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Maravee 2008. Recycle: RE-Design
Seconda tappa di “Maravee 2008 – Recycle”, che proporrà nuovamente la salita di oltre cinquanta metri sulla torre panoramica del Museo CID di Torviscosa
Comunicato stampa
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La seconda tappa estiva di Maravee 2008- Recycle si appresta ad aprire i propri battenti. Venerdì 11 luglio, alle ore 21.00, la rassegna ideata e diretta da Sabrina Zannier proporrà nuovamente la salita di oltre cinquanta metri sulla torre panoramica del Museo CID di Torviscosa, che per il secondo anno riconferma la sua partnership con la manifestazione coordinata dall'Associazione culturale Cizerouno e dall'Associazione Maravee, con la cura dell'immagine di Comunicarte, il sostegno dell' Assessorato regionale all'Istruzione e alla Cultura, del Comune di Rivignano e dalla Fondazione CRUP, con la collaborazione dell'Università di Udine.
Dopo la ristrutturazione della torre per la mostra Cinetica di Maravee 2007 - Energy, quello che è diventato un insolito e suggestivo spazio espositivo si prepara ad accogliere la mostra intitolata RE-Design, che affronta il tema del riciclo attraverso piccoli oggetti e installazioni ideati e progettati da Roberta De Bernardi e Ines Paola Fontana, Anna Lombardi, Walking Chair, Lucy.d, Kontiki, F Maurer. Bottiglie di plastica, piatti vecchi, grucce, camere d'aria delle biciclette, piatti, bicchieri, contenitori e oggetti di plastica colorata… appariranno ri-assemblati e trasformati per dar vita a un quotidiano eco-compatibile, di natura ludica e fiabesca.
La meraviglia, generata dalla capacità di emozionarsi e di darsi alla contemplazione innanzi allo spettacolo della bellezza dotata di senso e di questioni socialmente condivisibili appare come una sorta di filo rosso della cultura contemporanea. Un filo rosso che dall'arte al design ci conduce a ridosso delle tematiche legate da un lato all'emergenza di nuove valenze formali e ambientali, dall'altro alla salvaguardia dell'ambiente e al ripristino del rapporto etico uomo-natura.
Questa mostra di Maravee è una porta aperta a quanto accade, in tale direzione, sullo specifico fronte del design. Fondata sull'idea che gli oggetti raccontano storie, nascono sì per svolgere delle funzioni, ma subito, da quando qualcuno li disegna, e poi li realizza, diventano memorie, sogni, pezzi di vita, suggerendo la commistione tra funzione d'uso e immaginazione. Sulla torre panoramica del Museo CID, in una sala sospesa ad oltre cinquanta metri da terra, aperta sullo scenario industriale e urbano di Torviscosa, città di fondazione di cui il museo raccoglie storia e immagini, RE-Design mette in scena oggetti e interventi ambientali che ammiccano proprio alla relazione fra industria e vita quotidiana, fra produzione aziendale e anche artigianale, e modus vivendi, quindi gesti e utilizzi compiuti da tutti, tutti i giorni.
La sera dell'inaugurazione, dopo gli interventi della direttrice del Museo CID, Gianna Ganis, e di Sabrina Zannier, l'attrice e autrice Lorenza Franzoni metterà in scena due performance teatrali fondate, anch'esse, sul principio ecologico del riciclo e del riutilizzo. In un caso recupera vecchi pezzi di stoffa, appartenuti ad abiti usati o altro ancora, per farli rivivere sul proprio corpo, sotto nuove spoglie. Nell'altro, invece, utilizza piccoli oggetti familiari, solitamente non considerati nella loro identità formale e simbolica, per conferirgli un'anima e una voce, per animarli entra una curiosa, spiazzante e insolita storia d'amore.
La prima s'intitola Tre Pezzi e afferma che con tre pezzi di stoffa si può fare un abito o se ne possono fare dieci, venti, cinquanta…insomma un vero spettacolo, condotto da una donna che dall'alto dei tacchi a spillo ripercorre la storia della moda.
