannucci partecipa alla costituzione, tra la fine del 1949 e gli inizi del 1950, del gruppo "Origine". Nei presupposti di questo gruppo, che intende rifiutare ogni linguaggio figurativo tradizionale legato al Novecento, Mannucci elabora un proprio codice espressivo parallelo, ma del tutto singolare rivolto alla poetica dell'informale.
Nelle sue creazioni, che lo scultore denomina "Opere" e "Idee", compaiono strutture imprevedibili, in un continuo divenire che si disegnano nello spazio come nuclei generatori di energia.
Una sezione dedicata ai disegni sarà allestita a Cupramontana.
La città di Fabriano intende ricordare la figura di Edgardo Mannucci, un protagonista dell’arte plastica informale europea, nato a Fabriano nel 1904, attraverso 80 delle sue opere più importanti, raccolte nella mostra “Mannucci e il Novecento. L’immaginario atomico e cosmico”, in programma dal 29 maggio al 28 agosto nei suggestivi spazi della Galleria del Seminario Vecchio, e con una sezione dedicata ai disegni allestita nel paese di Cupramontana a 30 chilometri da Fabriano.
Questo collegamento sul territorio segue idealmente una parte della vita di Mannucci che dopo gli anni giovanili trascorsi nella sua città natale, si trasferisce a Roma, per poi decidere di rientrare nelle Marche e stabilirsi ad Arcevia.
L’iniziativa, promossa da Fabriano Incontra, Fondazione Carifac, Carifac spa, dal Comune di Fabriano e dall’UniFabriano, è curata da Enrico Crispolti che ha selezionato le 80 sculture che compongono l’itinerario espositivo diviso in tre sezioni.
Vengono ripercorsi gli esordi dapprima figurativi, influenzati dalla lezione del maestro novecentista Quirino Ruggeri, e poi neo cubisti, da cui l’artista approda successivamente a una originale scultura informale in un primo momento segnica e poi materico-gestuale. Scultore dell’energia, Mannucci dopo la guerra e soprattutto dopo la bomba di Hiroshima, fu attratto dalle possibilità della materia di esprimere emozioni profonde: con azione demiurgica, libera il materiale grezzo e grumoso dalla sua gravità mediante il movimento, cosicché l’energia imprigionata nella materia si svincola trasformandosi in moto. Alla fine della sua vita, l’artista recupera un certo modello di classicità ed equilibrio e, dalle forme guizzanti nello spazio, in fuga lungo veloci vettori rettilinei o spiralici, sempre aperti, si converte alla forma chiusa della circolarità, archetipo della perfezione e della misura.
L’esposizione si apre con la sezione intitolata Il Grande Stile (secondi anni Sessanta - Ottanta) composta da 38 sculture di Mannucci insieme ad altre di artisti dello stesso periodo quali Corrado Cagli, Fausto Melotti, Mino Trafeli, Nino Franchina, Valeriano Trubbiani, Giuseppe Uncini, Eliseo Mattiacci.
Si passerà poi a I Precedenti: Dal Primordio al Postcubismo (anni Trenta – Quaranta) con 14 sculture di Mannucci che dialogano con opere coeve, tra gli altri, di Arturo Martini, Quirino Ruggeri, Pericle Fazzini, Afro Basaldella, Giacomo Balla, Enrico Prampolini, Renato Guttuso.
Si terminerà poi con la sezione dedicata a L’Informale (anni Cinquanta – primi Sessanta) che accanto a sculture e dipinti presenta oggetti di oreficeria che saranno esposti presso le sedi Carifac di Fabriano, Ancona e Roma. Il tutto in relazione con opere di Pietro Consagra, Mirko Basaldella, Alberto Burri, Lucio Fontana, Roberto Crippa, Giuseppe Capogrossi, Leoncillo.
La mostra è accompagnata da un ricco catalogo pubblicato da Silvana Editoriale.
Edgardo Mannucci (Fabriano 1904 - Arcevia 1986) giunge a Roma nel 1927 dalla sua città natale, dove aveva già acquisito la conoscenza delle tecniche di lavorazione del marmo e del cemento, e si trova a stretto contatto col conterraneo, e suocero, Quirino Ruggeri dal quale riceve gli insegnamenti per l'elaborazione della pratica scultorea. Dopo l'iniziale adesione alla scultura di tipo figurativo, non ignara della grande influenza che in quegli anni esercita l'esemplare figura di Arturo Martini, l'arte di Mannucci compie una decisiva svolta.
La frequentazione di Enrico Prampolini, polemicamente rivolto a proclamare l'importanza della "realtà della materia" e l'amicizia con i Futuristi, maturano in lui la sfiducia nei valori plastici tradizionali della scultura, atteggiamento che raggiunge il suo apice in coincidenza con lo storico evento della seconda guerra mondiale. Reduce dall'esperienza bellica, Mannucci compie il radicale passaggio verso la dimensione astratta, derivata dal bisogno di esprimere, attraverso una mutata percezione del linguaggio artistico, una nuova verità.
Liberatosi dai condizionamenti della "figura umana", sul finire degli anni ‘40, la ricerca dello scultore marchigiano si rivolge ad esplorare le infinite possibilità della "forma" esteriormente chiusa in strutture geometriche euclidee, ma visibilmente animate da un'energia interna protesa verso la conquista dello spazio. Seriamente coinvolto dall'atomica di Hiroshima e consapevole della nuova forma di "energia" generata dalla disintegrazione dell'atomo, Mannucci giunge a forme rinnovate che si sviluppano attraverso l'intervento della tecnica della saldatura diretta, dove la materia incandescente dà vita a una forza immediata. Aboliti i materiali tradizionali, lo scultore sperimenta, attraverso l'alta qualità dell'operazione manuale, l'aggregazione di più tipi di materie, l'ottone, il rame, il bronzo, svolgendo un'operazione di parte affine alla contemporanea ricerca materica di Burri. È infatti con quest'ultimo unitamente a Capogrossi, Ballocco e Colla che Mannucci partecipa alla costituzione, tra la fine del 1949 e gli inizi del 1950, del gruppo "Origine". Nei presupposti di questo gruppo, che intende rifiutare ogni linguaggio figurativo tradizionale legato al Novecento, Mannucci elabora un proprio codice espressivo parallelo, ma del tutto singolare rivolto alla poetica dell'informale.
Nelle sue creazioni, che lo scultore denomina "Opere" e "Idee", compaiono strutture imprevedibili, in un continuo divenire che si disegnano nello spazio come nuclei generatori di energia.
24
giugno 2005
Mannucci e il Novecento. L’immaginario atomico e cosmico
Dal 24 giugno al 04 settembre 2005
arte contemporanea
Location
GALLERIA DEL SEMINARIO VECCHIO
Fabriano, Via Vincenzo Gioberti, (Ancona)
Fabriano, Via Vincenzo Gioberti, (Ancona)
Orario di apertura
da martedì a venerdì 10,30-12,30 e 17-19; sabato e domenica 10-13 e 16-19,30; lunedì chiuso
Autore