La seconda s'intitola Cababura - Amori e vita familiare degli oggetti e ci racconta che gli oggetti sono pensieri che si possono toccare e tramandare. Per questo è assolutamente innaturale l'usa e getta. Se gli oggetti non ci sopravvivono moriremo più in fretta.
***
Approfondimenti sugli oggetti esposti
Dopo aver realizzato le installazioni ambientali a Villa Ottelio-Savorgnan, mettendo in scena la loro capacità di misurarsi con spazi architettonici e naturalistici, Roberta Debernardi e Ines Paola Fontana presentano alcuni gioielli, un arazzo e un corpetto, quindi oggetti di design destinati alla casa e al corpo. Tutti rigorosamente ottenuti con materiali di recupero. Bottoni di modernariato, recuperati nei mercatini, tessuti, scarti di lavorazione di metalli, pezzi di vecchi strumenti musicali o, comunque, attinti da oggetti che hanno vissuto funzioni diverse, dalle quali sono stati spostati e re-inventati per formalizzarsi in estrosi gioielli, in cui il sapore del passato, il trascorso incollato sui materiali di recupero si trasla in curiosa innovazione. L'arazzo e il corpetto sono ottenuti con scarti di lavorazione di sartoria e tappezzeria, quindi con materiali che altrimenti sarebbero stati gettati via, ma anche con tessuti già usati per l'abbigliamento e i complementi d'arredo, quindi già portati e usati. In ogni caso si tratta di frammenti cuciti assieme con grande maestria, con una tecnica -- quella del patchwork -- che, pur di provenienza casalinga, viene risolta con una puntuale abilità professionale. E' un lavoro attento alle superfici, all'equilibrio delle masse cromatiche, che in particolar modo nell'arazzo assottiglia ancor di più il limite tra design e arte, perché come un quadro l'arazzo è destinato alla parete e alla sola contemplazione. Pur ottenuto con la medesima attenzione formale e precisione esecutiva, il corpetto appare risolto con linee più organiche e morbide, che prefigurando quelle del corpo che lo vestirà, offrono un ulteriore esempio di una creatività capace, nel suo farsi, di delineare l'identità formale e oggettuale a ridosso della funzione d'uso alla quale ogni pezzo è destinato.
In questa mostra Anna Lombardi non espone degli oggetti. Dopo il sopraluogo nello spazio espositivo ha deciso di realizzare uno specifico intervento ambientale, ideato a ridosso dell'identità architettonica della torre panoramica e del suo inserimento urbanistico. Partendo dal presupposto che il design può elevarsi ad elemento strategico di grande importanza nella creazione di prodotti eco-compatibili, ha pensato di proporre un intervento di natura prioritariamente concettuale, ma comunque dotato di un grande impatto visivo. Ha lanciato un messaggio e lo ha fatto operando sulle vetrate di quella torre che, emergendo dal panorama, Anna utilizza come un forte segno di comunicazione, come si trattasse di un'antenna radio o tv, di un trasmettitore di parole e immagini. Parole che ha inciso come un graffito sui vetri occultati con pittura bianca e così traslati nelle pagine di un grande quaderno o di un manifesto murale. Su quelle pagine ha inciso brevissime e semplici frasi, che riguardano il rapporto tra design e sostenibilità ambientale. Sono parole chirografate, perché il gesto della mano è un trasmettitore diretto del pensiero, che non tradisce l'emozionalità. Parole scritte a rovescio dall'interno della torre, che s'innalzano nel cielo e si leggono da fuori, mettendo in atto la relazione fra esterno e interno, leggibile su due registri: l'emozionalità e la razionalità, lo spazio abitativo e l'ambiente naturale o urbano. Nello spazio espositivo quelle frasi appaiono come delle astrazioni, come delle sorte di geroglifici, dei segni privati di senso, mentre da fuori, arrivando al Museo, comunicano dei contenuti, annunciando il senso dell'intera mostra. Questa relazione tra fuori e dentro ci parla dell'informalità dell'emozione e della formalizzazione della razionalità, così come della parziale consapevolezza del mondo dall'interno dello spazio abitativo e di una più ampia presa di coscienza nel momento in cui lo sguardo e l'attenzione si trasferiscono nel paesaggio. E, soprattutto, ci dice della necessità di mettere insieme questi diversi punti di vista, gli uni complementari agli altri.
Karl Emilio Pircher e Fidel Peugeot, dello studio Walking Chair, espongono alcuni dei loro prodotti pi incisivi sul fronte dell'eco-design, che traducono in chiave oggettuale la filosofia che caratterizza il loro intero operato. Fondata sull'idea che il progetto di un elemento d'uso debba nascere da un contenuto, da un'idea che s'intende comunicare, traccia il passo di una creativitˆ molto vicina a quella dell'artista tout court, in cui le storie delle persone e dei loro gesti si elevano a motore dell'ideazione stessa. Nelle opere esposte, l'azione di recupero avviene sul ready-made, sull'oggetto giˆ fatto, piuttosto che sui materiali. Si tratta di bottiglie di plastica, che hanno portato a termine la loro funzione di contenitore e, grazie al recupero operato dai designer, ora si apprestano a divenire altro da s. In Pet-Light le bottiglie riciclate sono decorate internamente con materiale casalingo di scarto, quindi in tal caso contemplano anche il recupero di piccoli frammenti provenienti da contesti e utilizzi ancora diversi. Deformate con il calore e poi appese in un'apposita struttura, formano un originale lampadario ecologico. Bottleboy invece un sistema che utilizza le bottiglie di plastica come colorati e componibili appendiabiti a parete. In entrambe i casi appare evidente il gesto del recupero in chiave ecologica e, al contempo, un'incisiva azione creativa, sia sul fronte formale che su quello cromatico. La prima si esplica con un'operativitˆ tesa fra scultura e alchimia, laddove a plasmare la plastica alterando la forma originaria della bottiglia l'azione del calore; la seconda chiama invece in causa un altro gesto di recupero, dettato dalla selezione di materiali in base a puntuali esigenze di colore. Entrambi gli oggetti sono corredati da istruzioni per una produzione self made, laddove le bottiglie possono essere cambiate. In questo modo Walking Chair suggerisce un altro gesto ancora, quello di coloro che, possedendo quel lampadario o quell'appendiabiti, decidono di trasformarlo, ancora e sempre riciclando.
Barbara Ambrosz e Karin Stiglmair dello studio Lucy.d progettano prodotti di design e architetture d'interni per generare nuovi pensieri, ma sempre a partire dal coinvolgimento emozionale. Questa scelta pone Lucy.d al centro della teoria del sociologo Michel Maffesoli, secondo il quale ci siamo distanziati dalla societˆ razionale per vivere nella societˆ emozionale, dove in luogo del progresso inteso come proiezione fallica verso il futuro, il futuro si progetta contemplando anche il passato e il presente, quindi entro una linea formalmente spiralica. E' su questa linea che nascono gli oggetti di Lucy.d, come quelli del progetto Ryker_dinner service, per il quale sono state recuperate, nei mercati dell'usato, porcellane cinesi di varie dimensioni, forme ed epoche, poi assemblate in un unico servizio di piatti. Su ogni piatto stato applicato un elemento grafico ottenuto con fogli di platino, che determina una geometria argentata, che, dopo la riverniciatura e la ricottura, lascia emergere una sezione quadrata del decoro originario della porcellana. E' un chiaro esempio di recupero del passato, attraverso un oggetto d'uso il cui unico valore, ormai, quello della storia e del ricordo dei gesti che quell'oggetto hanno manipolato e vissuto. Recupero del passato che l'azione creativa, fra l'altro operata con l'utilizzo di un materiale prezioso, riconsegna al presente anelando al futuro.
Karin Maislinger, della fashionlabel Kontiki, ha elevato l'ideale ecologico a fondante obiettivo della sua operativitˆ, a tal punto da considerare il proprio processo ideativo un vero e proprio ÒservizioÓ a tale ideale. La serie intitolata The acquatic series composta da borse ottenute con camere d'aria di gomma provenienti da biciclette riciclate. Un materiale insolito, per un accessorio vestimentario, che oltre a ribadire la volontˆ di recuperare qualsiasi cosa per rimetterla nel ciclo della produzione e della funzionalitˆ, porta con s un incisivo valore simbolico, legato al dinamismo di un'esistenza quotidiana votata al rispetto ambientale: dalle ruote delle biciclette, che girano in cittˆ senza inquinare, le camere d'aria passano ad un accessorio da portare sul corpo, per ritornare a cavalcare una bicicletta o per passeggiare su quelle stesse strade. Tutte composte da una trama fitta, che enuncia l'intrinsecitˆ del materiale utilizzato, ma solo dopo averlo osservato attentamente, perch di primo acchito potrebbe apparire non gomma ma pelle o eco-pelle, queste borse sono connotate da una singolare texture. Risolta in linee verticali, orizzontali od oblique, si eleva a ÒpelleÓ singolare e altamente caratterizzante, che di volta in volta prende corpo in forme classiche, che ridisegnano le diverse tipologie dell'oggetto in questione, o in soluzioni pi estrose, che ammiccano ad una ricerca di valenza scultorea.
Con gli oggetti proposti da F Maurer la biforcazione del tema di Maravee in riciclo e riutilizzo ritorna sul primo termine della questione, sviluppandolo in chiave concettuale. F Maurer non recupera e non riutilizza materiali e ready-made, ma ricicla l'dea di una forma oggettuale traslandone il suo principio funzionale. Forme antiche, di contenitori diversi, anche legati a specifiche tradizioni regionali, come nel caso di contenitori per il vino; così come formalismi di oggetti contemporanei, come le bottiglie di plastiche, vengono osservate e ri-create, in vetro, per diventare vasi. Contenitori per i fiori o per il nulla, laddove il vaso vive anche di vita propria, come oggetto da contemplare entro uno spazio abitativo, come elemento scultoreo in cui si sviluppa la relazione tra interno ed esterno, pieno e vuoto, oggetto e spazio circostante. Il ricordo della forma che ha ispirato il designer conferisce al vaso una valenza temporale, la familiarità e la vicinanza di un ricordo, personale e collettivo, poi spiazzata dalla nuova funzionalità e identità. Seppur risulti meno evidente l'azione di recupero, perché affidata solo all'idea, questo lavoro puntualizza il filo rosso del principio stesso del riciclo, che può attuarsi con interventi minimi, con minimi spostamenti d'immagini e pensieri, di gesti, di materiali e di cose, come del resto dimostrano tutti i designer in mostra.
Dopo la ristrutturazione della torre per la mostra Cinetica di Maravee 2007 - Energy, quello che è diventato un insolito e suggestivo spazio espositivo si prepara ad accogliere la mostra intitolata RE-Design, che affronta il tema del riciclo attraverso piccoli oggetti e installazioni ideati e progettati da Roberta De Bernardi e Ines Paola Fontana, Anna Lombardi, Walking Chair, Lucy.d, Kontiki, F Maurer. Bottiglie di plastica, piatti vecchi, grucce, camere d'aria delle biciclette, piatti, bicchieri, contenitori e oggetti di plastica colorata… appariranno ri-assemblati e trasformati per dar vita a un quotidiano eco-compatibile, di natura ludica e fiabesca.
La meraviglia, generata dalla capacità di emozionarsi e di darsi alla contemplazione innanzi allo spettacolo della bellezza dotata di senso e di questioni socialmente condivisibili appare come una sorta di filo rosso della cultura contemporanea. Un filo rosso che dall'arte al design ci conduce a ridosso delle tematiche legate da un lato all'emergenza di nuove valenze formali e ambientali, dall'altro alla salvaguardia dell'ambiente e al ripristino del rapporto etico uomo-natura.
Questa mostra di Maravee è una porta aperta a quanto accade, in tale direzione, sullo specifico fronte del design. Fondata sull'idea che gli oggetti raccontano storie, nascono sì per svolgere delle funzioni, ma subito, da quando qualcuno li disegna, e poi li realizza, diventano memorie, sogni, pezzi di vita, suggerendo la commistione tra funzione d'uso e immaginazione. Sulla torre panoramica del Museo CID, in una sala sospesa ad oltre cinquanta metri da terra, aperta sullo scenario industriale e urbano di Torviscosa, città di fondazione di cui il museo raccoglie storia e immagini, RE-Design mette in scena oggetti e interventi ambientali che ammiccano proprio alla relazione fra industria e vita quotidiana, fra produzione aziendale e anche artigianale, e modus vivendi, quindi gesti e utilizzi compiuti da tutti, tutti i giorni.
La sera dell'inaugurazione, dopo gli interventi della direttrice del Museo CID, Gianna Ganis, e di Sabrina Zannier, l'attrice e autrice Lorenza Franzoni metterà in scena due performance teatrali fondate, anch'esse, sul principio ecologico del riciclo e del riutilizzo. In un caso recupera vecchi pezzi di stoffa, appartenuti ad abiti usati o altro ancora, per farli rivivere sul proprio corpo, sotto nuove spoglie. Nell'altro, invece, utilizza piccoli oggetti familiari, solitamente non considerati nella loro identità formale e simbolica, per conferirgli un'anima e una voce, per animarli entra una curiosa, spiazzante e insolita storia d'amore.
La prima s'intitola Tre Pezzi e afferma che con tre pezzi di stoffa si può fare un abito o se ne possono fare dieci, venti, cinquanta…insomma un vero spettacolo, condotto da una donna che dall'alto dei tacchi a spillo ripercorre la storia della moda.
La seconda s'intitola Cababura - Amori e vita familiare degli oggetti e ci racconta che gli oggetti sono pensieri che si possono toccare e tramandare. Per questo è assolutamente innaturale l'usa e getta. Se gli oggetti non ci sopravvivono moriremo più in fretta.
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Approfondimenti sugli oggetti esposti
Dopo aver realizzato le installazioni ambientali a Villa Ottelio-Savorgnan, mettendo in scena la loro capacità di misurarsi con spazi architettonici e naturalistici, Roberta Debernardi e Ines Paola Fontana presentano alcuni gioielli, un arazzo e un corpetto, quindi oggetti di design destinati alla casa e al corpo. Tutti rigorosamente ottenuti con materiali di recupero. Bottoni di modernariato, recuperati nei mercatini, tessuti, scarti di lavorazione di metalli, pezzi di vecchi strumenti musicali o, comunque, attinti da oggetti che hanno vissuto funzioni diverse, dalle quali sono stati spostati e re-inventati per formalizzarsi in estrosi gioielli, in cui il sapore del passato, il trascorso incollato sui materiali di recupero si trasla in curiosa innovazione. L'arazzo e il corpetto sono ottenuti con scarti di lavorazione di sartoria e tappezzeria, quindi con materiali che altrimenti sarebbero stati gettati via, ma anche con tessuti già usati per l'abbigliamento e i complementi d'arredo, quindi già portati e usati. In ogni caso si tratta di frammenti cuciti assieme con grande maestria, con una tecnica -- quella del patchwork -- che, pur di provenienza casalinga, viene risolta con una puntuale abilità professionale. E' un lavoro attento alle superfici, all'equilibrio delle masse cromatiche, che in particolar modo nell'arazzo assottiglia ancor di più il limite tra design e arte, perché come un quadro l'arazzo è destinato alla parete e alla sola contemplazione. Pur ottenuto con la medesima attenzione formale e precisione esecutiva, il corpetto appare risolto con linee più organiche e morbide, che prefigurando quelle del corpo che lo vestirà, offrono un ulteriore esempio di una creatività capace, nel suo farsi, di delineare l'identità formale e oggettuale a ridosso della funzione d'uso alla quale ogni pezzo è destinato.
In questa mostra Anna Lombardi non espone degli oggetti. Dopo il sopraluogo nello spazio espositivo ha deciso di realizzare uno specifico intervento ambientale, ideato a ridosso dell'identità architettonica della torre panoramica e del suo inserimento urbanistico. Partendo dal presupposto che il design può elevarsi ad elemento strategico di grande importanza nella creazione di prodotti eco-compatibili, ha pensato di proporre un intervento di natura prioritariamente concettuale, ma comunque dotato di un grande impatto visivo. Ha lanciato un messaggio e lo ha fatto operando sulle vetrate di quella torre che, emergendo dal panorama, Anna utilizza come un forte segno di comunicazione, come si trattasse di un'antenna radio o tv, di un trasmettitore di parole e immagini. Parole che ha inciso come un graffito sui vetri occultati con pittura bianca e così traslati nelle pagine di un grande quaderno o di un manifesto murale. Su quelle pagine ha inciso brevissime e semplici frasi, che riguardano il rapporto tra design e sostenibilità ambientale. Sono parole chirografate, perché il gesto della mano è un trasmettitore diretto del pensiero, che non tradisce l'emozionalità. Parole scritte a rovescio dall'interno della torre, che s'innalzano nel cielo e si leggono da fuori, mettendo in atto la relazione fra esterno e interno, leggibile su due registri: l'emozionalità e la razionalità, lo spazio abitativo e l'ambiente naturale o urbano. Nello spazio espositivo quelle frasi appaiono come delle astrazioni, come delle sorte di geroglifici, dei segni privati di senso, mentre da fuori, arrivando al Museo, comunicano dei contenuti, annunciando il senso dell'intera mostra. Questa relazione tra fuori e dentro ci parla dell'informalità dell'emozione e della formalizzazione della razionalità, così come della parziale consapevolezza del mondo dall'interno dello spazio abitativo e di una più ampia presa di coscienza nel momento in cui lo sguardo e l'attenzione si trasferiscono nel paesaggio. E, soprattutto, ci dice della necessità di mettere insieme questi diversi punti di vista, gli uni complementari agli altri.
Karl Emilio Pircher e Fidel Peugeot, dello studio Walking Chair, espongono alcuni dei loro prodotti pi incisivi sul fronte dell'eco-design, che traducono in chiave oggettuale la filosofia che caratterizza il loro intero operato. Fondata sull'idea che il progetto di un elemento d'uso debba nascere da un contenuto, da un'idea che s'intende comunicare, traccia il passo di una creativitˆ molto vicina a quella dell'artista tout court, in cui le storie delle persone e dei loro gesti si elevano a motore dell'ideazione stessa. Nelle opere esposte, l'azione di recupero avviene sul ready-made, sull'oggetto giˆ fatto, piuttosto che sui materiali. Si tratta di bottiglie di plastica, che hanno portato a termine la loro funzione di contenitore e, grazie al recupero operato dai designer, ora si apprestano a divenire altro da s. In Pet-Light le bottiglie riciclate sono decorate internamente con materiale casalingo di scarto, quindi in tal caso contemplano anche il recupero di piccoli frammenti provenienti da contesti e utilizzi ancora diversi. Deformate con il calore e poi appese in un'apposita struttura, formano un originale lampadario ecologico. Bottleboy invece un sistema che utilizza le bottiglie di plastica come colorati e componibili appendiabiti a parete. In entrambe i casi appare evidente il gesto del recupero in chiave ecologica e, al contempo, un'incisiva azione creativa, sia sul fronte formale che su quello cromatico. La prima si esplica con un'operativitˆ tesa fra scultura e alchimia, laddove a plasmare la plastica alterando la forma originaria della bottiglia l'azione del calore; la seconda chiama invece in causa un altro gesto di recupero, dettato dalla selezione di materiali in base a puntuali esigenze di colore. Entrambi gli oggetti sono corredati da istruzioni per una produzione self made, laddove le bottiglie possono essere cambiate. In questo modo Walking Chair suggerisce un altro gesto ancora, quello di coloro che, possedendo quel lampadario o quell'appendiabiti, decidono di trasformarlo, ancora e sempre riciclando.
Barbara Ambrosz e Karin Stiglmair dello studio Lucy.d progettano prodotti di design e architetture d'interni per generare nuovi pensieri, ma sempre a partire dal coinvolgimento emozionale. Questa scelta pone Lucy.d al centro della teoria del sociologo Michel Maffesoli, secondo il quale ci siamo distanziati dalla societˆ razionale per vivere nella societˆ emozionale, dove in luogo del progresso inteso come proiezione fallica verso il futuro, il futuro si progetta contemplando anche il passato e il presente, quindi entro una linea formalmente spiralica. E' su questa linea che nascono gli oggetti di Lucy.d, come quelli del progetto Ryker_dinner service, per il quale sono state recuperate, nei mercati dell'usato, porcellane cinesi di varie dimensioni, forme ed epoche, poi assemblate in un unico servizio di piatti. Su ogni piatto stato applicato un elemento grafico ottenuto con fogli di platino, che determina una geometria argentata, che, dopo la riverniciatura e la ricottura, lascia emergere una sezione quadrata del decoro originario della porcellana. E' un chiaro esempio di recupero del passato, attraverso un oggetto d'uso il cui unico valore, ormai, quello della storia e del ricordo dei gesti che quell'oggetto hanno manipolato e vissuto. Recupero del passato che l'azione creativa, fra l'altro operata con l'utilizzo di un materiale prezioso, riconsegna al presente anelando al futuro.
Karin Maislinger, della fashionlabel Kontiki, ha elevato l'ideale ecologico a fondante obiettivo della sua operativitˆ, a tal punto da considerare il proprio processo ideativo un vero e proprio ÒservizioÓ a tale ideale. La serie intitolata The acquatic series composta da borse ottenute con camere d'aria di gomma provenienti da biciclette riciclate. Un materiale insolito, per un accessorio vestimentario, che oltre a ribadire la volontˆ di recuperare qualsiasi cosa per rimetterla nel ciclo della produzione e della funzionalitˆ, porta con s un incisivo valore simbolico, legato al dinamismo di un'esistenza quotidiana votata al rispetto ambientale: dalle ruote delle biciclette, che girano in cittˆ senza inquinare, le camere d'aria passano ad un accessorio da portare sul corpo, per ritornare a cavalcare una bicicletta o per passeggiare su quelle stesse strade. Tutte composte da una trama fitta, che enuncia l'intrinsecitˆ del materiale utilizzato, ma solo dopo averlo osservato attentamente, perch di primo acchito potrebbe apparire non gomma ma pelle o eco-pelle, queste borse sono connotate da una singolare texture. Risolta in linee verticali, orizzontali od oblique, si eleva a ÒpelleÓ singolare e altamente caratterizzante, che di volta in volta prende corpo in forme classiche, che ridisegnano le diverse tipologie dell'oggetto in questione, o in soluzioni pi estrose, che ammiccano ad una ricerca di valenza scultorea.
Con gli oggetti proposti da F Maurer la biforcazione del tema di Maravee in riciclo e riutilizzo ritorna sul primo termine della questione, sviluppandolo in chiave concettuale. F Maurer non recupera e non riutilizza materiali e ready-made, ma ricicla l'dea di una forma oggettuale traslandone il suo principio funzionale. Forme antiche, di contenitori diversi, anche legati a specifiche tradizioni regionali, come nel caso di contenitori per il vino; così come formalismi di oggetti contemporanei, come le bottiglie di plastiche, vengono osservate e ri-create, in vetro, per diventare vasi. Contenitori per i fiori o per il nulla, laddove il vaso vive anche di vita propria, come oggetto da contemplare entro uno spazio abitativo, come elemento scultoreo in cui si sviluppa la relazione tra interno ed esterno, pieno e vuoto, oggetto e spazio circostante. Il ricordo della forma che ha ispirato il designer conferisce al vaso una valenza temporale, la familiarità e la vicinanza di un ricordo, personale e collettivo, poi spiazzata dalla nuova funzionalità e identità. Seppur risulti meno evidente l'azione di recupero, perché affidata solo all'idea, questo lavoro puntualizza il filo rosso del principio stesso del riciclo, che può attuarsi con interventi minimi, con minimi spostamenti d'immagini e pensieri, di gesti, di materiali e di cose, come del resto dimostrano tutti i designer in mostra.
11
luglio 2008
Maravee 2008. Recycle: RE-Design
Dall'undici luglio al 03 agosto 2008
design
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
CID – CENTRO INFORMAZIONE DOCUMENTAZIONE
Torviscosa, Piazzale Franco Marinotti, 1, (Udine)
Torviscosa, Piazzale Franco Marinotti, 1, (Udine)
Orario di apertura
merc. 9-13, sab. 10-13 / 16-19, dom. 15-20
Vernissage
11 Luglio 2008, ore 21.00
Ufficio stampa
SAMANTHA PUNIS
Autore
Curatore